Coordinate: 45°22′29.71″N 9°39′48.38″E

Chiesa della Beata Vergine Maria (Crema)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Chiesa della Beata Vergine Maria
Veduta
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneLombardia
LocalitàCrema
Coordinate45°22′29.71″N 9°39′48.38″E
Religionecattolica di rito romano
Diocesi Crema
Stile architettonicorinascimentale
Inizio costruzioneXV secolo
CompletamentoXVIII secolo

La chiesa parrocchiale della Beata Vergine Maria, comunemente nota anche come chiesa di Santa Maria dei Mosi o chiesa dei Mosi è un luogo di culto cattolico della frazione di Santa Maria dei Mosi di Crema.

Lo Zavaglio ne teorizza l'origine in contraltare al santuario della Madonna del Pilastrello; una delle ipotesi della nascita di quest'ultimo è che la chiesa si sia sviluppata presso un pilastro di riferimento per le barche che solcavano la palude del Moso; simile origine potrebbe avere avuto la chiesa di Santa Maria dei Mosi sulla riva opposta[1]. A supporto di un'origine antica anche l'analisi del campanile definito “robusto” rispetto alle proporzioni dell'edificio, il che presupporrebbe una chiesa originariamente più grande[2], per quanto lo stesso studioso definisse sia la parte più antica della chiesa attuale sia il campanile di origini cinquecentesche[1].

Esisteva in antico una via del Padule, un percorso acquatico che partiva dalla rocchetta di Crema (una piccola fortificazione presso l'attuale chiesa di Santa Chiara) e che si collegava ai paesi che si affacciavano sulla palude del Moso[3]. Alcuni documenti tardi (XV secolo) citano lungo questa via il microtoponimo Ponte delle Navi che probabilmente era ubicato presso la chiesa di Santa di Maria dei Mosi[4].

Per un lungo periodo l'area di Santa Maria dei Mosi e di Santo Stefano in Vairano dipesero, dal punto di vista civile e religioso, dai monaci benedettini di Abbadia Cerreto[5]; la chiesa verosimilmente nacque quale supporto religioso ai cascinali dell'area prossima alla palude, sparsi e piuttosto isolati[1]. Queste terre furono concesse in enfiteusi perpetua a Nicolò Dolfin nel 1587, già podestà e capitano di Crema, in cambio di un cospicuo censo annuo[6]; successivamente i beni furono acquistati dalla famiglia Toffetti e pervennero per via ereditaria ai conti Rossi che avevano in carico anche la manutenzione della chiesa[7].

Gli atti della visita apostolica di Monsignor Regazzoni del 1583 la nominano come Santa Maria dei Miracoli e vi si intimava di non celebrarvi le funzioni se entro un biennio non fosse stato rinnovato il pavimento[8].

Dal 1585, intanto, con decreto di papa Sisto V fu eretta la vicaria perpetua di Santo Stefano in Vairano affidandola interinalmente ai frati del terzo ordine regolare di San Francesco, presenti in loco con un proprio convento fin dall'anno 1479[7].

Furono i francescani, pertanto, ad officiare anche nella chiesetta dei Mosi fino 1769 allorché la casa fu soppressa, i monaci si trasferirono nel centro cittadino[7] e la parrocchia di Santo Stefano fu affidata al clero secolare[5].

Nel frattempo l'edificio subiva un rifacimento dell'area presbiterale nel corso del XVIII secolo comportando, di fatto, un ampliamento[1].

La chiesa dei Mosi fu sussidiaria della parrocchia di Santo Stefano in Vairano fino al 1944[9][10][11]; in quell'anno il vescovo di Crema Monsignor Francesco Maria Franco la erigeva in parrocchia autonoma nel vicariato di Trescore Cremasco[12]. Tuttavia, il riconoscimento giuridico da parte dello stato avvenne solo alcuni anni dopo, nel 1959[11][13].

Nel 1993 fu creata l'unità pastorale con la chiesa parrocchiale di Sant'Angela Merici[9]; attualmente appartiene alla zona pastorale urbana ed è in unità pastorale con le parrocchie del Sacro Cuore di Gesù e di San Carlo Borromeo[14].

