Discussione:Lingua protoindoeuropea/Archivio1

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Domanda

Una domanda: perché è stato messo sotto controllo l'articolo? Forse per creare una voce decente sull'indoeuropeo bisognava tradurre de verbo ad verbum la voce della wikipedia tedesca (quella sì che è approfondita, altro che la nostra!)... Così magari sarebbe parso tutto più trasparente? Posso assicurare che il materiale che sto inserendo qui è "originale" (nei limiti in cui può essere originale un'affermazione qualsivoglia in un campo di studi in continua evoluzione dal 1808). L'unica cosa che non ricordo di preciso sono alcune date e alcuni riferimenti ai grammatici antichi, per quelli sono ricorso non a un libro, ma a una ristretta, elementare bibliografia sulla storia degli studi linguistici. Forse qualcuno crede che si possa studiare per dieci anni linguistica comparativa, latino, greco, cominciare a imparare il sanscrito senza finire per ricordare a memoria poche voci ricostruite? O qualche versicolo di Orazio? Riguardo allo snellimento dell'articolo, sono pienamente d'accordo. Snellire e "wikipediare" tutto d'un botto è un problema, quando si vuole rapidamente sostituire una voce approfondita a una definizione fin troppo stringata, che per giunta contiene la pessima equivalenza indoeuropei=ariani (ariano: ideologicamente famigerata estensione del termine "ario", relativo solo agli indoeuropei dell'area indogangetica, e derivato sscr. Arya, antenati). Relativamente alla bibliografia, l'intenzione è anche quella di inserire una ampia voce correlata con la bibliografia da cui si traggono i riferimenti, fra cui i manuali di Th. Bynon e Oswald Szemerenyi (non ho difficoltà a citarli in prima persona. Mi pare che una voce bibliografia (testi e siti di riferimento) si possa inserire, e sia stata effettivamente inserita altrove; né credo sia un illecito scrivere un articolo, anche lungo, con riferimenti bibliografici minimi. Se mi sbaglio, ditemelo, perché dalle regole di Wikipedia che ho letto on line non si evince chiaramente il contrario. E provvedete a cancellare tutto, se necessario. Valete omnes.--Amicuseius 21:36, Set 13, 2005 (CEST)

Risposta

L'articolo non è stato messo sotto controllo, semplicemente ho segnalato l'opportunità di eseguire alcuni controlli e formattazioni su un testo decisamente lungo, non wikificato e su un argomento che si presta, e si è già prestato, a diatribe, più o meno dotte. Dopo di che sono ben felice di leggere che si tratta di un testo originale scritto appositamente da un esperto. Fra l'altro l'avviso da controllare può essere rimosso da qualsiasi utente, anche se in questo caso inviterei, prima, a wikificare l'articolo od a sostituire l'avviso con quello, appunto wikificare. Indicare un articolo come da controllare non ha nulla ache vedere con la sua cancellazione, procedura ben diversa e sottoposta al controllo da parte di tutti gli utenti. --Madaki 22:03, Set 13, 2005 (CEST)

Tranquilli

È tutto a posto: I contenuti sono ottimi e originali: datemi il modo di wikificare. L'unico appunto che mi permetto di fare, ma senza intenti polemici, è che si è agito un po' troppo in fretta: del resto Amicuseius stava lavorando, con redazioni che si sono susseguite a breve distanza - a guardare la cronologia -: dunque si poteva aspettare prima di mettere in mora il lavoro. Lavoro che, forse, non andrebbe affatto "snellito" - vista la portata dei problemi che la disciplina reca - ma al contrario approfondito. --Miku 22:15, Set 13, 2005 (CEST)

Certamente non va snellito, ma occorre che nell'articolo, all'inizio, sia introdotto in poche frasi il concetto di cosa sia l'Indoeurpeo, ad uso di chi cerca. I primi cinque paragrafi e l'ultimo della sezione sull'origine della linguistica comparativa, forse dovrebbero essere spostati su un articolo relativo a quell'argomento, o sull'artico che tratta della linguistica (in una sezione storica su questa disciplina). La sezione stessa dovrebbe essere rinominata in qualcosa come "Indoeuropeo e la linguistica comparativistica". --MM (msg) 00:01, Set 14, 2005 (CEST)

Mi sembra che un cappello introduttivo ci sia, per la verità, ma forse si può tentare di renderlo ancora più semplice. Per quanto riguarda la struttura dell'articolo, il redattore, che finora è solo uno, saprà come organizzare il materiale. Aspettiamo che il progetto prenda forma, poi eventualmente scorporiamo: si tende a una struttura modulare facilmente manipolabile. --Miku 01:53, Set 14, 2005 (CEST)

Indoeuropeo: teoria controversa.

Per correttezza degli utenti è necessario dare voce anche alle critiche. A seguito, riporto quanto scritto dal filologo Giovanni Semerano nella prima pagina del suo volumetto intitolato “La favola dell’indoeuropeo” edizione B.Mondadori, 2005.

La favola indoeuropea

Quando già l'indoeuropeo caracollava vittorioso nella testa dei linguisti, uno di costoro, il comparativista August Schleicher, si lanciò all'avventura di narrarci una favola sulla pecora e i cavalli in pretto indoeuropeo, almeno a stare a lui. Una favola cosí melensa, inventata a dispetto di ogni Musa, che se avesse potuto, libera dai legami, anche la pecora sarebbe fuggita via. Ma ci struggiamo dal leggere la presunta favola in originario indoeuropeo. Eccola: Avis akvasas ka avis, jasmin varna na a ast, dadarka akvams tam vagham garum vaghantam, tam bharam magham, tam, manum aku bharantam.(1)

La favola, al contrario della belante pecora di Cratino è andata mutando linguaggio, da quando si ipotizzò, al posto di *avis, *owis, e poi ancora al posto di *owis l'attuale *Hewis; quindi al posto di *varna "lana" si volle *włna e quindi si fu propensi per *włHneH. Con questi giochi di abile virtuosismo destinati a moltiplicarsi per attestare progresso, la linguistica storica finí per addentrarsi in perversi labirinti di echi e di suoni ipotizzati, senza che l'indoeuropeo accennasse a essere una lingua, reale, invece di un letto di Procuste.

(1)L'approssimativa traduzione: [La] pecora [i] cavalli e / [una] pecora sulla quale lana non era vide cavalli quello [un] carro pesante tirando quello peso grande, quello [un] uomo velocemente portando.

...............................................


Mio commento: Personalmente. ritengo utile e sensata la categoria “indoeuropeo” come semplice astrazione di riferimento, indicante un’area di affinità linguistiche, etniche e culturali nonché una fase storica con un possibile percorso geografico (migrazioni o spostamenti) di vari popoli e non di un popolo mitico (inesistente peraltro nelle leggende antiche) le cui radici linguistiche vanno ricercate/trovate nella naturale filogenesi umana (a rete più che ad albero) nell’ambito del mondo neolitico mesopotamico e nelle possibili influenze dei resti degli uomini del paleolitico. Paolo Sarpi II


Ho letto il libro “La favola dell’indoeuropeo”, Giovanni Semerano, ed. Bruno Mondadori, 2005, ISBN 88-424-9274-4 e personalmente l'ho trovato spesso convincente. In effetti trovo che per il principio del NPOV bisognerebbe citare il fatto che recentemente alcuni studiosi cominciano a ridimensionare l'entità storica della cosiddetta lingua Indoeuropea. Per quanto riguarda il riferimento alla popolazione degli Indoeuropei, imho sarebbe da chiarire bene che un simile popolo non è etnicamente mai esistito, poiché il termine si riferisce piuttosto ad un gruppo di popoli diversi accomunati da una lingua con origini comuni. L'articolo Indoeuropei mi sembra molto impreciso. --Fede (msg) 17:51, 15 gen 2006 (CET)


Ma qual è la critica espressa? Se avete domande fatele direttamente a Amicuseius, non giocate con concetti e concettini mal digeriti e soprattutto che non vi salti in mente di cambiar nulla senza documentarvi: e anche allora pensateci 10 volte. Con simpatia --Miku 17:03, 26 gen 2006 (CET)
Interpellato, chiarisco. Innanzitutto, l'articolo sull'indeuropeo e sugli Indeuropei è piuttosto diseguale nella stesura perché incompiuto e in attesa di completa "wikificazione". Per una serie di problemi sopravvenuti, purtroppo negli ultimi (lunghi) tempi non ho potuto dedicarmivi in modo sistematico, e di questo mi scuso. Quanto alle favole di Semerano, esse non sono né ben argomentate come sembra, né originali come parrebbe a prima vista. Non sono ben argomentate, perché in ogni campo della linguistica e della filologia si sono ovviamente avuti progressi, ripensamenti e avanzamenti, nell'ultimo secolo-secolo e mezzo, e sarebbe lungo farne la storia; ma attaccare la linguistica indeuropea perché essa, accanto ad alcuni forti nuclei tematici comuni, mostra un'evoluzione e delle ipotesi divergenti (non tutti accettano il monovocalismo *e e le laringali H1 H2 H3 H4 che trasformano *owis in *Hewis) è assurdo. Sarebbe come attaccare la fisica nucleare e dire che non è valida scientificamente (e parlare di favola dell'atomo) solo perché il modello di atomo da Rutherford, a Bohr, a Plank, a Pauli, ad Eisenberg cambia nel tempo e viene aggiornato. O dire che in generale la fisica è un fracco di fesserie, solo perché Newton, relativamente ai fenomeni dell'infinitamente grande e dell'infinitamente piccolo, è stato superato da Einstein e dalla meccanica quantistica. Quando Schleicher costruiva la sua favoletta "melensa" (facile, per altro, a valle di un eone e più di studi, agli albori del quale c'è anche uno Schleicher, denigrare un testo di prova senza pretese messo insieme da qualcuno che, pur con tutti i limiti e le sparate dei suoi pregiudizi romantici, stava contribuendo a fondare per la prima volta, dopo secoli di biascicata retorica dei mutamenti e di quadripertita ratio, un abbozzo di metodo comparativistico e di linguistica diacronica scientificamente decenti), quando fra linguisti neogrammatici si giocava a comporre nella lingua ricostruita delle frasette (non dissimili dai latinucci di chi approccia per la prima volta la lingua di Virgilio, dunque prove tecniche di plausibilità linguistica), l'idea di fondo era che il fonetismo indeuropeo si schiacciasse, relativamente alle vocali, sul sistema trivocalico dell'indo-iranico e sul sanscrito in specie, che tanto fascino esercita nell'Ottocento, particolarmente nella cultura tedesca, da Schlegel in poi. Chiaramente, le cose non stanno così, e lo si è compreso in séguito, a partire da prestiti che questioni di contiguità storico-geografica palesano essere di chiara origine indoiranica, prestiti rinvenuti in lingue non indeuropee e risalenti a una fase anteriore alle antichissime attestazioni del persiano gathico di Zarathustra e del vedico del Rgveda: quei prestiti fanno pensare che in una fase remota gli idiomi indoiranici avessero ancora *e ed *o distinte da *a. Quanto alla scarsa originalità, a contestare il modello genealogico e a proporre un'alternativa basata sulla convergenza linguistica e sulla contiguità culturale ci ha pensato tempo fa Trubeckoj, in modo molto meno spocchioso e più conseguenziale di Semerano, proponendo un minimo di modello autoconsistente di sviluppo, senza accozzaglie di glosse mal raffazzonate; e in ogni caso l'idea di Trubeckoj resta minoritaria nell'ambito degli studi comparativistici, visto che, pur ripulito dai suoi aspetti culturalmente deteriori, il concetto di base di famiglia linguistica e di sviluppo genealogico delle lingue (con l'opportuno correttivo della wellentheorie) resta un modello interpretativo valido per spiegare la ricorsività di fenomeni linguistici in gruppi di parlate anche totalmente diversi da quelle indeuropee.--Amicuseius 19:59, 26 gen 2006 (CET)

Gentile Amicuseius vorrebbe essere così gentile da spiegarci quali sono le radici geografiche e storiche dell'indoeuropeo, nell'ambito della filogenesi della lingua umana, se possibile con un linguaggio meno tecnico poiché non tutti sono in grado di capire perfettamente quello che espone, a cominciare dal sottoscritto? Mi scuso e la ringrazio.--Paolo sarpi II 21:36, 26 gen 2006 (CET)

Io continuo a pensare: occupatevi delle cose che sapete, solo così Wikipedia può essere autorevole. Non fate domande fesse con vaghi intenti di costituzione in mora. Studiate la linguistica, se tanto vi preme, e poi se ne parla. Dico queste cose fuor di tecnicismo, poi ahimè il troppo gentile Amicuseius vi risponderà pure... --Miku 12:58, 27 gen 2006 (CET)

Mi pare che l'atteggiamento di MiKu non sia diverso da quello di certi teologi, di certe orride epoche dogmatiche, quando gli illuminati o i toccati o gli eletti dicevano agli altri uomini e ai popoli, ascoltate-tacete e obbedite. Un'enciclopedia dovrebbe essere compilata con un linguaggio comune il più possibilmente comprensibile, poiché se è incomprensibile non ha alcun valore enciclopedico, chi mai la consulterebbe se non i pochi addetti ai lavori. Per esempio, quando si mostra un alfabeto antico o diverso, sarebbe buona cosa se ad ogni suo segno gli si affiancasse quello moderno in uso dimodoché quei segni, che paiono d'un altro pianeta, diventino più vicini e familiari (esempio che non centra con l'articolo in questione). Un'enciclopedia è fatta per gli altri, per i più, non per se stessi, per far sfoggio di cotanta competenza. Non si intende mettere in mora alcunché, si desidera soltanto capire e perciò che si sia chiari e semplici, alla portata di tutti, come le ottime parabole delle grandi voci della storia. Anche perché se non si capisce non si può nemmeno valutare la bontà dell'opera né la competenza e il merito del suo autore. Caro Miku, ha letto per caso le opere di Semerano?--Paolo sarpi II 13:21, 27 gen 2006 (CET)

Toni da calmare

Forse Amicuseius si ricorderà di me perché all'inizio della stesura dell'articolo "gli ho un po' rotto le palle" mettendolo in guardia sul processo di wikificazione e chiedendogli di dare una forma quanto possibile chiara all'articolo per evitare il processo alle intenzioni. Chiederei a tutti di calmare i toni e di evitare guerre sulle ideologie. Chiederei solo di fare delle proposte e di studiare il modo migliore di integrarle. Poi lasciamo da parte i teologi, gli attacchi alla chiesa, alle teorie e i nazionalismi. Poi chiederei "ufficialmente" a Paolo Sarpi di ridurre i toni del suo atteggiamento perché è controproducente contro lo stesso Semerano. Se ritiene che questo autore stia dicendo cose giuste, allora deve collaborare studiando il modo migliore di integrarlo e tenendo presente che non tutti gli utenti di Wikipedia possano essere della nostra idea. -- Ilario (0-0) - msg 14:05, 27 gen 2006 (CET)

Salve Ilario: alla forma si può certo lavorare. Se qualcuno ha delle proposte le esponga. L'articolo è complesso e l'elaborazione ancora in fermento: suggerimenti? --Miku 14:20, 27 gen 2006 (CET)
Se non esiste una parte scritta delle diverse teorie utilizzare il template "da fare" indicando quali teorie e cosa altro occorre aggiungere all'articolo in modo da evitare attacchi diretti al POV. -- Ilario (0-0) - msg 14:23, 27 gen 2006 (CET)

Beh! Mi pare di non essermi mai permesso di modificare l'articolo proposto e di essermi giustamente inserito nell'apposita discussione per dare il mio modestissimo contributo, come credo sia conforme alle regole Wikipediane. L'aver doverosamente accennato a Semerano serve anche all'articolo in questione, poiché le critiche di questo tenore sono sempre utili e aiutano a una maggior riflessione, evitando anche al suo estensore cadute in "errori" grossolani, inducendolo a maggior attenzione. Il tono dell'intervento di Miku ha generato il mio, per legge di compensazione.--Paolo sarpi II 14:38, 27 gen 2006 (CET)

Sarò ancora più chiaro: Sarpi smettila di dire idiozie! O vai in castigo dietro la lavagna! Piantala di indicare errori grossolani: non sai di cosa parli. --Miku 14:42, 27 gen 2006 (CET)
Forse sarebbe il caso, invece, di integrare le teorie che espone Paolo Sarpi dove fa riferimento al Semeraro in quanto questo studioso è cmq un filologo evitando di accendere un flame. -- Ilario (0-0) - msg 15:59, 27 gen 2006 (CET)

Questioni di metodo

Rispondo all'utente Paolo Sarpi: la linguistica è una disciplina molto tecnica, e assai complessa. Ciò che sembra trasparente a ogni persona dotata di buon senso - e cioè che bisognerebbe scrivere con qualche cognizione di causa, dunque ne sutor ultra crepidam -, viene qui messo in discussione, bollando di stregoneria e esoterismo l'incauto linguista che volle redigere una voce sull'indoeuropeo. Una enciclopedia non persegue scopi idealmente filantropici (va da sé che parlo della stesura delle voci, non si mette ovviamanete tra parentesi l'idea di fondo di Diderot e D'Alembert), ma pratici: deve parlare dei suoi oggetti e esporre punti di vista diversi (se fosse in corso un Methodenstreit), certo quando occorra sviluppando una terminologia in concorrenza con i sistemi metalinguistici e ipertecnici delle singole discipline, snellendo la trattazione, ma mai perdendo di vista lo scopo dello sforzo di sistemazione dei materiali, che è quello di lemmatizzare e chiosare in favore di lettori reali che vogliano informazioni e non favole. Non sempre è possibile e non sempre utile ridurre a bolo i problemi, non sempre è sensato farlo. Questo articolo sull'indoeuropeo mi sembra stia fornendo strumenti ampi e importanti, a libera disposizione di tutti. --Miku 14:21, 27 gen 2006 (CET)

