Utente:Silvaal/Sandbox2

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Sviluppo urbanistico[modifica | modifica wikitesto]

Varano sorge sulla riva orientale del lago di Comabbio, divenne comune autonomo, staccandosi da Ternate, nel 1808; fino al 1927 fece parte della provincia di Como, ora appartiene alla provincia di Varese. Nel 1906 assunse il nome di Varano Borghi assimilando il nome della famiglia che rinnovò il tessuto sociale ed urbanistico dell'insediamento, primariamente agricolo, avviandolo a una vocazione industriale.

L'organizzazione del borgo prima dell'avvio del processo industriale era essenzialmente rurale, strutturato su un accorpamento di corti agricole. Lo sviluppo urbanistico di Varano non seguì, a differenza di altre esperienze di borghi industriali sviluppati sul modello di Company Town, un asse prospettico centralizzato sulla fabbrica, ma ebbe una crescita più naturale: a valle del paese sorse la grande industria e sulla sommità della collina l'insediamento urbano; tra le due parti faceva da cesura la villa padronale, circondata da un vasto parco all'inglese. Questo impianto non incombente, a detta degli storici, favorì una maggior serenità sociale tra la classe dirigente e gli operai. Lo sviluppo della cittadina tra la seconda metà dell'Ottocento e il primo Novecento avvenne così in modo organico. La forma urbana venne concepita con rigore geometrico e un centro compatto con palazzi multipiano. Sul lato della villa, che nella forma attuale venne progettata nel 1860 dall'architetto Paolo Cesa Bianchi, passa la via principale che con l'allora carreggiata in pietra confluiva nella piazza orientata verso est dove sorge la chiesa. Sui lati della piazza si fronteggiavano due edifici di identica struttura della tipologia definita “in linea” con mensole agli angoli, fregi, lesene dipinte e un frontone decorato al centro della facciata. Il repertorio, di genere eclettico, era adottato per tutti gli edifici del paese con continue varianti: mantovane in legno di pregevole fattura poste sulle gronde, mensole sottogronda, cornici marcapiano, abbaini, cantonali dipinti, mattoni a vista e portali decorati che nel complesso evidenziavano una raffinata ricercatezza. Si assistette durante lo sviluppo industriale del borgo a un incremento delle tipologie edilizie: strutture assistenziali per i dipendenti, il Convitto e la scuola; le case ”in linea” che presentavano la medesima cura stilistica su tutti i lati, con i tre corpi di scala e alloggi dotati di un doppio affaccio contrapposto; i Palazzi nuovi con il loggiato centrale per la distribuzione degli alloggi; la Casa Comunale con una torre-scala esterna che permetteva di utilizzare il volume principale completamente per gli alloggi; i villini a schiera per impiegati e dirigenti. Questi ultimi erano singoli o bifamiliari, collocati ai margini del centro e distribuiti in spazi verdi rappresentavano un armonico passaggio tra il costruito e la campagna[1]. Dopo la fine dell'era dei Borghi con la scomparsa della gestione centralizzata del patrimonio si assistette ad un radicale cambiamento del contesto cittadino con trasformazioni degli edifici per l'aggiunta di volumi incongrui e perdita del raffinato apparato decorativo che caratterizzava con un linguaggio stilisticamente omogeneo il tessuto edilizio.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il nome Varano ingloba la radice Var che nella lingua celtica allude a una località vicina all’acqua[2]. Il rinvenimento di numerosi reperti, quali: un’imbarcazione primitiva a Travedona e tumuli funerari a Ternate contenenti anfore ansate, monete e tazze, datate al Neolitico inferiore, all’età del Bronzo e all’età del Ferro, testimoniamo che il territorio venne anticamente abitato[3] e anche dell’età romana sono state trovate anfore e monete dell’epoca repubblicana e imperiale. Alcuni di questi oggetti vennero alla luce durante scavi effettuati in occasione della ristrutturazione della villa dei Borghi e Antonio, un esponente della famiglia appassionato di archeologia, li espose nelle sale nobili della casa. Durante il periodo medievale, dal XI al XIII secolo, Varano faceva parte con Ternate del feudo di Angera, denominata Stazzona, nel contado del Seprio che faceva capo all’Arcivescovo di Milano. Connotavano il borgo: un castello turrito cinto da mura, situato laddove poi sarà costruita nel la villa padronale[4] e una chiesa dedicata a S. Andrea di cui oggi rimane la torre campanaria in stile romanico accorpata al municipio. Nel XII secolo i diritti di riscossione delle decime sul territorio furono ceduti alla chiesa di S. Maria del Monte a Velate che li mantenne anche nel XV secolo, quando il latifondo di Varano - che comprendeva la cascina Boffalora con il noceto, il mulino di Curione, la Palude Brabbia con tutti i terreni annessi e il diritto di pesca sul lago di Comabbio - passò in proprietà dei nobili Trincheri[5].

