Picea koyamae

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Picea koyamae
Esemplare di Picea koyamae
Stato di conservazione
Critico[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoPlantae
DivisionePinophyta
ClassePinopsida
OrdinePinales
FamigliaPinaceae
GenerePicea
SpecieP. koyamae
Nomenclatura binomiale
Picea koyamae
Shiras., 1913
Nomi comuni

(IT) peccio di Koyama
(EN) Koyama's Spruce

Areale

Picea koyamae (Shiras., 1913) è una rara specie di peccio, appartenente alla famiglia delle Pinaceae, originaria dei monti Akaishi e dei monti Yatsugatake, nelle prefetture di Nagano e di Yamanashi, nella parte centrale dell'isola di Honshū, in Giappone. Venne scoperta nel 1911, e in seguito, una seconda sub-popolazione nel 1960, per un totale stimato di meno di mille esemplari maturi.[1]

Il nome generico Picea, utilizzato già dai latini, potrebbe, secondo un'interpretazione etimologica, derivare da Pix picis = pece, in riferimento all'abbondante produzione di resina.[2] Il nome specifico koyamae fu assegnato in onore del botanico giapponese Mitsua Koyama, che fu il primo a scoprire la specie nel 1911.[3]

Albero alto fino a 25 metri con unico tronco diritto che può raggiungere 60 cm di diametro, di chioma piramidale o conica, aperta e più irregolare negli esemplari anziani; i rami del primo ordine sono lunghi e slanciati, sviluppati orizzontalmente o assurgenti. Quelli del secondo ordine sono fitti e pendenti. I virgulti sono snelli, solidi, inizialmente di colore marrone-giallastro pallido, poi arancione-marrone più scuro, scanalati e rugosi, glabri o localmente pubescenti; i pulvini sono ben sviluppati, lunghi 1-1,5 mm.[3]

Le foglie sono aghiformi, rigide, lineari, ricurve, superiormente di colore verde scuro, verde-bluastro inferiormente, lunghe 0,8-1,5 cm, di sezione rombica, con punte acute; hanno stomi disposti in 3-5 linee su tutte le quattro facce. Le gemme vegetative sono ovoidali-coniche, lunghe 4-13 mm, molto resinose; hanno perule triangolari-ovate, di colore marrone-chiaro o marrone-rosso, persistenti per anni.[3]

Sono strobili maschili giallastri, ascellari, a grappoli, lunghi 1-1,5 cm.[3]

I coni femminili sono sessili, ovoidali-oblunghi o cilindrici, inizialmente eretti, poi pendenti a maturazione, con punte ottuse, lunghi 4-9 cm e larghi 3-3,5 cm, inizialmente verdi-purpurei o verdi, poi marroni-scuri. I macrosporofilli sono obovati-suborbicolari, leggermente convessi e spesso resinosi, con superficie abassiale liscia, finemente striata e glabra, lunghi 0,6-1,8 cm. Le brattee sono rudimentali, ligulate, lunghe 2-3 mm, totalmente incluse. I semi, di color marrone scuro, sono ovoidali-conici e lunghi 2-4 mm, con parte alata oblunga-ovata, lunga 5-10 mm, di colore marone-giallastro chiaro.[3]

La corteccia si sfoglia già da giovane, di colore marrone, poi negli anni diventa grigia-marrone o grigia-nerastra, divenendo rugosa.[3]

Distribuzione e habitat

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Vegeta dai 1100 ai 2000 m di quota, su suoli vulcanici nei monti Yatsugatake, mentre nei monti Akaishi si rinviene anche su suoli filladici, calcarei o sabbiosi. Si rinviene in piccoli gruppi di alberi in foreste miste con Larix kaempferi, Thuja standishii, Picea maximowiczii, Pinus koraiensis e Quercus mongolica var. grosseserrata.[1]

Considerata la sua rarità non riveste alcuna importanza economica. Inadatto per le riforestazioni a causa della sua lenta crescita, è stato introdotto con successo nei giardini botanici del Nord-Europa e del Nordamerica.[3]

Conservazione

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Con un areale primario stimato minore di 100 km², oltretutto frastagliato, e una popolazione decrescente di individui maturi che non supera le 1000 unità, la specie è fortemente esposta ai rischi derivanti dai cambiamenti climatici e dalla relativa modifica dell'habitat; viene quindi classificata come specie a rischio critico nella Lista rossa IUCN.[1]

  1. ^ a b c d (EN) Katsuki, T. & Gardner, M. 2011, Picea koyamae, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ Picea koyamae, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 16 maggio 2019.
  3. ^ a b c d e f g (EN) Aljos Farjon, A Handbook of the World's Conifers (2 vols.), Brill, 2010, p. 573. URL consultato il 26 maggio 2019.

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