Chiarimenti ulteriori (e totalmente neutrali)

Semerano ridicolizza i vecchi linguisti tedeschi, con le loro favolette in indoeuropeo ricostruito. Assumere questo atteggiamento, più che un atto di mancanza di riguardo, è prima di tutto antistorico e poi è anche sleale nei confronti di chi legge, se non è proprio un tecnico del settore. Prima dei denigrati (un po' folli) linguisti tedeschi che giocavano alle protoindoeurononne, non si concepiva l'idea del mutamento linguistico e non si riusciva nemmeno a spiegare come mai nei poeti ci fossero parole e forme arcaiche o in disuso. Si ragionava semplicemente nei termini di spostamento di lettere e di licenza poetica; in parole povere, si facevano affermazioni del tipo: "Omero usa la tal parola nella tale forma, perché gli serviva per i suoi bisogni espressivi: perciò si è preso la libertà di cambiare opportunamente l'ordine delle lettere, di aggiungerne alcune, di sottrarne altre e così via" (i mutamenti fondamentali erano di quattro tipologie di base, perciò i vecchi retori e grammatici parlano di dottrina quadripartita dei mutamenti, quadripertita ratio). Non si pensava per nulla che Omero si servisse di forme linguistiche risalenti a fasi remote dell'evoluzione del greco -oggi sappiamo invece che certi elementi della lingua di Omero, i cui poemi si collocano intorno all'VIII sec. a. C., risalgono alla civiltà micenea, cioè addirittura alla tarda età del bronzo (XVI-XIII sec. a. C.). Quest'idea del linguaggio che evolve è stata formulata per la prima volta proprio dai linguisti tedeschi noti come neogrammatici (nuovi grammatici, in contrapposizione a quelli vecchi, che non avevano idea dell'evoluzione linguistica nel tempo). Fu una grande scoperta, una sorta di rivoluzione copernicana. Tuttavia il nuovo strumento metodologico della comparazione linguistica andava rodato e affinato: molti errori di prospettiva furono commessi. Nell'ebbrezza di aver impresso al linguaggio il movimento della storia, i primi linguisti comparativisti si sono lasciati un po' andare, ma nulla di umano è perfetto. In un secondo momento si è per esempio capito che in un'area linguistica in cui si parlano idiomi caratterizzati da elementi comuni, che fanno pensare alla loro discendenza da una lingua madre, certi mutamenti si diffondono come onde in uno stagno a partire da centri di irradiazione: è la cosiddetta teoria delle onde di Schmidt (in tedesco wellentheorie). Così si è capito che una stessa lingua può avere diverse varianti dialettali, la cui disposizione è indagabile sul territorio. Ne derivò la geografia dei dialetti, prima della quale la sensibilità linguistica della diversità degli accenti e delle parlate non andava oltre l'identità di classe. Si diceva, con tono di irrisione e malcelata intolleranza: "Chi non parla "pulito" è un povero buzzurro ignorante e va bacchettato, cioè ridotto al silenzio". La geografia dei dialetti e la sociolinguistica, oltre ad aver destituito di fondamento le intolleranze linguistiche centralistiche di fascistica memoria, hanno fatto comprendere ai linguisti che una lingua non solo muta nel tempo, nella società e nello spazio, ma anche che ogni lingua non è un sistema monolitico, ma un diasistema, che comprende tante varianti linguistiche. Dato un lasso di tempo sufficiente, dal diasistema verranno fuori spontaneamente dialetti sempre meno capaci di garantire l'intellegibilità reciproca ai membri delle rispettive comunità di parlanti; quei dialetti diverranno poi lingue diverse, tanto diverse che, dopo molte migliaia di anni, si potrebbe perdere ogni traccia avvertibile della loro antica parentela. La levigatezza dei documenti e dei monumenti letterari di una lingua (dal poema di Gilgamesh a Omero, da Virgilio a Petrarca, dal codice di Hammurabi all'iscrizione di Gortina, dal "Corpus Theodosianum" allo statuto albertino) è ingannevole: essa riflette uno stadio definito di quella lingua, ed è frutto di una lunga e laboriosa selezione, anch'essa storicamente determinata. Dopo queste e altre acquisizioni di fondo (ad esempio la distinzione fra "lingua" e "parola" o fra "competenza" ed "esecuzione" da Saussure a Chomsky), gli stessi studi particolari di indeuropeistica sono andati avanti. Acquisizioni archeologiche, reperimento di materiale linguistico prima sconosciuto, hanno modificato il quadro di partenza. Veniamo ora a Semerano e alle sue briose arguzie. Semerano parte dal presupposto che l'indeuropeo sia una favola. Ma una favola non può generare in modo sistematico grosse scoperte, che determinino fondamentali acquisizioni, capaci di mutare la nostra prospettiva della storia. Al massimo da una favola o da una teoria campata in aria possono venir fuori delle acquisizioni casuali. Invece per l'indeuropeo non è così. Un caso tipico è la scoperta della civiltà ittita. La decifrazione delle tavolette ittite è stata possibile partendo dal presupposto che una lingua indeuropea fosse in esse riconoscibile, sotto i caratteri della scrittura cuneiforme nota per altra via. Così oggi noi sappiamo che nell'età del bronzo esisteva una potente compagine statale, che dominava l'Anatolia e la costa della Siria e del Libano e dava filo da torcere agli imperi della Mesopotamia; possiamo ricostruire la storia di questa grande nazione, il suo codice penale, la sua cultura, le trame e gli intrighi della sua diplomazia, le sue campagne militari, che prima ci erano note solo in modo indiretto, dalla Bibbia e dai geroglifici egizi; possiamo addirittura capire il significato originario dei nomi dei suoi re: Mursilis, Suppiluliuma etc. Questa è una grande e corposa acquisizione di conoscenze, che non può nascere casualmente da una favola. Un altro esempio: la decifrazione della grande iscrizione degli imperatori persiani della dinastia Achemenide: solo il riconoscimento di radici indeuropee sotto la scrittura, sempre cuneiforme, di una delle tre lingue in cui è redatta, ha permesso di capire quanto la lingua, la religione e la civiltà della Persia fossero realmente antiche, fornendo un'ulteriore documentazione dell'antico persiano al di fuori degli inni sacri dell' Avesta. Infine la decifrazione dei documenti altomedievali in Tocario nel Turkestan cinese: solo tenendo sott'occhio le forme ricostruite dell'indeuropeo si è riusciti a capirli, altrimenti sarebbero rimasti muti per sempre, come le tavolette ittite e le iscrizioni dei re di Persia. Una favola che funziona ha molte probabilità di essere una favola vera. Le teorie di Semerano invece non funzionano per niente. Un esempio per tutti: il suo libro sull'equivoco dell'infinito nella filosofia antica. Semerano parla della filosofia di Anassimandro, un filosofo greco di età arcaica, figlio della cultura delle colonie greche d'Asia Minore (odierna Turchia, ovviamente). Come tutti i filosofi greci dell'età arcaica, Anassimandro cerca di trovare l'elemento da cui hanno origine tutte le cose, il loro principio (in greco antico, principio si dice arkhé). Per Anassimandro il principio di tutto è un elemento che egli in greco antico chiama àpeiron. In genere, gli studiosi di lingue classiche traducono àpeiron con "indeterminato", "indefinito", "infinito". La parola àpeiron, dicono gli studiosi di lingue classiche, è formata da a- privativo ("senza") e péras, "determinazione", "termine". Dunque gli studiosi di lingue classiche dicono che per Anassimandro tutte le cose derivano da un elemento originario senza determinazioni. Nel momento in cui le cose nascono, assumono una determinazione, un'identità, una differenza. Ma nel momento in cui si differenziano e assumono un'identità, tutti gli esseri (noi compresi) è come se commettessero una colpa originaria, come se volessero sopraffare gli altri affermando se stessi (però intendiamoci: questa colpa originaria non è come il peccato di Adamo ed Eva: la colpa degli esseri per Anassimandro è inevitabile, necessaria; per gli Ebrei, per i Cristiani, per i Musulmani, per tutti i cosiddetti "figli di padre Abramo" insomma, Adamo ed Eva erano liberi di scegliere, perciò responsabili; inoltre tutte le cose, per Anassimandro, tornano nell' àpeiron, sparendo, per poi nascere di nuovo, dunque la colpa si ripete all'infinito senza redenzione, mentre l'atto di Adamo ed Eva è unico, non ripetibile e per i Cristiani è redento dal sacrificio di Cristo sulla croce). A causa della volontà degli esseri di affermarsi e di determinare la loro identità, esistono il male e la sofferenza, che sono inevitabili e senza via d'uscita. Semerano afferma che queste sono tutte sciocchezze. Secondo lui "àpeiron" deriva dall'accadico eperu, che significa "polvere". Dunque, secondo l'idea di Semerano, quando Anassimandro dice che tutto nasce dall' àpeiron e tutto torna nell' àpeiron, in realtà sta dicendo che tutto nasce nella polvere e ritorna nella polvere. Dunque, sempre secondo Semerano, Anassimandro ha preso a prestito un'idea del mondo semitico (idea che in parte si ritrova anche nella Bibbia). Semerano dà una cosiddetta prova linguistica del fatto che àpeiron deriva da apiru e non da péras. La parola péras ha una e breve, mentre àpeiron ha un dittongo ei che si legge come una "e" chiusa lunga. Questo dittongo non può derivare dalla e breve di péras. Con la buona grazia che gli appartiene, il buon Semerano aggiunge che di fronte a tali lampanti tracce della loro ignoranza, gli studiosi di lingue classiche dovrebbero tacere quando si parla di lingue semitiche. Il problema è che Semerano ignora un fatto essenziale. Nel dialetto di Omero, che è una lingua d'arte dell'epica, nello ionico (da cui in gran parte la lingua di Omero deriva), rispetto all'attico e a molti altri dialetti greci, l'alternanza fra e ed ei, fra vocale breve e dittongo, si trova spesso ed è originata da varie dinamiche linguistiche che qui è lungo dire, ma sono tutte ben note. In altre parole, in greco è perfettamente normale sul piano fonetico che à-peiron derivi da péras. La parola àpeiron (una forma sostantivata dell'aggettivo àpeiros, che quindi non è un nome; mentre in accadico apiru, "polvere", è un nome) ha poi vari sinonimi, tutti formati con la stessa radice e con l' a- privativo che vuol dire "senza", più l'aggiunta di un suffisso. Questi sinonimi sono apèiron e apèiritos. Apèiron è usato da Omero nell'espressione: ep' apèirona gàian (per i curiosi, controllate ad esempio l'Odissea, I libro, verso 98) che molti traducono sulla terra infinita e che a questo punto si dovrebbe tradurre sulla terra polverosa, e teoricamente potrebbe quasi andare. Il problema è apèiritos che, come apèiron è del tutto affine ad àpeiros - àpeiron sul piano della formazione delle parole. Sempre nell'Odissea (per i malfidati, Odissea 10,195) si parla di un'isola (un'isola in mezzo al mare) che è incoronata dal pòntos apèiritos, cioè dal "mare..." come lo tradurremo, "mare polveroso?", o "mare sconfinato"?. Il contesto fa capire che l'isola (o penisola in questione, il termine greco nèsos è ambiguo) in questione sta in mezzo all'acqua, perché è l'isola di Circe, poi identificata con il promontorio del Circeo, che non si protende certo in un mare polveroso! Ma, si potrebbe obbiettare, apèiritos non è àpeiron. L'obiezione non regge, perché il greco, come il tedesco, è una lingua che forma facilmente composti, e spesso ne forma molti con la stessa radice, aggiungendo suffissi, oltre che prefissi. Inoltre, ribadisco, sul piano fonetico l'alternanza dialettale peras peiras non è nulla di speciale. A tutti gli entusiasti adepti di Semerano consiglio di deporre per un momento le tavolette accadiche e di consultare il vecchio vocabolario di greco di Lorenzo Rocci. Lì troveranno che dopo il verbo peiràzo e prima del verbo peirào e dei suoi derivati c'è la parola pèiras, forma ionica dell'attico pèras, che vuol dire sempre termine, confine. Dunque, chi ha proposto la derivazione di àpeiron da eperu ignora il greco, e dovrebbe tacere lui. Oltretutto si deve spiegare come mai tutto il pensiero di Anassimandro è improntato sull'orrore della colpa originaria del determinarsi, se àpeiron non è indeterminato; si deve spiegare come mai questa colpa originaria, che Anassimandro prende dalle sette religiose della tradizione orfica, che rimontavano, secondo il mito, ad Orfeo, che è molto greco e poco semitico (manca l'innovativo concetto giudaico-cristiano di libertà di scelta, ai greci), sia in qualche modo latente in tutta la filosofia antica, specie nel periodo arcaico. Se al posto dell' indeterminato tutto greco mettiamo la polvere mesopotamica, salta la grammatica del greco e salta tutta la tradizione dei pensatori greci. Non degli studiosi di lingue classiche, ma dei greci stessi! L'ipotesi accadica di Semerano non sta in piedi. E un'ipotesi che non sta in piedi ha l'aria di essere una fandonia. Il resto sono sciocchezze. Sciocchezze che nascono da un'epoca di pensiero debole, che ha in mala fede abbandonato l'idea di sviluppo storico e contesta il concetto di evoluzione anche nella biologia, pur di dar voce al biascicare dei fanatici religiosi, un'epoca di profonda disonestà intellettuale. E la cosa più triste è che filologi di professione che hanno competenze e idee sono messi al margine di un mondo accademico pieno di clientelismi, promozioni d'alcova e corruzione, mentre bastano due sparate sensazionalistiche e un imparaticcio mal raffazzonato per ricevere calde attestazioni di stima in alto loco da parte di qualche cronista culturale d'accatto. Ma tant'è, a casa vostra potete dirmi quel che volete, diceva il Guido Cavalcanti della novella di Boccaccio. Addio--Amicuseius 17:25, 27 gen 2006 (CET)

Va bene la lunghissima disquisizione, il problema è che dobbiamo prendere in esame tutte le teorie indicando semmai i punti deboli. È così che si fa informazione più completa. Personalmente, invece, credo che, nonostante i pro e i contro di Semeraro, almeno ha posto un problema: se i Greci hanno influenzato il Mediterraneo, se lo ha fatto anche Roma, perché non possono averlo fatto i Fenici e Cartagine che non avevano niente da invidiare alle altre culture e che parlavano una lingua semitica? Tante indicazioni le ricaviamo da fonti greco-romane che, guarda te, erano fortemente avverse a pubblicizzare la cultura cartaginese. Quindi la teoria di Semeraro, anche se falsa, potrebbe essere uno spunto a prendere in considerazione questo aspetto. Non diamo niente per scontato, dubitare sempre (nonostante la scientificità delle tue argomentazione questo atteggiamento è alla base di un metodo realmente scientifico). -- Ilario (0-0) - msg 18:36, 27 gen 2006 (CET)

Concordo pienamente con Ilario (aggiungo che oltre a Cartagine e al Mediterraneo v'è anche la linea evolutiva continentale che in qualche modo può avvalersi del concetto di indoeuropeo) e ringrazio di cuore Amicuseius per la sua ordinata chiarezza e per la semplicità espositiva, che credo renda il tutto comprensibile ai tanti. La sua esposizione si legge perfettamente e con estremo interesse. Ricordo a Miku come l'intervento di Amicuseius sia un ottimo esempio di quanto avevo sollecitato e sperato. A parlar semplice per voler farsi capire, non ci vuol molto, se si possiede grande competenza e calda umanità.--Paolo sarpi II 18:52, 27 gen 2006 (CET)

Indoeuropeo e amicuseius

Siccome la voce "indoeuropeo" oggettivamente esiste è giusto che vi sia anche su Wikipedia. Trovo che l'unico finora disponibile a svilupparla sia stato amicuseius, e dal poco che so e letto mi pare persona competente. Pertanto a mio modesto avviso invito amicuseius a continuare. Aggiungo però che è altrettanto giusto inserire nella pagina dell'articolo le voci critiche, formulate in modo neutro che non abbiano sapore derisorio.--Paolo sarpi II 22:11, 27 gen 2006 (CET)

Influssi delle culture semitiche (ovvero, perché non è il caso di insistere su Semerano)