Dinastia Borghi[modifica | modifica wikitesto]

Nella seconda metà del XVI secolo tutti questi beni vennero trasferiti ai Trivulzio e poi ai Trecchi, nobili cremonesi, che però nel 1661 devolsero i dazi del pane, della carne e del vino alla Camera Regia mantenendo il feudo sino al 1744 quando Manfredo Antonio Trecchi lo vendette al conte Giulio Visconti Borromeo Arese che lo trasferì in enfiteusi, a sua volta al ricco mercante Zaccaria Borgo che a Gallarate possedeva una bottega di speziale e un negozio di seta all’ingrosso. Il nuovo livellario pagò il canone annuo previsto dal contratto e riscattò tutta la proprietà versando, secondo le regole stabilite, il canone moltiplicato per quindici. L’estimo del Comune di Varano, conservato nell'archivio di Stato di Varese, conferma che Zaccaria nel 1760 possedeva, oltre alle proprietà già sopra citate anche una casa padronale con parco, costruita sulla precedente casa Trecchi, un latifondo, di cui pagava il canone, la casa del massaro e un edificio in affitto. Alla sua morte lasciò 3127 pertiche di terreno (per un valore di 10.860 scudi) da dividere tra i figli Fedele e Antonio, nato dalle seconde nozze di Zaccaria con Gioconda Cane.

Le successive generazioni[modifica | modifica wikitesto]

Fedele consolidò il patrimonio familiare che trasferì ai figli i quali incrementarono il commercio della seta sul mercato francese. Ai discendenti di Antonio, rappresentati da un certo Luigi Borgo, toccò la parte più esigua dei possedimenti in territorio di Varano (pari a 3.356 scudi), parte che venne venduta nel 1817 al conte veneziano Vincenzo Dandolo, fiduciario di Napoleone esiliato a Varese dopo il ritorno degli Austriaci. Il conte in cerca di affari proficui acquistò le 965 pertiche di terreno in parte contigue a quelle dei figli di Fedele e la casa d’abitazione nel centro del paese. Pasquale Borghi, uno dei nipoti di Zaccaria che avviò a Varano un'attività tessile per la produzione di seta entrò in affari con il Dandolo il quale gli diede consigli sull’allevamento dei bachi per incrementarne la resa[6] . Pasquale nel 1819 acquistò un antico mulino sul torrente Brabbia che, trasformato in opificio, fornì l'energia necessaria per far funzionare il primo filatoio. Egli era anche proprietario di terreni, boschi, case e prati degradanti verso il lago e della palude, fonte di malaria, dalla quale però incominciò a trarre con profitto la torba che alimentava i macchinari della filatura meccanica per la lavorazione del cotone[7].

