Centro Ricerche per l'Igiene e la Razza

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Cattura di uno "zingaro". Robert Ritter durante il lavoro sul campo scortato della polizia (foto dello RHF).
Registrazione della genealogia (immagine dello RHF).

Il Centro ricerche sull'igiene razziale e la biologia delle popolazioni (in tedesco: Rassenhygienische und bevölkerungsbiologische Forschungsstelle, RHF) del Reichsgesundheitsamts fu fondato nel 1936 sotto la direzione di Robert Ritter, in stretta collaborazione con la polizia. Si concentrò sulla valutazione razziale di circa 30.000 zingari e fornì la base pseudo-scientifica per l'uccisione e la sterilizzazione forzata di migliaia di sinti e rom[1]. Esaminava anche i prigionieri e i detenuti dei campi di concentramento.

Dopo il 1945 il cosiddetto "Archivio dei clan zingari" dello RHF, ovvero i "documenti per la pianificazione del genocidio" (Benno Müller-Hill), continuò a essere utilizzato dalla polizia della Repubblica Federale Tedesca. Nessuno dei dipendenti dello RHF fu perseguito per le sue attività a livello né disciplinare, né professionale, né penale.

Fondazione, organizzazione e obiettivi[modifica | modifica wikitesto]

Targa commemorativa a Berlino.

Lo RHF fu fondato nell'agosto 1936 su iniziativa di Arthur Gütt, capo del Dipartimento di Sanità pubblica del ministero degli Interni del Reich, come Istituto dell'Ufficio sanitario del Reich, con sede a Tubinga, in seguito spostata a Berlino.

Già il nome completo dell'Istituto - Rassenhygienische und bevölkerungsbiologische Forschungsstelle (Centro di ricerca sull'igiene razziale e la biologia delle popolazioni) - mostra il suo orientamento pseudoscientifico[2] e ideologico-razziale[2]. Questo perché lo RHF non era in realtà un istituto teorico, ma aveva il compito di trasferire la sua "ricerca" nella "pratica ereditaria"[3].

Come direttore fu nominato il medico di Tubinga Robert Ritter,[4][5] esonerato il 1° aprile 1936[6] e prima della fine della guerra trasferito alla Scuola di polizia Drögen a Fürstenberg/Havel, a circa 100 chilometri a nord di Berlino. I campi di concentramento di Uckermark e di Ravensbrück si trovavano nelle immediate vicinanze. Ritter fu scelto per la sua posizione sulla teoria dell'igiene razziale che aveva manifestato fin dai primi anni Trenta.[7] Già nel 1933-1934 aveva avuto l'idea di scoprire le "popolazioni zingare" nascoste nel Württemberg.[8] Al congresso internazionale sulla popolazione, tenutosi a Berlino nel 1935 sotto la direzione di Eugen Fischer, fece una relazione sugli "Studi di biologia ereditaria all'interno di un circolo riproduttivo di ibridi zingari e psicopatici asociali".[8][9] Aveva anche una certa dimestichezza con l'aspetto pratico: dal 1934 diresse un centro di consulenza matrimoniale a Tubinga, gestito dalla sezione locale della Società tedesca per l'igiene razziale e dall'ospedale psichiatrico.[8] Nel 1936 fu nominato vice-ufficiale medico a Tubinga e divenne così membro del Tribunale per la salute ereditaria.[10][11] La tesi per l'abilitazione di Ritter, pubblicata nel 1937 e considerata dagli igienisti razziali di orientamento universitario uno scritto di terz'ordine, illustra le sue idee sull'igiene razziale e sul determinismo ereditario[12].

Il nome e la struttura organizzativa dello RHF cambiarono nel tempo. Nel 1938 Ritter fece rapporto nel Reichs-Gesundheitsblatt dal "Dipartimento per le cure ereditarie e razziali dell'Ufficio sanitario del Reich" come capo del "Centro di ricerca sull'igiene razziale".[13] Lo RHF era all'epoca subordinato al "Centro di ricerca biologica criminale dell'Ufficio sanitario del Reich", fondato nel 1937 e diretto da Ferdinand von Neureiter, con il quale si fuse dopo la nomina di von Neureiter all'Università del Reich di Strasburgo nel 1940. Il nuovo ente, guidato da Ritter, fu denominato "Istituto biologico criminale dell'Ufficio sanitario del Reich".[14]

Sempre nel 1940 il titolo ufficiale di Ritter cambiò in "Capo del Centro di ricerca sull'igiene razziale e la biologia delle popolazioni dell'Ufficio sanitario del Reich".[15] Nel 1941 divenne il "Centro di ricerca sull'igiene razziale e la biologia criminale dell'Ufficio sanitario del Reich"[16]. Almeno fino al 1944 la denominazione figurante nelle "dichiarazioni degli esperti" dello RHF, che servivano come rapporti razziali individuali per gli "zingari", rimase "Centro di ricerca sull'igiene razziale dell'Ufficio sanitario del Reich" con a capo Robert Ritter.[17] Nel 1941 egli divenne anche capo dell'"Istituto di biologia criminale della polizia di sicurezza e dello SD" (KBI)[18][19] e quindi ricoprì una posizione dirigenziale sia nell'Ufficio sanitario del Reich che nell'Ufficio principale di sicurezza del Reich.

L'uso del termine "istituto" invece di "centro di ricerca" aveva una ragione tattica: la ricerca non era considerata militarmente rilevante da molti dipartimenti del Terzo Reich e pertanto non garantiva finanziamenti o l'esonero dei collaboratori dal servizio militare.[12] Inizialmente Ritter si riferiva alla cooperazione tra l'RHF e il KBI come a un gruppo di lavoro,[20] ma nel 1944 fece trasferire i membri dello RHF al KBI, che fu classificato importante per lo sforzo bellico. Secondo Ritter, l'obiettivo principale dello RHF era la registrazione e la valutazione degli "zingari" e degli "ibridi zingari" tedeschi e austriaci.[3]

Le sovvenzioni arrivavano anche attraverso "fondi terzi". Lo RHF e Ritter furono tra i beneficiari privilegiati della Fondazione tedesca per la ricerca (DFG)[21][22] dal 1935 alla primavera del 1944[23]. I revisori della DFG furono Ernst Rüdin e Robert Eugen Gaupp.[11] Le richieste di finanziamento di Ritter trovavano appoggio del presidente dell'Ufficio sanitario del Reich Hans Reiter.[24] Altri fondi venivano forniti dal Consiglio di ricerca del Reich (RFR)[25].