Questa volta sarò compendioso. Non è che io neghi l'influsso delle culture semitiche sulla storia del Mediterraneo antico. Ilario fa benissimo a rivendicarlo. Solamente un ignorante lo negherebbe, quest'influsso. Basta pensare al fatto che l'alfabeto in cui scriviamo è un alfabeto semitico, fenicio. O si può ricordare che le prime civiltà storiche europee, Cnosso e Micene, non sarebbero esistite senza l'influsso delle civiltà della mezzaluna fertile. Ma già il solo fatto che l'agricoltura, con tutti i sistemi di conoscenze, incluse le religioni e i miti basati sui ritmi stagionali, vengono dal vicino oriente neolitico, è indicativo. Non è il caso di fare qui e ora tutta la cronistoria dei più remoti influssi semitici e mediorientali in genere sulle culture mediterranee. Il problema è che io nego la validità dell'approccio metodologico (non originale) di Semerano, che intanto sta quasi assurgendo a fenomeno mediatico, per quanto possa esserlo chi si muove in questi meandri. A farsi un giro sulla rete, si sentono voci che magnificano il Nostro, ormai compianto, come colui che infranse miti linguistici consolidati, mentre la sua è in realtà un'ipotesi di lavoro marginale, più enfatizzata retoricamente (l'enfasi di Semerano è ammissione dei suoi stessi estimatori), che scientificamente sostenibile, dato che i "miti" in cui credono i suoi avversari sono invece teorie ampiamente consolidate. Il problema non è l'influsso semitico: le culture semitiche, dal neolitico alla presenza degli Arabi nel Mediterraneo, sono a fondamento della nostra civiltà tanto quanto la cultura greco-latina. Questo è un dato talmente acquisito, che non c'è bisogno delle sparate di un Semerano per rivendicarlo. Il problema è un altro. Il problema è che le lingue di gran parte dell'Europa, dell'altopiano iranico, dell'India settentrionale, più le due isole linguistiche estinte in Anatolia e nel Turkestan cinese, hanno strutture e voci lessicali omologhe che sono al tempo stesso convergenti fra loro, e divergenti da tutti gli altri gruppi linguistici vicini. L'idea di fondo è che esistesse un antenato comune, più o meno ricostruibile, che in qualche modo, ancora da chiarire definitivamente sul piano archeologico, si è diffuso, probabilmente a partire da un luogo a est dei Balcani (poi si discute su quanto a est e su quale luogo di preciso). Il periodo in cui questo è avvenuto risale al più tardi alla prima età del bronzo, ma più verosimilmente alla fase di transizione fra neolitico tardo e inizio dell'età dei metalli. Ci sono ipotesi sulla dimensione culturale (miti, forme della letteratura orale, religione, gerarchie sociali) delle tribù che erano accomunate da questa lingua con le sue varianti, ma sono ipotesi dubbie (comunque più sostenibili delle "semerate"). Questo il quadro nelle grandi linee. Fatto salvo qualche caso, che dirò poi, le ascendenze accadiche delle forme linguistiche del greco sono prive di fondamento. Fra l'altro lo stesso accadico è assimilabile a una serie di lingue, convergenti per strutture e lessico fra di loro e divergenti da tutti gli altri gruppi vicini, che sono chiamate lingue semitiche. Lo stesso Semerano, nella sua sparata su àpeiron, fa il confronto fra l'accadico eperu, l'ebraico aphar e quant'altro, riconoscendo implicitamente la parola come voce pansemitica. Il metodo che usa è lo stesso che ci impone di riconoscere che patèr in greco, pater in latino, pita(r) in sanscrito, fadir in antico inglese etc. etc. sono affini fra loro perché voce panindeuropea. Semerano usa, in modo semiconscio e in parte approssimativo, per le lingue semitiche, lo stesso metodo che si usa per le lingue indeuropee. Ma se quel metodo è errato e favolistico per le lingue indeuropee, lo è anche per le lingue semitiche, e in generale nessun confronto fra lingue è legittimo, né per seguire le tracce di una comunanza di antenati, né per rinvenire le impronte di un prestito. Quindi, contraddizione metodologica, oltre che malafede potenziale. Un'altro esempio di "semerata" in tal senso è l'etimologia di "Italia", nome che secondo lui non deriva da Vituli, attraverso la perdita della semivocale v che il greco classico non ha più, ma da una parola accadica che vuol dire occidente. Il motivo è sempre lo stesso: la i di Italia è lunga, la i di Vituli è breve. Allora bisogna spiegare perché gli Italici, quando si ribellarono a Roma nel primo secolo a. C., formarono una confederazione con monete proprie, che avevano impresso il nome Vìteliù (le vocali accentate stanno per vocali lunghe, l'accento fonico è sulla prima sillaba) che in sabellico significa "Italia". Tardo influsso dei Latini culturalmente condizionati, si dirà. Tardo influsso un accidenti! La federazione degli alleati ribelli, per scelta di campo politica, abbandonò il latino come unica lingua ufficiale e adottò un bilinguismo latino-italico, che però andava più a vantaggio dei dialetti italici indeuropei non latini (per inciso, anche il latino era un dialetto italico, quello che si impose con l'egemonia politica di Roma e da cui derivano i dialetti neolatini moderni), le loro lingue originarie. Forse gli Italici del I sec. a. C. conoscevano il sabellico, il sabino, l'umbro, l'osco e il sannita un attimino meglio (visto che li parlavano, quei dialetti estinti) di un Semerano del tardo XX sec. d. C., che dite? E sapevano riconoscere un vitello, quando lo vedevano e quando lo sentivano nominare, sia pure con un suffisso derivativo vicino! Piccola glossa: uno dei magnificatori divulgatori internettari di Semerano ha piazzato in Attica, vicino Atene, la Mileto di Talete e Anassimandro, che si trova sulla costa egea dell'attuale Turchia: guasti indotti dal fatto che Semerano pensa all'attico e non allo ionico, come dialetto di Anassimandro (in altre parole, nega le specificità dei dialetti greci, dunque, ripeto, non capisce un tubo della cultura greca, che ha un dialetto distinto per ogni genere letterario, oltre che per ogni città stato e tribù etnica). Piccole curiosità. Influssi accadici si possono davvero rinvenire in greco. Sono venuti da oriente i nomi "Asia" ed "Europa" (Asu, Ereb); è venuto da oriente il nome del dio Apollo (dio accadico delle porte Abullu) attraverso la mediazione dell'ittita Apuliunas, che gli Akhaiwòi, i micenei antenati dei Greci, conobbero nel 1200 a. C. quando espugnarono Wilusha, una città che qualcuno, quattro secoli e mezzo dopo, avrebbe resa famosa col nome di Ilion. Per i su citati motivi, e per altri per brevità omessi, se volete mettere Semerano in questa voce, fatelo senza di me. Addio, Vostro (dis-)affezionatissimo--Amicuseius 10:56 28 gen 2006 (CET)

Non vedo perchè non includere Semeraro citando, come hai fatto tu, le incongruenze che ne caratterizzano il contributo al dibattito. Basterebbe l'acuta osservazione sulla monetazione Italica a sollecitare il lettore a non abbandonare mai la coltivazione della sana arte del dubbio. Vista l'abbondante divulgazione che viene fatta del Nostro da più parti - e qui, segnatamente, con l'intento di dimostrare "qualcosa" ex-post - credo sia più proficuo citarlo - confutando - piuttosto che ignorarlo: si ha così l'occasione di fornire strumenti critici anche a chi fosse arrivato sulle nostre pagine dopo aver letto altrove di una Mileto attica. --Piero Montesacro 11:45, 28 gen 2006 (CET)
Mi permetto di suggerire di includere le teorie di Semerano in una voce a lui dedicata (esiste già il link rosso a Giovanni Semerano) e di mettere nella pagina sull'Indoeuropeo, se proprio lo volete, un link al fu Semerano (sul quale non dico niente per non scatenare litigi) segnalato come "teoria alternativa" o qualcosa del genere. --Lucio Di Madaura (disputationes) 17:03, 16 feb 2006 (CET)
Anche la proposta di Lucio mi sembra buona; spero fosse comunque chiaro dal contesto che io non sono certo tra i propugnatori di Semeraro - tutt'altro - e che il mio intervento, casomai, tendeva a tentare di prevenir conflitti, non a conferire alla buonanima un ruolo centrale. Ciao. --Piero Montesacro 17:50, 16 feb 2006 (CET)
Eh, eh, tranquillo avevo capito le tue intenzioni :-) D'altra parte mi piacerebbe che si evitasse, per eccesso di "wikilove", di mettere sullo stesso piano la Scienza e le teorie astruse del primo che passa (ebbene sì, mi sono letto anche le lunghissime, estenuanti discussioni sugli articoli di venetico argomento). Ciao, --Lucio Di Madaura (disputationes) 18:24, 16 feb 2006 (CET)
Passo (quasi) per caso, e do una mia opinione. Credo che per decidere se includere o meno riferimenti a Semerano in questa voce non sia da discutere se le teorie di Semerano siano valide o meno, plausibili o meno (cosa che, almeno io, non credo nemmeno sia possibile fare). Altrimenti non vedo come mai la voce sull'evoluzione dia spazio al creazionismo o persino al vecchio Lamarck. Il criterio per l'inclusione ha da essere la rilevanza delle critiche, che prescinde dall'eventuale validità delle stesse. Ora, a me pare che le teorie di Semerano, per quanto minoritarie (o anche magari del tutto false), siano ben note e discusse, e quindi, per questo, meritino almeno una citazione in questa voce nella sezione "critiche" (per ora vuote). --Yupa 20:40, 26 feb 2006 (CET)
Postille: la rilevanza prescinde dalla validità perché per rilevanza intendo non l'importanza di una teoria derivata dalla sua eventuale validità, ma l'importanza data dalla diffusione della teoria entro le comunità degli specialisti e/o dei profani. Per questo, appunto, nella voce sull'evoluzione, si parla di Lamarck, che è stato completamente sconfessato: perché, comunque, ha avuto la sua importanza. Semerano non è certo Lamarck, ma non è nemmeno il pizzicagnolo dietro all'angolo. --Yupa 20:45, 26 feb 2006 (CET)

Dato che...

Dato che nessuno ha replicato alle mie ultime annotazioni su Giovanni Semerano, che ho scritto ormai una settimana fa circa, ho provveduto a inserire due righe a proposito nella voce.

--Yupa 21:24, 4 mar 2006 (CET)

  • Ho letto ora i tuoi interventi che hai scritto qui sopra e penso che un accenno al Semerano ci possa anche stare. Per rispondere alla questione "rilevanza", vorrei far notare, però, che a quel che ne so io (seguo il newsgroup di linguistica da alcuni anni) nella comunità scientifica la rilevanza ovvero, come scrivi tu, la diffusione della teoria di Semerano è (se fosse possibile) al di sotto dello zero. Per quanto riguarda i profani non mi risulta ci sia stata una gran diffusione, a parte alcuni famosi filosofi italiani (filosofi, non linguisti), in particolare Cacciari e Galimberti, ma per motivi più politico-culturali che altro (che nella sostanza si riducono a inconfessati "ragionamenti" del tipo: "indoeuropei=nazisti" e "che bello, siamo tutti semiti"). --Lucio Di Madaura (disputationes) 01:17, 5 mar 2006 (CET)
Non ho competenze linguistiche per portare mie opinioni su Semerano. È però un fatto che abbia ricoperto ruoli di un certo rilievo e abbia pubblicato testi presso un editore di un certo prestigio (Bruno Mondadori, da non confondersi col quasi omonimo Arnoldo!). Non è quindi un Peter Kolosimo qualunque, e anche solo per questo almeno due righe le merita, e ognuno giudichi da sé quel che dice. Poi, certo, è stato considerato soprattutto da filosofi, e magari effettivamente tutte le sue ipotesi linguistiche non sono che ciarpame (ripeto: io non ho i titoli per dirlo); però dal punto di vista di una revisione della storia della filosofia greca-mediterranea i contributi di Semerano personalmente li trovo molto stimolanti. E sicuramente non ri(con)ducibili a uno schemo semplicistico come quello del "che bello, siamo tutti semiti"; si tratta piuttosto di reintegrare quella che è stata la cultura greca antica all'interno del più ampio spazio del mediterraneo orientale cosa che, almeno in filosofia, si stenta a fare, rimanendo inchiodati a dualismi assoluti e intransigenti con da una parte l'Oriente sapienziale, mistico, immobile e dispotico e dall'altra la Grecia razionale, dinamica, individualista e democratica. --Yupa 10:23, 5 mar 2006 (CET)


Lingua accadico-sumera? La lingua Sumera è certamente NON semitica. --Piero Montesacro 01:27, 5 mar 2006 (CET)
Eh eh eh, già da questo capisci perché S. non ha avuto neanche un minimo di risonanza in ambito scientifico ;-) --Lucio Di Madaura (disputationes) 02:30, 5 mar 2006 (CET)
Nota: all'ultimo paragrafo della voce ho sostituito il termine "teoria" con quello di "modello", che è maggiormente appropriato (e ho chiarito il discorso "accadico-sumero"). --Lucio Di Madaura (disputationes) 02:39, 5 mar 2006 (CET)
Ho apportato qualche correzione e specifica. Semerano non ha mai confuso il sumero con il semitico, né parla mai (in generale e per tutte le lingue) di derivazione linguistica semmai di corrispondenze e di affinità. Sarebbe il caso che si specificasse qualche nome di linguisti che non ritengono tra loro legati il sumero con il semitico accadico, onde consentire a chi volesse, di poter approfondire (senza riferimenti nominativi, parrebbe che la critica a Semerano sia un'invenzione). Sto leggendo il libro sui Sumeri del prof. Giovanni Pettinato docente alla Sapienza di Roma e non mi pare che neghi i legami linguistico-culturali tra Semiti e Sumeri. Ringrazio Yupa per il suo intervento, io stavo e sto preparando un testo più articolato. Tra l'altro mi piacerebbe tanto sapere se le vostre voci critiche nascono da un'attenta lettura del lavoro di Semerano o piuttosto da un generico sentito dire e per partito preso. L'Italia è il paese delle corporazioni monopolistiche: preti, politici, magistrati, professori, avvocati, giornalisti, linguisti, ecc. e tutti fanno la loro politica in difesa innanzi tutto dei loro interessi e privilegi di casta, a volte calpestando tranquillamente anche la scienza. Wikipedia è un'enciclopedia "libera" fatta da tutti, quindi non ci si dovrebbe limitare a riportare pedissequamente soltanto pareri di "specialisti" ma si dovrebbe approfondire le cose personalmente per verificare anche le tesi degli specialisti, altrimenti che senso avrebbe Wikipedia? Il sapere è di tutti coloro che lo cercano indipendentemente dal loro grado di specializzazione-competenza e non soltanto di "caste d'addetti ai lavori". Per me il titolo statale, di professore o la laurea, o i riconoscimenti accademici non sono garanzia assoluta del sapere o di un sapere non manipolato. Io non prendo per buono alcunché senza verificarlo alla luce delle mie possibilità. Voglio toccare con mano e non credere per fede.--Paolo Sarpi II 09:39, 5 mar 2006 (CET)
  • Mi dispiace deluderti ma i libri di Semerano li ho letti, proprio per capire che metodo seguiva. E il metodo è quello paretimologico, cioè degli accostamenti per assonanza tra parole di lingue diverse e con significati più o meno simili (o che lui ritiene simili), un metodo che di scientifico ha poco. Ecco perché le idee di Semerano sono state ignorate, non certo per presunti "complotti". A proposito, poi, della questione "sumero-accadico" c'è da dire che Semerano fa continui accostamenti tra parole accadiche e parole sumere, facendo intendere che l'una derivi dall'altra (dire che una lingua è affine ad un'altra significa affermare che esista una parentela genetica tra di loro). E comunque siamo alle solite: nessuno nega (neanche Pettinato, e il libro sui Sumeri l'ho letto anch'io) e ha mai negato rapporti e scambi tra una lingua e l'altra, cosa che avviene in tutte le lingue del mondo; altra cosa, ben diversa, è quando si dice che una lingua deriva da un'altra. Comunque, come ho già scritto in risposta a Yupi, un riferimento a Semerano ci può anche stare, ma la spiegazione delle sue idee deve necessariamente stare sulla pagina a lui dedicata. Infine ti ricordo che Wikipedia è un'enciclopedia libera perché ci può scrivere chiunque, ma non significa che ci si può scrivere qualsiasi cosa. Nel caso specifico, se una teoria non è accettata dalla comunità scientifica perché infondata non si può farla passare per vera su Wikipedia (e lascia perdere la favoletta delle corporazioni, perché se fosse vera non si sarebbe mai parlato di evoluzionismo, per esempio). E con questo spero che il discorso "Semerano" sia concluso su questa pagina e se proprio deve continuare, che continui sulla pagina a lui dedicata che mi pare sia il posto più adatto. --Lucio Di Madaura (disputationes) 19:46, 5 mar 2006 (CET)

La voce Indoeuropeo necessita di chiarezza

Lo sviluppo della voce sta sconfinando nell'antropologia e non si sa più bene se nell'insieme si tratti di un concetto linguistico o antropologico. Sarebbe da discuterne in quanto potrebbe innescare a cascata un processo di revisione di tutte le altre voci linguistiche come per esempio: latino, latino volgare, lingua veneta, venetiko, lingue romanze, ecc.. A me potrebbe anche andare bene perché la lingua è un elemento antropologico determinante e fondante, oltre che ideologico e politico. Che ne dite?--Paolo Sarpi II 21:29, 7 mar 2006 (CET)

Secondo me invece sarebbe da limitarsi alla lingua, almeno in questa voce. Se c'è da aggiungere altro, si può creare una voce tipo Cultura indoeuropea o simile. --Yupa 21:47, 7 mar 2006 (CET)

Critica al modello linguistico indoeuropeo

Ho dovuto modificare il titolo della sezione, in quanto qualcuno, da furbo aveva ben pensato di utilizzare la sezione della critica, come critica alla critica(che fa paura ?). Signori così facendo Wikipedia diventa un caos. Esiste già per esempio la voce Giovanni Semerano con la sua sezione critica a Semerano e mi sembra che sia sufficiente. Pertanto non occorre manipolare il resto. Si abbia il coraggio al confronto civile e rispettoso. Da una parte la teoria, dall'altra le critiche alla teoria, se si vuole continuare all'infinito con le critiche alle critiche... fate vobis.--Paolo Sarpi II 21:43, 7 mar 2006 (CET)

Pulizia o polizia?

