Utente:Facquis/Sandbox/Delitto Matteotti

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Voce principale: Giacomo Matteotti.
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Facquis/Sandbox/Delitto Matteotti
omicidio
Il ritrovamento del corpo di Matteotti
Tiporapimento e accoltellamento
Data10 giugno 1924
LuogoRoma
StatoBandiera dell'Italia Italia
ObiettivoGiacomo Matteotti
ResponsabiliAmerigo Dumini, Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto Malacria e Amleto Poveromo
Motivazioneantifascismo
Conseguenze
MortiGiacomo Matteotti

Il delitto Matteotti venne commesso il 10 giugno 1924 a Roma, con il rapimento e l'assassinio di Giacomo Matteotti, deputato del Regno d'Italia.

L'assassinio fu compiuto da una squadra fascista capeggiata da Amerigo Dumini per le denunce da parte di Matteotti dei brogli elettorali e del clima di violenza[1] messi in atto dalla nascente dittatura di Benito Mussolini nelle elezioni del 6 aprile 1924. Secondo alcuni storici il delitto fu anche conseguenza delle indagini di Matteotti sulla corruzione del governo, in particolare sulla vicenda delle tangenti della concessione petrolifera alla Sinclair Oil[2]. Il corpo di Matteotti fu ritrovato circa due mesi dopo l'omicidio, il 16 agosto 1924.

Il 3 gennaio 1925, di fronte alla Camera dei deputati, Benito Mussolini si assunse pubblicamente la «responsabilità politica, morale e storica» del clima nel quale l'assassinio si era verificato.[3] A tale discorso fece seguito, nel giro di due anni, l'approvazione delle cosiddette leggi fascistissime e la decadenza dei deputati che avevano partecipato alla secessione dell'Aventino in protesta al delitto Matteotti.

Le aggressioni squadriste a Matteotti

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La squadra d'azione ferrarese di Italo Balbo nel 1921

La prima aggressione di carattere squadrista subita da Giacomo Matteotti risale al 18 gennaio 1921, quando ancora impegnato a Livorno nei lavori del XVII Congresso del Partito Socialista Italiano, venne a conoscenza dell'arresto del sindaco e del capolega di ferraresi in seguito alle violenze avvenute tra fascisti e socialisti il mese prima.[4][5] Giunto precipitosamente a Ferrara per assumere la direzione della Camera del Lavoro, le squadre d'azione fasciste di Italo Balbo lo assediarono nella sede sindacale per oltre tre ore, Matteotti fu quindi scortato all'esterno della Camera del lavoro di Ferrara da oltre duecentocinquanta carabinieri, venendo però insultato e aggredito fisicamente.[4][6] Secondo quanto riportato dall'Avanti! del 27 gennaio 1921, nei giorni successivi un gruppo di agrari ferraresi si rivolse ai fascisti richiedendo di "sopprimere e a tutti i costi ammazzare l'on. Matteotti".[6] In seguito all'esperienza vissuta a Ferrara, il 31 gennaio 1921 Matteotti denunciò per la prima volta alla Camera dei deputati la violenza squadrista ormai dilagante, accusando direttamente l'inazione delle istituzioni e del governo Giolitti, oltre alle responsabilità della classe agraria e imprenditoriale.[4][7] Il 10 marzo 1921 Matteotti tenne un lungo discorso denunciando alla Camera dei deputati la violenza squadrista nella sua terra natale, il Polesine.[4] Il 12 marzo 1921 Matteotti si recò a Castelguglielmo, in Polesine, in compagnia del sindaco socialista di Pincara alla riunione delle leghe rosse polesane, che fu però impedita dalla devastazione squadrista della sede dell'assemblea.[4][8] in quell'occasione Matteotti fu caricato dai fascisti su un camion e condotto alla sede degli agrari venendo insultato e minacciato di morte, dopo un sequestro durato alcune ore fu abbandonato nelle campagne di Ledinara per poi raggiungere dopo una decina di chilometri percorsi a piedi la deputazione provinciale di Rovigo in cui era in corso al discussione per la proroga del patto agrario.[9][10] In seguito all'episodio di violenza in Polesine, Matteotti fu costretto a lasciare la famiglia per trasferirsi da amici a Padova e Venezia;[11] il 3 agosto 1921 scampò a un sequestro organizzato dai fascisti padovani grazie all'aiuto di un gruppo di giovani socialisti locali.[12] Attacchi verbali e minacce di morte furono rivolte nell'aprile del 1921 anche la madre di Matteotti, rimasta a vivere a Fratta Polesine.[11] Nell'agosto del 1922 anche la moglie Velia, in villeggiatura a Varazze, fu presa di mira dai fascisti locali, e dopo essere stata raggiunta da marito a settembre, la famiglia fu costretta a lasciare la località balneare con la forza, venendo condotta da una squadra fascista alla stazione di Arenzano.[13]