Organigramma dello RHF[modifica | modifica wikitesto]

Il personale dello RHF era composto da esperti razziali, infermieri, medici, genealogisti, fotografi, stenodattilografi e altro personale ausiliario:

  • Robert Ritter (capo, medico, "Gruppo di lavoro volante");
  • Eva Justin (infermiera, vice di Ritter, "Gruppo di lavoro volante");
  • Sophie Ehrhardt (antropologa, "Gruppo di lavoro volante");
  • Adolf Würth (antropologo, "Gruppo di lavoro volante");
  • Gerhart Stein (medico, militante delle SA, "Gruppo di lavoro volante");
  • Karl Moravek (antropologo, "Gruppo di lavoro volante")[26][27];
  • Ruth Kellermann, nata Hesse (razzista e folklorista, "Gruppo di lavoro volante")[28];
  • Mrs Callies(s), folklorista[29];
  • Ruth Helmke, genealogista[30][31];
  • Signora Betz[32];
  • Signorina Olboeter[33];
  • Signora Lützkendorf[34];
  • Signora Plonz[34];
  • Signora Kraus[34];
  • Signorina von Witzenmleben[34];
  • Hans Wetzel[35];

Würth e Justin si concentrarono sui sinti, mentre Ehrhardt si focalizzò sui sinti della Prussia orientale fino al 1942. Morawek e, dopo la sua morte in guerra, Justin si occupavano dei rom, mentre Kellermann dei lalleri e dei rom[36].

Altri collaboratori[modifica | modifica wikitesto]

Karin Magnussen, in seguito insegnante nello Stato di Brema, si faceva inviare da Josef Mengele gli occhi di alcuni bambini sinti uccisi, se erano gemelli e avevano il colore degli occhi eterocromatico. In precedenza erano stati condotti degli esperimenti su alcuni occhi umani. Nascose gli occhi conservati fino al 1990.

Ricerca sugli zingari[modifica | modifica wikitesto]

Sviluppo dell'"Archivio dei clan zingari", le indagini a livello nazionale nel 1937-1940[modifica | modifica wikitesto]

Secondo Ritter e lo RHF, i "meticci" erano particolarmente pericolosi per una "sana comunità nazionale". Ritter sosteneva che il 90% degli "zingari" erano "meticci" e che ci si poteva basare su "studi criminologici su larga scala" che dimostravano un "grado di criminalità molto più elevato" tra gli "zingari di sangue misto" rispetto agli "zingari migranti di sangue puro".[37]

Questa tesi si fondava sul postulato etnico-razziale di uno stile di vita indigeno "nomade" degli "zingari", il solo "appropriato per la specie". I membri sedentari e quindi "degenerati", che erano la minoranza, dovevano aver contratto "matrimoni misti" con membri "degenerati" della maggioranza ed essere diventati criminali. In realtà, "gli studi citati da Ritter non esistevano"[38]. La tesi della nocività della miscegenazione era stata uno degli assunti di base degli igienisti razziali almeno a partire dall'opera paradigmatica di Eugen Fischer del 1913 Die Rehobother Bastards und das Bastardierungsproblem beim Menschen.[39] Questa tesi centrale dei biologi ereditari - non solo per quanto riguarda i gruppi di persone riassunti all'epoca nel termine "zingaro" - risulta tanto assurda quanto discutibile; è l'applicazione della teoria ereditaria della salute come teoria guida della conoscenza.[40] Secondo Michael Zimmermann, nonostante gli sforzi, Ritter e il centro di ricerca dovettero ammettere che «non esisteva una costituzione fisica uniforme degli zingari e che, di conseguenza, le loro "caratteristiche fisiche" e i "sintomi della malattia" non potevano essere correlati con il loro presunto "comportamento criminale"». Karl Morawek, che lavorò nello RHF nel 1939-1940, notò persino "influenze nordiche" nelle sue misurazioni e determinazioni del colore dei 113 rom del Burgenland. Quindi il tentativo di costruire per gli zingari una razza basata su caratteristiche biologiche fu presto abbandonato[41].

A partire dall'inverno 1937-1938, i "gruppi di lavoro volanti" dello RHF setacciarono "i campi di baracche e i quartieri poveri"[42] - ma non solo - e registrarono per la prima volta 2.400 "zingari".[42] Le persone interessate furono convocate dalla polizia per un esame razziale[43] o visitate nelle prigioni, come dimostrano i rapporti di lavoro e le liste giornaliere dello RHF. I dati personali ottenuti costituirono la base dell'"Archivio dei clan zingari" dello RHF.

1938: il decreto di Himmler per "combattere la peste degli zingari" assicura l'esistenza dello RHF[modifica | modifica wikitesto]

L'8 dicembre 1938 Heinrich Himmler emanò un decreto "relativo alla lotta contro la peste zingara", per il quale lo RHF aveva svolto un lavoro preparatorio, ordinando di "regolamentare la questione zingara sulla base della natura di questa razza".[44] Lo RHF fu incaricato di redigere le "perizie", per le quali fu retribuito dall'Ufficio di Polizia criminale del Reich con 5 ℛℳ per ogni perizia.[45]

I pareri degli esperti[modifica | modifica wikitesto]

Numero consecutivo delle perizie della Rassenhygienische Forschungsstelle. La linea temporale inizia con la deportazione di maggio. In giallo, il periodo in cui fu gestito il campo zingari di Auschwitz.

Un risultato tangibile della registrazione e dello sviluppo dello Zigeunersippenarchiv furono le Gutachtliche Äußerungen (dichiarazioni degli esperti), firmate da Ritter, Justin o Ehrhardt[46]. Si trattava di un modulo di una pagina in cui "sulla base dei documenti dell'archivio dei clan zingari del centro di ricerca" e degli "studi razziali dei clan effettuati fino ad oggi"[47], oltre ai dati personali, veniva inserita solo una valutazione come "zingaro" o "zingaro bastardo", senza alcun riferimento al metodo usato per la valutazione né annotazione dei tratti distintivi o dei valori misurati.

Il numero di perizie crebbe negli anni. Il 4 febbraio 1942 Ritter scrisse al DFG che erano stati completati 15.000 "casi di zingari"[48]; il 23 marzo 1943 i casi erano saliti a 21.498.[49] Il trattamento nell'Altreich e nell'Ostmark era quindi da considerarsi "approssimativamente completato",[50] ma in un rapporto di Ritter al DFG del 30 gennaio 1944 il numero aumentò a 23.822 tra "zingari" e "ibridi zingari".[51] Ciò corrisponde alla numerazione presumibilmente consecutiva delle "dichiarazioni degli esperti" (il numero 2543 è del 14 luglio 1941,[52] il 6848 del 14 gennaio 1942,[53] il 15.061 del 17 aprile 1942,[54] il 16.468 del 27 aprile 1942,[55] il 17.691 del 14 ottobre 194?[56], il 21.323 del 25 febbraio 1943,[57] il 21.732 del 27 maggio 1943,[58] il 23.034 del 29 marzo 1944[59] il 23.986 del 26 agosto 1944[60]). Colpisce il fatto che durante la deportazione del maggio 1940 risultavano già esaminate 2.300 persone, ma la perizia 2543 fu emessa solo nel 1941.