Ho ripulito e ridotto la piccola particina sulle critiche di Semerano che, in seguito agli ultimi massivi interventi (edit war in embrione?), stava andando ben oltre lo spazio opportuno. Penso che non sia né utile né opportuno ampliarla ulteriormente e ancor meno aggiungere considerazioni sulla plausibilità o meno delle critiche di Semerano: questo semmai va fatto sulla voce dedicata a Giovanni Semerano stesso, che è lì apposta.

Ripeto, a suggello, le sagge parole di Lucio Di Madaura: "E con questo spero che il discorso "Semerano" sia concluso su questa pagina e se proprio deve continuare, che continui sulla pagina a lui dedicata che mi pare sia il posto più adatto."

--Yupa 21:47, 7 mar 2006 (CET)

  • Da quell'ultima sezione ("critiche al modello indoeuropeo") ho tolto la frase di cui sono state trovate moltissime testimonianze, frase riferita all'Accadico e perfettamente inutile, visto che l'esistenza dell'Accadico non viene negata da nessuno (e poi c'è anche il wikilink alla voce Lingua accadica). --Lucio Di Madaura (disputationes) 00:43, 8 mar 2006 (CET)
Pace! Questa voce ha bisogno di tutto eccetto che di una edit war. La versione attuale di Lucio mi sembra finalmente la meno POV (a costo di risultare troppo asciutta). (OrbiliusMagister sloggato).

Difficile fare una voce tipo cultura indoeuropea; la stessa dicitura presente nella voce Indoeuropeo(la dimensione culturale degli indoeuropei e tutto quello che segue) è di carattere transitorio, e andrebbe modificata nel titolo. Il motivo di questa difficoltà è dato dalla molteplicità delle ipotesi e dal fatto che non costituiscono un quadro unitario e definitivo, davvero valido per tutto ciò che ha a che fare con l'indoeuropeo e gli Indoeuropei (circa i quali di preciso si sa solo che erano imparentati linguisticamente). Ciò che rimane abbastanza certo, nell'ambito dell'indoeuropeistica, è dunque il dato linguistico. Il resto è costituito da brillanti, solo in parte ben fondate, costruzioni. Prevengo obiezioni future (del tipo, ma allora che se ne parla a fare?) appellandomi al principio della rilevanza: si tratta di costruzioni rilevanti: rilevanti anche sul piano scientifico (molto più delle *** -bocca mia taci!- di Semerano).--Utente:Amicuseius 14:26, 20 marzo 2006 (CET).

Ps. Non per fare il pignolo: non correggete "cultuali" (relativi al culto) con "culturali": le ipotesi sugli aspetti comuni delle culture protoindoeuropee si incentrano anche su alcuni aspetti dei loro culti religiosi, senza che una religione degli indoeuropei si possa effettivamente ricostruire in toto(dunque evitate anche di correggere "cultuale" con "religioso"). La semplificazione terminologica porterebbe, in questo caso, a una opacizzazione totale del senso di ciò che viene detto. E scusate ancora la pedanteria, spero che nessuno si offenda.--Utente:Amicuseius 14:37, 20 marzo 2006 (CET)

Pps. (Ebbene sì, pare che io sia ancora qui :-), ahivoi). Ho integrato, senza nessunissima volontà di fare operazioni di polizia, l'accenno a Giovanni Semerano nella voce indoeuropeo, con un elemento illuminante del bellissimo intervento di Lucio di Madaura -sempre stato uno dei miei scrittori preferiti, per altro :-)-, inserendo una voce paretimologia, che mancava in wikipedia e spero non risulti troppo greve da leggersi. In ogni caso è lì, se qualcuno volesse darci un'occhiata e magari, ubi opus foret, wiki-aggiustarla... .--Utente:Amicuseius 15:27, 20 marzo 2006 (CET)

Mi son permesso di ribadire (non pesantemente direi) l'importanza della teoria kurgan. A mio modo di vedere, non c'e' niente di scandaloso nella teoria dell'invasione calcolitica. Dopotutto e` un fatto che nei secoli passati abbiamo assistito, ad esempio, all'espansione delle lingue turche e mongole, un espansione essenzialmente militare, e non mi pare che ci siano tutte queste proteste nei confronti della teoria dell'espansione medioevale altaica. No? Stessa cosa per l'Arabo. Secondo me la faccenda degli indoeuropei invasori la si sta cercando di rintuzzare troppo (coda di paglia?). Naturalmente mi posso sbagliare. --Utente:Giorgiomugnaini Mi sono anche permesso una piccola modifica circa Semerano, dal momento che si insiste ogni volta a cercare di rivalutarlo: non sono taluni linguisti a considerarlo un non-scienziato (leggi: dilettante), sono la maggior parte. Il suo contributo puo` essere considerato la copia resa cervellotica delle teorie rivali, quelle si` scientifiche, del Nostratico o dell'Euroasiatico --Utente:Giorgiomugnaini

Gentile amicus-eius mi sono permesso di aggiungere l'aggettivo relativo taluni al tuo assoluto I linguisti poiché non mi pare provabile che tutti i linguisti e nemmeno gran parte dei linguisti (bisognerebbe citarli tutti sia quelli a favore che contro e non mi pare possibile, senza escludere nessuno. Forse tu che sei del settore potresti fornire un elenco.) siano del tutto certi e privi di dubbi nel concordare categoricamente con la tua ipotesi paretimologica sulla teoria del buon Semerano. I linguisti di cui parli tu non sanno ancora spiegare perché vi siano le variazioni fonetiche e non solo. E non dimentichiamoci che la teoria linguistica indoeuropea è un'ipotesi ancora in fase di verifica.

Se fossero la maggior parte come ha or ora sostenuto Giorgiomugnaini si forniscano almeno le statistiche e caso mai si scriva la maggior parte, poiché la formula i linguisti starebbe per tutti i linguisti.--Paolo Sarpi II 18:11, 20 mar 2006 (CET)

In che senso la teoria linguistica indoeuropea è un'ipotesi ancora in fase di verifica? Tutte le teorie scientifiche sono ( o dovrebbero essere) sempre in fase di verifica, no? - -Utente:Giorgiomugnaini

Se può servire a me per una maggiore umiltà, cito (non vi dico da chi) quanto segue:

Ai nostri giorni la linguistica ha affinato i suoi metodi di ricerca in funzione, per lo piú, di sistemazioni fonetiche. Ma lo studio sistematico, per dare sempre piú rigorosa coerenza alle norme delle evoluzioni fonetiche, nulla può dirci delle reali origini e degli sviluppi delle voci antiche e non tiene conto che nella storia di quelle voci è scritta la reale storia della nostra umanità. Tale profonda consapevolezza può scuotere solo la coscienza di uno spirito di eccezione come quello che fu ritenuto il fondatore della linguistica moderna. Émile Benveniste con Pierre Daix ricordò la nascita della linguistica in Francia, auspice Bréal, con l’investitura di Saussure, genio della grammatica comparata: alla sua scuola si formarono Meillet e Grammont. Ma il Saussure comparativista finí col chiudersi in un lungo silenzio, col rifiuto di ciò che si produceva nella sua stessa disciplina, perché il linguista “non sa ciò che fa” e tutto è congetturale e ipotetico. Quel silenzio di un dubbio metodologico è una grande prova della severità morale di quell’uomo.--Paolo Sarpi II 18:36, 20 mar 2006 (CET)

Discorsi ispirati a parte, ti faccio una domanda: ma te davvero credi che il greco e l'indoiranico siano piu` distanti fra loro di quanto non lo siano con, per dire, il sumero? --Utente:Giorgiomugnaini

Non so risponderti perché non conosco né il greco, né l'indoiranico, né il sumero...però so riconoscere (non solo per istinto) chi rispetta e chi non rispetta sia l'uomo che la scienza.--Paolo Sarpi II 18:52, 20 mar 2006 (CET)

Quindi la risposta e` boh, se ho capito bene. Stando cosi` le cose non capisco perche` tanto accanimento terapeutico. Inoltre, guarda, ho cambiato l'aggettivo in dilettante, ti piace di piu`? --Utente:Giorgiomugnaini

Mi presento :)

Mi presento: conosco abbastanza bene il latino, il greco, conoscicchio il gotico e l'inglese antico, sto studiando (sebbene a singhiozzo, a pizzichi e a bocconi, per le difficoltà che trovo nel padroneggiare la scrittura devanagarica) il sanscrito. Inoltre ho avuto modo di scandagliare approfonditi testi di storia delle scritture, delle lingue e delle civiltà dell'oriente antico. Quindi posso rispondere tranquillamente al gentile Paolo Sarpi(agnosco stylum...): chiunque neghi, sul piano linguistico, l'esistenza di parentele acclarate e sistematiche fra indoiranico, greco, latino, germanico, ittita-luvico, lingue celtiche e tocario, e affermi per converso, sulla base dell'uso sistematico della paretimologia, la connessione linguistica fra sumerico, accadico e lingue indoeuropee del mediterraneo antico, fa sic et simpliciter un'affermazione priva di fondamento. Le corrispondenze strutturali a ogni livello delle lingue indoeuropee sono così schiaccianti che il primo ad accorgersene fu un magistrato inglese, non un linguista specialista! Le strutture morfosintattiche delle lingue indoeuropee antiche in certi casi sono, specialmente per quelle indo-mediterranee, così evidenti, che a maneggiare certe espressioni sembra quasi di aver a che fare, in età protostorica, con dialetti periferici della stessa lingua! Perché in questa nazione stregata dal gioco della mistificazione, ci si ostina inutilmente (anche al livello di intellettuali ammirevoli e nobilissimi come Cacciari) a confondere il piano delle influenze storico-culturali, la deformazione ideologica della storia e il banale dato linguistico? Perché? Perché non ci si limita a interpretare i dati oggettivi (come l'esistenza della famiglia linguistica indoeuropea) per quello che sono, invece di volersi inventare un mondo fiabesco pur di giustificare le proprie idee? Una proposta a Paolo Sarpi: si faccia un giro delle facoltà di lettere (non di filosofia) della sua regione, con particolare riguardo ai dipartimenti di linguistica e filologia classica; quando l'avrà fatto, mi dica quanti grecisti, sanscritisti, germanisti & affini ha trovato, che siano disposti a rinunciare a spiegare in modo razionale le strutture e le etimologie delle lingue oggetto dei loro studi, per abbracciare una teoria confusa e apportatrice di confusione, che non distingue bene il concetto di influsso storico e quello di parentela linguistica. Io le dico che dalle mie parti non sono molti (praticamente non ce n'è nessuno). Ma mi rendo conto che, forse, ciò che si dice dalle mie parti potrebbe ispirarle diffidenza... Utente:Amicuseius 23:06 20 03 2006 CET

Conosco bene il latino, il francese antico e il provenzale, conoschiccio il greco, ho studiato per parecchi anni lingue come l'accadico, il babilonese, l'assiro, il sabeo, l'hadramautico e l'egiziano (nella scrittura geroglifica) (affermare di conoscerle benissimo sarebbe una falsità, non basterebbero neanche decenni), ma soprattutto ho studiato storia: storia antica, storia moderna, storia medioevale. Quindi il mio approccio a certi problemi non è filologico, ma storico-archeologico. Per questo posso dire che ciò che affermi è giusto e corretto, precisissimo, ma dal punto di vista filologico. Nella storia antica ci sono tanti punti aperti e incomprensibili che, secondo me, vanno presi in considerazione. Forse perché nei miei corsi di studio la filologia era accessoria alla comprensione della materia (vedi egiziano antico come corso complementare di Archeologia) credo che occorra differenziare tra cultura "accademica" e cultura "non accademica". Non basta affermare che nelle università si sostiene una tesi più che un'altra. Quindi la tesi di Paolo Sarpi è sbagliata, forse anche quella di Semeraro, ma non basta affermarlo sulla semplice visita ai dipartimenti di linguistica o basandosi sull'autorità: è l'errore che fa l'accademismo. Come operiamo noi? Semplice, indichiamo le diverse tesi, con le dovute perplessità, ma senza preconcetti. Quindi il Paolo Sarpi ci ha indicato la tesi del Semeraro, va bene, può essere originale ma qualche studioso la prende in considerazione. - Ilario (0-0) - msg 23:55, 20 mar 2006 (CET)
Ilario, scusami, ma non ti seguo: la ricostruzione che fa Semerano, e di cui si sta parlando, non mi sembra sia una faccenda di storia o di archeologia, ma proprio di linguistica, che si riferisce all'esistenza della lingua indoeuropea, e quindi non vedo in che modo c'entri l'archeologia e la storia nel fatto specifico di giudicarne scientifico o meno il metodo adottato (e di conseguenza le conclusioni).
Poi d'accordo con te, ovviamente, che i dati della linguistica storica sono uno dei tasselli sulla base dei quali è possibile ricostruire le vicende storiche e il modo di pensare del passato, e non certo l'unico, ma questo non mi pareva venisse messo in discussione da nessuno (o mi sbaglio?).
A differenza di te e di Amicuseius, io ho competenze linguistiche praticamente nulle, ma esercitando il senso critico affinato in altri campi, le critiche mosse da Amicuseius a Semerano mi sembrano piuttosto sensate (e non mi pare che tu dica il contrario). Dal ché ne discenderebbe che come archeologa utilizzare le sue conclusioni come dati linguistici utili ad una ricostruzione del quadro storico complessivo mi sembrerebbe piuttosto azzardato.
La questione del basarsi sull'autorità (cosa ovviamente sbagliata detta così) è IMHO mal posta: anche nella ricerca si "prendono per buone" le conclusioni di ricerche effettuate da altri, e, in particolare nei campi specifici che non rientrano nelle nostre specifiche competenze, ci si "fida" della comunità scientifica e degli esperti di quel settore (anche se si esamina ovviamente la questione che possa aver rilevanza nel nostro lavoro). Nel caso specifico, la questione cioè se la ricostruzione linguistica di Semerano sia o meno attendibile, non avrei dubbi che il parere dei dipartimenti di filologia delle università abbia più rilevanza di quello di rinomati professori in tutt'altra disciplina...
Poi, d'accordo con te che dato che è comunque un argomento discusso sia giusto e doveroso riportare tale disputa su Wikipedia, ma avrei capito che il NPOV non significhi necessariamente "equidistanza" tra le diverse tesi, ma anche dar conto della loro differente autorevolezza e riconoscimento da parte degli esperti (che qui, a me parrebbero evidenti) (ma qui probabilmente non ho capito quello che volevi dire tu: solo che io nell'atteggiamento di Amicuseius non ci vedo alcun preconcetto).
--MM (msg) 01:17, 21 mar 2006 (CET)
Ti do ragione. Rispondo papale papale: dipende solo se Amicuseius ha inserito la visione di Semeraro perché a suo tempo avevo chiesto di tenerne conto e ritiene tuttora di mantenerla (rivendendola criticamente e con le stesse visioni mostrate ora) o se vuole fare marcia indietro ed eliminarla completamente (cosa che ho compreso io in questa sua premessa). - Ilario (0-0) - msg 02:15, 21 mar 2006 (CET)
Volevo evitare l'intervento ma devo precisare un dato a Ilario. Non mi presento per pudore: basti la mia pagina utente. Tengo solo a dire che chi ha introdotto il paragrafo sulla visione di Semerano è stato Paolo Sarpi II, non Amicuseius. Dall'esame della cronologia successiva si evince:
  • Inserimento della sezione di critica (Semerano)
  • Reazione bold di Amicuseius (che ha inserito testo contestabile nei toni al paragrafo)
  • Alzata di scudi di PS/2 (che non aspettava altro)
  • Interventi di conciliazione e ricerca di chiarimento di Yupa e Lucio di Madaura e relative modifiche al testo.
Purtroppo non posso vantare (ma non lo ritengo il caso: il dettato dei propri interventi dovrebbe bastare a dar ragione del proprio retaggio culturale) tutte le competenze linguistiche di Ilario e Amicuseius, ma penso che sia nell'argomentazione probatoria che confutatoria occorra una delicatezza che in questo cantiere aperto è spesso trascurata (mi riferisco in particolare all'improvvido inserto dallo stile stridentemente cacofonico rispetto alla trattazione precedente). - εΔω 09:00, 21 mar 2006 (CET)

Se ti riferisci alle frasette che ho aggiunto, le puoi sempre edulcorare,no? pero` non ci dimentichiamo che nella letteratuta internazionale su quest'argomento, il lavoro di Semerano non ha praticamente alcun rilievo. Quindi mi sta anche bene che venga rammentato in questa sede. Basta naturalmente che non si venga a dire che e` largamente (o mediamente) accettatto, perche ` non e` vero. Per favore facciamola finita, ogni volta in maniera strisciante e furbesca di riproporlo come una valido candidato a ruolo di sostituto dell'indoeuropeo. Un tentativo di far discendere tutte le lingue dal sumero e` privo di qualsiasi fondamento. Il massimo che si puo` dire (e accettare) e` che ci sono indizi di una antica protolingua parlata nel paleolitico da cui puo` discendere il sumero e anche l'indoeuropeo, ma questo e` un bel cambiamento di contesto, no? Il punto e` che Semerano si e` scelto gli avversari linguistici sbagliati,a mio modo di vedere. Come ultimo punto, meglio essere schietti che insinuanti.--Utente:Giorgiomugnaini

