Il diario di una cameriera (film 1946)

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Il diario di una cameriera
Titolo originaleThe Diary of a Chambermaid
Paese di produzioneStati Uniti d'America
Anno1946
Durata86 min
Dati tecniciB/N
rapporto: 1,37 : 1
Generedrammatico
RegiaJean Renoir
SoggettoOctave Mirbeau (romanzo) e André Heuse, André de Lorde e Thielly Nores (commedia)
SceneggiaturaJean Renoir e Burgess Meredith
ProduttoreBenedict Bogeaus, Burgess Meredith e, non accreditata, Paulette Goddard
Casa di produzioneBenedict Bogeaus Production (con il nome Camden Productions) (non accreditato)
FotografiaLucien N. Andriot
MusicheMichel Michelet
ScenografiaEugène Lourié

Julia Heron (arredatrice)

CostumiLaure Lourie (non accreditato)

Barbara Karinska costumi per Miss Goddard
Greta

Interpreti e personaggi

Il diario di una cameriera (The Diary of a Chambermaid) è un film drammatico del 1946 diretto da Jean Renoir, tratto dall'omonimo romanzo di Octave Mirbeau.

Inizio 1900: Célestine arriva da Parigi in treno nella piccola città normanna di Le Mesnil per il nuovo impiego di cameriera, nel castello dei Lanlaire. Fa conoscenza con Louise, anch'essa diretta al castello per lavorare nelle cucine. Alla stazione sono attese da Joseph, il dipendente di fiducia della signora Lanlaire. Egli esige le referenze e le valuta con severità. Tenta di respingere Louise e solo la decisa reazione generosa di Célestine lo costringe ad assumerla.

Célestine è ben decisa a sposare il primo uomo benestante disponibile pur di uscire dalla sua condizione. Il padrone di casa, Charles Lanlaire, non dispone di proprietà e non ha nessuna autorità: in casa comanda la ricca moglie e lui cerca di distrarsi con la caccia e non è insensibile alla grazia di Célestine. Joseph le mostra il luogo in cui viene custodita l'argenteria. Solo lui e la padrona tengono la chiave. Gli argenti vengono utilizzati una volta all'anno, per la festa del 14 luglio.

Il vicino, il capitano Mauger, non cessa di fare dispetti ai confinanti e lancia sassi dall'alto del muro di cinta per frantumare i vetri delle serre di rose nel giardino. Célestine abbandona l'iniziale idea di sedurre il padrone e concentra le sue speranze sul capitano che, pur vivendo con una governante-amante, Rose, si è infatuato di lei. Egli le promette di partire insieme e di consegnarle i 25.000 franchi del suo tesoro segreto. Per suggellare il patto le dimostra che può far tutto per lei, anche strangolare l'amico scoiattolo addomesticato.

Un telegramma annuncia l'arrivo di Georges, il figlio dei Lanlaire, malato di polmoni. Mme Lanlaire sceglie Célestine come cameriera particolare del figlio e la fa abbigliare elegantemente per esaltarne l'eleganza e il fascino. Célestine deve accompagnare il giovane nelle sue passeggiate. Anche Joseph è attratto da Célestine e le offre di partire con lui: ha un piano, rubare l'argenteria e aprire un caffè a Cherbourg.

Giunge il 14 luglio. È grande festa nella città. Durante il ballo tutti i personaggi si incontrano e si scontrano. Il capitano Mauger, che esibisce senza prudenza il suo denaro e beve senza freno, è sequestrato e ucciso da Joseph che si impadronisce del suo tesoro e ruba l'argenteria. Tenta poi di fuggire con Célestine.

La folla blocca il carro su cui viaggiano e Georges, innamorato e geloso della giovane donna, si batte furiosamente con lui. I popolani scoprono l'argento rubato, prendono le parti di Georges e fanno giustizia sommaria di Joseph.

