Giovanni Carestini

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Giovanni Carestini
NazionalitàBandiera dell'Italia Italia
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Giovanni Carestini (Filottrano, 13 dicembre 1700Filottrano, 1760 circa) è stato un cantante castrato italiano, noto per aver cantato le opere e gli oratori di George Frideric Handel, Johann Adolph Hasse e Christoph Willibald Gluck.

Infanzia e studi (1700-1719)

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Giovanni Carestini nacque il 13 dicembre 1700 a Filottrano.

Figlio di Marco Felice Carestini di Filottrano e di Vittoria Costantini di Camerano fu battezzato due giorni dopo la nascita da don Nicola Gentiloni, prevosto della Chiesa di Santa Maria Assunta di Filottrano, e gli fu imposto il nome di Giovanni Maria Bernardino. Padrini di battesimo furono Felice Lancioni del luogo e donna Olimpia Felice Gentiloni moglie di Alessandro Gentiloni, sempre colà residente.

Fin da fanciullo ebbe una voce squisita e soave e, secondo un'usanza del tempo, venne inviato appena dodicenne a Milano, presso la nobile famiglia dei Cusani, dalla quale ebbe aiuto e protezione, fino ad assumere il ben più noto cognome di Cusanino, nel rispetto di una moda che voleva si assumesse un soprannome alla fine degli studi, per rendere omaggio alla persona o alla famiglia che aveva largamente contribuito alla preparazione del cantante.

Esordio e successi (1719-1733)

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Messosi in evidenza tra i cantanti castrati, suoi contemporanei, il Cusanino esordì il 26 dicembre 1719 al Teatro Ducale di Milano, nell'opera "Porsenna" di G. Vignati; l'8 gennaio 1720 apparve nell'opera "La pace fra Seleuco e Tolomeo" di F. Gasparini.

Nel 1721 cantò al Teatro Capranica di Roma, nella "Griselda" di Alessandro Scarlatti, nella quale sostenne il ruolo femminile di Costanza, e ottenendo un compenso di 450 scudi.

Nel 1723 venne assunto come "sopranista" nella Cappella musicale di corte a Vienna, diretta in quel tempo da Johann Joseph Fux. Nello stesso anno partecipò alle feste per l'incoronazione di Carlo VI di Praga.

Atto di nascita di Giovanni Carestini

Il soggiorno viennese si concluse nel 1725, anche se in quegli anni non aveva smesso di compiere brevi viaggi di ritorno in Italia, per partecipare alle stagioni teatrali in diverse città. Si sa infatti che nel 1724 era a Mantova e a Venezia interpretando "La Marianne" di T. Albinoni e G. Porta. L'anno successivo il cantante tornò a Venezia per cantare nell'opera "Seleuco" di G. Zuccari, ne "L'Ulisse" di G. Porta e ne "L'Amor Eroico" di F. Brusa.

Nel 1726 il Cusanino fu a Genova e di nuovo a Venezia, per cantare nelle opere "Siroe re di Persia" di Leonardo Vinci e "Siface" di M. Porpora. Il 25 aprile dello stesso anno fu accolto "a pieni voti" nell'Accademia Filarmonica di Bologna, e più o meno nello stesso momento entrò a servizio del Duca di Parma, Francesco Maria Farnese, col titolo di "virtuoso da camera".

Il Carestini nel 1727 fu presente al Teatro Aliberti di Roma, nell'opera "Catone in Utica" di Leonardo Vinci, poi a Milano per il "Girita" di Vignati e il "Tamerlano" di Giovanni Antonio Giay. Durante il soggiorno romano, il Carestini fu anche testimone di un curioso episodio accaduto al momento della morte di papa Benedetto XIII. Riferiscono le cronache dell'epoca che al Teatro Aliberti quando il Cusanino stava per cantare la sua grande aria sulla parola "lasciatemi", arrivarono i gendarmi ad avvisare della morte del pontefice e a pregarlo di tacere, in segno di cordoglio. Ma il Carestini non si turbò della notizia, continuò a cantare con rinnovata agilità e buon umore, giocando sul significato della parola "lasciatemi". Il pubblico, nemmeno lui disposto a perdersi una così bella serata, gli tributò un'ovazione all'urlo "Viva Carestini".

In seguito si esibì a Napoli, a Venezia e ancora a Roma, cantando le opere di Hasse e Nicola Porpora. Nel 1731 cantò a Monaco di Baviera.

Il sodalizio con Händel e il soggiorno londinese (1733-1735)

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Andò poi a Londra a cantare per Händel nel 1733. Nella capitale inglese cantò a Covent Garden e al Haymarket. Händel scrisse opere e melodrammi appositamente per le capacità vocali ed esecutive del Cusanino, ed entrambi ottennero clamorosi successi. L'esordio a Londra avvenne il 30 ottobre del 1733 con l'opera "Semiramide riconosciuta" e fu salutato da una straordinaria serie di applausi.