Altra cosa: non ho potuto fare a meno di notare che non ci sono le voci Nostratico ed Eurasiatico (nel senso di Greenberg). Dal momento che c'e' tutta questa attenzione sulle parentele linguistiche preistoriche in Eurasia (tipo tra sumero e indoeuropeo e cosi` via...), perche` non mi date una mano a compilare le summenzionate voci?--Utente:Giorgiomugnaini

Edo, la cosa è un po' diversa. Paolo Sarpi II ha fatto le aggiunte, Amicuseius le voleva eliminare, io gli ho chiesto di tenerle presenti e di inserirle nel modo migliore all'interno dell'articolo (proprio perché occorre ricoprire tutti gli aspetti del problema nei limiti del possibile e quindi anche le tesi del Semeraro), secondo me ignorare il problema è la soluzione peggiore, citarlo e indicare le posizioni critiche verso il problema è l'approccio migliore. Poi non so se lo abbia fatto o meno (a me risulta che comunque ha iniziato una discussione con Paolo Sarpi). Se non l'ha fatto dovrebbe farlo. Ora non sto dicendo che la tesi di Semeraro andrebbe considerata come una tesi "innovativa" o abbia valore, ma che la soluzione dello struzzo è la soluzione peggiore: potrebbe arrivare un Paolo Sarpi III e rimettere mani all'articolo, ma se si trovasse già la sezione del Semeraro inserita ed analizzata sarebbe spinto a desistere. A parte il problema Semeraro-Sarpi, qui sto mostrando che esiste un problema maggiore in quanto l'articolo NON è un articolo wikipediano canonico, "aperto" e "modulare", che consenta inserimenti e aggiunte in maniera semplice (altrimenti l'aggiunta del Semeraro l'avrei fatta io). Nella forma attuale diventa complicata ogni aggiunta e l'articolo si sta strutturando come un saggio "accademico" proprio perché parte da una tesi e arriva ad una dimostrazione di questa tesi ignorando tutto il resto, e, in questa forma, diventa difficile integrare altre tesi, altre visioni. Perciò, come ti avevo anticipato, io lo vedo più un articolo da wikibooks, che persegue una tesi e articola un discorso chiaro e preciso al fine di definire questa tesi, un lavoro completo in sé, poco adatto ad essere sezionato e integrato. Qui siamo ben oltre le caratteristiche di un articolo di Wikipedia. Lo stimolo maggiore verso Amicuseius, quindi, non è tanto quello di inserire il Semeraro, ma di aprire l'articolo (non dico la sua mente) ad altre visioni, e di strutturarlo in forma più wikipediana, al fine di raggiungere un obiettivo "più collaborativo". - Ilario (0-0) - msg 11:20, 21 mar 2006 (CET)

Vorrei soltanto dire che non tutte le teorie (o proposte) hanno la stessa dignita`, ma cio` che piu` importa, la stessa rilevanza scientifica e lo stesso impatto sulla comunita` scientifica. E` anche questo che fa andare avanti la ricerca scientifica: le teorie che non funzionano, si mettono da parte. Inoltre, il dibattito e` sempre aperto naturalmente, ma Wikipedia, per sua natura non dovrebbe pubblicizzare troppo le teorie one-man-only, che le abbia proposte uno wikipediano oppure no. Detto questo, se volete, ci possiamo anche mettere la proposta, piuttosto esoterica, che le lingue indoeuropee vengono da Atlantide. E` stato proposto anche questo no? (da una linguista sud-americana, se non ricordo male) Quello che voglio dire e` che sarei assai dispiaciuto se la Wikipedia divenisse un carrozzone di ipotesi ai limiti del new-age --Utente:Giorgiomugnaini

Forse potrei sembrare fuori luogo, ma dipende da quanto impatto abbiano queste tesi non nell'opinione accademica, ma nell'opinione pubblica. Wikipedia viene consultata da un qualsiasi utente, sia dalla casalinga di Voghera sia dallo studente che vuole copiare la sua tesina al fine di recuperare tempo per poi correre dietro le ragazze. Almeno offriamo un'informazione "completa" (io ho detto prima nei "limiti del possibile") che analizzi anche tesi insostenibili (basta una semplice citazione su tesi impossibili). Ora non sto dicendo di arrivare a prendere in esame le tesi di Kolosimo e gli UFO e un'origine extraterrestre (siamo scienza non fantascienza), ma comunque dobbiamo renderci conto che orientare il navigatore in una marea di ipotesi sarebbe una cosa buona. L'informazione spesso diventa disinformazione, ignorare la disinformazione contribuisce alla disinformazione (ohimé). - Ilario (0-0) - msg 11:52, 21 mar 2006 (CET)


Avevo gia` discusso in passato con Yupa, mi sembra, proprio di questo fatto. Ribadisco che in realta` sono abbstanza d'accordo. Infatti ho cambiato il mio punto di vista su Kolosimo (di cui io stesso ho compilato la voce), che pero` rimane un fantastico e meraviglioso ciarltano. Ma questa e` la voce Indoeuropeo, se a Semerano non andava giu` l'indoeuropeo, lo possiamo certamente dire. Basta poi ricordarsi di aggiungere doverosamente, sempre per la casalinga o lo studente del liceo, che nella comunita` scientifica la sua proposta non e` stata accettata da nessun studioso serio, basta fare un poco di ricerche in letteratura, o anche semplicemnte su Google per convincersene. Ribadisco che non tutte le proposte hanno (o dovrebbero avere) la medesima dignita`, o peso. Spero inoltre che non si voglia utilizzare Wikipedia per riablitare furbescamente teorie screditate o anche mai accreditate, costruendo artificialmente un credito nell' opinione pubblica, la quale ha accesso a Wikipedia, e non purtroppo alla letteratura scientifica --Utente:Giorgiomugnaini

Ancora un'altra cosa: quindi se la gente comincia a credere che ci si puo` nutrire di fotoni (apparso in articolo su un inserto di repubblica), noi dovremmo certamente scriverlo su Fotoni?. E` veramente degno di nota che la voce Pensiero_debole sia ancora da riempire. --Utente:Giorgiomugnaini


Mi pare che la sezione in cui compare l'accenno a Semerano (che tra l'altro ha la sua pagina, magari migliorabile...) sia tuttora presente, ma inquadrata in un più vasto contesto. IMHO va bene così.
Sono tuttavia d'accordo con Ilario che la voce nel suo complesso è troppo complessa e approfondita per una pagina enciclopedica. Preferirei tuttavia l'opzione di farne una serie di pagine staccate, lasciando su questa solo il riassunto generale, come spesso accade in simili casi, piuttosto che spostare il tutto su wikisource. Non credo sia impossibile farlo, ma credo opportuno aspettare che le sezioni siano ragionevolmente complete, prima di intervenire. --MM (msg) 22:56, 21 mar 2006 (CET)

Se posso dire il mio punto di vista, non credo che frantumare questa voce sia la cosa migliore da fare. --Utente:Giorgiomugnaini

Certo che lo puoi dire :-) , ma nota che non si trattava di frantumarla, bensì di farne un riassunto che rimandi ad una serie di approfondimenti in voci separate dove le ragioni delle affermazioni fatte vengono spiegate in dettaglio: in tal modo l'utente che vuole rapidamente avere un quadro della questione ha la possibilità di farlo in modo più adatto ad un'enciclopedia, che è sempre piuttosto sintetica (il ché, attenzione, secondo me non vuol dire semplicistica). --MM (msg) 00:08, 22 mar 2006 (CET)

Scusate. Vorrei chiarire che la mia non era una sparata o un'ostentazione. Ho solo colto la palla al balzo dall'intervento di Giorgiomugnaini, per poter chiarire ad alcuni (ad uno in particolare) che parlo con cognizione di causa, quando dico che l'accadico e il greco, sul piano linguistico, hanno poco a che fare tra loro. Quanto all'idea di aprire l'articolo, nonché la mia mente, non ci sono problemi, non a caso ho chiesto ad altri utenti di aiutarmi a wikificare. Ad Ilario vorrei ribadire quanto già notato da altri: nessuno discute che le civiltà medioorientali siano una fonte essenziale della nostra civiltà: io sto parlando di lingue, di grammatiche. Una lingua semitica ha radici triconsonantiche con vocali variabili, un caso costrutto, un'opposizione fra passato e non passato in un verbo la cui coniugazione concorda col soggetto per persona numero e genere. Nessuna lingua indoeuropea è fatta così. L'accadico invece sì. Dunque nessuna lingua indoeuropea deriva linguisticamente dall'accadico. Punto. La mia mente è aperta, ma non alle cose in contraddizione con l'evidenza dei fatti. La cosa che mi interessava di più è l'ipotesi del nostratico. Metto qui questa notazione perché può essere colta meglio dagli interessati, poi si può spostare il problema sulla discussione in merito all'articolo specifico. Sono anche io affascinato dall'ipotesi del nostratico. Il fatto è che da un po' ho dei dubbi in merito. Gli studi di Venneman sui nomi di fiumi in Europa occidentale, unitamente ai traccianti genetici dei gruppi sanguigni raccolti da Cavalli Sforza, fanno pensare che nel mesolitico, dai 17000 anni fa in poi, si sia diffusa in Europa, dai Pirenei agli Urali, Balcani esclusi, una popolazione di tribù linguisticamente affini che parlavano una protolingua di cui il basco attuale è l'ultimo relitto. In basco i radicali is, ar(n) e eber, significano fiume, valle fluviale e acqua, e diffusi sono in Europa nomi di etimo incerto come Isar, Ebro, Arno, Arar che Krahe aveva cercato, fallendo, di spiegare come indoeuropei, ma che con l'ipotesi dell'antico proto-basco (lo chiamo così per approssimazione) si spiegano del tutto. L'area di diffusione del cosiddetto proto-basco corrisponde all'area di diffusione degli affreschi paleolitici e delle dee madri di pietra tenera, le cosiddette veneri steatopigiche e le dee madri dal volto di uccello notturno. Una curiosità: la mitologia basca precristiana è centrata sulle dee madri, più che sugli dèi padri, e fa riferimento a demoni bovini delle caverne: tracce di lotte tribali mesolitiche salvate nel mito? Vicino ai Pirenei sono le grotte affrescate di cacce al bue primigenio, l'uro. Comunque, se confrontiamo la situazione del protobasco con quella del nostratico, che alcuni studiosi collocano in un'epoca fra i 20000 e i 15000 anni fa (quindi il nostratico è coevo al protobasco stesso), abbiamo da un lato una superprotolingua ricostruita in modo non definitivo, a partire dalle protolingue di famiglie linguistiche fra loro diversissime (il nostratico, appunto) e dall'altro una lingua di cui è rimasto un relitto isolato, che però permette di riconoscere le strutture (ergatività) e le radici lessicali del suo antenato e si identifica addirittura con una componente genica, che è un po' come la traccia del suo passaggio (fra l'altro, questa componente genica preindeuropea prevale proprio nelle aree che il vecchio razzismo pseudoscientifico chiamava indoeuropee -e che sono indoeuropee solo per la lingua-, il che ci permetterebbe di sghignazzare ancora di più sulle stupidaggini di certe ideologie, se non fosse che hanno avuto effetti storici così feroci e aberranti). Il confronto fra le due situazioni è sconsolante ed è del tutto sfavorevole alla possibilità di ricostruire il nostratico in modo affidabile anche solo la metà di quello che si riesce a fare con l'indoeuropeo. Il protobasco o i suoi dialetti si sono diffusi da quella che forse all'inizio era un'area di sopravvivenza di gruppi di homo sapiens isolati da ghiacci e montagne, all'epoca della recessione del wurmiano, attraverso un'onda di diffusione collegata con la ricchezza di risorse alimentari attingibili con caccia e pesca lungo i fiumi (fino al Danubio, dove alcuni villaggi mesolitici divengono, grazie alla ricchezza del pescato, così prosperi, da prefigurare soluzioni aggregative del primo neolitico). Il nostratico dovrebbe essersi diffuso a partire dal trait-d'union fra Africa Asia ed Europa rappresentato dal Medio Oriente. Ora, il Medio Oriente ha visto già più di cinquecentomila anni fa il passaggio di ominidi forse già in grado di elaborare qualche forma primitiva di linguaggio, per non parlare delle molto più tarde tribù di homo sapiens. Un'area linguisticamente calda, in cui è difficile vederci chiaro. Ma anche volendo stabilire l'assoluta equivalenza fra homo loquens e homo sapiens, la situazione è complicata. Oggi sappiamo, a partire dallo studio del DNA mitocondriale e dell'ascendenza del cromosoma X, che il nostro genoma di specie era definito nelle sue caratteristiche già fra i 130000 (epoca dell'eva mitocondriale) e i 95000 anni fa (epoca dell'adamo del cromosoma X -ovviamente i nomi adamo ed eva, che scrivo volutamente in minuscolo, sono metaforici). Ora, l'homo sapiens vissuto fra i 130000 e i 95000 anni fa non è un nostro antenato: siamo già noi! Ciò vuol dire che, se non da subito, almeno dai 100000 anni a questa parte a essere pessimisti, l'uomo parla (e nel mio caso, parla anche tanto, potrebbe dire qualcuno)! C'è poi un'altro dato che complica il quadro. Lo studio dei traccianti genetici delle popolazioni umane identificano i più remoti antenati delle popolazioni umane attuali in un gruppo di homo sapiens di 2000 persone al massimo, vissuto in Africa nord-occidentale circa 60000 anni fa. Quel gruppo era l'ultimo sopravvissuto di un'eruzione di gas mortali che aveva colpito l'areale della nostra specie sterminandola quasi del tutto. Verosimilmente, quel gruppo aveva un suo dialetto, e prima di esso, 'homo sapiens loquens (mi si passi il termine) si era diffuso ed aveva stazionato in nord Africa per almeno 40000 anni, se non di più. Potremmo dunque dire che il dialetto di quello sparuto gruppo di sopravvissuti, corrisponde all'ipotetica lingua proto-mondiale. Ma dopo quell'epoca homo sapiens ha altri 30000 anni per diffondersi, prima di arrivare in mediooriente. Anche se i gruppi di migranti sono piccoli, 30000 anni sono tanti per il mutamento linguistico (le lingue indoeuropee necessitano di faticose comparazioni già solo dopo 7000-8000 anni di storia), quindi la traccia della prima protolingua nordafricana si perde nelle brume del paleolitico superiore. Ciò significa che le piccole tribù di homo sapiens arrivate in medio oriente erano, verosimilmente, già differenziate in famiglie linguistiche ben connotate: pur essendo molto meno numerose delle tribù neolitiche, stiamo sempre parlando di decine di migliaia di persone in un'area di milioni di km quadrati, in un lasso di tempo di trecento secoli. Nell'area ristretta in cui si sono venuti a trovare quei dialetti così differenziati, i fenomeni di creolizzazione saranno stati imprevedibili. C'è poi da dire che molte radici nostratiche (ad es. MALIQA, allattare, bere, suggere, gola... o TATA PAPA MA, padre, madre) potrebbero essere anche intese come onomatopee poligenetiche). In sostanza, il medio-oriente di 15000-20000 anni fa è molto più intricato (nei limiti della fine del mesolitico) dell'Europa occidentale. Qualcuno sa suggerire come risolvere il dilemma del confronto fra una protolingua mesolitica che ha lasciato un discendete e dei toponimi riconoscibili e un'altra che si è frammentata subito a tal punto da essere un punto interrogativo quasi completo? Utente:Amicuseius 0:12 23 03 2006 CET.

Circa strozzatura del 60000

Quello che dici circa la strozzatura demografica del 60000AC e` molto interessante! Quali sono le fonti? In letteretura (vedi Storia e geografia dei geni umani, L.Cavalli-Sforza) si dice che nel 60000AC gli uomini moderni sono gia` arrivati in Australia, Cina e asia meridionale. Quindi mi domandavo se non si potrebbe retrodatarla a prima di quell'epoca, diciamo al 90000-100000 AC per alcune ragioni di cui potremmo discutere).
In quanto alla cognizione di causa, per parte mia, non ho mai avuto dubbi nei tuoi confronti Amicuseius.

circa preistoria Europa

Per la preistoria dell'Europa, l'ipotesi parziale-rozza-incompleta che io abbraccio e` questa (non originale in nessun punto:essenzialmente una somma di varie ipotesi proposte in letteratura):

  • il protobasco e` dene-caucasico (quindi del tutto alieno rispetto al nostratico) che entra in europa dall' Asia (Siberia meridionale) nel 40000AC (con l'uomo di Combe-capelle e Cromagnon, o forse con uno solo di questi due). Questo punto di vista mi pare compatibile con l'ipotesi di Vennemann. Inoltre e` ceramente suggestivo, il fatto che per circa 10000 anni, i primi europei vissero a contato con i Neaderthaliani, in via di estinzione. Ve lo immaginate che cosa puo` essere venuto fuori linguisticamente?
  • Successivamente un ramo (o piu` rami) del nostratico investi` l'europa, prima della fine del Wurm. Di qui Ugro-finnico (civilta` della renne) e Indoeuropeo (anzi io sono per il creolo, quindi in realta` una componente dell'Indoeuropeo, il PIE-A mi pare lo chiamasse Uhlenbeck). Quindi prima dell' espansione Kurgan, in europa gia` c'e' stata una nostraticizzazione, forse gia` proto-indoeuropea (problema dell'idronomia antica, problema del Ligure, etc...), o forse no, nell'ipotesi del creolo. Chiaramente a questa fase si possono far risalire le somiglianze piu` antiche con il ramo afro-asiatico, originate semplicemnete dalla medesima filiazione nostratica.
  • Neolitico: arrivano gli agricoltori (dal medio oriente), investendo l'Europa fino alle regioni piu` lontane (ne esiste addirittura una descrizione matematica alle equazioni differenziali: processo di reazione-diffusione).
  • Alla fine del neolitico e nell'eta` del Bronzo avvengono alcune espansioni kurgan (ascia da combattimento), in cui si espande finalmente, l'indoeuropeo "classico", forse creolo di un qualche dialetto quasi-indoeuropeo (ancora abbastanza affine all'ugro-finnico), e una qualche lingua nord-caucasica.
  • In tutto cio` si puo` essere perplessi circa l'attribuzione degli agricoltori neolitici, forse sono afroasiatici (probabilmente semitici?), forse sono anche loro indoeuropei (vedi C.Renfrew, ma di quale fase,pero?) o ancora apprtengono ad un' altra famiglia estinta (vedi problema dell'Iberico, che, sorprendentemente, non pare sia parente del basco e dell'afroasiatico).

