Utente:Blakwolf/matematica e Dio

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"I matematici parlano con Dio, i fisici parlano con i matematici, gli altri parlano fra loro" - (detto anonimo)

Questa frase, di cui sarebbe opportuno trovare l'autore e la data di nascita, o almeno qualche propagatore, può suscitare pareri discordi e questa pagina può cercare di analizzarli.

Innanzi tutto può essere letta senza sospetto di ironia. Può quindi essere considerata come un'affermazione di superiorità dell'attività dei matematici: essi si occupano di problemi elevati, molto elevati, e solo chi si occupa di problemi poco meno elevati, i fisici, è in grado di accostarli. Gli altri possono occuparsi solo di altri problemi.

La superiorità dei matematici è solo affermata. Dato che non a tutti è evidente, si può cercare di motivarla. Si è indotti a pensare al rigore e all'astrazione, che i matematici praticano più degli altri. Rigore e astrazione, dunque sono le caratteristiche superiori. E in effetti il rigore ha portato alla crescita quasi senza ripensamenti dell'edificio delle conoscenze matematiche (almeno di quelle pure), del complesso degli enunciati ottenuti attraverso rigorose dimostrazioni e dunque destinati di rimanere immutabili. L'astrazione consente la generalità e quindi la vasta portata delle conseguenze degli enunciati dei matematici. A supporto di questa interpretazione si possono ricordare molti risultati; in particolare le storie delle risoluzioni di molti problemi famosi, come l'ultimo teorema di Fermat.

Altre reazioni possono essere invece fortemente negative. Qualche persona non in grado di apprezzare appieno i valori del rigore e dell'astrazione, può reagire male e accusare tout court i matematici di razzismo. Spingendosi a ricordare i movimenti che affermano di trovarsi dalla parte di Dio, del peggiore razzismo. Qualcuno può anche trarre la conseguenza che sia opportuno star ben lontani dalla matematica; e di dichiararlo ad alta voce; e di giustificare con un certo orgoglio certi insuccessi giovanili nella poco amate, aride ore di matematica.

Qualcun altro può correlare l'ultima parte della frase con la difficoltà di coinvolgere i matematici in problemi pratici. Può allora emergere la sensazione della distanza fra enunciato metematico astratto, generale e i problemi che affliggono gli altri. Questa sensazione può allora far scorgere dietro la frase una certa ironia; ma può anche generare il sospetto dell'ipocrisia.

Qualche reazione può essere più irosa: la frase può essere letta come un implicito invito ai veri matematici di non occuparsi di applicazioni. Quindi come una chiusura nei confronti dei matematici che si occupano di applicazioni innanzi tutto; ed anche di economisti ed ingegneri, cioè di quelli che procurano un gran numero di posti di lavoro ai matematici: questi dunque sputano nel piatto?

Altre letture possono essere venate da qualche malignità. I matematici si collocano in alto, ma la loro odierna influenza sociale e politica è piuttosto scarsa. Ci si chiede allora se la loro scarsa influenza sia dovuta al loro narcisismo e che a sua volta renda questo narcisismo un po' ingiustificato. I più sarcastici possono sostenere che i matematici si vogliono collocare in alto perchè risulta meno faticoso, meno rischioso.

Ed i fisici? Forse qualche fisico teorico può trovarsi d'accordo, ritenendosi in grado di fare sia il matematico, che il mediatore. Qualcun altro invece rifiuterebbe sdegnato una posizione inferiore; forse i più sdegnati sarebbero certi fisici atei che già si rodono per non potersi dichiarare divini.


Da un articolo di wikipedia - in attesa di commento BW 13:57, Set 17, 2004 (UTC)

A prima vista sembra l'estensione teologica della famosa storiella:

«Due uomini in mongolfiera si sono irrimediabilmente persi. Avvistando un uomo, gli urlano:
- "AIUTO! DOVE SIAMO? DOVE SIAMO?"
Dopo aver riflettuto a lungo, quando ormai la mongolfiera è solo un puntino all'orizzonte, l'uomo urla di rimando:
- "SIETE SU UNA MONGOLFIERA!"
Al che uno dei due fa all'altro:
- "Quell'uomo è sicuramente un matematico"
- "Perché?" - chiede l'altro
- "Perché ha detto una cosa ovvia, dopo averci rimuginato per un eternità, e soprattutto ciò che ha detto era perfettamente inutile -»