Discussione:Nostra Signora di Guadalupe

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Giusto per gradire (poi OK è roba gesuita):


'Gli esami scientifici della "tilma"

Al 1666 risale anche il più antico esame scientifico dell’immagine "impressa" sulla tilma. Essa è costituita da due teli di ayate — un rozzo tessuto di fibre d’agave, usato in Messico dagli indios poveri per fabbricare abiti — cuciti insieme con filo sottile. Su di essa si vede l’immagine della Vergine, di dimensioni leggermente inferiori al naturale — la statura è di 143 centimetri — e di carnagione un po’ scura, donde l’appellativo popolare messicano di Virgen Morena o Morenita, circondata dai raggi del sole e con la luna sotto i suoi piedi, secondo la figura della Donna dell’Apocalisse (18). I tratti del volto non sono né di tipo europeo né di tipo indio, ma piuttosto meticcio — cosa "profetica" al tempo dell’apparizione — così che oggi, dopo secoli di commistioni fra le due razze, la Vergine di Guadalupe appare tipicamente "messicana". Sotto la falce argentata della luna un angelo, le cui ali sono ornate di lunghe penne rosse, bianche e verdi, sorregge la Vergine che, sotto un manto verde-azzurro coperto di stelle dorate, indossa una tunica rosa "ricamata" di fiori in boccio dai contorni dorati, e stretta sopra la vita da una cintura color viola scuro: questa cintura — il "segno di riconoscimento", presso gli aztechi, delle donne incinte — indica che la Vergine è in procinto di donare agli uomini il Salvatore (19).

I risultati degli esami compiuti su questa immagine dai pittori e dagli scienziati nel 1666 sono i seguenti: è assolutamente impossibile che un’immagine così nitida sia stata dipinta a olio o a tempera sull’ayate, data la completa mancanza di preparazione di fondo; che il clima del luogo in cui l’immagine è stata esposta, senza alcuna protezione, per centotrentacinque anni è tale da distruggere in un tempo più breve qualsiasi pittura, anche se dipinta su tela di buona qualità e ben preparata, a differenza del rozzo ayate della tilma di Juan Diego (20).

Gli studi scientifici sull’immagine e sull’ayate proseguono nei secoli successivi, fino ai giorni nostri. Nel 1751 una commissione di sette pittori con a capo Miguel Cabrera è incaricata di compiere una nuova ispezione sull’ayate, e i risultati di essa vengono pubblicati cinque anni dopo dallo stesso Miguel Cabrera con il titolo Maravilla americana (21). Nel 1752 sempre Miguel Cabrera, con l’aiuto di due dei sei pittori che hanno esaminato con lui l’immagine l’anno precedente, esegue tre copie — una per l’arcivescovo di Città di Messico, una per Papa Benedetto XIV e la terza per sé, come "modello" per le altre copie che da ogni parte gli vengono richieste — ma al contempo riconosce l’impossibilità pratica di riprodurre fedelmente l’espressione e i tratti dell’originale, cosa già notata precedentemente su copie più antiche. Le conclusioni a cui giungono Miguel Cabrera e i suoi colleghi sono sostanzialmente le stesse a cui erano giunti i medici e i pittori nel 1666: l’immagine non è un dipinto, apparendo i colori come "incorporati" alla trama della tela; e non soltanto una pittura, ma lo stesso tessuto dell’ayate avrebbe dovuto disgregarsi in breve tempo nelle condizioni climatiche della radura ai piedi del Tepeyac.

