Bozza:Museo Mangini Bonomi

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Museo Mangini Bonomi
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàMilano
IndirizzoVia dell'Ambrosiana, 20
Caratteristiche
TipoCasa Museo
FondatoriEmilio Carlo Mangini, Giuseppe Mangini
Apertura1985
Sito web

Il Museo Mangini Bonomi è un'istituzione culturale privata italiana situata a Milano. Fu fondato nel 1985 dagli imprenditori Emilio Carlo Mangini (Milano, 1912 - Albenga, 2003) e suo figlio Giuseppe (Milano, 1945 - 1988).

Questo museo offre una diversificata collezione di "oggetti e strumenti di vita", che testimoniano la vita quotidiana del passato. Oltre alle collezioni di oggetti d'uso, è possibile esplorare le stanze destinate all'abitazione che esprimono il gusto antiquariale e collezionistico dei fondatori.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Molto diverse le due figure dei fondatori, ma entrambi con una passione per il viaggio e l'esplorazione. Il padre, desideroso di conservare testimonianze materiali della vita quotidiana che si andavano perdendo acquistava con rapidità e determinazione in aste, botteghe antiquarie e mercatini di tutta Europa.

La foto ritrae i fondatori del museo Emilio Carlo Mangini e suo figlio Giuseppe
La foto ritrae i fondatori Emilio Carlo Mangini e suo figlio Giuseppe.

Il figlio, laureato in lettere a Milano, attivo nel mondo artistico milanese e toscano e attento collezionista di oggetti di pregio e di opere d'arte contemporanea, contribuì al museo con numerose donazioni.

La casa, documentata già nel 1418, sorge sull'area immediatamente limitrofa all'antico Foro Romano, sul cui sedime si trova il complesso della Biblioteca Ambrosiana. Il luogo era occupato prevalentemente da tabernae, sostituite nell'altomedioevo da abitazioni e botteghe, da cui i successivi toponimi delle vie:  Spadari, Speronari, Armorari. Il piano interrato ha quota  mediamente corrispondente alla quota stradale  romana o tardoantica, conserva un doppio pozzo di VII-VIII secolo (che, comprendendo materiali precedenti, potrebbe essere il rifacimento di un  pozzo romano) e presenta muri laterali e volte di mattoni databili  al XV-XVI secolo. Il soprastante edificio è frutto di stratificazioni successive, con facciata tardo-settecentesca e ultimo piano della  prima metà dell'Ottocento[1]. Ristrutturato dopo i gravi danni bellici dai precedenti proprietari, fu venduto nel 1978 dal conte Annibale Scotti Casanova ai Mangini, che dapprima lo adattarono alle loro esigenze con lavori limitati, per poi - nei primi anni '90 – sistemarne anche le cantine ad uso espositivo, abbassandone quanto possibile il piano di calpestio, sotto la guida dello stesso Emilio Mangini.

La Fondazione Emilio Carlo Mangini[modifica | modifica wikitesto]

Fondata nel 1985 da Emilio Carlo e suo figlio Giuseppe, la Fondazione Emilio Carlo Mangini gestisce il Museo Mangini Bonomi. La principale finalità di questa Fondazione è garantire la duratura conservazione e la fruibilità delle collezioni accumulate nel corso degli anni. Il desiderio di rendere accessibili le collezioni agli studiosi e agli appassionati delle discipline artistiche, storiche ed etnologiche emerge chiaramente dall'atto costitutivo: questo impegno si traduce nella promozione degli studi e delle ricerche relative a tali materie contribuendo così a diffondere la conoscenza e a favorire la comprensione delle diverse sfaccettature dell'eredità culturale documentata.

Nel loggiato del piccolo cortile del Museo, una targa posta all'ingresso della casa ospita un messaggio che esprime il profondo desiderio dei fondatori che i ricordi del passato, materializzati attraverso arredi e oggetti di vita appartenenti alla cultura latina, possano diventare un patrimonio prezioso per le generazioni future.[2]

Casa e collezioni[modifica | modifica wikitesto]

La casa si sviluppa su sei piani, ciascuno con una sua specifica funzione e atmosfera. Il piano terreno svolge tuttora la funzione originale di accoglienza e lavoro: comprende, infatti, l'ufficio di amministrazione, la portineria ed accoglie i visitatori con arredi e oggetti di pregio, tra i quali spicca un ritratto bronzeo di Emilio Mangini affisso a parete, al di sopra della targa citata.