Dalla seta al cotone[modifica | modifica wikitesto]

A seguito delle difficoltà in cui versava il settore serico, Pasquale intraprese con coraggio una diversa strategia imprenditoriale passando dalla lavorazione della seta al cotone e coinvolse nell'impresa i fratelli Carlo e Francesco. Due anni dopo la sua morte, avvenuta nel 1836, Francesco riuscì nell'impresa di riunire in un'unica proprietà i possedimenti dei due rami della famiglia che si erano divisi al tempo di Fedele e Antonio, i figli del pioniere Zaccaria. Il 3 luglio 1838[8], a seguito di ulteriori vendite, venne effettuato il rogito a beneficio di Francesco Borghi, figlio di Fedele e fratello di Pasquale, in cui compare per la prima volta il cognome modificato: da Borgo in Borghi. Luigi (Gallarate 1812, 1859) nipote di Pasquale, dimostrando talento industriale, a partire dal 1830 prese le redini dell’impresa, quando Francesco si ritirò dall’attività; a lui si deve la denominazione di Cotonificio Pasquale e F.lli Borghi. Nel 1841 allestì la prima tessitura con nuovi macchinari acquistati in Alsazia e con l’impianto di una delle prime macchine “selfacting” prodotta in Inghilterra che svolgeva contemporaneamente la doppia funzione di torcere e stirare il filo. Alla filatura aggiunse la tessitura meccanica azionata da due piccole ruote idrauliche. Luigi fu un attivo patriota mazziniano, membro della Giovine Italia. Per i suoi ideali progressisti venne incarcerato e spesso dovette fuggire all’estero per sottrarsi agli austriaci[9]. In uno di questi soggiorni acquistò all’Esposizione Universale di Londra una motrice a vapore di quaranta cavalli fabbricata nello stabilimento Le Gavrian Farinou di Lille che a Varano cominciò a funzionare nel 1851 sostituendo l'impianto a energia idraulica. Fece installare un gasometro per l'illuminazione che agevolava il lavoro notturno e fondò, con i pionieri dell'industria di Gallarate, Busto e Legnano, Ponti, Candiani, Sioli, Dell’Acqua, una società per l'importazione del cotone greggio direttamente da New Orleans in cui veniva prodotto. Luigi ebbe una personalità poliedrica, ardente cospiratore, ricoprì ruoli pubblici, ebbe una visione moderna della conduzione della fabbrica che con la sua gestione si espanse tanto da occupare 1858 ben 320 lavoratori. L’anno seguente, a 47 anni, morì improvvisamente.

Il XIX secolo[modifica | modifica wikitesto]

Nel corso del XIX secolo lo sviluppo dell’industria della seta e del cotone nell’area del Seprio è legata a famiglie quali, Cantoni, Crespi, Ponti, Dell’Acqua, Borghi che creando legami di parentela – Luigi Borghi ad esempio sposò, nel 1842, Orsola Maria Ponti, sorella di Andrea, imprenditore tessile a Varese - e trasferendo vicendevolmente le competenze acquisite potenziano un capitalismo definito "domestico"[10] che costantemente investiva nelle innovazioni tecniche. Napoleone Borghi, nipote di Luigi condusse l’azienda negli anni 1876-1882 con i fratelli Antonio e Pio. Antonio, archeologo, morì prematuramente nel 1877, fu colui che raccolse i reperti preistorici rinvenuti nella ristrutturazione della villa e dalla bonifica della palude Brabbia. Napoleone si impegnò in una strategia di creazione di infrastrutture necessarie per il miglioramento della produzione: sostenne il progetto di una rete ferroviaria tra Milano e il Gottardo, e la linea tra Gallarate e Laveno; aprì un asilo e la scuola per i bambini di Varano, dove comodi alloggi per i lavoratori si sostituirono alle anguste vecchie case. Incrementò l’azienda agricola. Un incidente di caccia avvenuto nel 1882 interruppe la sua esistenza, le cronache del tempo ricordano la commozione di tutta la cittadinanza alla cerimonia per l’encomio pubblico. Pio Borghi,(1882) il fratello ingegnere di Napoleone potenziò l’opificio con 1200 telai meccanici e 200 Jacquard, dotò l’azienda di impianti di tintoria, mercerizzazione, appretto, solcatura e candeggio, dando lavoro a 800 operai. Per le sue capacità imprenditoriali venne nominato dallo zio Andrea Ponti alla vicepresidenza del Linificio e Canapificio Nazionale; presiedette il cotonificio Cantoni e fu vicepresidente della Società Filati Cucirini. A lui si deve l’impianto urbanistico di Varano con le case per i lavoratori, villini per impiegati e direttori di reparto; per i lavoratori che venivano da fuori fece costruire un convitto-dormitorio maschile e uno femminile, gestito dalle suore della Sacra Famiglia.