Dell’impossibilità a resistere in simili condizioni da parte di una pittura eseguita senza preparazione del fondo testimonia l’esperimento condotto poco più di trent’anni dopo dal medico José Ignacio Bartolache. Fra il 1785 e il 1787 egli mette all’opera una squadra di filatori e di tessitori indigeni per far tessere degli ayates il più possibile simili a quello di Juan Diego, utilizzando due diversi tipi di fibra vegetale — solo nel 1976 si potrà accertare che il tessuto della tilma è ricavato da fibre di agave popotule —, ma senza riuscire a far riprodurre esattamente la consistenza dell’originale. Alla fine, stanco dei tentativi, sceglie gli ayates che gli sembrano, all’occhio e al tatto, meno peggiori e incarica cinque pittori di eseguire copie della Madonna di Guadalupe sulla tela non preparata, adoperando i colori e le tecniche di pittura in uso duecentocinquant’anni prima. Una di queste copie — dipinta nel 1788 da Rafael Gutiérrez — viene collocata il 12 settembre dell’anno successivo sull’altare della Capilla del Pocito, da poco eretta accanto al santuario, che era stato completamente ricostruito, nella forma in cui lo si ammira ancor oggi, fra il 1695 e il 1709. Ma non vi resta a lungo: nonostante sia protetta da due robusti cristalli, la copia di Rafael Gutiérrez deve essere tolta dall’altare nel 1796 — sei anni dopo la morte di José Ignacio Bartolache — e riposta in un angolo della sacrestia, perché completamente rovinata. Frattanto, nel 1791, un incidente ha messo in luce un’altra singolare caratteristica dell’ayate. Alcuni operai, incaricati di pulire con una soluzione acquosa di acido nitrico al 50% la cornice d’oro che dal 1777 racchiude l’immagine, lasciano cadere inavvertitamente sulla tela parte della soluzione "detergente". Stando alle leggi della chimica, dovrebbe essere un danno irreparabile: infatti, l’acido nitrico reagisce non solo con le proteine presenti nei tessuti d’origine animale o vegetale dando loro un caratteristico colore giallo — la cosiddetta "reazione xantoproteica" — ma, soprattutto, con la cellulosa che costituisce la struttura portante delle fibre vegetali, disgregandole. Invece, nel caso dell’ayate della Madonna di Guadalupe, il tessuto è rimasto inspiegabilmente integro, e le due macchie giallastre della reazione xantoproteica — che non hanno, comunque, toccato la figura della Vergine — vanno sbiadendo con il passar del tempo. A questo si aggiunga un altro fatto, a tutt’oggi inspiegabile, notato anch’esso per la prima volta nella seconda metà del secolo XVIII e più volte confermato anche ai nostri giorni: l’ayate "respinge" gli insetti e la polvere, che invece si accumulano abbondantemente sul vetro e sulla cornice (22).

Ma i risultati più sorprendenti verranno dagli studi sull’immagine della Madonna di Guadalupe compiuti nel nostro secolo. Nel 1936, il direttore della sezione di chimica del Kaiser Wilhelm Institut di Heidelberg, dottor Richard Kuhn — premio Nobel per la Chimica nel 1938 —, ha la possibilità di analizzare due fili, uno rosso e uno giallo, provenienti da frammenti della tilma di Juan Diego, forse ritagliati nel 1777 per adattare alla cornice l’antico mantello, e poi conservati come reliquie. I risultati delle analisi, condotte con le tecniche più sofisticate allora disponibili, sono incredibili: sulle fibre non vi è traccia di coloranti, né vegetali, né animali, né minerali (23).