Caratteristiche

[modifica | modifica wikitesto]
Particolare di una finestra

Ha un andamento classico est-ovest, collocandosi parallelamente alla via dei Mosi; si presenta come l'unione di due corpi: quello più basso è anche quello più antico e risale al XVI secolo[1]; la facciata, più alta delle falde in coppi del tetto, è molto semplice, presenta solo due lesene laterali come a sostenere un timpano senza trabeazione sotto il quale corre una piccola cornice a dentelli in cotto; un semplice portale centrale con arco a tutto sesto introduce l'interno e una finestra ad oculo superiore provvede a dare luce.

Le pareti laterali sono in mattone a vista e provviste di finestre ad oculo a dar luce all'interno, sempre con una piccola fascia a dentelli in cotto in prossimità del sottogronda[1].

Il presbiterio con abside circolare è frutto di un allargamento del XVIII secolo, più elevato rispetto al precedente corpo, in mattoni a vista e con fascione sottogronda.

Il campanile è coevo al corpo più antico, con intonaco deteriorato che mostra il parametro murario, scandito da lesene angolari con due riquadrature appena sotto la cella campanaria; questa è provvista su ogni lato da coppie di finestre a tutto sesto, mentre sopra corre una mensola tripartita con mensole[15]. Una balaustra con quattro pinnacoli e aperture a tutto sesto circonda la cuspide a base circolare[15]. La base quadrata ha i lati di 2,5 metri ed è alta circa 20,5 metri esclusa la croce apicale[15]. Le cinque campane provengono dalla fusione della ditta Filippi di Chiari e risalgono al 1963[16].

L'interno ad aula unica è presenta affreschi di arte popolare cremasca risalenti al XVI secolo[1].

  1. ^ a b c d e f g Zavaglio, p. 411.
  2. ^ Zavaglio, p. 403.
  3. ^ Verga Bandirali, p. 17.
  4. ^ Verga Bandirali, p. 18.
  5. ^ a b Zavaglio, p. 400.
  6. ^ Area lodigiana > Abbadia Cerreto, S. Pietro, su lombardiabeniculturali.it. URL consultato il 28 dicembre 2020.
  7. ^ a b c Zavaglio, p. 410.
  8. ^ Lasagni, p. 69.
  9. ^ a b Zucchelli, p. 65.
  10. ^ Santa Maria dei Mosi, su diocesidicrema.it. URL consultato il 28 dicembre 2020.
  11. ^ a b Zavaglio, p. 412.
  12. ^ Parrocchia di Santa Maria dei Mosi, su lombardiabeniculturali.it. URL consultato il 28 dicembre 2020.
  13. ^ Decreto del Presidente della Repubblica 19 ottobre 1959, n. 1032, su gazzettaufficiale.it. URL consultato il 28 dicembre 2020.
  14. ^ AA.VV., p. 68.
  15. ^ a b c Gruppo antropologico cremasco, p. 79.
  16. ^ Gruppo antropologico cremasco, p. 30.
  • Angelo Zavaglio, Terre nostre, Crema, Arti grafiche cremasche, 1980.
  • Angelo Zavaglio, Folclore cremasco, Crema, Arti grafiche cremasche, 1985 (Ristampa).
  • Maria Verga Bandirali, Cremosano, prime ricerche per una storia dei Mosi, Crema, Tipografia Trezzi, 1985).
  • Giorgio Zucchelli, Le ville storiche del cremasco, vol. 2, Crema, Buona Stampa, 1998.
  • Gruppo antropologico cremasco, Campane e Campanér, Crema, Buona Stampa, 2007.
  • Ilaria Lasagni, Chiese, conventi e monasteri in Crema e nel suo territorio dall'inizio del dominio veneto alla fondazione della diocesi: repertorio di enti ecclesiastici tra XV e XVI secolo, Crema, Unicopli, 2008.
  • Gruppo antropologico cremasco, I campanili della diocesi di Crema, Crema, Leva Artigrafiche, 2009.

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]