Gaglioffi

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Gaglioffi
D'azzurro a due caprioli d'argento.
StatoBandiera dell'Italia Italia
Casata di derivazioneDel Curiale
Titoli
FondatoreGiacomo Gaglioffi
Ultimo sovranoGirolamo Gaglioffi
Data di fondazioneXIII secolo
Data di estinzione1505
Confluita inMarsciano
EtniaItaliana

La famiglia Gaglioffi è stata una famiglia nobile italiana, protagonista della storia dell'Aquila tra il XIV e il XV secolo.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La famiglia è originaria di San Vittorino, borgo posto all'estremità della conca aquilana sul luogo della preesistente città di Amiternum. Il capostipite è ritenuto essere il mercante Giacomo, vissuto tra il XIII e il XIV secolo e soprannominato Gaglioffo, da cui derivò poi il nome della famiglia.[1] Il padre di Giacomo, Tommaso Del Curiale, era stato cavaliere del re del Regno di Napoli Carlo I d'Angiò.

All'inizio del Trecento, Giacomo si trasferì all'Aquila stabilendosi nel locale di riferimento e facendo fortuna con il commercio della lana che veniva venduta ai mercanti fiorentini lungo la via degli Abruzzi.[1] Con l'incremento delle proprie ricchezze, il Gaglioffo consolidò la sua presenza aquilana acquistando altre case nel locale di Bazzano oltre che nella prestigiosa piazza del Mercato;[1] come evidenziato dallo storico Alessandro Clementi, riprendendo quanto scritto in precedenza da Anton Ludovico Antinori, la famiglia fu la prima ad «uscire dalla logica sub-municipalistica dei locali per entrare in quella della Universitas, più grande della Civitas».[1][A 1]

Giacomo sposò poi Giovanna Fidanza ed ebbe da lei sei figli: Giovanni, Ludovico, Pietruccio, Francesca, Mita e Chiara. Morì nel 1335 lasciando un cospicuo testamento da cui si desumono, tra le altre cose, «3540 onze di fiorini d'oro e altre 40 in carlini d'argento; [...] animali minuti in Puglia 8951; vari crediti; le case nell'Aquila in locale di S. Vittorino; in S. Vittorino nella Villa di S. Giovanni; in Chieti nella Comestabulia di Porta di Pescara; [...] molti terreni».[2] Per volontà di Giacomo, qualche anno dopo la sua morte venne realizzato in città il Monastero dell'Eucaristia, aperto nel 1349 e adiacente al palazzo di famiglia.[3] Oltre che con Firenze, i Gaglioffi consolidarono progressivamente i loro legami con la corte angioina a Napoli e, nel 1343, Giovanni ricevette il titolo di cavaliere.[4]

L'ascesa politica della famiglia – accresciuta da alcuni legami coniugali con i Camponeschi, la famiglia dominante all'Aquila – si rese evidente con il miles Niccolò che, nel 1408, venne nominato ciambellano regio, ricevendo in quella data anche il titolo di governatore di Todi.[5] Niccolò morì senza eredi, cosicché il suo titolo fu ereditato dal cugino Antonbattista (primogenito di Filippo, a sua volta figlio dello zio Giacomo) che lo sfruttò per consolidare la sua posizione con lo Stato Pontificio per mezzo dei rapporti con il vescovo Amico Agnifili: tra i sette figli di Antonbattista, Giovanbattista divenne abate dell'abbazia di San Giovanni Battista di Lucoli e Vespasiano fu arcidiacono della cattedrale cittadina.[6]

Nel 1485 proprio Giovanbattista e Vespasiano furono artefici di un tentativo di secessione dal Regno di Napoli, allorché, approfittando della prigionia del conte Pietro Lalle Camponeschi e sobillata dai Gaglioffi, la città si dichiarò sotto le dipendenze non più del re Ferrante d'Aragona bensì del papa Innocenzo VIII.[6] Il colpo di stato concesse a Giovanbattista di guadagnare la carica di vescovo dell'Aquila ma fu smantellato quasi immediatamente, durando solamente fino al 1486 e causando la dura repressione degli Aragonesi. Ferrante, dopo aver fatto uccidere Vespasiano, dichiarò ribelle Giovanbattista ed esiliò molti altri membri della famiglia: nel 1492 Filippangelo tornò all'Aquila nel tentativo di vendicare la morte del fratello, venendo barbaramente ucciso, mentre nel 1493 fu la volta di Giovanbattista, che fu ucciso a Roma.[7] Anche il maggiore dei sette fratelli, Costantino, fu trattenuto in esilio forzato fino alla morte (avvenuta prima del 1495) componendo, nel periodo della prigionia, alcune opere poetiche.[7]

Il 13 luglio 1493, per volontà di re Ferrante, il capitano di città procedette a confiscare le proprietà dei Gaglioffi, inferendo un colpo mortale alla famiglia.[7]

