Anelli Gossamer

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Anelli Gossamer
Immagini degli anelli Gossamer ottenuti dalla sonda Galileo in luce diffusa diretta.
Anello diGiove
Scopertamarzo 1979
ScopritoriVoyager 1
Dati fisici
Raggio interno129.130 km
Raggio esterno226.000 km
Estensione radiale97.000 km

Gli anelli Gossamer (letteralmente garza, in inglese) costituiscono la porzione più esterna del complesso di anelli di Giove; confinano internamente con l'anello principale, mentre esternamente sfumano nel mezzo interplanetario in corrispondenza dell'orbita di Tebe. All'interno degli anelli è compresa l'orbita di un altro satellite gioviano, Amaltea.

La denominazione plurale di questo complesso di anelli è giustificata dal fatto che in realtà è costituito da due sotto-anelli: l'interno, che contiene l'orbita di Amaltea (anello Gossamer interno o di Amaltea), e l'esterno (anello Gossamer esterno o di Tebe), che si estende fino all'orbita di Tebe; a questi va aggiunta una nube di pulviscolo, che si estende oltre l'orbita di quest'ultimo satellite e gradualmente transisce nel mezzo interplanetario del sistema solare.

L'anello venne individuato dalla sonda spaziale statunitense Voyager 1 nel corso del sorvolo di Giove del marzo 1979; gli venne attribuita la designazione provvisoria di 1979 J3R.[1]

Segue un prospetto degli anelli del sistema.[2][3][4][5]

Nome Raggio (km) Larghezza (km) Spessore (km) Profondità ottica Frazione delle polveri Note
Anello Gossamer interno (di Amaltea) 129 000–182 000 53 000 2 000 ~1 × 10−7 100% Connesso ad Amaltea
Anello Gossamer esterno (di Tebe) 129 000–226 000 97 000 8 400 ~3 × 10−8 100% Connesso con Tebe; oltre l'orbita del satellite è presente un'estensione.

Anello Gossamer interno

[modifica | modifica wikitesto]

L'anello Gossamer interno, o anello di Amaltea, è una struttura molto debole con una sezione incrociata rettangolare, estesa dall'orbita di Amaltea, a 182 000 km (2,54 RJ) fino a circa 129 000 km (1,80 RJ);[3][6] il suo bordo interno non è nettamente definito a causa della presenza del molto più brillante Anello Principale e l'alone.[3] Lo spessore dell'anello è di circa 2300 km nei pressi dell'orbita di Amaltea e decresce leggermente in direzione di Giove;[7] è inoltre più luminoso vicino ai bordi superiore e inferiore ed aumenta di luminosità in direzione di Giove, come l'anello Gossamer di Tebe.[8] Il bordo esterno dell'anello non è particolarmente netto, specialmente nel bordo superiore.[3] È presente una forma a goccia nella luminosità poco all'interno dell'orbita di Amaltea con una struttura aggiuntiva a forma di guscio.[3] In luce diffusa diretta l'anello appare circa 30 volte più debole dell'Anello Principale;[3] in luce retrodiffusa è stato invece osservato solo dai telescopi Keck[7] e dal Telescopio Spaziale Hubble.[9] Le immagini ottenute in luce retrodiffusa mostrano un'ulteriore struttura all'interno dell'anello, una sorta di picco di luminosità poco all'interno dell'orbita di Amaltea.[7][8] Nel 2002–2003 la sonda Galileo è transitata due volte attraverso l'anello Gossamer; il suo rilevatore di polveri ha individuato delle particelle di polveri di dimensioni comprese fra 0,2 e 5 µm e ha confermato così i risultati ottenuti dalle immagini.[10][11]

Mosaico di immagini riprese dalla sonda Galileo con uno schema che mostra la disposizione degli anelli e dei satelliti ad essi associati.