Itticoltura[modifica | modifica wikitesto]

Pio avviò nel 1898 la piscicultura nei laghi di Comabbio e Monate, acquistati dalla famiglia nel 1864 dal Vescovo di Pavia, e ripopolò le acque, di cui diede la gestione all’ingegner Cesare Besana, con nuove specie ittiche. Per tutelare i pescatori locali i Borghi fondarono una cooperativa con uno statuto che regolamentava la pesca e il commercio del pescato che veniva venduto, fresco, affumicato o marinato e reclamizzato con moderni depliant che ne esaltavano la freschezza e le procedure di affumicazione e conservazione. La Piscicultura Borghi, società anonima con capitale sociale di 500.000 lire importava caviale dalla Russia e aringhe dall'Olanda. Nei laghi si coltivarono anche piante acquatiche, esotiche come i fiori di loto e palustri, a scopo commerciale. La bonifica della palude avviata da Pio, con la competenza dell’ingegner Pestalozza, trasformò l’acquitrino -le cui esalazioni malsane erano state oggetto di preoccupazione da parte del sacerdote Giovanni Ranchet [11], in fertili prati per il pascolo dei bovini importati dall’Olanda e dalla Svizzera. I Borghi affidarono agli operai anche la cura dei loro vasti terreni che vennero coltivati a gelso, frumento, granoturco, foraggi, e anche a vigneto, si assicurarono da parte loro che la proprietà non rimanesse incolta e i coltivatori ebbero modo di integrare il salario della fabbrica con i proventi dell’agricoltura. Con la gestione intraprendente di Pio Borghi tutte le risorse della famiglia, industria, terreni, laghi, vennero messe a frutto e generarono guadagno. Pio definito dagli storici “il modernizzatore “ morì a 53 anni per polmonite il 3 febbraio del 1900.

Il XX secolo[modifica | modifica wikitesto]

La gestione dello stabilimento passò a Luigi Junior (Varano 1878-SaintMoriz 1947), figlio di Napoleone, nipote di Pio, che proseguì nel piano di modernizzazione dell’azienda, perseguito fin dall’esordio nell’industria dalla dinastia famigliare, ingrandendo, nel 1904, la struttura della fabbrica con un nuovo corpo, progettato dallo studio di architettura svizzero Sequin-Knobel, per collocarvi una motrice Tosi a quattro cilindri e triplice espansione da 1300 cavalli e otto Caldaie Cornovaglia a focolaio Focs munite di surriscaldatore e di “economiser”, acquistate nel 1903. I reportage giornalistici documentano anche della cura degli aspetti igienici degli ambienti di lavoro, ma cominciarono rivendicazioni di carattere sindacale per il lavoro notturno, quello minorile, per la retribuzione dei salari a cottimo. Nel febbraio 1907 ebbero luogo i primi scioperi e la vertenza si concluse il mese seguente con il riconoscimento delle richieste dei lavoratori. Anche i contadini che lavoravano sulle terre della famiglia nel giugno dichiararono lo sciopero ed ottennero un aumento del salario. Nel 1909 Luigi perse la moglie Bice Amman, di appena 26 anni. Continuando nell’opera di rinnovamento tecnologico egli acquistò un nuovo motore diesel Tosi da 300 hp accoppiato a un alternatore trifase da 290 Ampère e 500 Volt, ma dovette accendere dei mutui. La situazione finanziaria della famiglia si andò lentamente incrinando, sebbene dai libri di casa Borghi [12] appare ancora un patrimonio ingente, ma l'ambizioso piano edilizio, avviato due anni avanti che comprese poi anche la realizzazione del cimitero, della chiesa e dei servizi municipali aggravò la situazione. Nel 1911 l’investimento in nuove società e azzardate speculazioni portarono al fallimento nel 1913 e l’azienda passò sotto il controllo della Textiloses et Tectiles, a capitale francese con sede a Parigi che investì a sua volta nella modernizzazione di alcuni reparti e tenne in vita l’azienda fino all’inizio della seconda guerra mondiale quando venne posta sotto sequestro perché Francia e Italia militavano su fronti opposti; nell’estate del 1945 riprese l’attività.