Il primo piano e i sotterranei ospitano il Museo di Oggetti d'uso, variegata raccolta di oggetti d'uso quotidiano, testimonianza di come viveva l'uomo in passato, che si estendono attraverso diverse tematiche ed esplorano vari aspetti, quali la femminilità e la maternità, l'evoluzione delle tendenze maschili nel curare la propria immagine e il proprio stile di vita, la spiritualità e l'arcano, il lavoro, la medicina e la misurazione del tempo, la musica e la scrittura, lo svago e il tempo libero, la casa, le armi e, infine, la storia attraverso cimeli che portano con sé un significato memoriale, celebrativo e storico-politico, spesso appartenuti a personaggi storici. Tra gli oggetti presenti nella collezione si trovano, per esempio, bauletti, carte da gioco, ventagli, armi, lucerne, calamai, bacili da barba, chiavi, elemosinieri, giochi, cassette notarili, oggetti di chiesa, lanterne magiche, beni archeologici, cofanetti, tariffari di case di tolleranza, abiti e moltissimo altro ancora. Questa diversificata selezione rispecchia il gusto collezionistico di Emilio Mangini, caratterizzato da una predisposizione onnivora e, al contempo, da una curiosità nella ricerca di numerose quantità di oggetti con funzioni simili.

La Dimora, aperta al pubblico come parte del Museo, si sviluppa a partire dal secondo piano, arredato - come anche il terzo - con mobili perlopiù risalenti al Sei e Settecento; gli ambienti sono arricchiti da una vasta collezione di oggetti di pregio e d'arte, tra cui dipinti, sculture, tappeti, orologi, paraventi, vasi e altri oggetti preziosi, selezionati e acquistati dai fondatori del Museo. Il secondo piano ospita, nello specifico, un salone, un salotto, lo studio e la biblioteca; mentre il terzo piano rappresenta lo spazio della sfera privata, con la sala da pranzo, la cucina, la camera da letto e il bagno padronale. Questi ambienti esibiscono arredi, oggetti di pregio e opere d'arte antica, che riflettono il gusto dei fondatori, ma anche "oggetti di vita" curiosi che svolgono il ruolo di elementi decorativi. Il quarto piano, il cui salotto ospita a parete l'interessante papier peint “Les Combats des Grecs” (1828), fu arredato da Emilio Mangini con mobili ereditati dalla famiglia e opere di Otto e Novecento. A confermarne tale connotazione, Mangini sistemò la piccola camera da letto in una sorta di Cabinet Napoléonien e, dopo la morte del figlio Giuseppe, creò una saletta per ospitarne la raccolta d'arte contemporanea. Il piano è attualmente chiuso al pubblico ma nel corso del 2024 se ne prevede l'apertura ai soli specialisti, per ragioni di agibilità.

Fu Emilio Mangini a catalogare personalmente ciascun pezzo della raccolta e degli arredi, delineandone le caratteristiche distintive, l'epoca di appartenenza e in molti casi la provenienza. Attualmente è in corso la campagna fotografica di tutti gli oggetti e la catalogazione scientifica di una accurata selezione degli stessi.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Cfr. la relazione di Luciano Patetta, datata  4 ottobre 1997, agli atti del Museo, e https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LMD80-00473/
  2. ^ La fondazione, su Museo Mangini Bonomi. URL consultato il 25 gennaio 2024.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • B. Dürr e T. Weimar, Mailand. Zeit für das Beste, Deutschland, Bruckmann, 2015, p. 113.
  • M.A. Filippi, Le chiavi per aprire 99 luoghi segreti di Milano, Roma, Palombi editori, 2014, pp. 243-245.
  • L. Steffenoni e M.A. Filippi, Psyco Mappe. Due viandanti persi tra arte e delitti milanesi, Adagio, 2014, pp. 186-188.
  • Milano Fusion 2009. Guida alle più raffinate location internazionali, Milano, Lesteia, 2008, pp. 184.
  • Fondazione Emilio Carlo Mangini, Torino, Tipolitografia G. Canale & C., 1996.
  • Fondazione Emilio Carlo Mangini, Borgaro Torinese, CanaleArte edizioni, 2000.
  • M. Polidoro, Milano insolita e segreta, Venezia, Jonglez, 2012, pp. 18-19.
  • Walking guide Milano. Il meglio della città, Novara, National Geographic, 2014, p. 119.
  • Meraviglie nascoste. Alla scoperta di piccoli musei dal grande valore Piemonte - Lombardia - Liguria - Emilia - Valle D'Aosta, Arona, Distretto 204 Italia International Inner Wheel, 2022, pp. 108-109.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]