"Il risveglio della Contessa" quarto quadro della serie "Il matrimonio alla moda" di Hogarth. Sulla sinistra è ritratto Giovanni Carestini

Successivamente si esibì in altre opere di Händel: Arianna in Creta, Parnasso in festa, Sosarme, Il pastor fido, Ariodante, Alcina Cantò anche negli oratori Deborah, Esther e Athalia. Per i cronisti dell'epoca, memorabile fu l'interpretazione de "L'Alcina", dove il Cusanino, con straordinaria bravura cantò l'aria "Verdi prati". Al riguardo raccontò un aneddoto Charles Burney:

«L'aria "Verdi prati" che fu enormemente applaudita durante lo svolgimento dell'opera, fu all'inizio rispedita indietro ad Handel da Carestini, poiché il cantante evirato si riteneva inadatto a cantarla. Non appena saputa la notizia, Handel si recò molto arrabbiato a casa di Carestini e in un modo con cui pochi compositori, eccetto Handel, possono tentare di convincere un cantante importante, strillò: "Ti conosco meglio di me stesso! Cantare "Verdi Prati" è forse come la peste per te! Se non canterai tutta questa aria che ti ho dato non ti pagherò nemmeno un soldo!»

Nel periodo trascorso a Londra Carestini ebbe modo di avvicinare e di familiarizzare con diversi artisti, tra i quali il pittore George Knapton, autore del ritratto di Carestini, presente all'inizio della pagina. Conobbe anche l'altro pittore John Faber (junior) il quale si riferì al ritratto del Knapon per trarne un'acquaforte.

Le sembianze del Carestini si ritrovano anche in tre caricature, eseguite da Antonio Zanetti, due delle quali sono conservate nella raccolta della Fondazione Cini a Venezia e la terza invece fa parte delle collezioni della casa reale inglese, al castello di Windsor.

Un altro artista, il pittore William Hogarth, ha ritratto il Carestini nel quadro "Il risveglio della Contessa", il quarto della serie dedicata a "il matrimonio alla moda".

Nel 1735 il sodalizio di Carestini con Händel ebbe termine per le difficoltà, non solo economiche, nelle quali il compositore venne a trovarsi. Carestini lasciò Londra il 9 luglio del 1735.

Gli ultimi successi e il declino (1735-1758)

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Lasciata Londra si recò a Venezia. Cantò poi nello stesso anno a Milano e in dicembre iniziò un carteggio con l'impresario Carasale, a Napoli, al quale il Carestini richiese un salario di 800 dobloni (300 in più rispetto a quelli pagati al Caffarelli, un altro famoso castrato) e un'altra indefinita somma a titolo di liberalità e di rimborso spese di viaggio. Carasale rispose discreditando il Carestini, ma questi cantò comunque a Napoli nel 1736 nella "Farnace" di Leonardo Leo e partecipò alle feste per l'inaugurazione del teatro San Carlo nel 1737.

Sempre nel 1737 a Bologna, Carestini interpretò, ancora di Leo, parti della "Siface" con un compenso di 2 800 lire, quasi il doppio della somma pagata al compositore.

Nel 1740 Carestini tornò a Londra in un momento in cui l'opera era sempre meno seguita dal pubblico e l'impressione da lui lasciata fu minore rispetto al successo degli anni precedenti. In quella stagione ebbe modo di partecipare alle rappresentazioni di ben quattro opere, due delle quali di Pascetti, e poi all'Olimpia, in "Ebuda" di Hasse. Cantò anche nel "Salve regina" di Hasse in due concerti tenuti nel mese di dicembre a Torino.

Così il 26 dicembre del 1740 apparve al Teatro regio di Torino, ne "L'Arsace" di Feo, opera eseguita per l'inaugurazione del teatro stesso. Nel 1741 a Reggio e nel 1743-44 a Milano interpretò ruoli di primo piano nel "Demofonte" e "Sofonista" di Gluck. A Padova nel 1743 eseguì brani del "Demofoonte" di Jomelli e a Venezia tra il 1743 e il 1745 partecipò a ben cinque opere, tra le quali "Ezio" di Lampugnani e la "Semiramide riconosciuta" di Hasse.

Nel 1747 il Carestini iniziò la sua esperienza tedesca alla corte del principe elettore di Sassonia a Dresda e in quel teatro cantò nella "Spartana generosa" di Hasse, nel "Leucippo" e nel "Demofonte".

Da Dresda fece un veloce ritorno in Italia nel 1749, per partecipare a due rappresentazioni a Venezia e una a Milano, per poi riprendere la strada della Germania e recarsi a Berlino alla corte di Federico "il Grande", rimanendovi per circa quattro anni, e ricevendo l'alta onorificenza di "Kammermusikus" della corte prussiana. A Berlino interpretò parti del "Mitridate", nel dicembre del 1750, e ne "L'Orfeo" di Graun.