La fabbrica[modifica | modifica wikitesto]

Tra il 1900 e il 1904 venne ristrutturato lo stabilimento e completato da un nuovo corpo di fabbrica commissionato da Luigi Borghi su progetto dello studio svizzero di architettura Sequin-Knobel. La Prealpina Illustrata dedicò un numero all’evento descrivendo la cerimonia di inaugurazione, avvenuta l’8 settembre, a cui presenziarono i senatori De Angeli e Adamoli, il deputato Angelo Lucchini, il prefetto e il sottoprefetto, e il barone Costanzo Cantoni, della famiglia erano presenti: Giulia Minonzio , madre di Luigi e sposa di Napo prima e alla sua morte di Pio, Il commendator Fedele Borghi di Legnano, le famiglie Ponti, Turati e Cantoni, Bice Amman fidanzata di Luigi. Il mensile documentò accuratamente il processo di lavorazione, dal trasporto del cotone alla stazione di Ternate-Varano alla fabbrica con una ferrovia scartamento ridotto sino al prodotto finito confezionato per la spedizione. Nell’antico mulino di Pasquale era stata collocata la tintoria, azionata da un motore diesel, la filatura con la motrice delle officine Franco Tosi era nel compartimento con le grandi torri e poi vi erano le camere delle corde, i forni, i rustici e lo “stallone” per gli animali, una “casermetta” per i vigili del fuoco. Alcuni reparti erano costituiti da vasti edifici con copertura “a shed”, sistema che favoriva una grande illuminazione, sostenuta da colonnine in ghisa di ottima fattura, i piani erano realizzati con volte a mattoni. L’edificio più scenografico si elevava ai piedi della collina su cui sorgeva la villa: tre imponenti torri quadrate svettavano sulla fronte di un capannone industriale suddiviso in tre livelli e scandito da ampie finestre. Le torri, come per le abitazioni del centro, ospitavano i vani scala e alla sommità i serbatoi dell’acqua; anche in questa edilizia industriale, come in quella residenziale, le decorazioni, le cornici delle finestre, le modanature erano sobrie ma particolarmente accurate. Le nuove aziende che si insediarono nei capannoni industriali modificarono per necessità tecnologiche gli edifici aggiungendo nuovi corpi e anche costruzioni prefabbricate.

La villa[modifica | modifica wikitesto]

