Delitto politico

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Il sintagma crimine politico si applica sia ai crimini contro lo Stato, vale a dire violazioni di leggi destinate a modificare un contesto sociale, sia ai crimini commessi dallo Stato[1]: in tal caso esso si applica sia agli atti interni, cioè violazioni di leggi e atti non etici commessi da agenti e agenzie statali e avvenuti all'interno di un particolare paese, sia agli atti internazionali, avvenuti al di fuori del paese in questione[2].

Criminologia[modifica | modifica wikitesto]

In criminologia si distinguono i crimini politici esaminando il loro contesto, cioè i loro moventi, i loro autori e affiliazioni, i loro obiettivi, nonché i loro effetti. Un crimine politico contro lo Stato è commesso con intento o motivazione politica o ideologica volta a danneggiare lo Stato, mentre un crimine di Stato consiste in un'azione illegale compiuta da un governo con l'obiettivo di ridurre al minimo o eliminare le minacce al suo potere[3].

Diritto penale[modifica | modifica wikitesto]

Nel codice penale italiano viene definito delitto politico, dall'art. 8, «ogni delitto, che offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino. È altresì considerato politico il delitto comune determinato in tutto o in parte da motivi politici».

In epoca statutaria[modifica | modifica wikitesto]

L'ampia nozione di delitto politico, accolta dal legislatore del 1930[4], si specifica in due diverse figure di delitto politico rispettivamente previste al primo comma e al secondo comma dell'articolo 8: il delitto politico in senso oggettivo ed il delitto politico in senso soggettivo.

  • Il delitto è oggettivamente politico quando tale natura si desume dal bene o interesse leso.
  • Il delitto è soggettivamente politico quando si caratterizza dalla motivazione psicologica che spinge il reo a delinquere.

Delitto politico e Costituzione[modifica | modifica wikitesto]

L'individuazione del concetto di delitto politico nell'ordinamento giuridico italiano si fa più complessa per la presenza di due norme costituzionali, l'art. 10 e l'art. 26, che pur riferendosi al delitto politico, non ne danno una definizione. Da qui la nascita di opposte teorie dottrinali, in particolare la teoria secondo cui la Costituzione avrebbe recepito e assegnato valenza costituzionale alla nozione di cui all'art. 8 del codice penale, e la teoria autonomistica, secondo cui la Costituzione non avrebbe recepito la nozione codicistica ma piuttosto una nozione differente.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Piers Beirne, James W. Messerschmidt, Criminology, Harcourt Brace Jovanovich, 1991.
  2. ^ Ross, Jeffrey Ian, An introduction to political crime, Policy Press, 2012.
  3. ^ Per un caso in cui le due categorie furono confuse, v. Ugo Conti Sinibaldi, Sul delitto politico (brevi note a margine), in Rivista Penale, luglio 1924, p. 5 e ss., che per giustificare la scoperta dell'illegalismo fascista fa risalire alla “marcia su Roma” il momento di rottura della legalità ed inizio della fase costituente.
  4. ^ In precedenza, "il codice Zanardelli (...) era comunque connesso con «la convinzione che per la relatività delle forme di governo e della “politica”, contrapposta alla universalità della “giustizia”, il danno sociale provocato dal delitto politico è meno rilevante di quello che segue il delitto comune»; quantomeno ricercava l’equilibrio tra l’esigenza dei diritti dei cittadino e della difesa della sicurezza dello Stato": Enrico Serventi Longhi, L'attentato di Michele Schirru a Benito Mussolini : genesi, organizzazione e implicazioni giuridiche, Milano : Franco Angeli, Mondo contemporaneo : rivista di storia. Fascicolo 2, 2007, p. 53.
Controllo di autoritàThesaurus BNCF 8623 · LCCN (ENsh85104353 · BNF (FRcb13318465x (data) · J9U (ENHE987007560618005171