Raimondo Scintu

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Raimondo Scintu
NascitaGuasila, 24 settembre 1889
MorteRoma, 1968
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaFanteria
Reparto151º Reggimento fanteria "Sassari", Brigata Sassari
Anni di servizio1915-1918
GradoAiutante di battaglia
GuerrePrima guerra mondiale
CampagneFronte italiano (1915-1918)
BattaglieBattaglia della Bainsizza
Battaglia di Caporetto
Battaglia del solstizio
battaglia di Vittorio Veneto
Decorazionivedi qui
Frase celebreRicordati di andare sempre avanti e di fare onore alla Sardegna e alla famiglia Scintu
dati tratti da Le Medaglie d'oro al Valor Militare 1918[1]
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Raimondo Scintu (Guasila, 24 settembre 1889Roma, 14 dicembre 1968) è stato un militare italiano, decorato di Medaglia d'oro al valor militare a vivente nel corso della prima guerra mondiale.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Guasila, provincia di Cagliari, il 24 settembre 1889, figlio[N 1] di Salvatore e Saveria Enis.[2] Dopo aver adempiuto al servizio militare obbligatorio nel Regio Esercito, ritornò a fare il contadino. All'atto dell'entrata in guerra del Regno d'Italia, avvenuta il 24 maggio 1915, fu richiamato in servizio attivo, assegnato al 151º Reggimento fanteria della Brigata Sassari che raggiunse al fronte.[3] Si distinse nei duri combattimenti sul Carso, a Bosco Cappuccio, sul Monte San Michele e sull'altopiano dei Sette Comuni. Il 10 giugno 1917, durante un duro combattimento sul Monte Zebio,[4] come portaordini attraversò allo scoperto alcune zone battute da un forte fuoco di fucileria ed artiglieria, prendendo poi parte al combattimento insieme al fratello Giovanni.[5] Conquistata una trincea nemica ritornò indietro trasportando sulle spalle uno zappatore italiano ferito, e poi riattraversò il terreno sotto il tiro nemico rientrando nella trincea appena occupata, mentre il capitano Emilio Lussu gli urlava Torna indietro che ti ammazzano!.[5] nel corso del furibondo combattimento, si difese a colpi di moschetto e bombe a mano, catturando sette prigionieri, e quando a causa del contrattacco nemico, la trincea appena conquistata dovette essere abbandonata, riportò indietro i superstiti soldati italiani.[5] Per questo venne decorato di una Medaglia d'argento al valor militare.[4]

Il 16 settembre 1917, sull'altopiano della Bainsizza, partecipò all'occupazione di quota 878 dello Zgorevnice, in Valle Isonzo.[2] Dapprima da solo penetrò nelle linee nemiche, e ritornò alle linee italiane con 5 prigionieri.[5] Autorizzato dal suo maggiore, ritornò indietro seguito da una pattuglia di 7 soldati dell'11ª Compagnia, penetrando nelle trincee nemiche seguito da tre uomini, mentre gli altri quattro li coprivano.[5] Riuscì con gli altri a catturare 50 soldati nemici che presto furono portati nelle linee italiane dai suoi commilitoni.[6] Egli ritornò poco dopo, ferito al petto da un colpo di pistola dopo essere entrato in un rifugio dove si trovavano cinque ufficiali, uccidendoli tutti perché si erano rifiutati di arrendersi.[5] Con Decreto Luogotenenziale del 22 novembre 1917 fu decorato con la Medaglia d'oro al valor militare a vivente.[7] La Domenica del Corriere, tra l'estate e l'autunno del 1917 gli dedicò ben due copertine disegnate da Achille Beltrame.[4]

Dopo la convalescenza per la ferita ad un polmone,[5] fu promosso aiutante di battaglia nel mese di ottobre, inquadrato in una compagnia d'assalto del reggimento, si distinse nuovamente sul Monte Grappa, e nell'attacco al Col Rosso.[2] Durante la battaglia del solstizio (giugno 1918), insieme al suo reparto si oppose ai movimenti degli austro-ungarici avanzando verso Fossalta e Capo D'Argine, attestandosi poi a Losson.[2] Durante la battaglia di Vittorio Veneto oltrepassò col suo reparto il corso del Piave, occupò Conegliano, raggiungendo il tagliamento nella giornata del 3 novembre.[2] Dopo la fine della guerra fu posto in congedo nel luglio 1919, e si trasferì a Roma dove nel 1926 fu assunto presso l'Azienda Tranvie del Comune.[5] Andò in pensione nel 1950, e si spense nella Capitale nel 1968.[5] La salma fu tumulata presso il Sacrario Militare nel Cimitero Monumentale del Verano.

Dopo la sua morte gli sono state intitolate una via di Roma e una del suo paese natale, Guasila. Raimondo (Mundicu) Scintu figura in romanzi dello scrittore Giulio Angioni, L'oro di Fraus e Il sale sulla ferita. Il 19 maggio 2011 la Giunta regionale della Sardegna, guidata da Ugo Cappellacci, ha intitolato al Maresciallo Scintu una delle due navi traghetto noleggiate dalla Saremar, la Scintu, mentre l'altra è stata dedicata ai Dimonios della Brigata Sassari[8].

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Caporale ciclista di un battaglione, in un momento critico del combattimento si offriva spontaneamente per recarsi da solo nella trincea nemica, allo scopo di prendere prigionieri, per illuminare sulla situazione il proprio Comandante. Con mirabile ardimento, ne catturava cinque successivamente. Ritornava, poi, in compagnia di pochi coraggiosi, nel trinceramento avversario, e vi catturava altri quaranta nemici. Spingendosi quindi in una caverna, ove erano ricoverati degli ufficiali, intimava loro la resa e, ferito gravemente al petto da due pallottole tirategli a bruciapelo da un ufficiale superiore, aveva l'indomita forza di ucciderlo e catturare un altro ufficiale. Sempre ed ovunque luminosissimo esempio a tutti del più fulgido eroismo di soldato e delle più belle qualità della gente di Sardegna. Altopiano della Bainsizza, 16 settembre 1917
— Decreto Luogotenenziale del 22 novembre 1917.[9]
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Ciclista al comando di un battaglione, durante il violento bombardamento nemico, in piedi e completamente allo scoperto, tratteneva i compagni. Latore di ordini in zone fortemente battute, calmo e sereno, adempiva il proprio compito. In circostanze difficili, coadiuvava efficacemente l'ufficiale, e si offriva infine volontariamente di far parte delle ondate d'assalto, mirabile esempio a tutti di slancio e coraggio. Monte Zebio, 10 giugno 1917
Medaglia commemorativa della guerra 1915-1918 - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia a ricordo dell'Unità d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia interalleata della Vittoria - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ La coppia ebbe sette figli, 4 maschi e tre femmine.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Gaetano Carolei, Guido Greganti e Giuseppe Modica, Le Medaglie d'oro al Valor Militare 1917, Roma, Tipografia regionale, 1968.
  • Massimo Coltrinari e Giancarlo Ramaccia, 1917. L'anno terribile: Dalla Bainsizza alla sorpresa strategica di Caporetto, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2018.
  • Marco Pisu, Raimondo Scintu. L'oro di Guasila, Dolianova, Grafica del Parteolla, 2005.
Periodici

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]