Nota :Non si puo` negare che la preistoria dell'Europa sia veramnete intricata! Ultima nota: il problema di come conciliare il nostratico con il na-dene-caucasico, supponendo di accettare queste teorie , beninteso, e` certamente un problema molto complicato e scarsamente studiato, a quanto ne so. Ed e` possibile che semplicemente non si possa (piu`) risolvere in maniera convincente, dal momento che significherebbe tentare di ricostruire una protolingua esistita probabilmente prima del 40000 AC. --Utente:giorgiomugnaini

Il problema della datazione della strozzatura genetica è spinoso, così come quello della datazione dell'origine dell'umanità attuale. Quanto alle datazioni dell'adamo del cromosoma x e dell'eva mitocondriale, le ricerche genetiche collocavano l'origine di homo sapiens fra i 130000 e i 90000 anni fa; ricerche moderne più accurate fanno pensare a un'intervallo di tempo compreso fra i 250000 e i 190000 anni fa (mentre a 90000 o a 140000 anni fa al massimo risalirebbe l'arrivo di homo sapiens in medio oriente, ed effettivamente pare siano state rinvenute evidenze della presenza dei nostri antenati in Medio Oriente 95000 anni fa). In Etiopia,a Herto, sono stati trovati scheletri di homo sapiens risalenti a 160000-150000 anni fa. Recentemente, nella valle dell'Omo, un fiume dell'Etiopia meridionale, sono affiorati fossili risalenti a 195000 anni fa: dunque l'alba dell'umanità sta negli ultimi dieci anni arretrando sempre di più nel passato (tenendo presente che per i resti di homo sapiens risalenti a prima di una certa epoca, prima dei 140000 anni fa al massimo, si tende a parlare di Homo sapiens idaltu, cioè, nella lingua dei luoghi dei ritrovamenti, homo sapiens arcaico). Una fonte che contenga il riferimento alla strozzatura genetica di 60000 anni fa o poco prima, è presente in questo articolo su rete di Cavalli Sforza, il riassunto di una conferenza tenuta all'Accademia dei Lincei. Tale "strozzatura" genetica esiste; è possibile che vada retrodatata, considerato che molti elementi della cronologia più arcaica della nostra specie stanno subendo revisioni in tal senso (la cronologia sarebbe dunque: circa 200000 anni fa, sapiens idaltu, la sottospecie arcaica; 150000 anni fa primi esemplari di homo sapiens moderno, un po' prima dei 100000 anni fa, la strozzatura genetica che alcuni collegano con fenomeni tellurici; nei dieci o ventimila anni successivi, diffusione fuori dell'Africa: ma a questo punto la più antica protolingua eurasiatica risalirebbe almeno a 70000 anni fa). Ma tornando agli Indoeuropei e all'Indoeuropeo, i traccianti genetici fanno pensare a due fasi di afflusso in Europa, fra tardo neolitico e prima età del bronzo: una popolazione è affluita dall'Anatolia, circa 8000 anni fa, e la sua migrazione sembra seguire l'onda di avanzamento dell'agricoltura; un'altra sembra irradiarsi dalla zona a nord est del Mar Nero circa cinquemila anni fa, e pare corrispondere all'area dei kurgani; tuttavia la base genetica degli Europei sembra essere ancora oggi quella diffusasi dai Pirenei (un cul de sac glaciale liberato?) fra i 20000 e i 9000 anni fa. Il binomio popolazione anatolica e avanzamento dell'agricoltura sembrerebbe favorire l'ipotesi di Renfrew, ma solo per i Balcani e la zona intorno al Caucaso. Il resto dell'Europa non sembra aver subito conseguenze. C'è da considerare poi un fattore che complica tutto, ed è la cosiddetta civiltà danubiana risalente a circa 7000 anni fa. Sul Danubio c'erano, nel tardo mesolitico, comunità di pescatori, raccoglitori e cacciatori che si giovarono per lungo tempo della proliferazione di specie cacciabili e pescabili nell'est europeo dopo la fine del Wurm III, a partire da 10000 anni fa in poi. Questa ricchezza di risorse fa nascere villaggi mesolitici con una società complessa quanto quella delle prime comunità neolitiche. Ciò significa che probabilmente la trasmissione delle tecniche agricole a nord dei Balcani, sul basso Danubio, ha significato soltanto la trasmissione di tecniche, non anche, come nell'Egeo e in Grecia, la sostituzione di popolazioni per il fenomeno di ondata di avanzamento. A rendere il quadro ancora più intricato è il fatto che probabilmente il neolitico danubiano è caratterizzato (in base ai dati che stanno emergendo oggi) da una civiltà idraulica policentrica di village-states con in comune il culto di dee madri e forse una forma di scrittura ideografica (il cosiddetto Danube script) anteriore di almeno un millennio rispetto a Sumeri ed Egizi. Probabilmente la floridezza del mesolitico, e poi del neolitico, danubiano fu un ostacolo sull'ondata di avanzamento dei protoindoeuropei venuti dalla prima Urheimat a sud del Caucaso. Ma quale famiglia linguistica indoeuropea si era delineata, a quell'epoca? Verosimilmente una forma arcaica delle lingue anatoliche. Forse non è un tema 'wikipediabile', ma è possibile che ci siano prove indirette che perfino la lingua della Creta Minoica fosse un dialetto anatolico affine al palaico e all'ittita. Gli Egizi chiamano Creta col nome cretese di Keftiw, così come la Bibbia, che parla di Kaphtor, così come le fonti mesopotamiche che parlano di kaptara... Secondo alcuni studiosi, la parola potrebbe essere connessa a elementi cultuali, collegati al concetto di colonna o capitello sacro presente nei megara di Cnosso e degli altri palazzi minoici. Forse in Keftiw si può ravvisare la parola indeuropea per "testa", ma in una forma fonetica alterata, quasi da rotazione consonantica alla tedesca. Ora, una sorta di rotazione consonantica alla tedesca ante litteram (molto ante) si trova nell'Ittito. Ci sono poi in Grecia degli etnonimi pregreci di etimo incerto, come Abantes, riferiti a popolazioni greche (dell'Eubea) che abitano oltre l'acqua. A parte il suffisso panindeuropeo -nt-es (possessori, dalla radice *em, possedere + *t- suffisso di nome d'agente) la radice *Aba- sembra collegata a una parola indeuropea non greca che potrebbe essere il relitto di una lingua anatolica pre-micenea diffusa nell'Egeo cicladico e protoelladico. C'è poi il problema dei toponimi in -sos, (Knossos, Amnisos, Parnessos, Termessos, Telmessos), che si irradiano da Creta in tutta la Grecia. L'indoeuropeizzazione del resto d'Europa e dell'altopiano iranico e dell'Indo è venuta dopo. Già Renfrew ipotizzava, solo per l'Iran e l'India, un'onda di avanzamento nomadica semiviolenta, specificando che quei più tardi nomadi indoeuropei si erano diffusi verso est in quanto trait-d'union di comunità agricole come quelle della cultura di Tripolje. La seconda ipotesi di Renfrew va probabilmente rivista, nel senso che l'onda di avanzamento dell'agricoltura e degli Indoeuropei anatolici verso il Caucaso ha dato luogo, in un secondo momento, a una cultura ibrida e creola di pastori nomadi, che sono lentamente evoluti nella cultura kurgan, acquisendo la tecnologia della lavorazione del bronzo, la religione delle ierofanie uraniche e planetarie agricole e patriarcali, che poi si sovrappose al cosiddetto "linguaggio della dea" mesolitico, diffondendosi nel Bassopiano Sarmatico fino al circolo polare artico, e poi dando luogo alle migrazioni che indoeuropeizzarono l'Europa e l'India, senza che la loro componente genica costituisse più un tracciante evidente, essendosi ormai stemperata. Un quadro simile sarebbe perfettamente compatibile con l'ipotesi Uhlenbeck del doppio strato (e della doppia Urheimat). O forse con l'ipotesi sviluppata dai neozelandesi Gray e Atkinson sulla base di una ridefinizione dei metodi della glottocronologia. Sul piano linguistico, l'indoeuropeo originario dell'area est-anatolica sud-caucasica era glottidale ed ergativo, si mutò in lingua accusativa conservando una sola laringale (la *h) ancora viva nell'ittita e sparita altrove, poi andò incontro a una prima diaspora verso nord-est, fermandosi sul Danubio, e a una seconda diaspora nella pianura sarmatica, magari col favore di un crollo di sistema della civiltà del neolitico basso danubiano... Ma come fare a inserire tutto questo? --Amicuseius 00:16, 24 mar 2006 (CET).


Accidenti, mi spiace di non avere abbastanza tempo da dedicarci! Mi permetto di dire che si sta delinendo un affresco grandioso. --Utente:Giorgiomugnaini Un'altra cosa: non sembra probabile che tutte le radici proto-mondiali siano giustificabili alla maniera delle forme ovvie per mamma,papa` e cosi` via. Mi riferisco ad esempio alle parole:

  • acqua :*'AQ'WA;
  • buco: *K'OLO;
  • volare: *PAR;
  • capelli: *TSUMA;
  • organo genitale femminile: *PUTI

che compaiono ovunque nel pianeta e molto difficilmente possono essere di origine onomatopeica --Utente:Giorgiomugnaini

Effettivamente queste radici sembrano non essere riconducibili facilmente a prestiti od onomatopee... Scusa se approfitto della tua disponibilità, ma dove è possibile trovare in linea un data-base abbastanza nutrito (lessici, radici) su nostratico, eurasiatico, protomondiale (se è possibile trovarlo?) O a quale testo (o testi) è possibile accedere? --Amicuseius 15:32, 24 mar 2006 (CET)


Non e` che ci siano moltissimi lavori sul proto-mondiale, veramente. Ovviamente, si parla di proto-mondiale in alcuni libri di L.Cavalli-Sforza, (ad esempio "geni ,popoli,lingue",Adelphi, se non ricordo male dove di passaggio si parla della radice per pidocchi ed altro). Inoltre in rete c'e' un po' di roba, ad esempio una paginetta carina e`: [1] dove ci sono diverse radici, tra cui quelle viste sopra e alcuni riferimenti bibliografici. Un libro di Merritt Ruhlen, tradotto anche in italiano (adelphi) : "L'origine delle lingue". Se non sbaglio il proto-mondiale e` la sua creatura. Comunque non sono moltissime le radici del "proto-world language", diciamo qualche decina. --Utente:Giorgiomugnaini

Per quanto riguarda il Nostratico la situazione e` abbastanza diversa, ad esempio esiste un database online sul nostratico, portato avanti dal Nostratic workshop Russo:
[2] Inoltre, come ci poteva aspettare data la relativa "antichita`", esiste una discreta bibliografia circa la teoria Nostratica. --Utente:Giorgiomugnaini

Grazie per l'indicazione. Ho cercato di riempire la voce: Pensiero debole... ma nello scrivere in stile wikipediano mi sa che sono una frana... sigh sigh!--Amicuseius 18:55, 24 mar 2006 (CET)


Piccola correzione, la Gimbutas era lituana. --Utente:Giorgiomugnaini

Leggendo il glottologo europeo Mario Alinei e altri.

Leggendo il glottologo dialettologo europeo Mario Alinei e la sua TdC-Teoria della Continuità (anche linguistica) ho trovato due sue ipotesi-analisi-osservazioni interessanti:

1) il diasistema linguistico, convenzionalmente denominato latino (arcaico) è individuabile in un’area molto vasta e storicamente identificabile almeno mille anni prima di Roma.

2) Le lingue che piú testimoniano del lontano passato linguistico, sono le lingue denominate dialetti, che sono le piú conservative rispetto a quelle scritte e nel loro presente sono la piú viva testimonianza dello stato delle lingue nei tempi piú remoti.--Paolo Sarpi II 21:48, 27 mar 2006 (CEST)


E quindi? --MM (msg) 21:50, 27 mar 2006 (CEST)

Troppo comodo, sforzati da sola!--Paolo Sarpi II 21:59, 27 mar 2006 (CEST)

All'interessante teoria di Alinei si dedicherà ampio spazio di discussione, però attenti: i teorici della continuità paleolitica prendono degli abbagli, per esempio quando fanno risalire al paleolitico distinzioni di aree linguistiche e dialettali che si spiegano con eventi molto più recenti e noti. Ad esempio, per Alinei & C. il confine fra lingue germaniche e lingue non germaniche risalirebbe a 20000 anni fa... il fatto che coincida quasi totalmente con il confine dell'Impero Romano d'Occidente alla vigilia della sua caduta è cosa su cui amano non riflettere... ;-) --Amicuseius 21:24, 28 mar 2006 (CEST)


A mio parere, la teoria della continuita` non spiega il problema del Basco, dell'iberico, etc... (tra gli altri problemi che ha).--Utente:Giorgiomugnaini

Dirò di più: a mio parere la PCT è falsa, fra le altre ragioni, proprio perché non può spiegare i movimenti di irradiazione della prima (Indoeuropei neolitici di 8000 anni fa?) della terza (Indoeuropei kurganici, tardi figli di quelli neolitici e risalenti a 5000 anni fa?) e della quinta (Baschi di 17000-13000 anni fa) componente genica della popolazione europea. Uno dei sostenitori spagnoli della PCT ha cercato di riesumare, per gli idronimi spagnoli, la teoria di Krahe (idronimi indoeuropei, paleolitici), con successi piuttosto relativi e facilmente revocabili in dubbio. Inoltre la teoria della continuità paleolitica samoiedica, da cui prende le mosse la teoria della continuità paleolitica indoeuropea, è essa stessa dubbia. Unico indizio un po' più concreto, il fatto che non è facile ricostruire una parola unica protoindoeuropea per le pratiche del seppellimento. Il fatto è che la religione e le pratiche cultuali sono le aree di una cultura che più si prestano a operazioni di sincretismo e di evoluzione. Esiste una differenza fra la teoria di Renfrew e la teoria di Alinei: la teoria di Renfrew può sembrare non necessaria, ma effettivamente illumina una serie di aspetti oscuri, aggiunge dettagli al quadro generale, ed è una sana rottura di sonni dogmatici; la teoria di Alinei e di altri sostenitori di qualche forma della PCT, quando non si arrampica sugli specchi, non spiega nulla che non sia meglio inquadrabile nei modelli di Renfrew e della Gimbutas. Tuttavia esiste un'aspetto dell'indoeuropeo più arcaico che può quantomento far intuire una transizione di fase tra modelli linguistici mesolitici e modelli linguistici neolitici. Parrebbe che l'ergatività, sposata a un'ampia serie di casi locativi, sia una caratteristica delle lingue più arcaiche, tardomesolitiche appunto. L'indoeuropeo, nella sua fase più remota, parebbe essere stato una lingua ergativo-assolutiva, che in un dato momento della sua storia ha attuato una trasformazione tipologica in lingua accusativa, forse proprio in coincidenza del passaggio al neolitico... Ovviamente prima dell'espansione in Europa e in Asia.--Amicuseius 19:00, 29 mar 2006 (CEST)

Indoeuropeo dialetto caucasico occidentale?

In realta` la possibilita` che l'indoeuropeo sia creolo, non nega che esso sia principalmente affine alle lingue Nostratiche. A volte si legge che il Middle English e` creolo di anglico (old english) e francese medioevale, oppure che lo Yiddish e ` creolo di qualche lingua germanica medioevale e dell'ebraico. Ma ciononostante rimangono riconosciutamente lingue essenzialmente germaniche, sebbene profondamente "stravolte" nel lessico e nella grammatica. Cosi` si potrebbe forse interpretare l'indoeuropeo, cioe` come una lingua nostratica fortemente rinnovata dal prolungato contatto con alcune lingue caucasiche occidentali, senza per questo che l'origine dei suoi tratti principali (verosimilmente nostratici) sia divenuta irriconoscibile. Quanto al georgiano (lingue caucasiche meridionali) questa in realta` fa parte del Nostratico e quindi e` gia` un "fratellino" dell'indoeuropeo. In conclusione dire che "l'indoeuropeo e` verosimilmente un dialetto caucasico occidentale " ( Colarusso ) e` probabilmente troppo forte e non necessariamente risulta l'interpretazione piu` convincente (in effetti l'ipotesi di Colarusso non e` molto accettata). --Utente:giorgiomugnaini.