Dal 1941 in poi la necessità di queste perizie aumentò, perché l'11 febbraio 1941 l'Alto comando della Wehrmacht aveva emanato un nuovo decreto che regolava l'esclusione degli "zingari" dalle forze armate (esercito, marina e aviazione). A tal fine l'Ufficio di Polizia criminale del Reich (RKPA) doveva compilare le apposite liste di registrazione, suddivise in "zingari purosangue" e "zingari bastardi", con l'indicazione del luogo di nascita e dell'indirizzo[25].

Da metà del 1940 le valutazioni individuali calarono sensibilmente. Il numero aumentò quando, a partire dal febbraio 1943, furono effettuate le deportazioni di massa nel campo zingari di Auschwitz, appositamente istituito in seguito al decreto Auschwitz del dicembre 1942. Il numero risultante a Ritter - 23.822 casi completati dal 30 gennaio 1944 - supera del 14% il numero di prigionieri nel campo zingari di Auschwitz citato altrove[61].

Anche prima del 1940 lo RHF registrava ed esaminava i prigionieri nei campi di concentramento come quello di Buchenwald[62].

Deportazione del 1940[modifica | modifica wikitesto]

Deportazione nel maggio 1940, i sinti sorvegliati dalla polizia nella fortezza di Hohenasperg (foto dello RHF).
Deportazione di maggio 1940: i sinti vengono condotti dalla polizia attraverso il villaggio (foto dello RHF).
Deportazione di maggio 1940: treno diretto al Governatorato Generale (foto dello RHF).

Dopo l'invasione della Polonia, il 21 settembre 1939 a Berlino si tenne una conferenza dello RSHA sulla politica razziale da seguire.[63] I rappresentanti dello RHF parteciparono a questa e ad altre riunioni dello RSHA nell'autunno 1939. Su suggerimento dello RHF, la deportazione fu rinviata alla primavera del 1940.[64] Ad ottobre 1939 l'Ufficio di Polizia criminale del Reich ordinò la compilazione delle liste per la deportazione.[65] Oltre alle idee razziste dello RHF, un ulteriore pretesto a favore della deportazione dei sinti e dei rom dal confine occidentale in maggio fu il sospetto spionaggio[66].

Poco prima della deportazione, in una conferenza sullo "ziganismo" davanti agli ufficiali di polizia di Brema, Ritter accennò all'imminente trasferimento forzato.[67] Nella notte tra il 15 e il 16 maggio 1940, 2.500 "zingari" furono radunati ad Amburgo, Colonia e la fortezza di Hohenasperg, da cui partirono per il Governatorato Generale.[68] Nei tre punti di raccolta venivano esaminati dai dipendenti dello RHF, che conoscevano bene anche i "dossier zingari" della polizia e la struttura dei "centri zingari" della polizia e portavano con sé i relativi documenti.[69] Al punto di raccolta della fortezza di Hohenasperg della deportazione si occupò Josef Eichberger del "Centro del Reich per la lotta allo ziganismo".[70]

I dipendenti dello RHF decidevano il destino dei detenuti classificandoli come "zingari", "bastardi zingari" o "non zingari". Chi veniva definito "non zingaro" poteva tornare a casa (a Hohenasperg lo furono solo 22 persone).[68] Secondo il rapporto della polizia, il dipendente dello RHF Adolf Würth si era "inizialmente opposto", cioè aveva valutato alcune persone come "non zingari", ma dato che "Adam M. è sposato con una Z. e non è in alcun modo in grado di dimostrare la sua ascendenza di sangue tedesco, è stato anch'egli etichettato come Z.M. ed evacuato"[71]; "Z" è l'abbreviazione di "zingaro", "Z.M." di "zingaro bastardo".

Dopo la deportazione di maggio vennero redatti rapporti per ottimizzare le future deportazioni, ai quali il personale dello RHF contribuì con le proprie informazioni.[72]

Lo RHF fa il punto della situazione[modifica | modifica wikitesto]

Registrazione nel campo di Neumünster (foto dello RHF).

Presumibilmente a metà del 1940 lo RHF riportava il numero di "zingari" per regione, compresi quelli che erano già stati "reinsediati", cioè deportati, nel Governatorato Generale:[73]

Bilancio
Regione Rimanenti Trasferiti
Prussia Orientale 2.500
Pomerania 870
Meclemburgo/Lubecca 320
Grande Berlino 1.930
Kurmark 200
Slesia 530
Sassonia 220
Baviera 300
Württemberg/Hohenzollern 1.000
Baden 500 150
Saarpfalz 140 160
Assia-Nassau
Assia
1.220 180
Colonia/Aquisgrana
Coblenza/Treviri
400 600
Düsseldorf
Essen
1.200 330
Hannover
Sud Hannover/Braunschweig
820 130
Weser/Ems 550 30
Schleswig-Holstein
Amburgo/Nord Hannover
750 750
Ostmark 13.000
Sudetenland 900
Totale 29.900 2.330

I risultati della valutazione sono scioccanti: «Un totale di circa 15.000 persone provenienti dalla Germania sono state uccise come "zingari" o "zingari bastardi" tra il 1938 e il 1945», di cui circa 10.500 sterminate ad Auschwitz-Birkenau.[74]

Valutazione di Georg Elser (1939)[modifica | modifica wikitesto]

Georg Elser è stato esaminato dallo RHF per conto di Arthur Nebe (Busto di Kay Winkler).

Fin dal 1936 Ritter lavorò a stretto contatto con Arthur Nebe (capo dell'Ufficio V dell'Ufficio principale di sicurezza del Reich dal 1937); alle riunioni era spesso presente Würth.[72] Su incarico di Nebe, lo RHF indagò su Georg Elser per aver messo in atto un attentato ad Adolf Hitler l'8 novembre 1939. Nebe aveva sospettato che Elser fosse uno "zingaro". Gli investigatori dello RHF erano Justin e Würth.[72]

Prima della deportazione ad Auschwitz[modifica | modifica wikitesto]

Pochi giorni prima della deportazione nel campo zingari di Auschwitz, nella primavera del 1943, come ricordano i sinti sopravvissuti Kurt Ansin e Otto Weinlich nelle conversazioni con Reimar Gilsenbach del 1965, Robert Ritter, accompagnato da Eva Justin, visitò il campo zingari di Holzweg a Magdeburgo per completare i "dossier zingari". Alcune copie in carta carbone dei dossier si trovano nei "fascicoli personali degli zingari" conservati presso l'Archivio di Stato di Magdeburgo.[75]

Biologia criminale nella popolazione maggioritaria[modifica | modifica wikitesto]

Su raccomandazione dello RSHA e dell'Ufficio principale per le razze e gli insediamenti, Ritter divenne capo dell'"Istituto biologico criminale della polizia di sicurezza e dell'SD" (KBI) nel dicembre 1941,[18][76] mentre il lavoro dello RHF continuava senza sosta. Uno dei compiti del KBI era quello di creare un archivio di "tutti i clan asociali e criminali"[77], Ritter e il suo staff cercarono di estendere i metodi di igiene razziale "provati e testati" della loro "ricerca sugli zingari" ad altri gruppi di popolazione. I documenti superstiti del KBI danno solo un'idea inadeguata dello scopo dell'istituto.