La tecnica più usata oggi per determinare la natura dei pigmenti è quella della fotografia ai raggi infrarossi, che vengono riflessi o assorbiti in maniera diversa dalle varie sostanze contenute nei pigmenti stessi. Una prima fotografia a raggi infrarossi dell’immagine della Madonna di Guadalupe è eseguita nel 1946 dal fotolitografo Jesús Castaño, ma finisce in archivio a causa della morte dell’autore. Finalmente, nel 1979, lo scienziato e pittore americano Philip Serna Callahan esegue una quarantina di fotografie all’infrarosso dell’immagine, sulle quali può compiere uno studio accurato (24). Tale studio, anche se viziato da qualche difetto nelle tecniche fotografiche, è il più accurato fra quelli compiuti sui colori che formano l’immagine e conferma nella sostanza gli studi precedenti: la quasi totalità della figura fa tutt’un corpo con il tessuto dell’ayate, con l’eccezione di alcune parti, come le mani, che appaiono ridipinte per ridurre la lunghezza delle dita, l’intera parte inferiore compresa la figura dell’angelo, l’argento della luna, l’oro dei raggi solari e delle stelle, e il bianco delle nubi che circondano i raggi stessi. A proposito di questi e di altri particolari, che Philip Serna Callahan definisce un po’ troppo sbrigativamente "aggiunte", occorre fare alcune precisazioni. Dell’applicazione di una patina bianca sulle nubi — allo scopo di cancellare dei cherubini che, dipinti per eccesso di devozione intorno alla figura della Vergine, si erano deteriorati quasi sùbito — parla già nel 1668 padre Francisco Florencia S.J. nel suo libro Estrella del Norte de México (25). Così pure l’aggiunta d’oro ai raggi del sole e d’argento alla luna era già stata notata — e biasimata — dagli studiosi che avevano compiuto il primo esame scientifico nel 1666. Quanto alla cancellazione della corona che originariamente ornava il capo della Vergine, si tratta di un intervento assai recente, del 1895, eseguito dal pittore Salomé Pina per "far posto" alla corona d’oro massiccio che in quell’anno viene, con una cerimonia ufficiale, applicata all’immagine (26). Per quanto riguarda il resto dell’immagine, sembra difficile che possa avere subìto "aggiunte" nel senso inteso da Philip Serna Callahan: sia la più antica descrizione dell’immagine, In tilmatzintli, scritta con ogni probabilità da Antonio Valeriano nella seconda metà del secolo XVI e pubblicata da Luis Lasso de la Vega nel 1649 insieme con il Nican mopohua (27), sia la già menzionata copia presente alla battaglia di Lepanto — e quindi anteriore al 1571 — mostrano l’immagine come ci appare oggi, a parte ovviamente la corona cancellata nel 1895. È quindi più probabile che gli interventi di mano umana individuati da Philip Serna Callahan siano solo semplici ritocchi; e don Faustino Cervantes Ibarrola, nelle sue note al libro di Philip Serna Callahan, ritiene che siano stati apportati dal pittore indio Marcos Cipac — quello accusato da padre Francisco Bustamante O.F.M. di essere l’autore del "falso" dell’immagine di Nostra Signora di Guadalupe — al tempo della costruzione della seconda ermita da parte dell’arcivescovo padre Alonso de Montúfar O.P., probabilmente per riparare i danni arrecati alla tilma dall’esposizione per più di vent’anni in condizioni che avrebbero dovuto distruggere completamente qualunque ayate. In ogni caso, è significativo che anche le fotografie all’infrarosso abbiano dimostrato la natura "non manufatta" —acheropita, per dirla con il termine tecnico d’origine greca — della parte essenziale dell’immagine.

Ma i risultati più incredibili sono venuti dall’esame degli occhi della Vergine di Guadalupe. È noto che nell’occhio umano si formano tre immagini riflesse degli oggetti osservati — una sulla superficie esterna della cornea, la seconda sulla superficie esterna del cristallino e la terza, ovviamente rovesciata, sulla superficie interna del cristallino stesso — dette "immagini di Purkinje-Sanson" dai nomi dei due ricercatori che le scoprirono nel secolo XIX. Se tali immagini riflesse, oltre che negli occhi di una persona vivente, possono forse essere viste anche in una fotografia ad alta risoluzione del suo viso, non potranno certo mai vedersi negli occhi di un volto umano dipinto su una tela. Eppure, nel 1929, il fotografo Alfonso Marcué González, esaminando alcuni negativi dell’immagine della Madonna di Guadalupe, scorge nell’occhio destro qualcosa di simile al riflesso di un mezzo busto umano. La scoperta — tenuta segreta in attesa di esami più approfonditi — è confermata il 29 maggio 1951 dal fotografo ufficiale del santuario, José Carlos Salinas Chávez, che rilascia pubblica dichiarazione scritta di aver vista "[...] riflessa nella pupilla del lato destro della Vergine di Guadalupe la Testa di Juan Diego, accertandone subito la presenza anche sul lato sinistro" (28).