Dopo inutili tentativi di coinvolgere la RKO, il film fu prodotto dalla Camden Production, Inc., una piccola società di produzione costituita dai due attori protagonisti, Burgess Meredith e sua moglie Paulette Godard e il regista stesso; ad essi si aggiunsero Lewis Milestone e, come socio di maggioranza, Benedict Bogeaus, proprietario dei General Service Studios, dove furono realizzate le riprese di The Southerner; produttori associati furono anche Arthur M. Landau, Corley Harriman.[1][2][3]

Il soggetto è tratto dal romanzo Il diario di una cameriera di Octave Mirbeau e dalla pièce di André Heuse, André de Lorde e Thielly Nores.

La sceneggiatura fu realizzata da Jean Renoir e Burgess Meredith. Il film fu interamente girato nei General Service Studios, dal 21 luglio al 15 settembre 1945.

«Nel 1946 ho tradotto in immagini un soggetto che mi stava a cuore da tempo: Il diario di una cameriera di Octave Mirbeau. Comprendo ora che non ho tratto da questo soggetto tutto quello che avrei dovuto. In una parola, non ho avuto coraggio: era difficile fare altrimenti in un'epoca in cui il cinema americano, ripiegato su se stesso e dominato dalla facilità, preferiva ad ogni altro genere l'epopea guerriera, il western. Speravo di far emergere l'aspetto barocco, atroce, freddamente crudele dell'opera: partito con queste eccellenti intenzioni, mi sono lasciato prendere dalla tentazione di assecondare l'opinione pubblica, e ciò è sempre dannoso per la creazione. Ho trovato in Paulette Godard e Burgess Meredith interpreti che non chiedevano che di andare fino in fondo, ci tengo di rendere loro omaggio.»

Distribuzione

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Il film fu distribuito dalla United Artists, uscendo nelle sale cinematografiche inglesi nel febbraio 1946 e il 22 giugno 1946 a New York.[4]

Il film alla sua prima uscita non ebbe grande successo; fu rivalutato successivamente da Maurice Scherer, vero nome di Éric Rohmer,[5], da André Bazin[6], e da François Truffaut[7].

André Bazin confessa che, vedendo il film a parecchio tempo di distanza dalla sua prima uscita e ricordando il commento critico negativo da lui scritto in quella occasione e l'accusa fatta al film per la sua mancanza di realismo, si era reso conto di quanto il pregiudizio del realismo avesse offuscato la sua capacità di apprezzarne e comprenderne il carattere onirico e deliberatamente immaginario:

«L’esattezza meticolosa della ricostruzione non voleva produrre l'effetto di fabbricare una impossibile Francia artificiale ma al contrario si poneva lo scopo di dare alle immagini la precisione dell'incubo. Quanto alla "luce d'acquario" che mi scioccava così tanto l'ho certamente ritrovata ma mi è sembrata la luce di un inferno interiore, una sorta di fosforescenza tellurica simile a quella immaginata da Jules Verne per illuminare i suoi viaggiatori al centro della terra. Tutto, fino alla straordinaria verità dei dettagli dei costumi, è qui integrato in una specie di fantastico crudele trasposto in un mondo teatrale. […] È forse per la prima volta che rinveniamo nell’opera di Renoir non più il teatro ma la teatralità allo stato puro.»

Maurice Scherer, alias Éric Rohmer, scrive nel gennaio 1952 sul n.8 di Cahiers du Cinéma, un articolo dal titolo Renoir américain (Renoir americano):

«Il diario di una cameriera è forse l’unico film a mia conoscenza (soltanto L'ultima risata può, secondo me, stargli alla pari) a farci scoprire, senza ricorrere a nessun commento o altro artificio, quel genere di sentimenti che si preferisce seppellire nel proprio intimo - non solo l’umiliazione rimossa, ma persino il disgusto o l’insofferenza che si provano nei confronti di se stessi. Lo fa in maniera tanto diretta che ci si accorge dell’audacia di un simile soggetto solo in seconda battuta. […]

Invito quei lettori che hanno avuto la fortuna di vedere Il diario a ricordare cosa hanno provato nei momenti "forti" dell’opera (ammettendo che ce ne siano di "deboli"): come, per esempio lo schiaffo della padrona di casa, la lite con il figlio nella serra o quella meravigliosa inquadratura della folla che indietreggia di fronte alla minaccia della frusta.»