Nel 1754 per problemi di salute e per una certa indifferenza del sovrano prussiano nei suoi confronti, il Carestini decise di trasferirsi presso la corte russa a San Pietroburgo, al seguito della compagnia teatrale di F. Araja. Del soggiorno russo, una tappa significativa fu l'interpretazione del Carestini nell'opera "Alessandro nelle Indie" di Leonardi Vinci. Tanto entrò poi nelle simpatie della corte che prima di lasciare, nel 1756, la Russia, ebbe dall'imperatrice Elisabetta il dono di 1 200 rubli.

Stanco di calcare le ribalte dei teatri, dopo la tournée in Russia, prese la decisione di abbandonare il palcoscenico, ma, nel 1758, tornato in Italia, e premuto da vecchi amici, decise di accettare una scrittura al San Carlo di Napoli, dove trovò un'accoglienza ostile e cantò solo nella prima opera, in apertura alla stagione "L'Ezio" di G. Latilla.

Il ritorno a Filottrano e la morte (1758-1760)

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Nelle speranze di trovare un po' di serenità e di pace, fuori dal mondo del canto, Carestini decise di ritirarsi nel natio borgo, ma breve fu il tanto agognato riposo, nella tranquilla e dolce Filottrano, in quanto lo colse l'inattesa morte nel 1760.

Nulla si sa ancora delle relazioni che mantenne con i parenti e gli amici filottranesi, come e dove siano finite le tante ricchezze accumulate, se aiutasse orfani o poveri, come s'impegnavano altrove parecchi suoi colleghi e a volte anche rivali.

Voce e reputazione

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La portata della voce di Carestini cambiò nell'arco della carriera: secondo la testimonianza di Burney iniziò come un chiaro e potente soprano ma si trasformò poi nel più completo, raffinato e profondo dei contralti. Fu tenuto in grande considerazione da molti critici di tutta Europa. Hasse affermò di non aver mai sentito un migliore stile canoro, Quantz invece ne sottolineò i virtuosismi che confermavano i principi della scuola di Antonio Bernacchi alla maniera di Farinelli. Charles Burney scrisse di lui:

La sua voce era all'inizio potente e nettamente da soprano; tale voce si è poi trasformata nella più piena, più bella e più profonda voce da tenore leggero, che forse sia stata mai udita; la figura di Carestini era alta, bella e maestosa, è stato un attore molto vivace ed intelligente che avendo una considerevole dote di entusiasmo nelle sue comparizioni ed una immaginazione molto vitale ed inventiva, sapeva rendere, qualunque cosa cantasse, interessante a causa del suo buon gusto, energia ed assennati abbellimenti. Carestini manifestava grande agilità nell'esecuzione di difficili passaggi di petto, nella maniera più articolata ed ammirevole.

Fu poi opinione di Hasse, come del resto di molti altri eminenti professori, che "chiunque non avesse mai sentito cantare Carestini non avrebbe mai potuto avere conoscenza con quello che era il più perfetto stile del canto". Le parti che Händel compose per lui rafforzano il giudizio di Hasse. Esse richiedevano, infatti, un eccezionale controllo del respiro, grande flessibilità sopra un'estensione di due ottave, ed eguale eloquenza in tutti i registri.

Oltre alla bella voce, il Cusanino sapeva ostentare anche una certa presenza fisica, quasi un don Giovanni, capace di sedurre uomini e donne, anche se spesso, sia per il Cusanino, come per molti altri cantanti castrati c'era compassione per il loro rapporto col gentil sesso. Non per nulla a Firenze circolava una curiosa battuta sul Cusanino. Si raccontava con piacere l'esclamazione di una giovane spettatrice, che, dopo aver ascoltato il "castrato" Carestini aveva detto: "Canta bene, non c'è niente da dire, ha vitalità, espressione, ma si sente che gli manca qualcosa".

Come riconoscimento per la sua opera nel 2007 il controtenore francese Philippe Jaroussky incise un CD tributo a Carestini che comprendeva molte delle arie scritte apposta per la sua voce.

  • R. Celletti, I cantanti a Roma nel XVIII secolo, in B. Cagli (a cura di), Le muse galanti: la musica a Roma nel Settecento, Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana, 1985 (Biblioteca internazionale di cultura 15), pp. 101–7
  • K. Hortschansky, Die Rolle des Sängers im Drama Metastasios: Giovanni Carestini als Timante im Demofoonte, Metastasio e il mondo musicale, pp. 207–34 (Firenze, 1986)
  • S. Mamy, Les révisions pour Giovanni Carestini du rôle de Timante dans le Demofoonte de J.A. Hasse (Venice, 1749), pp. 235–73 (Firenze)
  • R. Kubik, Die Fassungen von Arianna in Creta HWV 32: Überlegungen zum Werkbegriff der Oper seria, Gattungskonventionen der Hände-Oper, pp. 159–70 (Karlsruhe, 1990-1)
  • C.M. Korsmeier, “Mit Brief und Siegel…”: ein Virtuosenpatent für den Sänger Giovanni Carestini, Festschrift Klaus Hortschansky, pp. 125–30 (Tutzing, 1995)
  • Mario Filippi, Giovanni Carestini (Filottrano, 1994)

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