L'individuazione dell'anello di Amaltea dalla Terra, nelle immagini della sonda Galileo e le sue misurazioni dirette delle polveri hanno permesso di determinare la distribuzione delle dimensioni delle particelle, che sembra seguire la stessa legge di potere delle polveri dell'Anello Principale, con q=2 ± 0,5.[9][11]; la profondità ottica di quest'anello è di circa 10−7, ossia un ordine di magnitudine più bassa rispetto all'Anello Principale, sebbene la massa totale delle polveri, 107–109 kg, sia praticamente identica.[4][11][12]

Anello Gossamer esterno

[modifica | modifica wikitesto]

L'anello Gossamer esterno, o anello di Tebe, è il più debole degli anelli gioviani: appare come una struttura particolarmente debole con una sezione incrociata rettangolare, estesa dall'orbita del satellite Tebe, a 226 000 km (3,11 RJ), fino a circa 129 000 km (1,80 RJ;);[3][6] questo bordo interno non è nettamente definito a causa della presenza del molto più brillante Anello Principale e dell'alone.[3] lo spessore dell'anello è di circa 8400 km all'altezza dell'orbita di Tebe e decresce lentamente in direzione del pianeta;[7] è inoltre più luminoso vicino ai bordi superiore e inferiore ed aumenta di luminosità in direzione di Giove, come l'anello Gossamer di Amaltea.[8] Il bordo esterno dell'anello non è particolarmente netto, stendendosi per oltre 15 000 km.[3] È presente una continuazione dell'anello nell'orbita di Tebe a mala pena visibile, che si estende fino a 280 000 km (3.75 RJ) ed è chiamato Estensione di Tebe;[3][11] in luce diffusa diretta pare essere circa tre volte meno luminoso dell'anello Gossamer di Amaltea,[3] mentre in luce retrodiffusa è stato osservato solo dai telescopi Keck.[7] Le immagini riprese in queste condizioni mostrano un picco di luminosità poco all'interno dell'orbita di Tebe;[7] nel 20022003 il rilevatore di polveri della sonda Galileo ha individuato delle particelle di polveri di dimensioni comprese fra 0,2 e 5 μm, simili a quelle dell'anello Gossamer di Amaltea, confermando i risultati ottenuti con le immagini.[10][11]

La profondità ottica dell'anello Gossamer di Tebe è di circa 3x10−8, ossia tre volte più bassa di quello di Amaltea, con una massa totale delle polveri praticamente identica, circa 107–9 kg;[4][11][12] tuttavia la distribuzione della grandezza delle particelle delle polveri è talvolta meno ampia di quella dell'anello di Amaltea: segue infatti una legge di potere con q < 2, mentre nell'Estensione di Tebe il parametro q potrebbe essere pure più piccolo.[11]

Origine degli anelli

[modifica | modifica wikitesto]
Schema che mostra in che modo si formano gli anelli di Giove.

Le polveri negli anelli Gossamer si originano essenzialmente allo stesso modo di quelle dell'Anello Principale e dell'alone;[12] le loro sorgenti sono i satelliti Amaltea e Tebe, rispettivamente. Gli impatti ad alta velocità di corpi provenienti dal sistema gioviano esterno espellono del particolato di polveri dalla loro superficie.[12] Queste particelle inizialmente mantengono la stessa orbita dei satelliti da cui si sono originati, ma gradualmente queste loro orbite diventano spiraliformi per l'effetto Poynting-Robertson.[12] La sottigliezza degli anelli Gossamer è data dalle escursioni verticali di alcune lune a causa della loro inclinazione orbitale diversa da zero;[6] Queste ipotesi spiegano completamente quasi tutte le proprietà osservabili sul bordo esterno e interno degli anelli.