Giorgio De Vincenti:

«I personaggi di The Diary of a Chambermaid si rincorrono nel tentativo inutile di stabilire una regola nuova in una società perversamente ostinata nella sua sclerosi. Ed è così che l'unico elemento vitale diviene la forza oscura ed eversiva che Renoir ha già fatto apparire pressoché in tutti i suoi film, molto spesso all'insegna dell'umorismo, qui invece totalmente orientata alla distruzione, come se nulla ormai, di quel mondo, fosse salvabile. È dunque ancora una volta Dioniso che si affaccia, questa volta accentuando il suo sorriso in una smorfia luciferina e preparando delitti.»

«La recitazione degli attori è spinta apertamente in direzione teatrale. Il risultato è un irrealismo assoluto: Burgess Meredith spinge il personaggio del capitano Mauger ben dentro i limiti della caricatura; Francis Lederer, l'attore ceco che era stato Jack lo Squartatore nella Lulu di Pabst, impersona il maggiordomo assassino Joseph con il piglio di un consumato interprete di film dell'orrore, dissimulando sotto una fredda impassibilità il suo lucido istinto omicida; Paulette Godard è bravissima nell'alternare toni contrapposti..»

Riconoscimenti

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Nel 1946 il National Board of Review of Motion Pictures l'ha inserito nella lista dei migliori dieci film dell'anno.

  1. ^ Jean Renoir, La mia vita. I miei film, pp. 199-200
  2. ^ Giorgio de Vincenti, Jean Renoir. La vita e i film, pp. 238-240 e 359-360
  3. ^ Carlo Felice Venegoni,Renoir, pp.87-88
  4. ^ Giorgio De Vincenti, Jean Renoir, pp. 359-360.
  5. ^ Maurice Scherer, Renoir américain, in Cahiers du Cinéma, n. 8, gennaio 1952.
  6. ^ André Bazin,Jean Renoir, Paris, Champ Libre, 1971.
  7. ^ François Truffaut, Les films de ma vie, Flammarion, Paris 1975.
  • Éric Rohmer, Il gusto della bellezza, testi raccolti e presentati da Jean Narboni, ed. it. a cura di Cristina Bragaglia, Parma, Pratiche Editrice, 1991 ISBN 88-7380-107-2
  • Giorgio De Vincenti, Jean Renoir, Marsilio, Venezia 1996 ISBN 88-317-5912-4
  • André Bazin, Jean Renoir, curato e tradotto da Michele Bertolini, Mimesis Cinema, Milano-Udine 2012 ISBN 978-88-5750-736-1.
  • François Truffaut, I film della mia vita, Marsilio, Venezia 1978 ISBN 88-317-8164-2
  • Jean Renoir, La mia vita, i miei film, Marsilio, Venezia 1992. ISBN 88-317-5419-X
  • Jean Renoir, Écrits (1926-1971), Éditions Ramsay pour l'éditions de poche, 1989, 2006 ISBN 2-84114-816-5
  • Jean Renoir, La vita è cinema. Tutti gli scritti 1926-1971, Longanesi, Milano 1978 traduzione di Giovanna Grignaffini e Leonardo Quaresima.
  • Carlo Felice Venegoni, Renoir, La nuova Italia, Firenze 1975
  • Charlotte Garson, Jean Renoir, Cahiers du Cinéma, Paris 2007, ISBN 978-2-86642-501-2
  • Daniele Dottorini, Jean Renoir. L'inquietudine del reale, Edizioni Fondazione Ente dello Spettacolo, novembre 2007 ISBN 978-88-85095-39-7

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