Gabriele Pepe (tenente colonnello)

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Gabriele Pepe
NascitaCivitacampomarano, 9 novembre 1896
MorteGhemira, 9 maggio 1941
Cause della mortecaduto in combattimento
Dati militari
Paese servito Regno d'Italia
Forza armataRegio esercito
ArmaFanteria
Anni di servizio1910 - 1941
GradoTenente colonnello
ComandantiPietro Badoglio
GuerreGuerra d'Etiopia
Seconda guerra mondiale
BattaglieBattaglia del solstizio
Battaglia di Mai Ceu
Comandante diXVIII Battaglione indigeni
CXC Battaglione coloniale
DecorazioniMedaglia d'oro al Valor Militare
Medaglia d'argento al valor militare (3)
Croce di guerra al valor militare
Studi militariScuola Militare Nunziatella
Accademia Militare
Frase celebreForza mio 190º vendicatemi, vinceremo intrepidi figli d'Italia, mio grande amore...
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Gabriele Pepe (Civitacampomarano, 9 novembre 1896Ghemira, 9 maggio 1941) è stato un militare italiano, insignito della medaglia d'oro al Valor Militare.

Nato a Civitacampomarano, paese d'origine di Vincenzo Cuoco e Gabriele Pepe[1], illustri personalità del Risorgimento, entrò giovanissimo alla Scuola Militare Nunziatella di Napoli. Nel 1913 fu ammesso quale allievo ufficiale presso l'Accademia militare di Modena, da cui uscì con il grado di sottotenente nel gennaio 1916.

Assegnato al 135º Fanteria mobilitato, nell'ottobre successivo passò a domanda nei reparti d'assalto e col XXVII Battaglione. Partecipò alla battaglia del solstizio del giugno 1918, combattendo nella zona del Montello e guadagnandosi presto fama di valoroso. Per il coraggio dimostrato sul campo di battaglia, nel giugno dello stesso anno gli fu assegnata la medaglia d'argento al valor militare[2]. Rientrato al deposito del 135º Fanteria di Avellino fu trasferito al 34º Fanteria. Nel 1921 conseguì la laurea in giurisprudenza e avanzò al grado di capitano. Dal 1922 al 1928 prestò servizio nei reparti del Corpo automobilistico dell'Esercito. Nel 1928 fu trasferito in Africa Orientale al Regio Comando Truppe Coloniali dell'Eritrea, dove prestò servizio nel II Battaglione indigeni fino al 1933, operando sia in Eritrea, che in Cirenaica.

Nel 1933 ritornò in Italia, dove fu assegnato al 19º Fanteria della 27ª Divisione fanteria "Sila", con il quale venne di nuovo inviato in Africa Orientale nell'ottobre 1935. Assegnato su richiesta ai reparti di colore, assunse la guida del XVIII Battaglione indigeni, al comando del quale partecipò alla guerra d'Etiopia e alle operazioni di contenimento dei ribelli di Ras Immerù. Nel 1936 ricevette altre due medaglie d'argento al valor militare (Boccan-Scioa, ottobre 1936; Torrente Ghicciò, dicembre 1936) e una Croce di guerra al Valor Militare (Zona Manne, febbraio 1936). Fu infine promosso al grado di maggiore per meriti di guerra per aver guidato il XVIII battaglione coloniale in una carica alla baionetta, poi divenuta celebre, contro la Guardia Imperiale del Negus Hailé Selassié I a Mai Ceu.

Nel 1940 si trovava in Patria in licenza quando venne raggiunto dall'annuncio dello scoppio delle ostilità, a seguito del quale chiese di essere rimandato in Africa. Il 12 luglio 1940 assunse, con il grado di tenente colonnello, il comando del CXC Battaglione coloniale di nuova formazione e acquartierato nella città di Asmara. Era al comando di questa unità quando, durante un violento combattimento nella zona di Ghemira, fu ferito gravemente al volto. Impossibilitato a parlare e conscio della fine imminente, scrisse un ultimo incitamento per i propri uomini e continuò a guidarne l'assalto fino a quando non morì dissanguato. Per l'eroismo dimostrato, gli fu assegnata la medaglia d'oro al valor militare alla memoria[3].

