Crithagra totta

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Venturone bruno
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
SubphylumVertebrata
ClasseAves
SottoclasseNeornithes
SuperordineNeognathae
OrdinePasseriformes
SottordineOscines
InfraordinePasserida
SuperfamigliaPasseroidea
FamigliaFringillidae
GenereCrithagra
SpecieC. totta
Nomenclatura binomiale
Crithagra totta
(Sparrman, 1786)
Sinonimi

Serinus tottus

Il venturone bruno o venturone del Capo (Crithagra totta (Sparrman, 1786)) è un uccello passeriforme della famiglia Fringillidae[2].

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il nome scientifico della specie, totta, è una contrazione di ottentotta, in riferimento al suo areale.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Maschio impagliato.
Femmina impagliata.

Dimensioni[modifica | modifica wikitesto]

Misura 12–13 cm di lunghezza, e 10-20,3 grammi di peso[3].

Aspetto[modifica | modifica wikitesto]

Si tratta di uccelletti dall'aspetto robusto, muniti di testa arrotondata, becco conico, ali appuntite e coda dalla punta lievemente forcuta.

Il piumaggio è di colore bruno sulla parte dorsale di testa (fronte, vertice, nuca, guance) e corpo, mentre tutta la parte ventrale (oltre al codione) è gialla, più chiara su sopracciglio e gola e tendente a sfumare nel grigio-biancastro sul sottocoda. Le remiganti sono nere con orlo distale bianco a formare dei disegni a mezzaluna, e dello stesso colore è la coda.
Il dimorfismo sessuale è piuttosto evidente, con le femmine provviste di estensione del giallo assai inferiore rispetto ai maschi, con petto e ventre di color cannella. In ambedue i sessi, il becco è di colore carnicino (con parte superiore tendente a scurirsi e ad assumere colorazione nerastra in particolar modo nella parte distale), le zampe sono anch'esse di color carnicino e gli occhi sono bruni.

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Si tratta di uccelli diurni, piuttosto gregari, che tendono a passare la maggior parte della giornata cercando il cibo fra i cespugli o al suolo, muovendosi in coppie o in gruppetti.

Alimentazione[modifica | modifica wikitesto]

La dieta di questi uccelli è perlopiù granivora: essi si nutrono infatti di semi di piante erbacee o arbustive, come le protee, ma non disdegnano di integrare la propria dieta anche con bacche, germogli e piccoli insetti, soprattutto durante il periodo riproduttivo.

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

Maschio durante il canto.

La stagione degli amori di questi uccelli va da agosto a dicembre: i maschi cantano per attrarre le femmine, che vengono poi corteggiate seguendole con insistenza tenendo testa e coda erette, ali semiaperte e puntate verso il basso e penne arruffate.

Si tratta di uccelli monogami: la femmina si accolla l'onere di costruire il nido (una struttura a coppa fatta di fibre vegetali intrecciate e imbottita internamente di materiale più soffice, posizionata alla biforcazione di un ramo) e di covare le 3-5 uova, mentre il maschio la imbecca, fa la guardia al nido e collabora con essa nell'allevamento dei nidiacei, che schiudono dopo circa due settimane di cova, s'involano attorno alle tre settimane di vita e si rendono completamente indipendenti attorno al mese e mezzo di vita.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Il venturone bruno è endemico del Sudafrica, del quale abita la punta sud-occidentale, dalla porzione meridionale del Capo Orientale all'area costiera della porzione sud-occidentale del Capo settentrionale.

L'habitat di questi uccelli è rappresentato dalle aree rocciose submontane e di pianura, con presenza di aree cespugliose (fynbos) e alberi isolati.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) BirdLife International 2012, Crithagra totta, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ (EN) F. Gill e D. Donsker (a cura di), Family Fringillidae, in IOC World Bird Names (ver 9.2), International Ornithologists’ Union, 2019. URL consultato il 20 aprile 2017.
  3. ^ (EN) Cape Siskin (Crithagra totta), su Handbook of the Birds of the World. URL consultato il 20 aprile 2017.

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