Alcuni storici hanno ritenuto che la villa sorgesse su un antico castello di cui rimaneva traccia nel salone principale corrispondente alla “sala del castello”che si sarebbe conservata nonostante le trasformazioni avvenute, ma il restauro recente, che ha indagato a fondo sui materiali utilizzati nella costruzione, non ha rinvenuto strutture difformi che potessero avallare l’ipotesi. L’aspetto attuale si deve a un primo restauro realizzato dall’architetto milanese Paolo Cesa Bianchi tra il 1860 e il 1879 negli anni della gestione aziendale di Napoleone Borghi; la famiglia possedette anche una villa in via Moscova a Milano, luogo di residenza stabile, che venne affidata all’architetto Emilio Alemagna. La casa ha una pianta a doppia T con il corpo centrale allungato, la fronte principale è lievemente aggettante nel settore centrale, suddiviso in tre livelli con finestre ornate da modanature in pietra arenaria chiara, si conclude con un fastigio; le ali laterali, con porte-finestre ad ogni piano, terminano con una balaustra in pietra. I prospetti laterali sono ritmati da aperture quadrangolari con profili in pietra o stucco, lo stile complessivo segue il gusto di un certo eclettismo diffuso nel corso dell’Ottocento in area lombarda. Nell’ingresso un’elegante scalinata in marmo conduce al piano superiore da cui attraverso un cavedio, delimitato da una balaustra in ferro battuto, si guarda giù verso l’atrio che si sviluppa così in altezza per i due livelli. La grande estensione della villa determinata da un susseguirsi di stanze, saloni, una biblioteca a cui si aggiunge il grande parco, in parte realizzato all’inglese, secondo la moda romantica, palesa la volontà di manifestare il prestigio sociale raggiunto dalla famiglia. Tutti i saloni erano decorati dall’artista varesino Pietro Michis .

La chiesa[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa parrocchiale, intitolata al Divino Redentore, fu costruita da maestranze locali su commissione della famiglia Borghi e su progetto dell’architetto Paolo Cesa Bianchi che, seguendo la tendenza ottocentesca del revival degli stili storici, prese come modello la Collegiata di Castiglione Olona, uno degli esempi più importanti di architettura quattrocentesca lombarda.

Il cimitero[modifica | modifica wikitesto]

Anche il Cimitero ebbe un impianto, che ancora mantiene, omogeneo stilisticamente rispetto alle strutture edilizie del paese. Un ingresso, con pilastri in laterizio ed esili colonnine in pietra con capitelli a foglie d'acanto, racchiude un camposanto quadrangolare; il viale principale conduce alla cappella gentilizia della famiglia Borghi. Essa ha una facciata a salienti con un arco d’accesso centrale tripartito da due esili colonnine simili a quelle dell’ingresso, uno zoccolo in pietra e la parte superiore in laterizi; il rosone centrale, tamponato da una vetrata che disegna una croce, è contornato da terracotte smaltate. Decorazioni simili animano tutta la facciata con una sapiente cromia che sfuma dai toni dell’avorio all’oro al verde, entro alcuni oculi viene riportata al data di costruzione 1911 e sopra il portale la scritta “requiem”. L’interno è costituito da un unico vano diviso in tre campate, quella centrale coperta a padiglione con embrici in terracotta smaltata di un azzurro cangiante che simula la volta celeste, quella al centro ha nella chiave di volta un sole radiante dorato; sulle pareti laterali prendono posto le lapidi commemorative degli esponenti della genealogia e in fondo alla cappella un altare con una pala che rappresenta "La trasfigurazione" [13], ripresa dall'opera omonima di Raffaello, in piastre di terracotta policroma smaltata firmata dal ceramista cortonese Pio Pinzauti. Anche l’interno della cappella è ricoperto da terracotte disposte in riquadri con cornici, fasce di cherubini dalle rimembranze robbiane, in alto il rivestimento termina con fiaccole, rosoni e rami d’ulivo. Il repertorio decorativo venne prodotto dalla ditta "Ceramica Lombarda" dell'ingegner A. Bertoni che forniva al tempo i rivestimenti in maiolica delle case liberty milanesi.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

G. Macchi, Il patriota gallaratese Luigi Borghi, Gallarate, Società Gallaratese per gli Studi Patri, 1945.

I. Vanelli, Varano Borghi : una famiglia di pionieri dell'industria tessile in "Rassegna Gallaratese di Storia e d'Arte", Dicembre 1964, p. 182.