Il valore del tenente colonnello Pepe ebbe vasta eco, ispirando il poeta Tommaso Marinetti che nel suo scritto, Canto eroi e macchine della guerra mussoliniana, ne esaltò la fine gloriosa:

«Ma abbagliante fu il fastoso tumulto che il torso terremotato dall'ultimissima forza vitale tenta vuole ritentare ed estrae Sì sì bisogna estrarre dal taschino della giubba di guerra l'ardita penna stilografica
Con acerbo conato scribacchiare meglio sarebbe scrivere a prodigio militare e con cura proprio sulla busta bianca nella carnalità della lettera della moglie
Viene fuori anch'esso per suo conto lo scritto tenero e sottoscrive
- Forza mio 190º vendicatemi vinceremo intrepidi figli d'Italia mio grande amore
La vissutissima solida mano si rattrappisce e il tenente colonnello Gabriele Pepe si scioglie in cadavere già pronto a lottare in durezza coi becchi adunchi mentre la penna stilografica ormai padrona delle sue misteriose parole in libertà goccia
Lacrime e sensazioni dolci che di colpo insurrezionano il formicaio mediante un libertario ciola di crepuscolo aeropoetico amico del vellutato ron ron ron ron tortora o aeroplano»

(Simultaneità del ten. colonnello Gabriele Pepe gloria delle truppe coloniali artiglieri bersaglieri fanti e camicie nere, pp. 116-117).

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Tenente Colonnello in servizio permanente effettivo Fanteria, CXC Battaglione Coloniale. Già distintosi in ogni circostanza per indomito coraggio personale, trovandosi da poche settimane in licenza in Patria, dopo ininterrotti cinque anni di colonia, chiedeva alla scoppio dell'attuale guerra ed otteneva di ritornare in aereo nell'Impero, per riprendere il suo posto di combattimento. Con l'esempio e con le sue superbe qualità animatrici, imprimeva, in breve tempo, ad un battaglione di nuova formazione, il suo stesso ardire e la sua stessa passione. In aspro combattimento, attaccato da forze superiori, conduceva, dopo cinque ore di lotta, ancora una volta i suoi uomini al contrattacco ed in tale eroica azione veniva colpito al volto. Con i gesti e con la voce gorgogliante per il sangue irrompente, riusciva ancora una volta a spronare i suoi dipendenti ed a rompere il cerchio che li rinserrava. Dissanguato dalla ferita e non potendo parlare, scriveva le seguenti ultime parole di incitamento e d'italica fede: "forza mio 190º vendicatemi, vinceremo intrepidi figli d'ltalia, mio grande amore...". Concludeva così da eroe la sua nobile vita da soldato dedicata sempre al dovere, rendendo ancor più sacra col suo sangue la terra dell'Impero. Ghemira (A.O.I.), 9 maggio 1941.[4]»
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
— Montello, giugno 1918.
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
— Boccan-Scioa, ottobre 1936.
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
— Torrente Ghicciò, dicembre 1936.
Croce di guerra al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
— Zona Manne, febbraio 1936.
  1. ^ Gabriele Pepe (tenente colonnello) del XX secolo, oltre che omonimo, è diretto discendente del generale borbonico di cui porta il nome, essendo figlio di Carlo Pepe, figlio di Marcello (deputato del Regno d'Italia), a sua volta figlio di Carlo (il dotto), fratello del generale Gabriele; tutti della famiglia Pepe di Civitacampomarano, ove nella casa natia, ancora si custodiscono cimeli e ricordi.
  2. ^ Ricompensa al valore a un eroico ufficiale di Civitacampomarano, Il Popolo di Roma, 10 giugno 1937
  3. ^ La Medaglia d'oro Ten.Col. Gabriele Pepe, Il Popolo di Roma, 24 settembre 1941
  4. ^ Motivazione della Medaglia d'oro sul sito del Quirinale
  • Filippo Tommaso Marinetti, Canto eroi e macchine della guerra mussoliniana, Mondadori, 1942, p. 180.
  • Le medaglie d'oro al Valor Militare 1929-1941, volume I, a cura del Gruppo Medaglie d'oro al valor militare d'Italia, testi di Gaetano Carolei e Mario Ravagli, Tip. Regionale, Roma 1965
  • Albo della gloria: 610 medaglie d'oro al valor militare caduti in combattimento 1859-1943, a cura dell'Associazione nazionale volontari di guerra, G. Volpe, Roma 1976
  • Eduardo Di Iorio, Campobasso itinerari di storia e di arte, Arti grafiche la Regione, Campobasso 1977