Principato di Trecastagni

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Principato di Trecastagni
Informazioni generali
Nome ufficialePrincipato di Tre Castagne
CapoluogoTrecastagni
2.632 abitanti (1788)
Popolazione5.644 (1788)
Dipendente daRegno di Sicilia
Suddiviso in3 comuni
Amministrazione
PrincipeDi Giovanni (1641-1777), Alliata (1777-1812)
Evoluzione storica
Inizio1641 con Domenico di Giovanni Giustiniani
CausaInvestitura a Principe di Trecastagni di Domenico di Giovanni da parte del re Filippo IV di Spagna
Fine1812 con Giuseppe Alliata Moncada
CausaAbolizione del feudalesimo con la promulgazione della Costituzione siciliana
Preceduto da Succeduto da
Senato di Catania Distretto di Catania
Principe di Trecastagni
Corona araldica
Corona araldica
Stemma
Stemma
Data di creazione15 febbraio 1641
Creato daFilippo IV di Spagna
Primo detentoreDomenico di Giovanni Giustiniani
Ultimo detentoreGiuseppe Alliata Lo Faso
Confluito nei titoli delPrincipe di Villafranca
Trasmissioneereditaria
Titoli sussidiariBarone di Pedara, Signore di Viagrande

Il Principato di Trecastagni o di Tre Castagne (in latino Principatus Trecastanae, in spagnolo Principado de Trecastagne) è stato un'entità feudale di rango principesco esistito in Sicilia tra il XVII secolo ed il XIX secolo.

Creato dal Re di Spagna nel 1641, con la famiglia Di Giovanni, agli inizi del XVIII secolo passò per via ereditaria agli Alliata dei Principi di Villafranca, che ne conservarono il possesso fino al 1812, in cui lo Stato fu soppresso per l'abolizione del feudalesimo in Sicilia.

Territorio[modifica | modifica wikitesto]

Il Principato di Trecastagni si estendeva su un territorio che comprendeva gli odierni comuni di Pedara, Trecastagni e Viagrande, in provincia di Catania.[1] Nel 1788 contava una popolazione di 5.644 abitanti.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

I casali di Tre Castagne e Viagrande, situati nel Val Demone e dipendenti dal Senato di Catania, furono messi in vendita dalla Corona spagnola, in difficoltà finanziarie e di cui la Sicilia faceva parte, e l'11 luglio 1640 furono acquistati dal nobile e banchiere messinese Domenico di Giovanni Giustiniani per la somma di 30.000 scudi.[2][3] Il Di Giovanni, per privilegio datogli da re Filippo IV di Spagna il 15 febbraio 1641, esecutoriato il 14 aprile dell'anno medesimo, fu investito del titolo di I principe di Trecastagni e di I signore di Viagrande, con il diritto del mero e misto imperio.[2][3]

Nel 1654, il Principe di Trecastagni acquistò dal Senato catanese anche il casale di Pedara, aggregato allo Stato e su cui ottenne il titolo di barone.[4] Il figlio Scipione di Giovanni Salvarezzo, II principe di Trecastagni, ricevette ufficiale investitura del titolo di Barone di Pedara il 16 settembre 1666.[5] Le tre borgate, sotto la giurisdizione feudale dei Di Giovanni all'interno del Principato, conobbero un processo di emancipazione che, su impulso dei nuovi padroni, da tipiche borgate rurali iniziarono a organizzarsi sotto forma di civitas con tratti antropologici, culturali e religiosi propri.[3] Trecastagni, in particolare, fu scelta come sede di corte e di potere da parte dei Di Giovanni, che vi edificarono la propria dimora.[6][7] Da feudatario del Principato si ritrovò ad affrontare l'eruzione dell'Etna del 1669, la cui colata lavica verso i suoi casali tentò di far deviare con l'ausilio dello scienziato Giovanni Alfonso Borelli, nonché il disastroso terremoto del 1693.[7] Ai confini dello Stato, in territorio di Fleri, durante la rivolta antispagnola di Messina del 1674-78 (alla quale prese parte lo stesso Principe di Trecastagni), furono costruiti un fortino, una muraglia ed una porta per controllare la Via Regia ed eventualmente bloccare la marcia dell'esercito francese verso il centro dell'isola e Catania.[7] La costruzione delle suddette strutture militari fu coordinata dal Senato di Acireale e finanziata da don Diego Pappalardo, delegato del Principe a Pedara.[7] Questi, approfittando dell'assenza del Principe ritornato temporaneamente a Messina, tentò di fare del centro di Pedara la capitale dello Stato dei Di Giovanni, a scapito di Trecastagni.[7] Pappalardo vi fece edificare chiese, conventi, scuole, un teatro e le strade.[7]

