Esosammina

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Struttura molecolare dell'α-D- glucosammina.

Le esosammine sono amminozuccheri ottenuti dalla sostituzione di un gruppo ossidrilico (-OH) con un gruppo amminico (-NH2) sul carbonio numero 2 della molecola di uno zucchero esoso.

Tra le esosammine oggi si annoveranno i seguenti:

Origine e Diffusione

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Le esosammine si trovano in natura libere o coniugate, sia negli organismi animali superiori (nei tessuti e nei fluidi), che come prodotti di alcuni batteri. La parte zuccherina del latte dei mammiferi contiene esosammine. Il carapace degli insetti è costituito da chitina che a sua volta è un polimero formato dalla N-acetil-glucosammina. La N-acetil-mannosammina-6-fosfato è il precorsore dell'acido sialico. La biosintesi negli organismi superiori prevede come base di partenza il fruttosio-6-fosfato a cui viene sostituito l'idrossile del carbonio 2 con un gruppo amminico. Soventemente il gruppo amminico si trova acetilato.

Si ottengono dall'idrolisi acida di composti di origine animale come le glucoproteine.

L'analisi quantitativa delle esosammine tanto nei tessuti quanto nei fluidi fisiologici ha utilità medica.

Alcune esosammine hanno attività farmacologica e trovano impiego in terapia.

Dalla prima metà del secolo si sono sviluppati diversi metodi di analisi e riconoscimento chimico, a partire da metodi colorimetrici sino agli ultimi metodi cromatografici.

Metodo Elson Morgan

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L'analisi chimica qualitativa e quantitativa delle esosammine parte dagli studi di Elson e Morgan[1][2] che descrivono la reazione fra l'esosammina e l'acetilacetone in ambiente basico con formazione di un composto pirrolico; quindi la condensazione del pirrolo formatosi con la p-dimetilamminobenzaldeide, meglio noto come reattivo di Ehrlich, a formare un composto colorato. Comunemente si parla di metodo di Elson Morgan per quanto riguarda l'analisi colorimetrica delle esosammine nel complesso, e di reazione di Elson Morgan in riferimento alla sola reazione fra l'amminozucchero e l'acetilacetone.

  1. ^ L.A. Elson, W.T.J. Morgan, Biochem J., 27 (1933) pp.1824 e sgg.
  2. ^ Gunnar Blix, Acta Chemica Scandinavica, 2 (1948), 467-473

Voci correlate

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