La presenza negli occhi della Vergine di questa presunta "testa di Juan Diego" viene confermata negli anni successivi dalle osservazioni di illustri oftalmologi, compiute anche direttamente sulla tilma priva del vetro protettivo, i quali riescono pure a individuare, nel solo occhio destro, la seconda e la terza immagine di Purkinje-Sanson. È una scoperta che rende ancora più "inspiegabile" l’immagine del Tepeyac, ma non è ancora tutto. Infatti, quando nel 1979 l’ingegnere peruviano José Aste Tonsmann, esperto di elaborazione elettronica delle immagini, viene a conoscenza della scoperta fatta da José Carlos Salinas Chávez ventotto anni prima, chiede di poter analizzare — con il metodo dell’elaborazione elettronica mediante computer, usato, fra l’altro, per la "decifrazione" delle immagini inviate sulla terra dai satelliti artificiali e dalle sonde spaziali — i riflessi visibili negli occhi della Madonna di Guadalupe. Con questo metodo — basato sulla scomposizione di una figura in "punti" luminosi e sulla "traduzione" della luminosità di ciascun punto nel "codice binario" del calcolatore — José Aste Tonsmann riesce a ingrandire le iridi degli occhi della Vergine fino a 2500 volte le loro dimensioni originarie, e a rendere, mediante opportuni procedimenti matematici e ottici, il più possibile nitide le immagini in esse contenute. Il risultato ha, ancora una volta, dell’incredibile: negli occhi della Madonna di Guadalupe è riflessa l’intera scena di Juan Diego che apre la sua tilma davanti al vescovo Juan de Zumárraga O.F.M. e agli altri testimoni del miracolo. In questa scena è possibile individuare, da sinistra verso destra guardando l’occhio: un indio seduto, che guarda in alto; il profilo di un uomo anziano, con la barba bianca e la testa segnata da un’avanzata calvizie e da qualcosa di simile alla chierica dei frati, molto somigliante alla figura del vescovo Juan de Zumárraga O.F.M. quale appare nel dipinto di Miguel Cabrera raffigurante il miracolo della tilma; un uomo più giovane, quasi sicuramente l’interprete Juan González; un indio dai lineamenti marcati, con barba e baffi, certamente Juan Diego, che apre il proprio mantello, ancora privo dell’immagine, davanti al vescovo; una donna dal volto scuro, forse una schiava nera; un uomo dai tratti spagnoli — quello già individuato dagli esami oftalmoscopici sulla tilma e inizialmente scambiato per Juan Diego — che guarda pensoso la tilma accarezzandosi la barba con la mano. Tutti questi personaggi stanno guardando verso la tilma, meno il primo, l’indio seduto, che sembra guardare piuttosto il viso di Juan Diego. Insomma, negli occhi dell’immagine della Madonna di Guadalupe vi è come una "istantanea" di quanto accaduto nel vescovado di Città di Messico al momento in cui l’immagine stessa si formò sulla tilma. Al centro delle pupille, poi, si nota, in scala molto più ridotta, un’altra "scena", del tutto indipendente dalla prima, in cui compare un vero e proprio "gruppo familiare" indigeno composto da una donna, da un uomo, da alcuni bambini, e — nel solo occhio destro — da altre persone in piedi dietro la donna.

La presenza di queste immagini negli occhi è, innanzi tutto, la conferma definitiva dell’origine prodigiosa dell’icona guadalupana: è materialmente impossibile dipingere tutte queste figure in cerchietti di circa 8 millimetri di diametro, quali sono le iridi della Madonna di Guadalupe, e per di più nell’assoluto rispetto di leggi ottiche totalmente ignote nel secolo XVI. Inoltre, la scena del vescovado come appare negli occhi della Vergine pone un altro problema: essa non è quella che poteva essere vista dalla supeficie della tilma, dato che vi compare Juan Diego con la tilma dispiegata davanti al vescovo. A questo proposito José Aste Tonsmann avanza l’ipotesi che la Madonna fosse presente, sebbene invisibile, al fatto, e abbia "proiettata" sulla tilma la propria immagine, avente negli occhi il riflesso di ciò che stava vedendo (29).