C'e' un punto che credo debba discutersi: l'ipotesi del creolo e del proto-pontico, partono dalla stessa constatazione di somiglianza (indoeuropeo con caucasico occidentale), ma l'esito della teoria mi pare in un certo senso opposto ai fini della formazione dell'indoeuropeo:

(FUSIONE)  creolo: Protoindoeuropeo (A) + caucasico-> protoindoeuropeo
(FISSIONE) Colarusso: Proto(indoeuropeo/caucasico) -> protoindoeuropeo + caucasico.

Perdonate il linguaggio mutuato da altri contesti. --Utente:Giorgiomugnaini

Struttura dell'indoeuropeo: raffronti fra varie ricostruzioni

L'approfondimento sulle lingue caucasiche necessita in effetti di un'ulteriore messa a punto, sul piano dei contenuti, più di altre parti dell'articolo. Per questo ho deciso di eliminarlo. Il problema che emerge dagli studi di indoeuropeistica è piuttosto un altro. Quale struttura di indoeuropeo, a parte il discorso del diasistema, è la più plausibile? Chiarisco: quali costanti grammaticali dovranno essere ritenute centrali, e quali invece vanno considerate innovazioni periferiche? Lasciamo stare il discorso della Urheimat, con tutte le sue implicazioni. Io stesso, quando guardo il quadro riassuntivo, sono sempre meno convinto di quello che ho messo insieme. Il problema sorge dalla struttura stessa dell'indoeuropeo. In bibliografia è citato ad esempio il libro di Villar. Si tratta di un libro molto originale, e secondo me linguisticamente discutibile. L'indoeuropeo di Villar è così costituito:

1) sul piano fonetico, 4 laringali, nessuna opposizione fonemica fra vocali lunghe e brevi (le vocali lunghe essendo per Villar, se ho ben compreso, varianti dialettali sviluppate dalla fusione con le laringali), glottalizzazione a tutto spiano, grande sviluppo consonantico, in opposizione a un ridimensionato sviluppo vocalico;

2) sul piano morfologico: flessione nominale, a 4 casi (quelli del tedesco, praticamente), revocati in dubbio lo strumentale, l'ablativo e il locativo, e anche il vocativo; attenzione all'impiego di posposizioni agglutinabili; flessione verbale senza aumento nel passato, niente Konjunktionreduktionsystem, semplice opposizione fra passato e non passato.

Nel complesso l'indoeuropeo di Villar è una lingua accusativa (ma in origine di un'accusatività un po' diversa: di che tipo? O forse l'indoeuropeo più arcaico aveva una propensione per un'opposizione agentivo - inagentivo?) con pochi casi nominali e un numero di tempi verbali ridotto (soluzione minimale) e un forte sviluppo consonantico, rispetto a uno sviluppo vocalico ridimensionato. Volendo, per certi aspetti è lievemente gravitante verso le strutture delle lingue caucasiche nordoccidentali. L'indoeuropeo tradizionale, con un occhio alla ricostruzione interna, è una lingua con una batteria di casi sintattici e un insieme di casi locativi più articolato, ha la glottalizzazione e due laringali; sul piano fonetico ha un numero di vocali comunque ridimensionato rispetto all'indoeuropeo tardo, ma sempre alto, per una lingua caucasica; nell'insieme sembra tuttavia presentarsi come una versione ipersemplificata di una lingua caucasica di nordest, almeno quanto a strutture. Poi c'è il caso del tocario, che ha sistematizzato posposizioni agglutinate, fino a costruire un sistema di casi ipercomplesso (dieci casi) per la pressione di influenza di vicine lingue agglutinanti asiatiche. Il fatto che una lingua derivata abbia più casi della presunta lingua madre tende in effetti a ridimensionare in parte il concetto di sincretismo dei casi.

Nell'insieme, tuttavia, le assunzioni di Villar per il proto-indoeuropeo sembrano alquanto dubbie. Giustissimo il rifiuto per la forca-caudina greco-sanscrita. Ma le ricostruzioni di altri studiosi, circa la forma "classica" dell'indoeuropeo, come quella di Szemerényi, si basano in effetti su una terna greco(miceneo)-vedico-lituano, con elementi correttivi da tutte le altre lingue, là dove non ci sia accordo. Ora, queste lingue, in misura molto più marcata di altre, presentano relitti semisistematici delle caratteristiche agglutinazioni posposizionali che evidentemente l'indoeuropeo consentiva, visto che ha potuto dar luogo a uno sviluppo flessionale come quello del tocario. Affermare la dialettalità dello strumentale mi sembra poi un'affermazione pesantuccia. La cosa curiosa è che Villar sostiene poi una versione dell'ipotesi della Urheimat nord-pontica. Ma allora, se il tocario, isolandosi fra lingue di contatto ricche di casi, ha sviluppato altri casi che non erano propri della protolingua, perché non l'ha fatto anche l'ittita, invece di rannicchiarsi in una soluzione minimale, visto che verosimilmente i protoanatolici sono passati attraverso regioni popolate da lingue agglutinanti dalla complessa flessione nominale?

Similmente, digerisco piuttosto poco le ricostruzioni accettate da Campanile nel suo recente libretto. In particolare, non mi piace granché la ricostruzione delle forme mediali, per cui viene fatta prevalere la flessione con desinenze in -r, per tutte le persone (mentre le forme in *-r sono attestate con certezza e stabilità solo per le terze persone). In effetti la ricostruzione più probabile del medio per l'IE vede una situazione del genere:

des. secondarie: sing. 1 *-ā(m), 2*-so, 3*-to, plur. 1 *-medhā, 2 *dhwe(m), 3 *-nto, du. 1 *wedhā, 2 ? 3?;

des. primarie: sing. 1 *-āi, 2*-soi, 3*-toi, plur. 1 *-mesdhā, 2 *dhwe(noi), 3 *-ntoi, du. 1 *wesdhā, 2 ? 3?;

mentre le des. secondarie *-tor, *-ntor; *-tori, *-ntori sembrano essere terze persone con valore impersonale (cfr. l'elemento -r delle terze persone plurali dei perfetti).

Quanto alla fonetica, all'interno della famiglia si rinvengono storicamente forse due laringali, la /h/ (certa) e forse il colpo di glottide (con il correlato ipotetico delle glottidali, che poi tendono a sparire dalla circolazione arricchendo il panorama delle occlusive sonore, ammesso che ciò possa accadere...); sembra che invece teorie a quattro laringali à la Saussure, con laringali che colorano le vocali che le precedono, abbiano preso piede di questi tempi. Inoltre, l'idea di Villar che l'opposizione fra lunga e breve sia tarda e dialettale non mi va giù. Praticamente in tutte le lingue indoeuropee antiche la distinzione prosodica lunga-breve delle cinque (e non quattro) vocali è strutturale, o comunque lascia pesanti tracce del suo passaggio (fino alla differenza timbrica fra vocali chiuse e aperte in italiano). Mah, forse sarò io che ho una visione sorpassata... --Amicuseius 21:19, 3 apr 2006 (CEST)

A causa della mancanza di tempo, rispondo brevemente ed esclusivamente circa l'ittita (lingue anatoliche). Il fatto e` che se i proto-anatolici sono da identificarsi con la cultura protostorica balcanica di Cernavoda, non c'e' alcun bisogno di supporre che siano entrati in contatto con lingue agglutinanti. da li` avrebbero passato il Bosforo e sarebbero entrati in Anatolia tra il 3.000 e il 2.000 AC (piu` o meno come molto tempo dopo avrebbero fatto i Frigi). --Utente:Giorgiomugnaini

Perdona la mia ignoranza in fatto di archeologia (per formazione sono più che altro un "linguista" e un "filologo", se si può dire così -refusi dell'articolo a parte...), ma ci sono indizi veramente probanti di un passaggio dei futuri Indoeuropei anatolici per l'area balcanica? Sarebbe interessante parlarne, quando ne avrai l'agio. Un aspetto intrigante della presenza degli Indoeuropei nei Balcani (specie in Grecia) è la testimonianza, data da prestiti e toponimi, della presenza di un ramo pregreco dell'indoeuropeo in grecia, costituito da forse quattro substrati linguistici; ciò che è affascinante è l'ipotesi che uno di essi non sia un sottoramo dei dialetti anatolici, ma forse una famiglia a sé (lo strato indoeuropeo all'origine di parole come pyrgos e tamia(s) --Amicuseius 23:47, 7 apr 2006 (CEST)


Da un punto di vista artcheologico, ci sono indizi di una unita` balcanico-anatolica del calcolitico (somiglianze tra Cernavoda e alcuni strati contemporanei di Troia ). Inoltre c'e il problema del substrato (o substrati?) anatolico del greco. Ma il punto a mio avviso e`: perche` si dovrebbe supporre un passaggio dal Caucaso, per esempio? Quali prove ci sono a favore? --Utente:Giorgiomugnaini

In effetti in tutte queste teorie c'è in agguato il rischio della petizione di principio. Comunque, mi sembrava che ad esempio la diffusione di certi tipi di sepoltura, dalla Caria alle isole egee (le notavano anche gli antichi, come Tucidide), indicasse indirettamente che il substrato anatolico del greco sia venuto da oriente verso l'Egeo. --Amicuseius 14:01, 13 apr 2006 (CEST)

Sono d'accodo con te. In realta` e` un problema di datazioni di reperti. Se i piu` antichi reperti "anatolidi" sono nei balcani o, appunto, in Anatolia, per poter stabilire la direzione (balcani->anatolia o vieceversa). E` un dibattito ineteressante, certamente. Counque si deve riconoscere che l'ipotesi "balcanide" e`, appunto, ancora un'ipotesi, che pero` potrebbe essere essere conciliata con altre ipotesi. Sicuramente la toponomastica potrebbe aiutare a far luce. Comunque se non sbaglio non ci sono grossi indizi di passaggio attraverso il Caucaso. La cosa piu` importante: mentre all'Ovest, nei balcani ci sono tracce di substrato anotolico, non ci sono all'Est, nel Caucaso meridionale ad esempio. Se fossero passati di la` qualche traccia appariscente sarebbe rimasta (dal punto di vista linguistico). In ogni caso e` chiaro che ulteriori indagini sono necessarie. --Utente:Giorgiomugnaini

Comunque, le conclusioni da me inserite nella voce, nel tentativo di proporre una prospettiva il più possibile a largo raggio, mi risultano, man mano che rifletto sui dati, sempre meno attendibili, per certi aspetti. Il protolessico fa riferimento a una cultura materiale tipica al più di un tardo neolitico in cui è ampiamente diffusa la pratica di lavorare il rame a freddo, o più probabilmente di una prima età del rame (l'unico metallo il cui lemma è comune a molte lingue indoeuropee). Questo è un primo elemento interno per identificare l'ultima fase unitaria della protolingua. A seconda delle varie aree proposte come Urheimaten abbiamo: fine fase unitaria a partire 3000 a.C. per la zona compresa fra il Baltico, i Carpazi e la parte occidentale del Bassopiano Sarmatico; a partire dal 5000-4000 a. C. per l'area nord-pontica e bassodanubiana; a partire dall'8000-7000 a.C. per la zona anatolica e sud-caucasica. Le piante e gli animali del protolessico suggeriscono un'area compresa fra il Baltico, il Danubio, il Mar Nero e gli Urali. Circa l'ultima fase unitaria, bisogna dunque propendere per un una datazione compresa fra il 5000 e il 3000 a. C. A indicare una datazione più precisa, in questo range di duemila anni, è probabilmente il dato genetico circa la terza componente genica dell'Europa, che indica l'irradiarsi di una popolazione a partire dall'area nordpontica verso il 5000 a. C. Si potrebbe obbiettare che gli animali e le piante indicati dal protolessico si riferivano ad altre realtà o erano aggettivi sostantivati (es. *kerwos, "l'animale cornuto") atti a sostituire nomi di animali prima poco noti o ignoti e divenuti tabù agli occhi di una popolazione da poco arrivata nell'area sarmatica (ma originaria d'altrove): sta di fatto che, se pure le cose si ponessero in questi termini, così comunque si identificherebbe un'ultima fase unitaria nord-pontica collocata intorno al 5000 a. C., perché quei tabù ipotetici sarebbero comuni a tutta l'Indeuropa. Di migrazioni da altrove e di doppi strati linguistici non ci sono altrettante attestazioni evidenti e univoche; nemmeno i calcoli glottocronologici di Gray e Atkinson dànno luogo a interpretazioni sufficientemente circostanziate. Dalla cultura materiale, dalla paleontologia linguistica e dalla genetica risulta infine legittimata la tradizionale identificazione, basata sull'archeologia: Indoeuropei = kurgan =ceramiche cordonate e bicchieri campaniformi. Indubbiamente le popolazioni portatrici dell'agricoltura in Europa sono fra gli avi degli Indoeuropei: ma in che misura non è dato dirlo. Naturalmente, di continuità paleolitica nemmeno a parlarne.--Amicuseius 20:55, 22 apr 2006 (CEST)

Prima dell'Indeuropeo

Ho dato un'occhiata a questa parte dell'articolo, e mi sembra che sia alquanto carente e sbilanciata. Intanto è sbilanciata perché parte citando come capofila di chi cerchi parentele remote quell'autentico cialtrone (ripeto: cialtrone) di Semerano, che è veramente un personaggio molto peggio di Kolosimo (che, en passant, non ha pubblicato presso piccoli editori, ma proprio presso il Mondadori "vero", l'Arnoldo). Se proprio lo si vuole citare, lo si metta in un capitoletto tipo "teorie eterodosse e amatoriali". Conosco i suoi lavori e sono identici a tanti altri opuscoli di improvvisati "linguisti" che per caso aprono due dizionari di lingue strane, trovano due parole scritte allo stesso modo e da lì credono di avere scoperto il segreto della linguistica. Di diverso c'è solo che lui doveva essere ricco e invece di opuscoli stampati dal tipografo dietro l'angolo ha stampato (a proprie spese) fior di volumi da un editore costosissimo come Olschki. E ha affascinato solo chi di linguistica non capisce un tubo.

Detto questo (vedo che chi conosce un po' la linguistica ha già stroncato il S.), mi sembra invece che la parte sulle parentele remote non tenga conto degli studi più antichi, in cui figurano tra l'altro almeno due importanti linguisti italiani: Graziadio Isaia Ascoli, autore di importanti studi "Sul nesso ario-semitico" (intorno al 1860) e Alfredo Trombetti, poliglotta autore di teorie sulla monogenesi del linguaggio.

Purtroppo non ho il tempo di lavorarci sopra, ma confido che i valenti linguisti che partecipano alla stesura della voce partiranno da questi suggerimenti per cercare di migliorare la voce con le posizioni di questi due eccellenti linguisti. Buon lavoro...--Vermondo 02:55, 23 apr 2006 (CEST)

Condivido in pieno quasi tutto quello che avete detto (specialmente su Semerano). Chi ha stilato la parte sulle ipotetiche parentele nostratiche del PIE ha implicitamente incluso la possibilità di una parentela linguistica remota fra popoli semiti e indoeuropei. Il problema è che i popoli semiti fanno parte del più vasto ramo afro-asiatico (lingue camito-semitiche, si diceva una volta), il cui antenato comune è in fase di riassestamento, oggi, quanto alla sua ricostruzione. L'ideale sarebbe che qualcuno scrivesse una voce su quest'ultimo argomento e si instaurassero dei collegamenti con la voce Indoeuropeo.--Amicuseius 10:47, 23 apr 2006 (CEST)

A me non pare tanto implicita l'ipotesi di legame tra indoeuropeo ed afroasiatico, veramente. Secondariamente la voce lingue afroasiatiche gia' esiste (l'ho creata io) e certamente un contributo circa la preistoria di questa famiglia e' piu' che ben accetto. --Utente:Giorgiomugnaini

Esiste una ricostruzione del proto-semitico? Mi consta di sì: si potrebbe allora creare una voce omologa a quella dell'indoeuropeo? Inoltre (la cosa è interessante) quali connessioni ci sarebbero fra egizio e indoeuropeo? Quanto alle connessioni fra area berbera e area basca, sembrerebbe in effetti che la popolazione paleolitica di cui i Baschi sarebbero l'ultimo resto, si sia diffusa abbastanza massicciamente anche in nord Africa, nell'Algeria settentrionale, come paiono attestare studi di paleogenetica--Amicuseius 12:30, 26 apr 2006 (CEST)

  • Circa il proto-afrosiatico ci sono dei problemi. La famiglia (e la disciplina) non e' ancora "stabile". Per il proto-semitico le cose sono certamente piu' avanti.
  • Circa l'egizio lessi qualcosa molto tempo fa (e puo' darsi che non sia uno studio molto serio, in realta', bisogna ricontrollare.)
  • In effetti e' stato proposto che i proto-berberi ed i proto-baschi siano gli eredi della popolazione di Mechta-Afalou portatori della paleolitica cultura iberomaurusiana. La cosa non e' inverosimile ed e' stata ripresa da Vennemann (se non ricordo male) per spiegare una parte del substrato non-indoeuropeo del germanico.--Utente:Giorgiomugnaini