A. Biandrà Di Reaglie, Varano e i Trincheri in "Rassegna Gallaratese di Storia e d'Arte", Settembre 1972, p. 79.

S. Langé e F. Vitali, Ville della provincia di Varese, Milano, Rusconi, 1984.

O.A. Biandrà, Varano feudo dei Trecchi, 1985.

La palude Brabbia 1992, Publinova Edizioni Negri-Lipu lega italiana Protezione Uccelli, Varese.

R. Pozzi, L'epoca dello splendore urbano in "Varano Borghi. Appunti di storia recente per la riscoperta dei valori", Varano Borghi, 1998, pp. 37-55.

S. Garegnani, R. Pozzi e L. Terzoli, Varano Borghi. Appunti di storia recente per la riscoperta dei valori, Varano Borghi, 1998.

C. Martignone, Le famiglie imprenditoriali lombarde nell'Ottocento in "Imprenditori e Cultura", a cura di G. Ginex e S. Rebora, Milano, 1999.

P. Macchione e A. Grampa, Terra di pionieri, Varese, Univa, 1999.

Stefano Levati, Famiglia Borghi in Accoppiamenti giudiziosi, Cinisello Balsamo, Silvana editrice, 2004.

Relazione storico archivistica sul complesso industriale di Varano Borghi 10 Gennaio 2008, in Marco Tamborini e Maryse Ribolzi (a cura di).

S. Redaelli, La stoffa dei Borghi. Patrioti e imprenditori della dinastia del cotone, Ancora Arti grafiche.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Roberto Pozzi, L'epoca dello splendore urbano, in Varano Borghi. Appunti di storia recente per la riscoperta dei valori, Varano Borghi, 1998, pp. 37-55.
  2. ^ Ignazio Vanelli, Varano Borghi: una famiglia di pionieri dell'industria tessile, in Rassegna Gallaratese di Storia e d'Arte, XXIII, n. 4, dicembre 1964, p. 182.
  3. ^ Giuseppe Quaglia, Archeologia dei sepolcreti antichi scoperti in undici comuni del Circondario di Varese. Provincia di Como, Varese, Tipografia Macchi e Brusa, 1881, pp. 44-46.
  4. ^ Silvana Garegnani, Roberto Pozzi e Luigi Terzoli, Varano Borghi, appunti di storia recente per la riscoperta dei valori, Varano Borghi, 1998.
  5. ^ Orsola Amalia Biandrà, Varano feudo dei Trecchi, in Tracce, n. 1, 1985.
  6. ^ Il buon governo dei bachi da seta dimostrato col giornale delle bigattiere del conte Vincenzo Dandolo, Milano, Sonzogno, 1836.
  7. ^ Pietro Macchione e Alberto Grampa, Terra di pionieri, Varese, Univa, 1999.
  8. ^ Atto rogato da Giuseppe Alberti di Melzo - Archivio di Stato di Varese
  9. ^ Giuseppe Macchi, Il patriota gallaratese Luigi Borghi, Gallarate, Società Gallaratese per gli Studi Patri, 1945.
  10. ^ Cinzia Martignone, Le famiglie imprenditoriali lombarde nell'Ottocento, in Giovanna Ginex, Sergio Rebora (a cura di), Imprenditori e Cultura, raccolte d’Arte in Lombardia 1829-1926, Milano, Mediocredito Lombardo, Gruppo Intesa, 1999.
  11. ^ Attilio Bricchi, Due piccoli laghi: Monate e Comabbio, in Illustrazioni di Lombardia, 1º dicembre 1909.
  12. ^ Stefano Levati, Famiglia Borghi, in Accoppiamenti giudiziosi, Industria, Arte e Moda in Lombardia 1830-1945, Cinisello Balsamo, Silvana editrice, 2004.
  13. ^ Lo stesso soggetto venne ripetuto, sempre firmato da Pinzauti, sulla facciata della cappella Marra del cimitero di Busto Arsizio