Un altro studio scientifico che ha dato risultati molto interessanti è quello relativo alla disposizione delle stelle sul manto della Vergine, disposizione che, pur essendo diversa da quelle "geometriche" tipiche dei cieli dipinti, per esempio, sulle volte di alcune chiese, sembra tutt’altro che casuale. Questo fatto, che mal si accorda con la sbrigativa definizione di "aggiunte" data da Philip Serna Callahan alle stelle del manto e ai disegni del broccato della tunica, spinge don Mario Rojas Sánchez, traduttore dei testi náhuatl sull’apparizione e studioso della cultura azteca, a uno studio accurato su questi due particolari dell’immagine di Guadalupe. Partendo dalla somiglianza fra i grandi fiori in boccio visibili sulla tunica della Vergine e il simbolo azteco del tépetl, cioè del monte, don Mario Rojas Sánchez ha identificato sulla tunica una "mappa" dei principali vulcani del Messico; quanto alle stelle, lo stesso sacerdote ha potuto accertare, grazie alla collaborazione di alcuni astronomi e dell’osservatorio Laplace di Città di Messico, che esse corrispondono alle costellazioni presenti sopra Città di Messico al solstizio d’inverno del 1531 — solstizio che, dato il calendario giuliano allora vigente, cadeva il 12 dicembre — viste però non secondo la normale prospettiva "geocentrica", ma secondo una prospettiva "cosmocentrica", ossia come le vedrebbe un osservatore posto "al di sopra della volta celeste" (30).'


DISCLAIMER:

Attenzione, per quello che concerne la pagina dedicata alla Madonna di Guadalupe io dichiaro che essa è stata modificata in maniera arbitraria mentre a me è stata inibita la possibilità di modificarla a mia volta; altri hanno potuto fare questo impunemente adducendo affermazioni che si sono RIFIUTATI DI DISCUTERE in questa sede. Evidentemente erano sicuri che i loro sodali li avrebbero protetti a prescindere, visto che con me sono stati solerti e puntuali nell'annullare le modifiche che ho apportato.--Stefanomencarelli 20:24, 10 dic 2006 (CET)[rispondi]

Un parere personale...

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Questa voce è al centro di una diatriba...

Io spendo un po' del mio tempo qui, senza alcuna intenzione di sostenere l'una o l'altra parte.

Non so chi sia Cialz o cosa debba dimostrare su wikipedia, ma questo diff [1], mi lascia molto perplesso. In quanto (è la forma in cui si osserva ora la voce), si parla delle prove scientifiche che smentiscono non si sa cosa di non si sa che immagine. Capisco che si possa tacciare il Mencarelli di contro-reazione esagerata, quando ha rimosso, tutto d'un colpo, tutte le obiezioni... però non si può lodare certo uno come Cialz che, si affretta a smentire una cosa che nemmeno è stata ancora affermata. Inoltre il titolo prodotto dell'opera umana è fuori luogo, in quanto già asserisce perentoriamente ciò che sotto viene affermato semplicemente essere la spiegazione scientifica più probabile... (mica siamo un giornale che si deve fare il titolone scandalistico, per attirare il lettore!). Inoltre tutto il paragrafo del culto, che è, giustamente al condizionale (sarebbe) e con caveat (secondo la leggenda tradizionale) viene infarcito da non si sa chi (io non mi metto certo a guardare la cronologia) di citazione necessaria, quando tutto il paragrafo precedente da per certo cose come:

«recenti studi hanno evidenziato che la leggenda di Juan Diego risalirebbe al XVII secolo, un secolo in più rispetto all'effettiva (nel senso di accertata) età dell'immagine.»

hanno non avrebbero, allora chi l'ha fatto lo studio? l'età accertata? Come l'hanno accertata? Qual'è quest'età?

Non mi si dica che Cialz ha messo un approfondita bibliografia, scommetto quanto volete, che Mencarelli potrebbe portarvene una altrettanto corposa che sostiene le sue tesi (d'altronde ha scritto una roba lunghissima qui sopra, che non ho letto per mancanza di voglia).