Indoeuropeo

Ho visto che non solo l'articolo è enorme, ma che non è neanche finito :) Avevo questo timore. Cmq andiamo alla radice. Come deve essere un articolo enciclopedico? Soprattutto sintetico, deve essere in grado di offrire tutti i punti di vista e di svilupparli in pochi passaggi. IMHO gli approfondimenti vanno fatti in altri articoli correlati al fine di non appesantire l'articolo principale (e quindi riconsiderare sotto questa luce articoli esistenti come appunto Indoeuropei). Quindi ci troviamo di fronte ad un bivio: spezzare l'articolo principale in sottoarticoli, e rompere l'unità dello stesso, o mantenere l'unità e ridurre l'articolo principale. IMHO il lavoro se rimane così è da Wikibook. Purtroppo sono prevenuto su questo argomento perché lo studio dell'Indoeuropeo ha trovato grosso sviluppo sull'onda dei movimenti xenofobi dell'inizio del XX secolo al fine di giustificare l'arianesimo (ora parlo da storico e non da filologo). La mia insistenza sulla riconsiderazione di alcune posizioni (anche quelle di Sarpi) erano proprio su questo punto. L'articolo sviluppa molto la componente filologica ma, proprio per questo, è enorme ma non è completo perché lascia fuori altre teori, lascia fuori l'indagine sulle conseguenze socio-politiche di questa affermazioni e via dicendo. Concorderai che, così come è, l'articolo sviluppa approfonditamente un solo aspetto di questo studio, limitando altri inserimenti e rischiando di essere bello ma POV. IO verificherei se le due persone che lo stavano sviluppando sarebbero d'accordo a fermarsi per un momento, a suddividerlo su Wikipedia ma a pubblicarlo nella sua completezza su Wikibook, in pratica a fare le due cose. -- Ilario^_^ - msg 11:13, 8 mag 2006 (CEST)

D'accordo con te, ma da linguista mi rendo conto che non ho la tua completezza di vedute. Concordo con tutto quello che hai scritto, ma a naso, dato che sia utente:amicuseius che utente:giorgiomugnaini vanno contattati con delicatezza e non è detto che capiscano la situazione, la procedura non è scontata. Ti cedo volentieri l'arduo compito. A proposito, non mi hai risposto riguardo al titolo alternativo --εΔω 13:02, 8 mag 2006 (CEST)
Ci provo. Per il titolo non ho risposto perché non ho capito se quello di amicuesius è solo un'introduzione a indoeuropeo :) -- Ilario^_^ - msg 13:30, 8 mag 2006 (CEST)

Salve, credo che abbiate gia' letto il punto di vista di Utente:Amicuseius. In realta' credo che piu' che altro sia lui che abbia diritto di decidere, dal momento che e' il massimo contributore alla voce incriminata. Volevo chiarire alcuni punti:

  • L'articolo non e' assolutamente POV, dal momento che anche il buon semerano ha avuto (indebitamente per alcuni utenti quali utente:Vermondo) il suo spazio.
  • Ilario scrive:
Purtroppo sono prevenuto su questo argomento perché lo studio dell'Indoeuropeo ha trovato grosso sviluppo sull'onda dei movimenti xenofobi dell'inizio del XX secolo al fine di giustificare l'arianesimo (ora parlo da storico e non da filologo). La mia insistenza sulla riconsiderazione di alcune posizioni (anche quelle di Sarpi) erano proprio su questo punto. L'articolo sviluppa molto la componente filologica ma, proprio per questo, è enorme ma non è completo perché lascia fuori altre teori, lascia fuori l'indagine sulle conseguenze socio-politiche di questa affermazioni e via dicendo.

Esattamente quali sono le altre teorie? Teorie veramente degne di questo nome, che non sono state menzionate?

  • Faccio notare che Arianesimo e' un termine completamente fuori luogo.
  • Le critiche al nazismo o razza ariana, nell'articolo, e altrove, sono gia' esposte, mi pare. Ma non ci si deve scordare che l'indoeuropeistica e', in ogni caso, una disciplina scientifica essenzialmente linguistica, che non ha nulla a che fare con le farneticazioni degli esaltati e gli utilizzi strumentali. Mi pare che che per volere essere politcally correct ad ogni costo, si mettano in secondo piano le esigenze di scientificita' e di oggettivita', ed in definitiva si rischi davvero di sviluppare un punto di vista non neutrale.

--Utente:Giorgiomugnaini

Non critico il lavoro di Amicuseius (prima di tutto evitiamo fraintendimenti) che è veramente ben fatto, ma io ho affermato che "rischia" di diventare POV, il che non vuole dire assolutamente che sia uno scarso lavoro, ma vuol dire che si adatta poco ad altri inserimenti o ad altri contributi (è qui il POV), la cosa esula dallo spirito di Wikipedia, non basta dire che il lavoro è completo perché non c'è niente altro da dire e per questo è POV, siamo fuori totalmente. Se vado ad analizzare la cronologia io vedo solo due "contributori principali", per quanto se ne dica la cosa è gravissima e indica o che l'argomento non interessa a nessuno o che nessuno riesce a contribuire. Ora non stiamo qui ad esporre altre teorie, non stiamo qui ad enunciarle, ma stiamo qui a domandarci se l'articolo ha la caratteristica di un articolo aperto quale deve essere un articolo wikipediano. L'articolo, così come è, è poco fruibile, poco integrabile. Anche se scientifico è una scienza chiusa in una teca di cristallo, poco accessibile. Questo non è l'obiettivo di Wikipedia che è un'enciclopedia, quindi sintetica, ma soprattutto collaborativa, ma è un obiettivo di Wikibook. Ora, bando alle critiche, non le sto facendo, ma mi sto chiedendo come migliorare la fruibilità di questo articolo come fare in modo che chiunque altro possa contriuire. Io ho mosso alcune possibili integrazioni, vanno benissimo le critiche sulle differenze tra arianesimo e studio dell'indoeuropeo, ma non mi sento di integrarle, la mia integrazione non sarebbe più un piacere, dovrei fare un lavoro enorme di analisi di quello che già esiste per verificare dove fare il mio inserimento, dovrei discutere, dovrei verificare che il mio inserimento sia ben integrato in quello che già esiste e così via. Ora di articoli ne ho scritti tantissimi, ma questo è seriamente anomalo e non per il contenuto, ma per la struttura. Ora poteri anche non aver detto niente, ma da sysop dovrei cmq dire che ogni articolo lungo va spezzato in sottoarticoli. -- Ilario^_^ - msg 22:51, 9 mag 2006 (CEST)

Allora:

  • in realta' c'e' un solo contributore principale. Io non ho scritto quasi niente, eccetto per lo piu' l'ultima sezione.
  • Come forse potrai osservare in doppio strato dell'indoeuropeo, io mi stavo gia' adoperando a sviluppare un approccio meno monolitico.
  • Non e' che la voce proto-indoeuropeans_languages su en.wiki sia piccolissima, veramente. E non e' l'unica voce lunga su indoeuropei e quant'altro.
  • Scusa se rompo le scatole, ma l'arianesimo e' una eresia cristiana dei primi secoli DC. Non c'entra niente con la razza ariana a cui presumo ti voglia riferire. Inoltre non credo che abbia senso insistere ulteriormente sulle inutili questioni razziali o sulle implicazioni storiche, di cui peraltro c'e' gia' menzione, in un argomento essenzialmente di linguistica.
  • fermo restando che l'articolo si puo' segmentare, questo non mi pare in ogni caso poco integrabile. Anche se un' aggiunta puo' risultare momentaneamente posticcia, c'e' un'infinita' di tempo per amalgamarla. Non c'e' furia, mi pare.
  • No ho capito la frase:
Io ho mosso alcune possibili integrazioni,

In che senso?

  • Dici:
l'argomento non interessa a nessuno o che nessuno riesce a contribuire.

Allora: e' anche possibile che nessuno in grado di contribuire costruttivamente voglia contribuire perche' non molto interessato oppure che chi ha qualcosa da dire, non sappia cosa sta dicendo. Peccato. Ma sai quante voci ci sono cosi'? Guarda caso tutte quelle scientifiche.Basta dare una occhiata alle voci matematiche.

  • Operativamente, cosa vorresti aggiungere o modificare?

--Utente:Giorgiomugnaini

Ci dobbiamo perdere in litanie? Io non voglio aggiungere niente, ma se volessi aggiungere non saprei da dove iniziare. Basta? O mi devo inventare cosa integrare per fare un esempio?
Io sto discutendo per raggiungere un obiettivo che è quello di snellire l'articolo, qui rischiamo di fare polemica inutile e vana e perdere la corrente principale nei rigagnoli degli esempi. Quindi, io apro la cronologia e leggo due nomi principali di contribuzione, se poi la contribuzione è di uno solo la cosa peggiora perché diversa è la natura rispetto ad articoli inglesi, tedeschi o di altre lingue... sono articoli cresciuti tanto, che avrebbero bisogno di essere suddivisi, ma almeno contano altri contributori che uno o due, quindi sono nati e si sono evoluti diversamente seguendo linee di sviluppo più consone a Wikipedia.
Le voci matematiche e quelle scientifiche non hanno un'impostazione monolitica e comunque, anche se sviluppate da un solo autore, seguono un certa struttura che consente la suddivisione in sottoarticoli in maniera più semplice.
Diversamente da questo articolo, quelli scientifici si sono posti come obiettivo la divulgazione prima della scientificità per cui sono partiti progetti come quelli del cappellaio matto al fine di renderli più fruibili, cosa che sto chiedendo di fare a questo articolo.
Infine Arianesimo vuol dire anche quello che intendo io De Mauro - arianesimo, su old.demauroparavia.it (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2008)., come si può vedere esistono anche doppi significati per cui Indoeuropeo non indica solo una famiglia linguistica ma anche qualche altra cosa che l'articolo dovrebbe consentire di integrare a chi ha voglia di inserire. -- Ilario^_^ - msg 00:17, 10 mag 2006 (CEST)
  • Credo che Amicuseius sappia come suddividere l'articolo. Invece come proponi di procedere, operativamente?
  • Mi spiace che tu non abbia niente da aggiungere. Chiedevo per capire meglio le tue intenzioni.
  • Insisto che se vuoi fare polemiche sull'indoeuropeo, lo devi continuare a fare in razza ariana. Indoeuropeo e' un concetto esclusivamente linguistico. Il problema dell'uso improprio fatto di questo concetto in passato e' gia' affrontato chiaramente in questa voce.

Ed adesso una postilla che non c'entra niente con la suddivisione dell'articolo ( sperando che non diventi un sabotaggio, per cause di natura ideologica) : E' notevole osservare come la definzione data nel dizionario demauroparavia appaia semanticamente errata in modo ovvio (tra l'altro nella garzanti non c'e' arianesimo nell'accezione sopra menzionata)! Arianesimo sembra significare un movimento od una corrente di qualche genere (che verosimilmnete e' cio' di cui vuoi parlare, a giudicare dai precedenti discorsi), mentre la voce riportata lo rende sinonimo di indoeuropeita`, ammesso che questa parola esista. In ogni modo mi sembra una definizione francamente scorretta e in ogni caso non conforme a cio' che vuoi dire. In definitiva, per essere costruttivi, puoi sempre scrivere una disambiguazione ad arianesimo per chiarire il tuo punto di vista, ma potrebbe risultare un doppione di razza ariana o in parte di nazismo. Io francamente penso e ribadisco che il problema dell' ideologia "supremazista" (per fare un calco dall'inglese) ossia razzista, sia gia' trattao piu' che chiaramente. Un ulteriore appesantimento di quest'aspetto risulterebbe non oggettivamente rispecchiare la natura di questa voce. --Utente:Giorgiomugnaini

Ultima considerazione: c'e' molto lavoro da fare per proto-afroasiatico, proto-semitico ,nostratico, e quant'altro... invece di stare qui a fossilizzarci su queste discussioni, perche' invece non cerchiamo di arricchire le analoghe altre voci? --Utente:Giorgiomugnaini

Non ho resistito alla tentazione di dare un'occhiata alle statistiche!. Caro Ilario, perche' non fai un anaolgo discorsetto a chi sta scrivendo storia della Corsica? E' anche piu' lunga! Ed anche la' c'e' essenzialmente un contributore principale. (Comunque questo e' un falso problema secondo me)--Utente:Giorgiomugnaini

Va benissimo. Io all'inizio avevo avuto uno scontro con Amicuseius non per il contenuto ma per le modalità perché è un peccato vedere un ottimo lavoro rimanere così poco fruibile. Con te è uguale. Tutta la community è apertissima a chi vuole migliorare gli articoli e ampliarli (se poi mi parli di proto-semitico sono dalla tua). Su Storia della Corsica stai parlando di Piero Montesacro, vai nella cronologia della sua pagina di discussione e noterai che l'ho già richiamato per gli stessi motivi perché l'articolo sulla Corsica era bello, ampio ma enorme e mi aveva detto che stava già provvedendo a sottoarticolarlo ;) Tuttavia ha fatto un ottimo lavoro sulla Corsica tanto da meritarsi la vetrina, mi piacerebbe lo stesso accadesse per Indoeuropeo perché la vetrina darebbe risalto su tutte le Wikipedia e ciò vuol dire risalto su tutto il web. -- Ilario^_^ - msg 10:26, 10 mag 2006 (CEST)

Adesso la struttura e' la seguente:

  • 1 Origine della linguistica comparativa
  • 2 La ricostruzione della fonologia Indoeuropea
  • 3 La struttura morfologica dell'indoeuropeo
    • 3.1 Origine del sistema flessionale nominale e pronominale indoeuropeo
    • 3.2 Il verbo indoeuropeo
    • 3.3 Il problema dell'aumento nei tempi storici del verbo indeuropeo
  • 4 Il problema della Urheimat
  • 5 La dimensione culturale degli indoeuropei
  • 6 Prima, oltre, talvolta contro, l' Indoeuropeo

A mio avviso gli aspetti etnologici (capitoli 7 e 8) potrebbero forse essere spostati in indoeuropei o voci affini. --Utente:giorgiomugnaini

Ok, nel momento in cui l'articolo è ad uno stato stabile possiamo passare in una fase di Peer review su qualche altra persona, ed eventualmente proporlo per la vetrina. -- Ilario^_^ - msg 17:47, 10 mag 2006 (CEST)
Wow! Ilario mi ha chiesto di partecipare a quest'avventura, e francamente me ne sento assai onorato. Avendo risistemato la prima parte dell'articolo (le origini della linguistica comparativa), in attesa che la parte morfologica si stabilizzi, diciamo che una forma di review (il peer ce lo agiunga qualcun altro) l'ho fatta. Si noti che io, alieno da sentimenti ideologici e presumibilmente di idee diverse rispetto ad Ilario, sono ugualmente giunto alla conclusione della necessità di smembrare la voce in modo da renderla digeribile (e sono fortemente tentati di crearlo io il wikibook, se non ci pensa prima utente:Amicuseius. Vedete sopra la mia modifica all'indice del "libro", come lo vedo. Anch'io noto la sovrapposizione parziale nell'ultima parte, tra questa voce e indoeuropei. Faccio infine notare che L'articolo Storia della Corsica e Corsica non vanno presi ad esempio: prima e durante e dopo la candidatura per la vetrina la crescita del gigante è stata ampiamente criticata, e ad esempio io con la mia misera linea analogica a 56k non posso metter mano a quelle voci, ogni anteprima è un'agonia infinita. Diciamo che non è un precedente da seguire assilutamente. Semmai provate a dare un'occhiata al lavoro in corso su Letteratura latina: come mai sto penando ad andare avanti? Forse perché manca il materiale da scrivere? NO, Proprio per evitare che si crei un altro caso come quello che stiamo discutendo sto pensando in maniera ipertestuale anche se molti dei rivoli che si dipartirebbero dalla voce generale ancora non sono presenti... intelligenti pauca semmai quello che manca sempre è il tempo. - εΔω 12:44, 12 mag 2006 (CEST)

Primo aggiornamento

Come da accordi:

  • Spostato Il problema della Urheimat a indoeuropei. c'e' da omogeneizzare. Saluti.

Per adesso. --Utente:Giorgiomugnaini

Ho omogeneizzato in parte la voce Indoeuropei, inserendo fra l'altro il richiamo alla voce Indoeuropeo--Amicuseius 22:30, 17 mag 2006 (CEST)

Progetto Indoeuropeo

Perdonate la mia "intromissione", ma non si potrebbe trasferire tutta questa mole di materiale riguardante l'Indoeuropeo tra i wikibooks, scrivendo un saggio inerente all'argomento, rendendo così la sezione qui presente più fruibile da parte degli utenti comuni e, allo stesso tempo, permettendo a chi volesse approfondire l'argomento di perseguire il suo scopo?

Qualcuno ci ha già pensato.

Però, a ben guardare, la trattazione non è così approfondita da farne un Wikibook. Inoltre, un enorme pezzo della voce è stato spostato in Indoeuropei, così che adesso l'articolo è la metà di quello che era una volta. Ciò che prende spazio è la descrizione della flessione verbale, nominale e pronominale.--Amicuseius 11:29, 21 giu 2006 (CEST)

Propongo di istituire il progetto Indoeuropa che consenta di coordinare il materiale rigurdante :

  • indoeuropei
  • indoeuropeo
  • nostratico
  • linguisti vari

e le altre voci affini e connesse, ad esempio riguardanti le varie culture preistoriche.

Annuncio e richiesta di ausilio

La parte relativa alla morfologia verbale è compiuta: non è che qualcuno vuole wikificarla, mettendo i paradigmi in tabella, omogeneizzando la formattazione etc. Nella sezione morfologia restano da ultimare il paragrafo sui pronomi personali e la declinazione atematica dei nomi. Quanto ai verbi, dovrebbe essere più o meno tutto finito--Amicuseius 14:52, 28 giu 2006 (CEST)

Non si odono voci dal mare...--Amicuseius 11:37, 2 lug 2006 (CEST)

Per quanto mi riguarda, conto di combinar qualcosa entro breve. --Utente:Giorgiomugnaini