Diocesi di Milasa

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Milasa
Sede vescovile titolare
Dioecesis Mylasensis
Patriarcato di Costantinopoli
Sede titolare di Milasa
Mappa della diocesi civile di Asia (V secolo)
Vescovo titolaresede vacante
IstituitaXVIII secolo
StatoTurchia
Diocesi soppressa di Milasa
Suffraganea diStauropoli
Erettacirca III secolo
Soppressacirca XII secolo
Dati dall'annuario pontificio
Sedi titolari cattoliche

La diocesi di Milasa (in latino Dioecesis Mylasensis) è una sede soppressa del patriarcato di Costantinopoli e una sede titolare della Chiesa cattolica.

Milasa, identificabile con Milas nell'odierna Turchia, è un'antica sede episcopale della provincia romana della Caria nella diocesi civile di Asia. Faceva parte del patriarcato di Costantinopoli ed era suffraganea dell'arcidiocesi di Stauropoli.

La diocesi è documentata nelle Notitiae Episcopatuum del patriarcato di Costantinopoli fino al XII secolo.[1]

Michel Le Quien attribuisce a Milasa sei vescovi. I primi tre, Efrem, Cirillo e Paolo, sono menzionati negli acta della martire santa Eusebia. Poco prima della morte di Eusebia, avvenuta a Milasa nella seconda metà del V secolo, il vescovo Paolo si recò in pellegrinaggio sulla tomba di sant'Efrem, antico vescovo di Milasa, con tutta la città; secondo quanto riferiscono i suddetti acta, Efrem non era né santo né confessore, e dunque visse dopo l'editto di Milano, nel quale Costantino I legalizzò la religione cristiana.[2] Quando Eusebia arrivò a Milasa, era vescovo Cirillo, il quale, deceduto poco dopo, fu sostituito da succitato Paolo, che era stato un presbitero del monastero di Sant'Andrea di Milasa; entrambi questi vescovi sarebbero vissuti nella seconda metà del V secolo.[3]

A questi vescovi, gli atti conciliari del primo millennio menzionano altri quattro vescovi di Milasa. Giorgio sottoscrisse gli atti del concilio in Trullo del 691/692.[4] Gregorio assistette al secondo concilio di Nicea nel 787.[5] Senofone partecipò al primo dei due concili di Costantinopoli dell'869-870 e dell'879-880, mentre Filippo prese parte al secondo, che riabilitò il patriarca Fozio di Costantinopoli.

Alcune iscrizioni hanno restituito i nomi dei vescovi Paregorio, Basilio e di due anonimi. Il primo, Paregorio, è menzionato in un'iscrizione funeraria, assieme a Eutiche; entrambi sono qualificati come "cristiani". Secondo Destephen[6], questa qualifica porta a datare l'iscrizione ad un periodo antecedente l'editto di Milano, ossia tra III e IV secolo, mentre altri autori gli assegnano la data del V secolo.[7] Il secondo vescovo, Basilio, è noto grazie a due iscrizioni. Una di queste è la dedicazione di un edificio, situato a Seykoy, circa 2 km. a nord di Milasa; si tratta di una chiesa consacrata da Basilio a santo Stefano protomartire e costruita tra V e VI secolo. La seconda iscrizione si riferisce anch'essa alla dedicazione di un oratorio ai santi Sergio e Bacco; il marmo con l'iscrizione è stato riutilizzato come materiale da reimpiego per la costruzione di una casa a Milasa.[8]

Infine le fonti sigillografiche hanno restituito i nomi di due altri vescovi di Milasa, Giovanni e Leone, vissuti tra il X e l'XI secolo.[9]

Dal XVIII secolo Milasa è annoverata tra le sedi vescovili titolari della Chiesa cattolica; la sede è vacante dal 14 maggio 1966. Il suo ultimo titolare è stato Peregrin de la Fuente Néstar, prelato di Batanes e delle Isole Babuyan.

Vescovi greci

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Vescovi titolari

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  1. ^ Jean Darrouzès, Notitiae episcopatuum Ecclesiae Constantinopolitanae. Texte critique, introduction et notes, Paris, 1981, indice p. 504, voce Mylassa.
  2. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, p. 261.
  3. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, pp. 600 e 777.
  4. ^ Concilium Constantinopolitanum a. 691/92 in Trullo habitum (Concilium Quinisextum), edidit Heinz Ohme, adiuvantibus Reinhard Flogaus et Christof Rudolf Kraus, «Acta conciliorum oecumenicorum», series secunda, volumen secundum, pars quarta, Berlin/Boston, 2013, p. 68, nº 41.
  5. ^ Jean Darrouzès, Listes épiscopales du concile de Nicée (787), in Revue des études byzantines, 33 (1975), p. 45.
  6. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, p. 753.
  7. ^ W. Blumel, Die Inschriften von Mylasa. Inschriften der Stadt, Bonn 1987, nº 623.
  8. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, p. 193.
  9. ^ Vitalien Laurent, Le corpus des sceaux de l'empire Byzantin, vol. V/1, Paris, 1963, nnº 522 e 522bis.

Collegamenti esterni

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