Chiesa di Santa Maria della Purità (Roma)

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La chiesa nella pianta di Roma di Giambattista Nolli

Santa Maria della Purità era una chiesa di Roma, importante per ragioni storiche e artistiche. Consacrato fra il 1530 e il 1538, l'edificio venne demolito insieme al quartiere circostante nel 1937-40 nel corso dei lavori per l'apertura di via della Conciliazione.

Ubicazione[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa si trovava a Roma, nel rione Borgo, nel vicolo omonimo ("vicolo della purità") che univa Borgo Nuovo a Borgo Sant'Angelo.[1] Il vicolo era separato da Borgo Nuovo da un arco, posto quasi di fronte al balcone del palazzo dei Convertendi, detto dalla chiesa Arco della Purità.[1][2][3] Sulla sommità dell'arco ardeva una lampada perpetua di fattura artistica.[3]

La chiesa non deve essere confusa con San Sebastiano in via Pontificum, che si trovava poco vicino ma che all'epoca della consacrazione di Santa Maria della Purità era probabilmente già sconsacrata e abbandonata.[3]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Dopo l'inondazione del Tevere del 1530, una popolana del rione Borgo di nome Brianda, inferma da lungo tempo a una mano, si trovò a pregare per la propria guarigione una antica immagine di Maria Vergine tornata alla luce durante l'inondazione.[1] Questa era posta su un muro superstite di una casa diroccata, appartenuta alla nobildonna Lucrezia Salviati.[1] Essa era stata distrutta durante il sacco di Roma del 1527 e col tempo era diventata un deposito di immondizie.[2][1] Alla notizia dell'avvenuta guarigione, la fama delle virtù taumaturgiche del dipinto si sparsero per il rione, e la casa in rovina divenne meta di una processione di infermi e bisognosi i quali chiedevano una grazia alla Vergine.[1]

L'edificio venne restaurato e trasformato in una piccola chiesa, intitolata in contrasto con la sporcizia del luogo alla Vergine della Purità;[2] dapprima affidata a un sacerdote, nel 1538 essa venne data in custodia da papa Paolo III (r. 1534-49) al sodalizio dei caudatari di San Pietro, che erano i sacerdoti i quali erano incaricati di sorreggere la coda (o strascico in romanesco)[4] dell'abito talare al papa e ai Cardinali durante le grandi cerimonie, ricordandogli inoltre cosa dovevano fare.[1] Nel 1546 Paolo III trasformò il sodalizio in collegio; i caudatari aggiunsero all'edificio una stanza per alloggiare il cappellano. L'edificio rimase sempre in possesso del collegio dei caudatari, che lo restaurarono durante il pontificato di Leone XII (r. 1823-29), ma nel 1897 esso fu abbandonato.[5] La chiesa venne demolita fra il 1937 e il 1940 insieme alla spina di Borgo per la costruzione di via della Conciliazione.[5] L'area sulla quale insisteva adesso è parte del ricostruito palazzo dei Convertendi.[6]

Architettura e interno[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa aveva una sola navata ed un altare, sopra al quale era posto il dipinto miracoloso della vergine, della fine del XIII - inizio del XIV secolo.[5] Al di sopra di esso, c'era un affresco rappresentante il Padre Eterno e l'Annunciata.[5]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g Gigli (1992), p. 84.
  2. ^ a b c Borgatti, p. 169.
  3. ^ a b c Delli, p. 800.
  4. ^ Borgatti, p. 170.
  5. ^ a b c d Gigli (1992), p. 86.
  6. ^ Benevolo, pp. 124-127.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Mariano Borgatti, Borgo e S. Pietro nel 1300 - 1600 - 1925, Roma, Federico Pustet, 1926.
  • Giuseppe Ceccarelli (Ceccarius), La "Spina" dei Borghi, Roma, Danesi, 1938.
  • Sergio Delli, Le strade di Roma, Roma, Newton & Compton, 1988.
  • Laura Gigli, Guide rionali di Roma, Borgo (II), Roma, Fratelli Palombi Editori, 1992, ISSN 0393-2710 (WC · ACNP).
  • Leonardo Benevolo, San Pietro e la città di Roma, Bari, Laterza, 2004, ISBN 88-420-7236-2.