Melo melo

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Voluta melo
Conchiglia di Melo melo
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
SottoregnoEumetazoa
RamoBilateria
SuperphylumProtostomia
PhylumMollusca
SubphylumConchifera
ClasseGastropoda
SottoclasseCaenogastropoda
OrdineNeogastropoda
SuperfamigliaVolutoidea
FamigliaVolutidae
SottofamigliaAmoriinae
GenereMelo
SpecieM. melo
Nomenclatura binomiale
Melo melo
(Lightfoot, 1786)

La voluta melo (nome scientifico Melo melo (Lightfoot, 1786)) è un gasteropode marino di grosse dimensioni della famiglia Volutidae.[1]

Conchiglia di voluta melo, circondata da perle Melo Melo

La lunghezza massima per questa specie è 275 mm, e comunemente misura 175 mm. La conchiglia ha forma a bulbo o grossolanamente ovale. La columella ha tre o quattro lunghe ripiegature oblique facilmente distinguibili. Ha un'ampia apertura, lunga quasi quanto l'intera conchiglia. Questo gasteropode produce perle non nacreiche che vanno di valore dai 7000 ai 40000 €. Alcune di esse raggiungono la dimensione di palline da golf.

Distribuzione e habitat

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La distribuzione della specie è ristretta al sudest asiatico: da Birmania, Thailandia e Malaysia fino a Cina meridionale e Filippine[2].

L'animale vive in litorali e sublitorali poco profondi, generalmente in fondali fangosi a profondità massima di quasi 20 m[2].

Alimentazione

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La voluta melo è carnivora, come è stato dimostrato in laboratorio. È un predatore specializzato di altri gasteropodi predatori della piattaforma continentale, tra cui Hemifusus tuba (Melongenidae) e Babylonia lutosa (Buccinidae)[3].

  1. ^ (EN) Melo melo, in WoRMS (World Register of Marine Species). URL consultato il 23 settembre 2020.
  2. ^ a b Poutiers, J. M. (1998). Gastropods in: FAO Species Identification Guide for Fishery Purposes: The living marine resources of the Western Central Pacific Volume 1. Seaweeds, corals, bivalves and gastropods. Rome, FAO, 1998. page 598.
  3. ^ Morton, B., The Diet and Prey Capture Mechanism of Melo melo (Prosobranchia: Volutidae)., in J. Moll. Stud., vol. 52, 1986, pp. 156–160.

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