Vrijhandel (piroscafo)

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SS Vrijhandel
Descrizione generale
Tipopiroscafo trasporto merci
ProprietàScheepvaart Maatschappij Gylsen - Brys & Gylsen
CantiereIrvine's Shipbuilding & Drydock Co. Ltd., West Hartlepool (Sunderland)
Varo28 agosto 1911
Destino finaleaffondata il 13 marzo 1918 dal sottomarine tedesco UC 71
Caratteristiche generali
Stazza lorda1870 tsl
Lunghezza85 m
Larghezza12,2 m
Pescaggio5,6 m
Propulsione1 macchina alternativa a triplice espansione
Velocità10 nodi (18,52 km/h)
dati tratti da Vrijhandel SS (1911~1917) Londonier SS [+1918][1]
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Lo SS Vrijhandel fu una nave trasporto mercantile belga, poi rinominata Londonier durante la prima guerra mondiale, affondata dal sottomarino tedesco SM UC 71 il 13 marzo 1918.[2]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il piroscafo Vrijhandel, con scafo in acciaio, fu costruito presso il cantiere navale Irvine's Shipbuilding & Drydock Co. Ltd., di West Hartlepool (Sunderland) per conto della compagnia Scheepvaart Maatschappij Gylsen - Brys & Gylsen, di Antwerp.[1] La nave venne varata il 28 agosto 1911, e aveva un dislocamento di 1.840 tonnellate, e era mossa da una macchina alternativa a triplice espansione Richardsons, Westgarth & Co. che garantiva una velocità massima di 10 nodi.[1] Nel 1917, in piena prima guerra mondiale, la nave venne venduta alla Cie. Maritime Belge-CMB-Lloyd Royal S. A., di Antwerpen, che la ridenominò Londonier e la noleggiò al governo francese.[2]

Il 13 marzo 1918 il Londonier aveva attraversato la Manica e stava seguendo una rotta in direzione dei Needles in rotta da Calais al Canale di Bristol.[2] Il sottomarino tedesco SM UC 71, al comando dell'Oberleutnant zur See Walter Warzecha, eseguì un attacco in superficie alle 2:00.[2] Il comandante della nave, capitano Sven Degryse, riferì che il Londonier stava cambiando rotta, a causa dell'avvistamento di un sottomarino in superficie a 200 metri di distanza immediatamente prima dell'esplosione.[2] I siluri colpirono il piroscafo sul lato sinistro della scafo, nella parte anteriore della sala macchine.[2] La nave iniziò ad affondare rapidamente, a sud dell'isola di Wight, e venne abbandonata dall'equipaggio.[2] Tredici uomini riuscirono a raggiungere le scialuppe e le zattere di salvataggio della nave ma altri 12 persero la vita.[2]. I sopravvissuti hanno visto la torre di comando dell'UC-71 immergersi e scomparire.[2]

Il relitto giace in posizione verticale a una profondità di 40 metri.[3] Le immersioni nel sito dove giace il Londonier sono avvenute nel 2010 dall'imbarcazione Wight Spirit.[3] Le attività subacquee sul sito facevano parte del progetto Atlante archeologico dei due mari e avevano come scopo principale delle attività di confermare la posizione, l'estensione, la stabilità e il carattere del sito.[3] La maggior parte del relitto giace sparsa sul fondo del mare; le eccezioni sono il motore a triplice espansione, le caldaie, e il timone che sono in verticale.[3] I motori sono la parte più alta del relitto, e si elevano per circa 4-5 m sopra il fondale.[3] Manca la copertura posteriore della caldaia di tribordo, che rivela i tubi dell'acqua all'interno.[3] A poppavia del motore è possibile seguire l'albero dell'elica fino alla poppa del relitto dove è visibile il cannone adagiato su un fianco.[3] I giubbotti di salvataggio possono essere visti fissati sotto i telai adiacenti al lato sinistro dell'albero dell'elica.[3] A proravia delle caldaie il relitto è più disperso con lastre che giacciono a filo del fondale.[3] Due ancore sono visibili a prua.[3] L'identità della nave è stata confermata dalle stoviglie recuperate dal sito durante l'attività subacquea.[3]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]


Fonti[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Steve R. Dunn, Southern Thunder: The Royal Navy and the Scandinavian Trade in World War One, Barnsley, Seaforth, 2019.
  • (EN) Don Kindell, Royal Navy Roll of Honour - World War 1, by Name, Penarth, Naval History Net, 2009.
  • (EN) David C. Wendes, South Coast Shipwrecks East Dorset and Wight 1870-1979, Eastleigh, 2006.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]