Campo di protezione dei giovani[modifica | modifica wikitesto]

Il Centro di Ricerca Ritter era responsabile, tra l'altro, della valutazione forense-biologica e razziale-igienica dei detenuti dei campi di concentramento per giovani, che venivano chiamati "campi di protezione della gioventù" o "campi di detenzione per giovani" con un eufemismo nazionalsocialista.[18] Lo scopo del lavoro era quello di "vagliare i detenuti in base agli aspetti criminologici, promuovere quelli che erano ancora in grado di vivere in comunità in modo che potessero svolgere il loro ruolo nella comunità nazionale e mantenere quelli che non erano educabili fino alla loro collocazione definitiva altrove (in sanatori e case di cura, centri di detenzione, campi di concentramento, ecc.) utilizzando la loro forza lavoro".[18] Uno di questi campi fu il campo di concentramento di Moringen, istituito nel giugno 1940, visitato frequentemente da Ritter.[78]

Il Memoriale del campo di Moringen descrive la funzione del campo:"Dal 1941, il campo di concentramento giovanile fu un campo di sperimentazione della politica razziale nazista. I cosiddetti biologi criminali - sotto la guida del dottor Robert Ritter - cercarono di dimostrare le loro teorie sull'ereditarietà della "criminalità" e dell'"asocialità" conducendo studi pseudo-scientifici sui ragazzi imprigionati. Nel quadro della biologia razziale nazista, le basi "scientifiche" create a Moringen dovevano essere utilizzate come giustificazione razzista per lo sterminio o la sterilizzazione di interi gruppi di popolazione in Germania e nei territori occupati. Le cavie erano i giovani prigionieri".[79]

Ritter sviluppò la struttura del sistema a blocchi e valutò gli Zöglinge per i singoli blocchi:

  • Blocco D: fallimenti permanenti 10-15%;
  • Blocco E: educabile 5-8%;
  • Blocco F: discutibile o educabile 20-25%;
  • Blocco G: insuccessi occasionali 10-15%;
  • Blocco S: disgregativo (i prigionieri lo interpretavano come un blocco di punizione) 5-10%;
  • Blocco U: non idoneo 5-10%[80].

I prigionieri avevano un'età compresa tra i 16 e i 21 anni, la maggior parte aveva tra i 19 e i 20 anni.[81] Al 1° gennaio 1943, 106 "Zöglinge" erano stati rilasciati "dopo aver completato l'istruzione nel campo", 70 dei quali erano stati assegnati alla Wehrmacht o al Servizio del Lavoro del Reich, 25 a istituzioni gestite dalle autorità assistenziali, 11 a lavori regolari; 42 furono rilasciati come "non educabili", di cui 12 nei campi di concentramento e 30 in sanatori e case di cura.[82] La tubercolosi scoppiò più volte nel campo a causa delle condizioni desolate, e brutalità come percosse, privazione del cibo, punizioni e molestie di ogni tipo, o pinze per il pene per chi faceva la pipì a letto, erano parte del programma di punizione seguito abitualmente.[83] Fino alla chiusura del campo, nel marzo 1945, ci furono 56 morti, un prigioniero fu ucciso dalle guardie delle Waffen-SS durante la fuga e uno fu picchiato a morte durante un'azione punitiva.[84] Gli "zingari" tra i prigionieri di Moringen furono deportati nel campo di concentramento di Auschwitz nel 1943.[85]

I campi di protezione della gioventù erano controversi tra gli operatori, come dimostra la riluttanza a trasferire gli "Zöglinge" in alcune regioni; la mancanza di utilizzo delle capacità dovette essere compensata da linee guida più severe da parte del Ministero degli Interni del Reich.[86] In pratica, questi campi divennero anche campi di punizione per i giovani non conformisti e politicamente sospetti.[87] Un nuovo blocco ST (blocco Stapo) nel 1943/1944 comprendeva circa 120-180 singoli delinquenti politici, per lo più ragazzi di Amburgo, e dal 1944 anche figli di partigiani sloveni.[88] Dei 1231 "Zöglinge" che vi furono imprigionati nel luglio 1944, l'omosessualità fu il motivo dell'imprigionamento in 90 casi e le dichiarazioni antistatali in 92 casi.[89]

Il campo femminile di Uckermark aveva un sistema di blocchi meno differenziato, poiché il "tipo di ragazze asociali trascurate" era "più uniforme".[90] In entrambi i campi c'era un lavoro obbligatorio di 8-10 ore al giorno.[91][92] Moringen generò diverse centinaia di migliaia di ℛℳ, anche tenendo conto di tutti i costi, comprese le guardie.[92]

Secondo Paul Werner, capo dell'Ufficio per la prevenzione e la politica criminale e rappresentante di Arthur Nebe nella RSHA, i campi erano più adatti al "pessimo materiale umano", la cui "depravazione" era "biologicamente determinata", che alle normali strutture pubbliche di assistenza ai giovani.[93] I "campi di protezione della gioventù" e gli esami biologici forensi furono vietati nel 1945 in una delle prime direttive alleate.[94] Le autorità tedesche non equipararono il campo di Moringen ai campi di concentramento per il periodo dal 15 agosto 1940 al 9 aprile 1945 e quello di Uckermark per il periodo dal 1° giugno 1942 al 20 aprile 1945.[95]

Lavorare con i Testimoni di Geova e gli jenish[modifica | modifica wikitesto]

Triangolo viola usato per i Testimoni di Geova (Bibelforscher).

Nell'inverno 1943-1944, gli assistenti di Ritter iniziarono a indagare sul "valore ereditario"[96] e sull'"origine dei clan" dei Testimoni di Geova nel campo di concentramento di Ravensbrück. Rimane poco chiaro se Ritter volesse utilizzare questa indagine per giustificare la persecuzione dei Testimoni di Geova per motivi razziali[97] o se, al contrario, volesse documentare "caratteristiche razziali positive" che avrebbero legittimato un miglior trattamento dei Testimoni di Geova prigionieri a cui Himmler ambiva.[98][99]

Nella misura in cui lo RHF registrò anche gli Jenisch per un Landfahrersippenarchiv, introdotto insieme allo Zigeunersippenarchiv, li assunse nella categoria dei "non zingari" seguendo i criteri ereditari-biologici. La valutazione di Ritter dello jenish come "inferiore" e la sua richiesta di segregazione non prevalsero a livello di standardizzazione. La loro assenza nelle successive standardizzazioni è considerata una "prova indiscutibile" del fatto che "Ritter non riuscì a convincere i legislatori che gli jenish costituivano un gruppo razziale-igienico rilevante e una minaccia".[100] Solo dopo il completamento dell'"archivio dei clan zingari", la categorizzazione razziale come prerequisito per le deportazioni di sterminio era ormai data e lo RHF iniziò a registrare le famiglie jenish insieme alle famiglie non rom "itineranti" nel Landfahrersippenarchiv. Non si andò oltre ai limitati inizi regionali.[101]

Dopo il 1945[modifica | modifica wikitesto]

L'eredità dello RHF[modifica | modifica wikitesto]

Negli anni Ottanta ci furono alcune controversie politiche tra il movimento per i diritti civili e le autorità statali sulla collocazione degli archivi dello RHF, accompagnate da una copertura mediatica nazionale e internazionale,[102] con controversie penali, disciplinari e civili. I documenti sono arrivati all'Archivio federale solo nel 1980, a più di 35 anni di distanza dalla scomparsa dello RHF. Già prima della fine della guerra, una quantità considerevole di fascicoli e materiali dello RHF fu portata via da Berlino dai suoi dipendenti.[103] Una parte di essi, la cui ubicazione rimane tuttora poco chiara, fu inviata nel Meclemburgo,[103] un'altra a Winnenden, nell'attuale Baden-Württemberg.[103] Nel Meclemburgo, la filiale dello RHF si trovava vicino ai campi di concentramento, a Winnenden era un sanatorio.

