Imposta di consumo

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L'imposta di consumo era un tributo comunale introdotto in Italia dal R.D. 14 settembre 1931, n. 1175, in luogo dei dazi di consumo, e successivamente abrogato con la riforma tributaria del 1974.

Oggetto ed esenzioni[modifica | modifica wikitesto]

Imposta di consumo, scritta sulla pesa pubblica all'ingresso di Altare

L'imposta aveva come oggetto la riscossione, da parte dei comuni, di imposte di consumo riguardanti i seguenti generi: bevande vinose ed alcoliche, carni, pesci, dolciumi e cioccolato, formaggi e latticini, profumerie e saponi fini, gas, energia elettrica, materiali per costruzioni edilizie, mobili e pelliccerie. Le tariffe ed i regolamenti venivano deliberati dal Podestà prima e dal Sindaco in tempi successivi, ed entravano in vigore dopo l'approvazione della Giunta Municipale. Ai fini dell'applicazione dell'imposta, i comuni erano suddivisi in nove categorie demografiche con diverse aliquote d'imposte.

Erano esenti dal tributo i generi destinati:

  • ai sovrani, ai capi di governo esteri ed ai principi di sangue;
  • ai capi di missione ed ai membri dei corpi diplomatici;
  • ad uso delle amministrazioni dello Stato e della Croce Rossa.

Tariffa massima dell'imposta[modifica | modifica wikitesto]

La tariffa massima dell'imposta è riassunto nella seguente tabella:

Prezzi espressi in lire

Bene soggetto all'imposta Unità di misura A e B[1] C D E F e G H e I
vino Hl 50 46 43 36 29 23
vini spumanti in bottiglia una 1.70 1.70 1.60 1.30 1 0.80
alcool, acquavite e liquori E.N. 275 250 230 200 160 120
buoi e manzi capo 150 135 125 100 80 70
vacche e tori capo 82 75 70 55 45 35
vitelli sopra l'anno capo 75 70 65 50 45 40
vitelli sotto l'anno capo 60 55 50 45 40 30
cavalli, muli e asini capo 45 40 35 30 25 15
maiali sino il peso di kg 30 capo 15 15 12 10 8 6
maiali oltre il peso di kg 30 capo 55 50 45 40 35 30
pecore, capre, castrati e montoni capo 3 2.50 2.25 2 1.75 1.50
agnelli e capretti capo 1.30 1.10 1 0.90 0.80 0.70
vitelli Q.le 64 60 56 48 44 40
altri bovini Q.le 42 39 36 33 30 24
suini Q.le 60 56 52 44 40 36
ovini Q.le 48 44 40 36 32 24
equini Q.le 15 15 12 12 9 6
carni salate, affumicate, insaccate ed in qualsiasi modo preparate Q.le 120 110 100 80 70 55
lardo salato e strutto bianco Q.le 75 65 60 50 40 30
pesce comunque conservato escluso quello della voce successiva Q.le 100 90 85 70 55 45
baccalà, stoccafisso, aringhe, sarde ed altri pesci salati ordinari Q.le 35 32 29 23 18 12
cioccolato in polvere, tavolette, bastoni e mattoni di peso sup.re a 25g Q.le 75 65 50 40 30 20
altro cioccolato Q.le 150 130 100 80 60 40
biscotti ed altri prodotti simili di qualità comune Q.le 75 65 50 30 40 20
pasticceria fresca e gelati, confetture, dolciumi e biscotti fini in genere Q.le 150 130 100 80 60 40

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Le lettere corrispondono alle classi demografiche introdotte dalla riforma tributaria del 1931: A per i comuni con popolazione superiore ai 500.000 abitanti; B per quelli non superiori ai 500.000 abitanti; C per quelli non superiori ai 200.000; D per quelli non superiori ai 100.000; E per quelli non superiori ai 60.000; F per quelli non superiori ai 30.000; G per quelli non superiori ai 15.000; H per quelli non superiori ai 10.000; I per quelli con meno di 5.000 abitanti.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Carlo Camusso, Nuovo Codice dei Tributi Comunali, I.T. dei Comuni di Empoli, 1931.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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