Tra gli esiliati, vi fu Girolamo Gaglioffi, figlio di Filippangelo, che si rifugiò in Francia presso la corte di Carlo VIII.[8] Con la conquista dell'Aquila da parte delle truppe francesi, nel 1495 Girolamo tornò quindi in città e, grazie ai suoi servigi di corte, il 25 marzo fu nominato camerlengo; ottenne inoltre il diritto di battere moneta, privilegio condiviso nel Regno con la sola Napoli.[8] Nel 1496 gli Aragonesi tornarono al potere obbligando nuovamente Girolamo all'esilio, questa volta a Venezia, da dove tentò più volte di rientrare in città sfruttando un accordo segreto con il capitano Ludovico Franchi. Nel 1501 il Gaglioffi riuscì a riconquistare L'Aquila, già sofferente dalle lunghe lotte intestine e dalla crescente epidemia di peste, restaurando una politica anti-feudale e perseguendo gli oppositori filo-aragonesi; in breve tempo Girolamo – che aveva ottenuto il titolo di conte di Popoli e Montorio, abitualmente concessi al signore della città – riuscì a risollevare la situazione comunale portando anche il Comitatus alla sua massima espansione storica.[8] Nel 1503 al riaccendersi delle ostilità tra Francia e Spagna, cercò l'appoggio della Repubblica di Firenze dopodiché dovette cedere all'avanzata della fazione aragonese, ritirandosi dapprima a Cittaducale quindi in terra francese, dove nel 1505 morì senza eredi determinando di fatto l'estinzione del casato.[8] Alla morte di Girolamo i possedimenti della famiglia passarono alle cugine Dianora e Diamante, attraverso le quali confluirono nel patrimonio dei Marsciano.[8]

Blasonatura[modifica | modifica wikitesto]

La blasonatura della famiglia Gaglioffi è la seguente: d'azzurro a due caprioli d'argento.[9]

Una seconda versione dello stemma del casato reca la seguente blasonatura: di rosso al capriolo d'oro, accompagnato da tre coppe coperte dello stesso.

Albero genealogico[modifica | modifica wikitesto]

Di seguito è riportato l'albero genealogico della famiglia Gaglioffi dal capostipite Giacomo "Gaglioffo", figlio di Tommaso Del Curiale, vissuto tra il XIII e il XIV secolo, fino all'ultimo discendente Girolamo Gaglioffi, deceduto nel 1505:[5]

 Giacomo "Gaglioffo"
...-1335
sp. Giovanna Fidanza
 
      
 Giovanni
 Ludovico
Pietruccio
Francesca "Cecca"
Mita
Chiara
  
  
 Jacobuccio
sp. Elena Roiani
 Giacomo
sp. Nella Camponeschi
  
    
 Niccolò
...-1412
sp. Maruccia Camponeschi
Filippo
 Ludovico
Gaglioffo
  
    
 Antonbattista
...-1460
sp. Pasqua del Corbaro
Gaglioffo
Vannuccia
sp. Meo Caselli
Giacomantonio
 
        
 Costantino
...-1495
sp. Francesca degli Atti
Giovanbattista
Vescovo dell'Aquila
...-1493
Vespasiano
...-1486
Filippangelo
...-1493
sp. Isabella Porcinari
Ludovico
Giovan Mauro
...-1486
Giacomo
Pietro Paolo
  
   
Dianora
sp. Alessandro di Marsciano
Diamante
sp. Leonardo Bucciarelli
 Girolamo
Conte di Popoli e Montorio
...-1505

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni
  1. ^ È da ricordare che L'Aquila sorse nel XIII secolo per volontà di più castelli, ciascuno dei quali fu dotato di un terreno di riferimento (detto "locale") all'interno della nuova città. Per i primi decenni dopo la fondazione, quindi, la comunità mantenne il collegamento tra le aree intra-moenia e quelle extra-moenia.
Riferimenti
  1. ^ a b c d Alessandro Clementi e Elio Piroddi, p. 53.
  2. ^ Alessandro Clementi e Elio Piroddi, p. 54.
  3. ^ Orlando Antonini, p. 297.
  4. ^ Pierluigi Terenzi, p. 196.
  5. ^ a b Pierluigi Terenzi, p. 197.
  6. ^ a b Pierluigi Terenzi, p. 198.
  7. ^ a b c Franco Pignatti, Costantino Gaglioffi, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 51, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1998.
  8. ^ a b c d e Dario Busolini, Girolamo Gaglioffi, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 51, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1998.
  9. ^ Elenco delle famiglie nobili d'Abruzzo, su casadalena.it. URL consultato il 1º marzo 2020.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Alessandro Clementi e Elio Piroddi, L'Aquila, Bari, Laterza, 1986.
  • Orlando Antonini, Architettura religiosa aquilana, vol. 1, Todi, Tau Editrice, 2010.
  • Pierluigi Terenzi, Forme di mobilità sociale all'Aquila alla fine del Medioevo, in Lorenzo Tanzini e Sergio Tognetti (a cura di), La mobilità sociale nel Medioevo italiano, Roma, Viella, 2016, ISBN 978-88-6728-597-6.
  • Silvia Mantini, L'Aquila spagnola, Roma, Aracne, 2008.
  • Touring Club Italiano, L'Italia. Abruzzo e Molise, Milano, Touring Editore, 2005.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]