Nel 1947, Sophie Ehrhardt (ex RHF), che dal 1942 era membro dell'Istituto di biologia razziale dell'Università di Tubinga, ricevette parte del materiale esistente.[103] Poco dopo la consegna, lo elaborò, ad esempio per quanto riguarda le creste della pelle e i modelli delle creste delle dita.[104] Questa sua ricerca portò a diverse pubblicazioni in cui mancano però le informazioni sull'origine del materiale trattato.[105] I suoi studi di genetica delle popolazioni zingare basati sul materiale dello RHF furono finanziati dalla DFG tra il 1966 e il 1970.[106] Dopo che il nuovo direttore dell'Istituto antropologico di Tubinga, Horst Ritter, emise un divieto per il trattamento dei dati nel 1969, il materiale fu consegnato all'Istituto antropologico di Magonza.[104][107] Il 21 maggio 1949, Eva Justin (ex RHF) consegnò altri fascicoli e materiali all'Ufficio di Polizia Criminale di Monaco di Baviera, dove dal 1946 esisteva una "Landfahrerzentrale":[103] la Landfahrerzentrale di Monaco di Baviera era gestita da "esperti di zingari" dell'ex Reichszentrale zur Bekämpfung des Zigeunerunwesens dell'ex RSHA.[107][108] Presumibilmente qui c'erano conoscenze personali del Terzo Reich.[107]

Gli alberi genealogici insieme all'altro materiale dello RHF giunsero all'ufficiale medico di Landau Hermann Arnold a partire dagli anni '50.[109][110] Nel 1960, il materiale dell'Ufficio di Polizia Criminale dello Stato bavarese fu consegnato ad Arnold con il consenso del Ministero degli Interni dello Stato bavarese. Infatti aveva dichiarato di essersi occupato di studi socio-biologici, in particolare sugli zingari, fin dal 1947.[107][108] La Landfahrerstelle della polizia di Monaco fu sciolta nel 1970 perché fuorilegge.[111] Nel 1972, Arnold consegnò anche il materiale genealogico all'Istituto antropologico dell'Università di Magonza, unendo così le due parti conosciute per la prima volta dopo il 1945.[107]

Nel 1979, una lettera della Società per i Popoli Minacciati richiamò l'attenzione dell'Archivio Federale sul luogo in cui si trovavano i fascicoli dell'Ufficio Sanitario del Reich.[107][112] L'Archivio Federale ispezionò i fascicoli a Magonza e dichiarò che i materiali dovevano essere trasferiti al più presto nei magazzini dell'Archivio Federale perché rientravano indiscutibilmente nella sua area di competenza.[107] In circostanze non del tutto chiare, i fascicoli furono trasferiti all'Archivio dell'Università di Tubinga il 19 giugno 1980, perché lì potevano essere "valutati scientificamente" da Sophie Ehrhardt.[107]

Un archivista dell'Archivio federale ha scritto:"Il Consiglio centrale dei Sinti e dei Rom tedeschi pose fine a questa situazione archivistica e politicamente insostenibile con un'azione spettacolare. Il 1° settembre 1981, Sinti e Rom occuparono gli archivi universitari di Tubinga. Hanno imposto l'immediata consegna dei documenti, hanno portato i fascicoli a Coblenza la notte stessa e, a mezzanotte, sono riusciti a farli accettare immediatamente e incondizionatamente nelle pile dell'Archivio federale, senza alcuna misura di valutazione archivistica. Da allora sono archiviati come materiale d'archivio statale di cui l'Archivio federale è responsabile".[113] Ciò che resta dei fascicoli conservati nell'Archivio federale comprendono oggi 14 metri lineari di spazio a scaffale in 338 unità archivistiche (AE). Di queste, il materiale morfologico rappresenta 45 AE, le fotografie, comprese le pellicole negative 30 AE, le diapositive 30 AE, le stampe 9 AE, il materiale genealogico 172 AE, le miscellanee 14 AE, la corrispondenza 1936-1939 8 AE, gli indici alfabetici, compresi gli indici degli estratti 1734-1808, 1815-1938 21 AE, gli indici alfabetici e numerici ausiliari 9 AE. La "collezione degli zingari" consegnata all'Archivio federale da Arnold conteneva anche più di un metro di scaffale di documenti RHF ordinati.[114]

Molte parti dei fascicoli ora conservati negli Archivi Federali sono mancanti, comprese le circa 24.000 perizie che lo RHF aveva preparato. Manca anche la corrispondenza con le autorità di polizia, che in origine doveva essere più ampia e che può essere provata dalla documentazione conservata. Il rinvio e la presumibile distruzione deliberata di parti dei documenti e il loro continuo utilizzo per scopi di polizia o di ricerca non è solo un problema morale, ma ha certamente ostacolato anche il perseguimento dei colpevoli e la restituzione delle vittime.

Procedimento penale contro i dipendenti dello RHF[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1948, la Procura di Francoforte sul Meno aprì un'indagine preliminare contro Ritter e Justin. Il procedimento contro Justin fu archiviato per mancanza di prove.[59] Nel caso di Ritter, la Procura seguì la sua argomentazione secondo cui aveva già interrotto le ricerche razziali prima del decreto Auschwitz del 1942 e non poteva quindi avere nulla a che fare con le deportazioni. Anche questo caso fu archiviato.[59] Non seguirono altri procedimenti fino alla morte di Ritter nel 1951. Nel 1959 fu aperto un ulteriore procedimento penale contro Justin, in cui lo ziganologo Herrmann Arnold scrisse la perizia di discolpa e assolse Justin da qualsiasi coinvolgimento nella "persecuzione degli zingari".[115] Il procedimento fu interrotto nel 1960 e Justin morì nel 1966 senza che vi fossero ulteriori procedimenti.[115]

Il primo procedimento penale contro Würth ed Ehrhardt fu aperto dalla Procura di Colonia nel 1961 e interrotto nel 1963,[116] un secondo fu anch'esso interrotto nel 1986.[115][117][118] Il perito che lo scagionò in questo procedimento fu Hans Wilhelm Jürgens.[119]. L'ultimo procedimento penale contro un dipendente dello RHF fu aperto contro Kellermann nel 1984 e interrotto nel 1989, poiché non fu possibile dimostrare un coinvolgimento indiretto nelle deportazioni, comprese quelle verso Auschwitz, e la Procura ritenne che non fosse in grado di valutare che il suo lavoro fosse al servizio del genocidio.[120] Non si sa nulla dei procedimenti professionali contro i medici Ritter, Stein e Würth. La Società tedesca di antropologia rifiutò di espellere Ehrhardt a metà degli anni Novanta.

