Irreligiosità negli Emirati Arabi Uniti

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L'Irreligiosità negli Emirati Arabi Uniti è rara, essendo stimato solo fino al 4% l numero di persone segnalate con "credenze empie" secondo un sondaggio Gallup; è inoltre illegale nel paese[1], con gli apostati dall'Islam che rischiano forti sanzioni tra cui la condanna massima consiste nella pena di morte secondo la legge anti-blasfemia esistente.[2]. In questa situazione, vi sono state forti domande e dubbi riguardanti la libertà di religione presente negli Emirati Arabi Uniti.

L'ateismo nella regione è principalmente presente tra gli stranieri espatriati e in un numero molto limitato di giovani del luogo[3][4]. Secondo il sultano Sooud Al-Qassemi (commentatore di affari arabi), a causa del fatto che Islam sia nato nella penisola arabica più di 1400 anni fa, la regione del Golfo Persico gode di una lunga storia e tradizione islamica che è fortemente associata con l'identità nazionale. In tal modo, qualsiasi presa di distanza o di critica della religione "equivale a una presa di distanza dall'identità nazionale"[5]. Al-Qassemi osserva che l'uso dei social media via Internet rimane il più forte mezzo di espressione per gli atei del Golfo, fornendo al contempo l'anonimato; un pioniere tra i blogger dell'area è l'ateo cittadino degli Emirati Ahmed Ben Kerisha, che è conosciuto nella blogosfera araba per aver sostenuto punti di vista atei ed opinioni secolari[5][6].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ AbOhlheiser, There Are 13 Countries Where Atheism Is Punishable by Death, in The Wire. URL consultato il 26 gennaio 2016 (archiviato dall'url originale il 18 luglio 2016).
  2. ^ Freedom of Thought Report - Map, in freethoughtreport.com. URL consultato il 26 gennaio 2016 (archiviato dall'url originale il 10 ottobre 2017).
  3. ^ Is Gulf youth increasingly drawn to atheism?, in The National, 19 agosto 2012. URL consultato l'11 luglio 2015.
  4. ^ Email from an Arab atheist, in Al-Bab, 11 agosto 2013. URL consultato l'11 luglio 2015 (archiviato dall'url originale il 21 settembre 2015).
  5. ^ a b Sultan Sooud Al-Qassemi, Gulf atheism in the age of social media, in Al-Monitor. URL consultato l'11 luglio 2015 (archiviato dall'url originale il 10 luglio 2015).
  6. ^ Sultan Sooud Al-Qassemi, Pioneer Bloggers in the Gulf Arab States, in Jadaliyya, 20 dicembre 2011. URL consultato l'11 luglio 2015.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]