Wikipedia:Scherzi e STUBidaggini/Traduzione di Guantanamera

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Autore: Utente:Angelo Scotto


La prima fase del dibattito[modifica wikitesto]

La traduzione di Guantanamera è al centro del dibattito culturale, politico e intellettuale italiano dal 1960, anno in cui il poeta Everardo Sanguinacci pubblica su “Il Vetri” l’articolo Quotidianità cubana, retorica italiana. L’articolo si compone di due parti distinte: nella prima Sanguinacci propone una illuminante (per i tempi) analisi di Versos sencillos, la poesia di Martí da cui è nata la canzone, e sottolinea come questo testo, considerato il più patriottico nella storia della poesia cubana, si caratterizzi per un linguaggio semplice e per il lessico tratto dalla vita quotidiana, e lo contrappone alle canzoni patriottiche della tradizione italiana, che invece spiccano per un uso talmente retorico della parola da risultare fatalmente fredde, vuote, artificiose ; nella seconda parte, Sanguinacci abbandona l’ambito analitico per sostenere la necessità di un profondo mutamento nell’ambito della canzone patriottica italiana, e indica Guantanamera come il modello da seguire; essendo conscio dell’impossibilità di una trasformazione radicale in tempi così brevi, e in assenza di un contesto storico paragonabile a quello in cui erano maturati i versi di Martí, Sanguinacci chiude il suo articolo con una provocazione:

«Occorre tradurre Guantanamera in italiano, integralmente; e tradurla come se fosse stata scritta per l’Italia, e non per Cuba. Gli autori italiani di fronte alla potenza di questa poesia sono come scolaretti che devono ancora molto imparare dal loro maestro, e per fare ciò è necessario che da scolaretti si comportino, iniziando con l’imitazione e la riproduzione delle opere dell’insegnante, per poter poi passare con maggior sicurezza e padronanza dei mezzi espressivi alla produzione di opere proprie.»

L’invito di Sanguinacci viene subito raccolto da numerosi scrittori, intellettuali e studiosi del linguaggio. Tuttavia le frasi riportate svelano tutta l’ambiguità dei propositi del poeta di Imperia: “Tradurla come se fosse stata scritta per l’Italia” vuol dire cambiare le parole, il contesto, trasformare l’ambiente cubano in ambiente italiano. Un adattamento, appunto, ma Sanguinacci lo chiama traduzione, e negli anni successivi nessuno contesterà questa discutibile confusione linguistica. Il motivo per cui nessuno abbia fatto notare un errore così ovvio non è chiaro, recentemente sul “Corriere della Sera” Enrico Callo della Roccia ha ipotizzato che in quegli anni Sanguinacci era così noto e venerato nel mondo accademico italiano, dopo aver fondato l’avanguardia di “letteratura della liberazione sessuale”, il Gruppo 69, che l’idea di contestare i suoi indirizzi teorici non sfiorava nemmeno buona parte dell’intellighenzia . Non è possibile analizzare tutti i tentativi di traduzione della poesia, ma è comunque necessario segnalare quelli principali: dopo una serie di prove più o meno efficaci, ma tutte accomunate da una forte difficoltà nel rendere la freschezza dell’originale, il colpo d’ala viene dato al problema nel 1971 da Pasquale Ginsberg, che sostiene la necessità di mettere in evidenza, nella traduzione, l’impeto rivoluzionario della canzone, visto che nella sua ottica il patriottismo cubano non può che coincidere con il castrismo e il guevarismo, a differenza di quello italiano che è stato sempre un’espressione della borghesia e uno strumento di oppressione di classe . Sull’onda dell’analisi ginsbergiana molti tentarono una traduzione marxista-leninista di Guantanamera, tra cui ricordiamo la versione del poeta Marco Marchini (1974) e quella del dirigente di Lotta Continua Luca Minchioni (1976). In seguito agli eventi politici della fine degli anni Settanta, e al cosiddetto “riflusso”, la questione Guantanamera inizia a perdere la centralità che sino a quel momento ha avuto nel dibattito culturale italiano, vista l’incapacità di produrre un testo accettato da una maggioranza dell’ambiente accademico.

Il cambio di prospettiva[modifica wikitesto]

Nel 1984, è un breve saggio del filosofo Luca Polsini sulla rivista “Apocryfa” a rinvigorire il dibattito, con un radicale cambio di prospettiva; Polsini attacca l’intervento originario di Sanguinacci, svelando finalmente l’errore della confusione tra traduzione e adattamento, e propone di abbandonare, nei nuovi tentativi, la dimensione politica del brano, che egli ritiene ormai smarrita nel contesto del riflusso politico generalizzato, e di evidenziare, come “cosa in sé” della poesia, il nucleo romantico. Nonostante i durissimi attacchi da parte di molti intellettuali, e dallo stesso segretario del Pci Alessandro Natta, nel giro di pochi anni le proposte di Polsini sono accettate pressoché all’unanimità, e tra il 1986 e il 1992 ci sarà un vero e proprio fiorire, sulle riviste letterarie, di tentativi di adattamento. La versione del 1991 di Arianna Tamarra è attualmente quella che ha riscosso il maggior numero di consensi, e per questo la riportiamo integralmente:

Io sono un uomo sincero
Nato tra i campi di grano
Sgorga l’amore più vero
Qui dal mio cuore profano

Versi color verde chiaro
E di amor rosso acceso
Come un cervo indifeso
Che anela sempre al riparo

Coltivo la rosa bianca
Da autunno a primavera
Per la persona sincera
Che mi dà la sua mano franca

Nella versione della Tamarra manca la traduzione del celebre ritornello, Guajira guantanamera. Durante i primi decenni del dibattito la questione non si era posta, poiché si riteneva di poter lasciare in versione originale il ritornello e concentrarsi invece sul testo. Questa linea di pensiero si è mantenuta anche negli anni immediatamente successivi all’intervento di Polsini, ma man mano che gli adattamenti si affinavano in qualità letteraria si avverte sempre di più la necessità di rendere in italiano anche il celebre refrain,visto che nell’immaginario non solo cubano e italiano, ma mondiale, Guantanamera coincide con il ritornello, più che con le strofe della canzone, e pertanto un adattamento che ignori il problema di esso sarebbe fatalmente un’opera lasciata a metà. Subito dopo il plauso suscitato dalla versione della Tamarra, la poetessa Chretienne La Troyes affronterà il tema del ritornello sostenendo che, se si accetta di trasformare “la palma” del luogo dove cresce il poeta in un “campo di grano”, allora il riferimento geografico alla “contadina di Guantanamo” non può più reggere, e va sostituito con un corrispettivo spazio-temporale adeguato . Questa nuova agenda di ricerca è stata accettata da tutti gli intellettuali, ma ha comportato non poche difficoltà. Trovare un corrispettivo decente che rispettasse la metrica e gli accenti non era e non è tuttora un’impresa facile per la lingua italiana. È la stessa La Troyes a proporre di sostituire l’originale con “Mondina toscoemiliana” , motivando la scelta con la constatazione che storicamente l’agricoltura italiana è collegata all’immagine femminile della mondina. Ma lo scrittore Alberto De Tarlo contesta questa scelta, sostenendo che “guajira guantanamera” nell’ascoltatore di lingua ispanica evoca l’immagine non di una concreta contadina cubana, ma di una ragazza semplice, giusto corrispettivo dell’“hombre sincero” della prima strofa. Pertanto, renderla con “mondina” sarà forse storicamente corretto, ma nell’ascoltatore italiano odierno produce un effetto di straniamento che rende impossibile raggiungere l’effetto dell’originale, ottenibile solo cercando un mestiere attuale che dia la stessa idea di semplicità . Per ovviare a questo problema, De Tarlo suggerisce “Sciampista palermitana”. Sicuramente un passo avanti rispetto alla proposta di La Troyes, ma ancora non soddisfacente per la comunità intellettuale. Ugo Uti, nel 1996, nota che tutte le proposte di adattamento del ritornello ignoravano uno dei segreti fonici di esso, e cioè la mirabile paronomasia tra “guajira” e “guantanamera”. Uti ammette la difficoltà di renderla con lo stesso effetto in italiano, ma allo stesso tempo ritiene che sia necessario almeno tentare di avvicinarvisi tramite allitterazioni; per questo motivo propone di sostituire, nella versione di De Tarlo, “salernitana” a “palermitana”, per ottenere l’allitterazione della |s|; oppure, e a suo parere ancor meglio, usare come ritornello “Commessa calabrisella” . Nemmeno questa idea ha riscosso consensi unanimi, pur con la constatazione unanime che la commessa è davvero l’equivalente odierno della contadina. De Tarlo critica il termine “calabrisella” perché già troppo caratterizzato e collegato ad altre canzoni della tradizione folklorica del Sud Italia, per cui anche in questo caso non sarebbe evitabile l’effetto di straniamento, ma non ha saputo rispondere alla critica sulla sua proposta, che è attualmente rifiutata da pressoché tutti gli studiosi. Alcuni hanno anche rivalutato la “Mondina toscoemiliana” di La Troyes. La questione di Guantanamera, pur avendo fatto il dibattito passi da gigante rispetto agli inizi, è dunque ancora lontana da una conclusione definitiva.

Bibliografia[modifica wikitesto]

  • E. Sanguinacci, Quotidianità cubana, retorica italiana, in "Il Vetri", ottobre 1960
  • E. Callo della Roccia, La dittatura comunista nella cultura italiana degli anni '60, in "Il Corriere della Sera", 08-07-06
  • P. Ginsberg, L'operaismo come equivalente del patriottismo cubano, in "Potere Operaio", 12-12-71
  • A. Tamarra, Guantanamera e l'anima del cosmo, Mondadori, Milano 1991
  • C. La Troyes, Gocce di storia nel mare dei Caraibi, in "La Repubblica", 04-03-92
  • A. De Tarlo, Guantanamela, guantanapera, in "Storie", aprile 1994
  • U. Uti, Musica nella poesia cubana, in "Il Corriere della Sera", 25-07-95