Commemorazione[modifica | modifica wikitesto]

Il 29 marzo 2019 è stata eretta una stele dedicata alle vittime, davanti all'edificio: ricorda il lavoro di "biologia razziale", presupposto per la persecuzione e l'uccisione di Sinti e Rom, svolto in questo centro di ricerca nazista. Il disegno artistico è stato realizzato da Karin Rosenberg.[121]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Das Reichsgesundheitsamt im Nationalsozialismus, su bfr.bund.de, 11 settembre 2001.
  2. ^ a b Henke, p. 66.
  3. ^ a b Bestandsbeschreibung des Bundesarchivs
  4. ^ Bestandsbeschreibung des Bundesarchivs R 165, su invenio.bundesarchiv.de.
  5. ^ Gernot Haupt, Antiziganismus und Sozialarbeit, Berlino, Frank & Timme, 2006, p. 124.
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  7. ^ Hohmann, pp. 17-19
  8. ^ a b c Hohmann, p. 135
  9. ^ Robert Ritter: Erbbiologische Untersuchungen innerhalb eines Züchtungskreises von Zigeunermischlingen und „asozialen Psychopathe“. In: Hans Harmsen, Franz Lohse Hgg.: Bevölkerungsfragen. Bericht des Internationalen Kongresses für Bevölkerungswissenschaft. Berlin 26. August – 1. September 1935. München 1936, S. 713–718.
  10. ^ Hohmann, p. 136
  11. ^ a b Zimmermann 2004, S. 294.
  12. ^ a b Zimmermann 2004, S. 305.
  13. ^ Robert Ritter: Zur Frage der Rassenbiologie und Rassenpsychologie der Zigeuner in Deutschland. In: Reichs-Gesundheitsblatt Nr. 22/1938, dokumentiert In: Joachim S. Hohmann.: Zigeuner und Zigeunerwissenschaft 1980, S. 205.
  14. ^ Hohmann, pp. 29, 31
  15. ^ Robert Ritter: Primitivität und Kriminalität. In: Monatshefte für Kriminalbiologie und Strafrechtsreform. Heft 9/1940, S. 15.
  16. ^ Robert Ritter: Die Aufgaben der Kriminalbiologie und der kriminalbiologischen Bevölkerungsforschung. In: Kriminalistik 4/1941. S. 38.
  17. ^ Briefkopf Gutachterliche Äußerung 2543 vom 14. Juli 1941, wiedergegeben bei Gilsenbach 1993, S. 188; Briefkopf Gutachterliche Äußerung 16468 vom 27. April 1942, wiedergegeben bei Gilsenbach 1988, S. 108; Briefkopf Gutachterliche Äußerung 17691 vom 14. Oktober 194?, wiedergegeben bei Hase-Michalik/Kreuzkamp S. 83.
  18. ^ a b c d Dietmar Sedlaczek, Das Jugend-KZ Moringen (PDF), Moringen, 2004 (archiviato dall'url originale il 15 febbraio 2010).
  19. ^ Hohmann, p. 30. Hohmann fornisce una data diversa per quanto riguarda l'inizio del 1942.
  20. ^ Robert Ritter: Das Kriminalbiologische Institut der Sicherheitspolizei. In: Kriminalistik 11/1942. S. 117–119.
  21. ^ Bericht zur Abschlusskonferenz am 30. und 31. Januar 2008 in Berlin (PDF), p. 57 (archiviato dall'url originale l'11 giugno 2021).
  22. ^ Müller-Hill 1988, S. 15, weitere Förderungen 1938; 1500 RM ebd. S. 16, 194X 15.000 RM ebd. S. XY, daneben wurde Ausrüstung (Fotoapparate, anthropometrische Messgeräte) an Ritter entliehen.
  23. ^ Hohmann, p. 140. 1935: 1500 RM für die erbbiologischen Untersuchungen an den vor Ritter als versteckte „Zigeunerpopulation“ verdächtigten Würtemberger
  24. ^ Hohmann, p. 140f.
  25. ^ a b Bericht zur Abschlusskonferenz am 30. und 31. Januar 2008 in Berlin (PDF), p. 72 (archiviato dall'url originale l'11 giugno 2021).
  26. ^ nach Müller-Hill 1988, S. 156f.
  27. ^ (DE) Dokumente zur Erfassung, Ausgrenzung und Deportation der Leipziger Sinti und Roma im Nationalsozialismus (PDF), su weiterdenken.de (archiviato dall'url originale l'11 febbraio 2014).
  28. ^ Paul Behrens, Prozeß: „Vollzigeuner und Mischlinge“, in Die Zeit, 1986.
  29. ^ nach Ritter Bericht an Reichsforschungsrat BA R 73 14005, Schreiben vom 5. November 1942, Bericht an DFG 23. März 1943
  30. ^ Hohmann, pp. 68, 214, 257.
  31. ^ nach Ritter Bericht an Reichsforschungsrat BA R 73 14005, Schreiben vom 5. November 1942
  32. ^ nach Ritter Bericht an Reichsforschungsrat BA R 73 14005, Schreiben vom 6. März 1944
  33. ^ nach Ritter Bericht an Reichsforschungsrat BA R 73 14005, Schreiben vom 6. März 1944, an DFG 23. März 1943
  34. ^ a b c d nach Ritter Bericht an DFG 23. März 1943
  35. ^ Katrin Reemtsma, Exotismus und Homogenisierung - Verdinglichung und Ausbeutung. Aspekte ethnologischer Betrachtungen der Zigeuner in Deutschland nach 1945 (PDF), in Baustein „Zwischen Romantisierung und Rassismus“ Sinti und Roma 600 Jahre in Deutschland, Stuttgart, 1998, pp. 63-68.
  36. ^ Tobias Joachim Schmidt-Degenhard: Robert Ritter (1901–1951). Zu Leben und Werk des NS-„Zigeunerforschers“. (Diss. Tübingen) 2008, S. 194.
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  38. ^ Volker Berbüsse: Das Bild der „Zigeuner“ in deutschsprachigen kriminologischen Lehrbüchern. In: Jahrbuch für Antisemitismusforschung. 1 (1992), Frankfurt (Main)/New York 1992, S. 122, 146.
  39. ^ Peter Weingart, Jürgen Kroll, Kurt Bayertz: Rasse, Blut und Gene. Geschichte der Eugenik und Rassenhygiene in Deutschland. Frankfurt a. M. 1992, hier S. 102.
  40. ^ Vgl. hierzu etwa ausdrücklich im Kontext des Antiziganismus Erich Renner: Zur Geschichte und Beheimatung der Pfälzer Zigeuner. In: Pfälzer Heimat. 40 (1988), Nr. 3, S. 113–123.
  41. ^ Zimmermann, p. 132.