Spero che un utente terzo, legga qui, legga la voce, capisca le mie perplessità, e aggiusti la voce.  ELBorgo (sms) 12:47, 11 dic 2006 (CET)[rispondi]

  • Rispondo (mi scuso per il mio non essere "terzo", ma spero le mie osservazioni possano essere considerate non "seconde" rispetto ad altre ;-) ) all'utente Elborgo, anche se non so chi sia e se non ho ben capito cosa pensi io debba volere/voglia "dimostrare". Le "prove scientifiche" sono in contrapposizione all'"apparizione" (ovviamente di natura miracolistica visto che si tratta di "apparizioni mariane": se si trattasse del semplice "apparire alla vista" la voce non avrebbe senso). Non mi pare di essere stato oggetto di lodi da parte di alcuno, non ne ho mai chieste e non ne ho mai desiderate, anzi, considerandomi (ahimè!) privo di qualsiasi qualità o attributo di infallibilità, non avrei nulla da obiettare se qualcuno, come ad esempio tu, o svogliato Elborgo, volesse aggiungere, modificare, contestualizzare, discutere, migliorare l'orrendo paragrafo che ho aggiunto, anzicché fuffare sulle intenzioni altrui e pontificare su come un buon wikipediano dovrebbe agire... sperando che qualcun altro agisca. Non scomodarti a spulciare la cronologia: l'"infarcitura" delle ben due (2) "citazioni necessarie" è un altro mio peccato, di cui spero vorrai concedermi come attenuante l'aver posto al condizionale i verbi del paragrafo. Da apicultore bonaccione, preferisco sorvolare sulle simpatiche "contro-reazioni" del Mencarelli, della cui "roba lunghissima qui sopra" non mi ero tra l'altro manco accorto. O utenti terzi, armiamoci e scrivete! --Charlz 13:32, 11 dic 2006 (CET)[rispondi]

L'ignoranza non è una scusante. Tu mr Cialz hai:

-affermato perentoriamente una verità PRECISA, che non ha bisogno di repliche se non la richiesta delle PROVE, che ovviamente non hai corrisposto. Si da il caso che le citazioni necessarie tanto necessarie non dovrebbero essere se poi non sono sorrette da meno che zero fatti. Le tue affermazioni sono chiare e semplici: no nsi tratta di miracolo. Ma a me non risultano ricerche che dimostrano che non lo sia, mentre ve ne sono e come che dicono che lo è, o quantomeno che negano sia 'un dipinto'.Per non parlare della logica, che difficilmente vedrebbe un ignoto pittore avere dipinto un'immagine 'miracolosa' sul tessuto meno adatto che si possa concepire per tale 'miracolo', e che si è conservato per 500 anni senza nemmeno un'alterazione, inclusa quella data dall'acido per sbaglio versatovi sopra.

-Non solo questo, ma per buon peso hai reiterato il tuo comportamento che era chiaramente tendenzioso e basato, fino a prova contraria, su affermazioni sostanzialmente calunniose.

-Visto che tu, poveretto, sei stato distratto dalle operazioni di kazzeggio nella pagina principale hai perso il fatto che esisteva anche la pagina di discussione, che io ho appositamente creato per discutere dell'argomento. Da un'experten con 5000 edits difficilmente ci si può aspettare una stronzata scusante del genere, per non parlare della credibilità della stessa.

-Non solo questo, visto e considerato che ti ho cercato per discutere della cosa, oltre che a sfottermi potevi anche rispondere. Ma evidentemente non avevi argomenti, e tutto sommato la tua frase in francese suona come un'autoaccusa. Effettivamente, io mi sento compiaciuto di passare per un'imbecille agli occhi di un idiota.


