Gogna

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Gogna con stemma araldico, Fuente el Sauz, Ávila, Spagna
Un uomo alla gogna in una rappresentazione

La gogna è uno strumento punitivo, di contenzione, di controllo, di tortura, utilizzato prettamente durante il Medioevo.

È costruita come un collare in ferro, fissata a una colonna per mezzo di una catena, che veniva stretta attorno al collo dei condannati esposti alla berlina. Successivamente si è modificata in tavole di legno provviste di cerniera, che formano fori attraverso i quali sono inseriti la testa e/o vari arti del prigioniero, poi bloccate insieme per trattenerlo.

Origine del termine

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Etimologicamente discende da gonghia (collare di ferro), che deriva dal greco goggylos (rotondo); dall'arabo gollon (grosso anello di ferro), dal quale gli spagnoli derivarono ar-golla e gli italiani goglia e poi gogna. La berlina, specialmente nell'Italia settentrionale, è tuttora sinonimo di gogna e spesso indica la colonna stessa.

La più antica menzione conosciuta documenta l'uso della gogna in Europa, nell'Utrecht Psalter, intorno all'820. Il governo provvisorio del Regno Lombardo-Veneto nel 1814 sospese la pena della berlina (o gogna) per le donne e gli ecclesiastici. La gogna come pena fu abolita nel XIX secolo, ma in alcuni casi se ne è registrata ancora l'applicazione, sino all'ultimo avvenuto nel 1995 a Panama.

Tra i personaggi illustri del passato condannati all'umiliazione della gogna ritroviamo, nel 1703, Daniel Defoe, che compose per l'occasione l'ode Inno alla gogna.

Le gogne erano allestite nelle piazze di mercato e negli incroci per detenere criminali di poca importanza. Spesso un cartello era appeso al collo del malfattore, o nelle vicinanze, con l'iscrizione del delitto e della pena. La pena della gogna durava generalmente poche ore o qualche giorno.

La gogna più comune restava comunque il ceppo: la vittima, imprigionata mani e piedi, veniva esposta in piazza alla folla, che la scherniva e umiliava il malcapitato e ne faceva bersaglio delle proprie tensioni. Era comune che si prelevasse dai pozzi neri lo sterco per imbrattarne capelli, naso, bocca, oppure che si lanciassero sassi o verdure marce, che si ustionasse il malcapitato o gli si procurassero lacerazioni poi ricoperte di sale, o gli si provvedesse a fare il solletico ai piedi o ai fianchi.

In caso di demolizione non si toccava direttamente la colonna della gogna, ma si scavava attorno alla sua base fino al punto in cui la colonna cadeva su sé stessa.

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