  42. ^ a b Robert Ritter: Zigeuner und Landfahrer. In: Bayrischer Landesverband für Wanderdienst (Hrsg.): Der Nichtsesshafte Mensch. Zitiert nach: Fings, Sparing 1992, S. 51.
  43. ^ Beispiel belegt in Uwe Jens Wandel: Die Schorndorfer Familie Guttenberger. In: Heimatblätter. Jahrbuch für Schorndorf und Umgebung. Bd. 7, 1989; zitiert nach: Studienkreis Deutscher Widerstand 1933–1945 e. V.: Selbstbehauptung und Widerstand von Sinti und Roma im Nationalsozialismus. Information Nr. 58, November 2003.
  44. ^ Zimmermann, p. 126.
  45. ^ Zimmermann, p. 148.-- „Ausführungsanweisung“ des RKPA dazu, vom 1. März 1939, als Auszug im Lemma Porajmos
  46. ^ Rose 1988, S. 130f.
  47. ^ testo del modulo
  48. ^ Bericht an die DFG nach Müller-Hill 1988, S. 21.
  49. ^ Bericht an die DFG nach Müller-Hill 1988, S. 23, 62.
  50. ^ Bericht an die DFG nach Müller-Hill 1988, S. 62.
  51. ^ Bericht an die DFG nach Müller-Hill 1988, S. 23; Hohmann, p. 209.
  52. ^ wiedergegeben bei Gilsenbach 1993, S. 188.
  53. ^ Google-Ergebnis für http://1.bp.blogspot.com/-qgVJILGU6L4/UJrlFayhZzI/AAAAAAAAAxo/qa1MbUDdHfg/s1600/stojan-lassisch-gutachten100~_v-image360h_-ec2d8b4e42b653689c14a85ba776647dd3c70c56%255B1%255D.jpg (JPG), in google.de.
  54. ^ Asta Hemmerlein, Eva Justin: Das schreckliche „rote Mädchen“, su haGalil.com.
  55. ^ Gilsenbach 1988, S. 108.
  56. ^ Hase-Michalik/Kreuzkamp S. 83.
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  59. ^ a b c Rose 1988, S. 130.
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  62. ^ Harry Stein (1999): Konzentrationslager Buchenwald 1937–1945. (Gedenkstätte Buchenwald) Wallstein Verlag S. 74–76.
  63. ^ Rose 2003, S. 90; Zimmermann, p. 169.
  64. ^ Interview Würth mit Müller-Hill 1988, S. 153.; Hans-Joachim Döring: Die Motive der Zigeuner-Deportation vom Mai 1940. In: Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte 1959/4 (PDF 5,5 MB) S. 428, gibt unkritisch eine Schutzbehauptung Ritters aus seinem Strafverfahren wieder (STA Frankfurt/M. 55/3 Js 5582/48). Ritter behauptet hier „… er sei nie über Zigeuner betreffende Maßnahmen, Einweisungen in Konzentrationslager usw. unterrichtet worden, habe jedoch von dem Befehl zu einer Umsiedlung der Zigeuner nach Polen im Winter 1939/40 gehört und sei gegen dieses Vorhaben angegangen, was ‚nicht ohne Erfolg‘ geblieben sei.“ Die Darstellung seines Mitarbeiters Würth widersprach hier seinem ehemaligen Chef nicht nur, sondern sprach von Ritters direkter, persönlicher Beteiligung an der Planung, mit Einfluss auf den Zeitpunkt der Deportation. Die von Reinhard Heydrich im Protokoll der Sitzung angegebene Zahl von 30.000 „Zigeunern“ im Reichsgebiet spricht ebenfalls für eine Beteiligung, die gleiche Zahl wird von Ritter erst 1941 veröffentlicht. Döring ebd. S. 426.
  65. ^ Buch: Hans-Joachim Döring, Die Zigeuner im Nationalsozialistischen Staat. 1962. Darin sind auch die Richtlinien für die Umsiedlung von Zigeunern (Erster Transport aus der westlichen und nordwestlichen Grenzzone) vom 27. April 1940 enthalten. Alle betr. Dok. zusammen schnell zugänglich: Dokumente betreffend die „Bekämpfung der Zigeunerplage“ im Nationalsozialismus
  66. ^ 1959 diskutiert Döring diese weiteren Gründe, als wären sie je ernst gemeint gewesen. Der „Westfeldzug“ hatte am 10. Mai 1940 begonnen. Aus heutiger Sicht zeigen die bekannten Dokumente, dass es einzig und allein um die Vernichtung einer unerwünschten Volksgruppe ging
  67. ^ Hans Hesse, Jens Schreiber: Vom Schlachthof nach Auschwitz: die NS-Verfolgung der Sinti und Roma aus Bremen, Bremerhaven und Nordwestdeutschland. 1999, S. 89.
  68. ^ a b Hedwig Brüchert: Nationalsozialistischer Rassenwahn. Entrechtung, Verschleppung und Ermordung der Mainzer Juden, Sinti und geistig behinderten Menschen. (PDF; 130 kB) Mainz 2008
  69. ^ „Nach Angaben von Dr. Wirth (sic!) liegen die ortspolizeilichen Listen noch in Berlin. Ihm selbst war überhaupt nicht bekannt, daß aus dem Bereich der Leitstelle Frankfurt a. M. Zigeuner für eine Umsiedlung in Frage kamen.“ Er „ging sofort an die Begutachtung der von der Kripostelle Darmstadt eingelieferten Zigeuner. Zu diesem Zweck hatte er seine Kartei für die Kripostelle Darmstadt mitgebracht.“ Polizeibericht über die Deportation. HHStA Abt. 407/863; nach Hartmut Bohrer: „Lobenswertes Entgegenkommen der Reichsbahn“ – Die Deportation der Familie Lehmann. (PDF 120 kB). Auch Zimmermann, p. 45 erläutert Würths Arbeit in dem „Sammellager“.
  70. ^ Romani Rose, Der Abtransport ging glatt vonstatten (PDF), su landesarchiv-bw.de, Dokumentations- und Kulturzentrum Deutscher Sinti und Roma, 2010, p. 3. URL consultato il 26 dicembre 2010.
  71. ^ Polizeibericht über die Deportation. HHStA Abt. 407/863 nach Hartmut Bohrer: „Lobenswertes Entgegenkommen der Reichsbahn“ – Die Deportation der Familie Lehmann. (PDF 120 kB).
  72. ^ a b c Interview mit Würth in Müller-Hill 1988, S. 153f.
  73. ^ Tabelle nach dem Dokument wiedergegeben bei Arnold 1989/90, S. 32.
  74. ^ Zimmermann, p. 381.
  75. ^ Gilsenbach 1988, S. 110 (Fußnote 23) S. 132.
  76. ^ Hohmann, p. 30. Hohmann nomina l'inizio del 1942.
