Hydrornis oatesi

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Pitta collorosso
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
SottoregnoEumetazoa
SuperphylumDeuterostomia
PhylumChordata
SubphylumVertebrata
SuperclasseTetrapoda
ClasseAves
SottoclasseNeornithes
OrdinePasseriformes
SottordineTyranni
FamigliaPittidae
GenereHydrornis
SpecieH. oatesi
Nomenclatura binomiale
Hydrornis oatesi
(Hume, 1873)

La pitta collorosso o pitta fulva (Hydrornis oatesi (Hume, 1873)) è un uccello passeriforme della famiglia dei Pittidi[2].

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il nome scientifico di questa specie è stato scelto in omaggio al naturalista inglese Eugene William Oates, mentre il nome comune si riferisce alla sua colorazione.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

In alto un maschio, in basso una femmina in Thailandia.

Dimensioni[modifica | modifica wikitesto]

Misura circa 17-18 cm di lunghezza, coda compresa.

Aspetto[modifica | modifica wikitesto]

Questi uccelli hanno un aspetto massiccio e paffuto, con ali e coda corte, testa arrotondata e becco allungato: nel complesso, il loro aspetto è molto simile alla congenere e affine Pitta del Nepal, rispetto alla quale presentano colorazione dorsale più dimessa.
La livrea è bruna su testa, petto, fianchi, ventre, remiganti primarie e sottocoda, con faccia, gola e ventre più chiari e dalle sfumature color cannella e con fronte, calotta e nuca dalla colorazione più intensa e tendente al bruno-ruggine (da cui il nome comune di questi uccelli): dalla base del becco all'occhio è presente una banda di penne più scure, e anche la zona attorno all'orecchio è dello stesso colore. Dorso e coda sono invece di colore verde-azzurro: tale colorazione è molto meno accesa nella femmina, che per il resto appare molto simile al maschio. In ambedue i sessi gli occhi sono bruni con cerchio perioculare azzurrino, le zampe sono di colore carnicino ed il becco è nero-bluastro.

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Comportamento[modifica | modifica wikitesto]

Si tratta di uccelli diurni e molto territoriali, solitari all'infuori del periodo degli amori, quando vivono in coppie: essi passano la maggior parte della giornata alla ricerca di cibo al suolo, nel folto del sottobosco, mimetizzandosi egregiamente grazie alla colorazione criptica.

Alimentazione[modifica | modifica wikitesto]

La dieta di questi uccelli è composta in massima parte da lombrichi e chiocciole: essa viene integrata quando possibile con insetti e altri piccoli invertebrati.

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

La stagione degli amori coincide con la stagione delle piogge e va da gennaio a maggio: in questo periodo si formano coppie stabili i cui componenti collaborano nella costruzione del nido (un ammasso sferoidale di rametti e materiale vegetale intrecciati, con camera di cova interna, situato nel folto della vegetazione arbustiva, più raramente al suolo), nella cova delle 3-4 uova che dura circa due settimane e mezzo, e nelle cure parentali verso i pulli, ciechi e nudi alla nascita, che sono svezzati e quindi virtualmente indipendenti a circa un mese dalla schiusa.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

La pitta fulva è diffusa dalla Birmania orientale alla Cina meridionale e al Tonchino, oltre che in Laos centro-settentrionale, Thailandia e a sud fino al Tenasserim: il suo habitat è rappresentato dalla foresta pluviale con folto sottobosco e dalle foreste di bambù pedemontane e montane, dove la si può osservare con maggiore frequenza attorno agli 800 m di quota[3].

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

Se ne riconoscono quattro sottospecie[2]:

Le varie sottospecie differiscono fra loro per taglia ed intensità ed estensione della colorazione dorsale e ventrale.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) BirdLife International 2012, Hydrornis oatesi, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ a b (EN) F. Gill e D. Donsker (a cura di), Family Pittidae, in IOC World Bird Names (ver 9.2), International Ornithologists’ Union, 2019. URL consultato il 6 maggio 2014.
  3. ^ Robson, C., Birds of Thailand, p. 150, ISBN 978-0691007014.

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