Rinnovo l'esortazione alla nobile arte dell'apicultura. Tu mi sembri fin troppo scaltro per invocare la buona fede e l'ingenuità che di sicuro dimostri di non avere. Ma c'è speranza, se le api non ti piacciono puoi sempre fare l'avvocato della Franzoni, ora che Taormina se n'è andato. Richiede + o- l'onestà intellettuale di calunniare qualcuno senza uno straccio di prova, dopotutto.--Stefanomencarelli 15:42, 11 dic 2006 (CET)[rispondi]

Lo svogliato Elborgo se un po' sd%@#@ le pa#@

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Non so quand'è che mi sono occupato di scrivere una voce... Discussioni discussioni wikipedia wikipedia discussioni rollback discussioni rollback... che pal@# prendo il precedente intervento di Cialz come un invito a farmi i cavoli miei fino ad anno nuovo ed evitare come la peste ogni altro wikipediano (intendo tutti amici miei e perfetti sconosciuti) sciopero. SCIOPERO.  ELBorgo (sms) 15:43, 11 dic 2006 (CET) P.s.: non sono offeso è solo che mi sono stufato di dover sprecare tanto tempo a chiarire non si sa cosa...[rispondi]

  • Inserito in bibliografia il riferimento al sito www.vialattea.net, da cui si è attinto per la redazione di alcune parti della voce, come espressamente richiesto alla pagina Info: Qualsiasi testo contenuto in ViaLattea può essere citato in pubblicazioni di vario genere o pagine web, ma si prega di volerne indicare il riferimento con un semplice link a http://www.vialattea.net. --Charlz 09:53, 13 dic 2006 (CET)[rispondi]

L'avviso POV riporta la seguente motivazione:

Un utente ha inserito una serie di obiezioni scientifiche senza scientificamente provarle...

Ricordo che Wikipedia non e' una fonte primaria, quindi non sta a noi provare un'affermazione, ci basta che ci siano delle fonti che la riportano. Ho verificato che tutte le affermazioni contestate si trovano nelle pagine linkate nella sezione collegamenti esterni, quindi ritengo che non ci siano motivi validi per questo avviso POV e vado subito a cancellarlo. --Gerardo 15:39, 26 gen 2007 (CET)[rispondi]



Quindi se passa un tizio e scrive che l'Olocausto è una frottola si può lasciare perchè egli cita Irving?

Si puo' lasciare che Irving dice che. Cosi' come in questo caso c'e' scritto che sono dati portati a sostegno dell'ipotesi contraria. --Gerardo 10:25, 6 feb 2007 (CET)[rispondi]

Parliamone

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Ci ho pensato su e mi trovo nel complesso d'accordo su molte delle ultime revisioni. Il riferimento alla posizione delle stelle sul manto in relazione al periodo storico mi pare però interessante e l'ho lasciato, fontandolo. --F.giusto (msg) 00:01, 9 apr 2013 (CEST). In generale, volevo ricordare di usare la pagina di discussione :-) --F.giusto (msg) 00:02, 9 apr 2013 (CEST)[rispondi]

ok all'info, alla stregua di una curiosità, se referenziata. Saluti--Hal8999 (msg) 18:30, 9 apr 2013 (CEST)[rispondi]

Un saluto. Forse si può pulire un po questa pagina di discussione. In concreto, l'intervento del 2006 dello svogliato Elborgo non sembra aiuti molto alla voce...--Tenan (msg) 18:54, 9 apr 2013 (CEST)[rispondi]

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Battitito cardiaco

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Ciao, ho rimesso il CN sulla parte del battito cardiaco. Anzitutto perche' il fatto non e' adeguatamente referenziato (chi ha fatto l'analisi? quando?) e soprattutto perche' si tratterebbe di un miracolo continuo che zittirebbe qualunque scettico. Non credi nei miracoli? poggia qua l'orecchio!

PS. ho tolto anche il link ad un sito di viaggi usato come fonte. --Hal8999 (msg) 06:49, 27 lug 2021 (CEST)[rispondi]

  • Uno stetoscopio, appoggiato al nastro che Maria porta in vita, segno della gravidanza, ha rilevato pulsazioni ritmiche (circa 115 battiti al minuto, come il battito di un bambino che deve venire alla luce)[senza fonte][1][2].
sposto da pagina principale per mancanza di fonti circostanziate--Hal8999 (msg)
  1. ^ Guadalupe, immagine viva dell'amore, su avvenire.it. URL consultato il 17 luglio 2021.
  2. ^ Matteo Orlando, Sotto attacco, Edizioni Chorabooks, Hong Kong, 2017, p. 12.

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