  77. ^ Decreto di fondazione del Ministro degli Interni del Reich pubblicato nel 1942, descrizione dei compiti dell'istituto da parte di Ritter nella rivista Kriminalistik (1942) secondo Wagner 1988, p. 93 e note a piè di pagina.
  78. ^ Vogt, p. 27.
  79. ^ Gedenkstätte Moringen.de (a cura di), Informationen zur Geschichte der Moringer Konzentrationslager und zur Arbeit der Gedenkstätte – Jugend-KZ 1940–1945, su gedenkstaette-moringen.de (archiviato dall'url originale il 6 giugno 2004).
  80. ^ Die Prozentzahlen entstammen unverändert einer NS Quelle und ergeben nicht 100%. nach: Vogt, p. 30.
  81. ^ Vogt, p. 31.
  82. ^ Bericht des RSHA vom 29. Juli 1943 nach Kuhlmann, p. 204.
  83. ^ Kuhlmann, p. 204f.
  84. ^ Vogt, p. 55.
  85. ^ Kuhlmann, p. 237.
  86. ^ Kuhlmann, p. 206f.
  87. ^ Kuhlmann, p. 207.
  88. ^ Vogt, p. 46f.
  89. ^ Vogt, p. 46.
  90. ^ Mitteilungsblatt des Reichskriminal-Polizeiamtes vom Januar 1945 nach Kuhlmann, p. 205f.
  91. ^ Kuhlmann, pp. 204, 206.
  92. ^ a b Vogt, p. 41.
  93. ^ Kuhlmann, p. 208.
  94. ^ Michael Hepp: Vorhof zur Hölle. Mädchen im „Jugendschutzlager“ Uckermark. In: Angelika Ebbinghaus (Hrsg.): Opfer und Täterinnen. Nördlingen 1987, S. 191.
  95. ^ Vogt, p. 26.
  96. ^ Hohmann, p. 208.
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  98. ^ Jürgen Harder, Hans Hesse: Die Zeuginnen Jehovas im Frauen-KZ Moringen: ein Beitrag zum Widerstand von Frauen im Nationalsozialismus. in: Hans Hesse (Hg.): „Am mutigsten waren immer wieder die Zeugen Jehovas.“ Verfolgung und Widerstand der Zeugen Jehovas im Nationalsozialismus. Edition Temmen, Bremen 1998. S. 55.
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  100. ^ Andrew d’Arcangelis: Die Jenischen – verfolgt im NS-Staat 1934–1944. Eine sozio-linguistische und historische Studie. Hamburg 2006, S. 312.
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  116. ^ Zwischen Romantisierung und Rassismus, su lpb-bw.de, LpB, 1998.
  117. ^ Arnold: Die NS-Zigeunerverfolgung. Ihre Ausdeutung und Ausbeutung. S. 95f.
  118. ^ Mathias Winter: Kontinuitäten in der deutschen Zigeunerforschung und Zigeunerpolitik. In: Feinderklärung und Prävention. Berlin 1988, S. 135–152. (Beiträge zur nationalsozialistischen Gesundheits- und Sozialpolitik, Bd. 6)
  119. ^ Hohmann, pp. 420s.
  120. ^ Hohmann, pp. 288, 290.
  121. ^ Einweihung einer Stele zur Erinnerung an die Verfolgung der Sinti und Roma, su parlament-berlin.de.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Ute Brucker-Boroujerdi: Die Rassenhygienische und Erbbiologische Forschungsstelle im Reichsgesundheitsamt. In: Bundesgesundheitsblatt. 32 (Sonderheft März 1989). Inventar archivalischer Quellen des NS-Staates, hrsgg. von Heinz Boberach, München 1991, Teil 1, S. 166.
  • Barbara Danckwortt, Wissenschaft oder Pseudowissenschaft? Die „Rassenhygienische Forschungsstelle“ am Reichsgesundheitsamt., in Judith Hahn (a cura di), Medizin im Nationalsozialismus und das System der Konzentrationslager. Beiträge eines interdisziplinären Symposiums., Frankfurt a. M., 2005, pp. 140-164, ISBN 3-935964-74-9.
  • Josef Henke, Quellenschicksale und Bewertungsfragen. Archivische Probleme bei der Überlieferungsbildung zur Verfolgung der Sinti und Roma im Dritten Reich (PDF), in Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte, n. 1, 1993, pp. 61-77.
  • Joachim S. Hohmann, Robert Ritter und die Erben der Kriminalbiologie. „Zigeunerforschung“ im Nationalsozialismus, Frankfurt a. M., 1991.
  • Ders.: »Persilscheine« für den Schreibtischtäter. Das Beispiel des NS-Kriminalbiologen Dr. Dr. Robert Ritter. In: Historical Social Research. Vol.19 1994 No. 4, S. 52–59. zhsf.uni-koeln.de (PDF; 2,3 MB)
  • Carola Kuhlmann, Erbkrank oder erziehbar? Jugendhilfe als Vorsorge und Aussonderung in der Fürsorgeerziehung in Westfalen von 1933–1945, Weinheim, München, 1989.
  • Mathias Winter: Kontinuitäten in der deutschen Zigeunerforschung und Zigeunerpolitik. In: Feinderklärung und Prävention. Westberlin 1988, S. 135–152. (Beiträge zur nationalsozialistischen Gesundheits- und Sozialpolitik, Bd. 6)
  • Michael Zimmermann, Rassenutopie und Genozid. Die nationalsozialistische „Lösung der Zigeunerfrage“., Hamburg, Christians, 1996, ISBN 3-7672-1270-6.
  • Ders.: „Mit Weigerungen würde also nichts erreicht“ – Robert Ritter und die Rassenhygienische Forschungsstelle. In: Gerhard Hirschfeld, Tobias Jersak: Karrieren im Nationalsozialismus: Funktionseliten zwischen Mitwirkung und Distanz. Campus, Frankfurt a. M./ New York 2004.
  • Hanna Vogt, KZ Moringen, Moringen, 1983.

Documenti di archivio[modifica | modifica wikitesto]

  • Bundesarchiv Bestand R 165: Rassenhygienische und Kriminalbiologische Forschungsstelle des Reichsgesundheitsamtes, Laufzeit 1936–1941 (14 lfm)
  • Bundesarchiv Bestand R 160: Kriminalbiologische Forschungsstelle des Reichsgesundheitsamtes, Laufzeit: 1942–1943 (0,5 lfm)
  • Bundesarchiv Koblenz ZSg 142 Anh.: Aus der Sammlung Arnold (ZSg 142) aussortierte Unterlagen, die von der Rassenhygienischen und kriminalbiologischen Forschungsstelle des Reichsgesundheitsamtes bzw. aus den Nachlässen von Dr. Robert Ritter und Eva Justin stammen. Laufzeit 1830–1975 (1 lfm)