Studiolo dell'Abate

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Studiolo dell'Abate
AutoreGiandomenico Tiepolo
Data1754-1755
Tecnicaaffresco
UbicazioneMonastero dei Santi Faustino e Giovita, Brescia

Lo studiolo dell'Abate è un locale del monastero dei Santi Faustino e Giovita a Brescia, interamente decorato ad affresco con scene bibliche da Giandomenico Tiepolo, tra il 1754-1755.

Il ciclo decorativo viene quasi sicuramente eseguito tra il 1754 e il 1755, in concomitanza con la realizzazione dell'Apoteosi dei santi Faustino, Giovita, Benedetto e Scolastica per il presbiterio della chiesa dei Santi Faustino e Giovita, annessa al monastero[1]. Chiusi nel piccolo ambiente, gli affreschi rimangono completamente ignorati per secoli dalla critica artistica e vengono riproposti per la prima volta solo da Antonio Morassi nel 1939[2].

In realtà, anche prima del Morassi il ciclo era stato segnalato, ad esempio da Pompeo Molmenti (1911)[3] e Giorgio Nicodemi (1921)[4], ma limitandosi solo a brevi accenni.

Nel 1997, nell'ambito dell'integrale riqualificazione del monastero per trasferirvi la sede dell'Università degli Studi di Brescia, anche lo studiolo è stato restaurato e ripulito[1].

Il ciclo si compone di varie scene tratte dalla Bibbia affrescate su tutte e quattro le pareti, disposte in modo da occupare adeguatamente gli spazi attorno a porte e finestre e infine racchiuse entro racemi e cornici mistilinee. Le scene comprendono: il Riposo durante la fuga in Egitto l'Incontro di Gesù con la samaritana al pozzo, l'Adultera condotta davanti a Gesù, la Peccatrice ai piedi di Gesù durante la cena in casa di Simone il fariseo e, sovrapposta a quest'ultima, Agar nel deserto visitata dall'angelo[5].

Alle scene si accompagnano raffigurazioni più generiche e di dimensioni ridotte, con paesaggi miniaturizzati e composizioni di frutta.

L'Adultera condotta davanti a Gesù.

È difficile, in assenza di documentazione al riguardo, stabilire il programma iconografico sviluppato dalle scene, apparentemente di difficile comprensione. Non è da escludere, però, che si tratti di scelte casuali. In ogni caso, spicca evidentemente un protagonismo femminile[5].

Pier Virgilio Begni Redona, nel 1999, propone un'interpretazione osservando che "sembra possibile, innanzi tutto, stabilire un legame tra il Riposo durante la fuga in Egitto e Agar nel deserto (l'unico episodio di questo "racconto" tratto dall'Antico Testamento). Sia Agar, sia Maria sono in una situazione difficile non per loro colpa, ma perché perseguitate da altri: Agar da Sara, Maria da Erode; ed entrambe perché hanno da poco partorito un figlio, quello stesso che ora stringono tra le braccia: Agar, Ismaele e Maria, Gesù. Entrambe sono state scelte e associate a un progetto di salvezza. [...] Il committente dei dipinti vuol raccontare di Agar che è l'immagine del Sinai, dell'antica alleanza: i suoi figli non sono liberi stanno sotto la schiavitù della legge e, secondo Paolo, Agar è la vera madre del Giudaismo. Maria è la madre della nuova alleanza ed è la madre dei cristiani, cioè di tutti quelli che si riconoscono fratelli di Gesù che è il segno definitivo della nuova alleanza"[5][6].

Prosegue il critico: "Le altre tre scene raccontano tre incontri di tre donne assai diverse con Gesù. Il primo incontro, quello della peccatrice nella casa di Levi nel mezzo di un banchetto è ricercato e voluto: la peccatrice in lacrime si prostra ai piedi di Gesù e ottiene il perdono dei peccati. Il secondo incontro è casuale: al pozzo di Giacobbe la donna di Samaria dai sette mariti incontra Gesù, inizialmente gli si oppone ma poi lo riconosce messia e si converte. Il terzo incontro è coatto: l'adultera, sul punto di essere lapidata, viene condotta da scribi e farisei davanti a Gesù e ottiene un'insperata salvezza nell'impegno di una nuova prospettiva di vita esente da peccato"[6].

Il valore stilistico degli affreschi nell'opera del Tiepolo è invece colto dal Morassi nel 1939, che riconosce il ciclo come "opera di largo piglio decorativo, che ben rivela le caratteristiche dello stile di Giandomenico"[2]. Gli affreschi, scrive, "sono ben notevoli per significare il primo stadio dell'evoluzione del giovane Giandomenico, con quei suoi impeti di bravura, il suo gioco frastagliato e vorticoso dei panneggi, il suo colorir chiaro, e il suo marcato e spesso scorretto disegno"[2].

Galleria d'immagini

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  1. ^ a b Begni Redona, pag. 220
  2. ^ a b c Morassi, p. 225-227
  3. ^ Molmenti, p. 319
  4. ^ Nicodemi, p. 30
  5. ^ a b c Begni Redona, pag. 218
  6. ^ a b Begni Redona, pag. 219
  • Pier Virgilio Begni Redona, Pitture e sculture in San Faustino, in AA.VV., La chiesa e il monastero benedettino di San Faustino Maggiore in Brescia, Editrice La Scuola, Brescia 1999
  • Pompeo Molmenti, Tiepolo, Parigi 1911
  • Antonio Morassi, Catalogo delle cose d'arte e di antichità d'Italia - Brescia, Roma 1939
  • Giorgio Nicodemi, Brescia, Roma 1921

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