Mussolini si reca a votare alle elezioni politiche del 1924.

Il 4 ottobre 1922, in seguito alla scissione dei riformisti avvenuta al XIX Congresso del Partito Socialista Italiano, Matteotti assunse la segreteria del Partito Socialista Unitario (PSU); dopo circa due settimane la marcia su Roma favorì il 31 ottobre 1922 la nascita del governo Mussolini.[14] Schierato nettamente contro qualsiasi ipotesi di collaborazionismo col fascismo, Matteotti compì alcuni viaggi all'esterno nel tentativo di riallacciare i rapporti con i partiti socialisti europei,[15] il 15 maggio 1923 il governò negò il passaporto a Matteotti.[16] Per Matteotti divenne sostanzialmente impossibile riuscire a muoversi liberamente anche nel Regno d'Italia, viveva lontano da moglie e figli e non rendeva note la sua residenza e e i numeri telefonici.[17] Il 2 luglio 1923, riconosciuto da alcuni fasciste mentre assisteva al palio di Siena, Matteotti fu assalito e costretto a lasciare la città.[17] In vista delle elezioni politiche del 1924, a febbraio Matteotti pubblicò il saggio Un anno di dominazione fascista, con l'obiettivo si smontare i successi decantati dal governo, mentre durante la campagna elettorale subì un nuovo attacco in Sicilia a Cefalù venendo insultato e allontanato dai fascisti locali, nonostante l'intervento dei carabinieri.[18] Il 6 aprile 1924 Matteotti fu rieletto, il PSU raccolse il 5,9% risultando il secondo partito di opposizione dietro il 9% del Partito Popolare Italiano.[18]

  1. ^ Giacomo Matteotti, Un anno di dominazione fascista, Roma, Tip. italiana, 1923; rist., con un saggio di Umberto Gentiloni Silveri, prefazione di W. Veltroni, Milano, Rizzoli, 2019, ISBN 978-88-171-3894-9
  2. ^ Mauro Canali, Il delitto Matteotti, pag. 33
  3. ^ Emilio Gentile, In Italia ai tempi di Mussolini (archiviato dall'url originale il 22 novembre 2015).
  4. ^ a b c d e Saccò, p. 59.
  5. ^ Guarnieri, pp. 135-136.
  6. ^ a b Fornaro, p. 93.
  7. ^ Fornaro, p. 94.
  8. ^ Fornaro, p. 97.
  9. ^ Saccò, p. 60.
  10. ^ Fornaro, p. 98.
  11. ^ a b Fornaro, p. 99.
  12. ^ Fornaro, p. 104.
  13. ^ Fornaro, p. 114.
  14. ^ Saccò, p. 61.
  15. ^ Fornaro, p. 131.
  16. ^ Fornaro, p. 132.
  17. ^ a b Fornaro, p. 135.
  18. ^ a b Saccò, p. 62.

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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