Nel 1710, l'ultima discendente della famiglia, Anna Maria di Giovanni Morra, III principessa di Trecastagni, sposò Giuseppe Alliata Colonna Romano, IV principe di Villafranca, e per effetto di tale unione, dopo la morte di costei avvenuta nel 1777, lo Stato passò per successione in dote agli Alliata.[3][8][9] Il Principato di Trecastagni fu soppresso nel 1812 per l'abolizione del feudalesimo, avvenuta nel Regno di Sicilia a seguito della promulgazione della Costituzione siciliana concessa dal re Ferdinando III di Borbone. Al momento della sua soppressione, feudatario era Giuseppe Alliata Moncada, VII principe di Villafranca (1784-1844), presidente della Camera dei Pari e ministro degli Esteri del governo costituzionale siciliano, durante la reggenza di Francesco I.

Il titolo di Principe di Trecastagni, confluito in quello di Principe di Villafranca, fu legalmente riconosciuto dal Regno d'Italia assieme agli altri titoli degli Alliata, con decreti ministeriali del 29 aprile 1904 e 4 ottobre 1909, con Regie lettere patenti del 17 aprile 1904, a Giuseppe Alliata Lo Faso, XI principe di Villafranca (1844-1913).[10]

Cronotassi dei Principi di Trecastagni[modifica | modifica wikitesto]

Epoca feudale[modifica | modifica wikitesto]

  • Domenico di Giovanni Giustiniani (1641-1666)
  • Scipione di Giovanni Salvarezzo (1666-1700)
  • Anna Maria di Giovanni Morra (1700-1727)
  • Domenico Alliata di Giovanni (1727-1774)
  • Fabrizio Alliata Colonna (1774-1804)
  • Giuseppe Alliata Moncada (1804-1812)

Epoca post-feudale[modifica | modifica wikitesto]

  • Giuseppe Alliata Moncada (1812-1844)
  • Fabrizio Alliata Valguarnera (1844-1876)
  • Alessandro Alliata Valguarnera (1876-1894)
  • Edoardo Alliata Valguarnera (1894-1898)
  • Giuseppe Alliata Lo Faso (1898-1913)
  • Gabriele Alliata Bazan (1913-1929)
  • Giuseppe Alliata San Martino (1929-1946)

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b M. Scasso Borrello, Storia generale di Sicilia del signor De Burigny tradotta dal francese, Stampe del Solli, 1788, p. 206.
  2. ^ a b Villabianca, p. 111.
  3. ^ a b c d G. Guliti, La sepoltura del principe Domenico di Giovanni in Trecastagni (CT), in Incontri. La Sicilia e l'altrove, n. 22, Incontri Edizioni, gennaio-marzo 2018, pp. 45-47.
  4. ^ Di Marzo, p. 338.
  5. ^ Villabianca, p. 112, nota A.
  6. ^ Mirone, p. 91.
  7. ^ a b c d e f A. Patané, I Di Giovanni (1641-1700), su storiofiliaci.it. URL consultato il 17-08-2020.
  8. ^ Villabianca, p. 112.
  9. ^ V. de Cadenas y Vicent, Insolitas pretensiones nobiliarias, basadas en hipotetico derechos, in Hidalguía, n. 224, Revista Hidalguía, gennaio-febbraio 1991, p. 80.
  10. ^ V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, vol. 1, Forni, 1981, p. 361.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • F. M. Emanuele Gaetani, marchese di Villabianca, Della Sicilia nobile, vol. 1, Palermo, Stamperia de' Santi Apostoli, 1754.
  • G. Di Marzo, Dizionario topografico della Sicilia di Vito Amico, Palermo, Tipografia Morvillo, 1856.
  • S. Mirone, Monografia storica dei comuni di Nicolosi, Trecastagni, Pedara e Viagrande, Catania, Tipografia Eugenio Coco, 1875.