Non liquet

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Nel diritto romano, non liquet (alla lettera, non è chiaro[1][2]) nel processo formulare è la pronuncia con la quale il giudice anziché decidere, per una incertezza nel diritto (quale una lacuna) o nella ricostruzione dei fatti, rinviava ad altro giudice.[3]. Secondo una diversa interpretazione con il non liquet il giudice esprimeva la necessità di un supplemento d'istruttoria.

Nel diritto italiano moderno, il giudice è tenuto a emettere la sentenza a favore di uno o dell'altro dei contendenti, sulla base dell'onere della prova. Se l'attore non riesce a provare le proprie asserzioni il giudice deve respingere le sue pretese mentre non è possibile ricorrere a un non liquet.

Nel diritto internazionale, la formula indica il caso in cui un organo, soprattutto la Corte internazionale di giustizia, non può risolvere una controversia a causa della mancanza di fonti a cui fare riferimento.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Sommariva, Gisella Bassanelli Lezioni di diritto privato romano. Istituzioni, Volume 3, p. 302. Maggioli Editore, 2012.
  2. ^ Aulo Gellio. Noctes Atticae. Liber XIV, 25 da Lacus Curtius: "Sed maius ego altiusque id esse existimavi, quam quod meae aetati et mediocritati conveniret, ut cognovisse et condemnasse de moribus, non de probationibus rei gestae viderer; ut absolverem tamen, inducere in animum non quivi et propterea iuravi mihi non liquere atque ita iudicatu illo solutus sum."
  3. ^ Brocardi

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Francesco Fasolino Non liquet e denegatio actionis [1]