Tuttavia alcune proprietà non sono state ancora spiegate, come quella definita Estensione di Tebe, che potrebbe essere causata da un corpo ignoto all'esterno dell'orbita di Tebe, ed alcune strutture visibili in luce retrodiffusa.[6] Una possibile spiegazione dell'estensione osservata è l'influenza delle forze elettromagnetiche della magnetosfera di Giove: mentre le polveri entrano nel cono d'ombra dietro Giove, perdono la loro carica elettrica piuttosto velocemente; dato che le particelle più piccole co-ruotano in parte assieme al pianeta, si muoveranno all'esterno durante il transito nell'ombra creando così l'estensione osservata dell'anello di Tebe.[13] La stessa forza può spiegare la diminuzione nella distribuzione delle particelle e della luminosità dell'anello, che avviene fra le orbite di Amaltea e di Tebe.[11][13]

L'analisi delle immagini degli anelli di Gossamer rivela che un picco nella luminosità poco all'interno dell'orbita di Amaltea potrebbe essere causata dalle particelle di polvere intrappolate dai punti di Lagrange conducente (L4) e trascinante (L5) di Amaltea; anche l'alta luminosità del bordo esterno dell'anello Gossamer di Amaltea può essere causata da queste polveri intrappolate. Le particelle possono essere presenti sia su L4 che su L5; questa scoperta implica che negli anelli di Gossamer ci sono due popolazioni di particelle: una diretta lentamente in direzione di Giove, come descritto sopra, e l'altra che si mantiene vicino alla luna generatrice intrappolata in risonanza 1:1 con essa.[8]

  1. ^ B. A. Smith, L. A. Soderblom, T. V. Johnson, et al., The Jupiter System through the Eyes of Voyager 1, in Science, vol. 204, 1979, pp. 951–957, 960–972, DOI:10.1126/science.204.4396.951, PMID 17800430.
  2. ^ M. A. Showalter, J. A. Burns, J. N. Cuzzi, J. B. Pollack, Jupiter's Ring System: New Results on Structure and Particle Properties, in Icarus, vol. 69, n. 3, 1987, pp. 458–498, DOI:10.1016/0019-1035(87)90018-2.
  3. ^ a b c d e f g h i j k M. E. Ockert-Bell, J. A. Burns, I. J. Daubar, et al., The Structure of Jupiter's Ring System as Revealed by the Galileo Imaging Experiment, in Icarus, vol. 138, 1999, pp. 188–213, DOI:10.1006/icar.1998.6072.
  4. ^ a b c L. W. Esposito, Planetary rings, in Reports On Progress In Physics, vol. 65, 2002, pp. 1741–1783, DOI:10.1088/0034-4885/65/12/201. URL consultato il 2 maggio 2009 (archiviato dall'url originale il 16 giugno 2020).
  5. ^ H. B. Throop, C. C. Porco, R. A. West, et al., The Jovian Rings: New Results Derived from Cassini, Galileo, Voyager, and Earth-based Observations (PDF), in Icarus, vol. 172, 2004, pp. 59–77, DOI:10.1016/j.icarus.2003.12.020.
  6. ^ a b c d J. A. Burns, D. P. Simonelli, M. R. Showalter, et.al., Jupiter's Ring-Moon System (PDF), in F. Bagenal, T. E. Dowling, W. B. McKinnon (a cura di), Jupiter: The Planet, Satellites and Magnetosphere, Cambridge University Press, 2004.
  7. ^ a b c d e f I. de Pater, M. R. Showalter, J. A. Burns, et al., Keck Infrared Observations of Jupiter's Ring System near Earth's 1997 Ring Plane Crossing (PDF), in Icarus, vol. 138, 1999, pp. 214–223, DOI:10.1006/icar.1998.6068.
  8. ^ a b c d Mark R. Showalter, de Pater, Imke; Verbanac, Guili et al., Properties and dynamics of Jupiter's gossamer rings from Galileo, Voyager, Hubble and Keck images (PDF), in Icarus, vol. 195, 2008, pp. 361–377, DOI:10.1016/j.icarus.2007.12.012.
  9. ^ a b M. R. Showalter, J. A. Burns, I. de Pater, et al., Updates On The Dusty Rings Of Jupiter, Uranus And Neptune, Proceedings of the Conference held September 26–28, 2005 in Kaua'i, Hawaii. LPI Contribution No. 1280, 26–28 settembre 2005, p. 130.
  10. ^ a b H. Krüger, Grün, E.; Hamilton, D. P., Galileo In-Situ Dust Measurements in Jupiter's Gossamer Rings, 35th COSPAR Scientific Assembly, 18–25 luglio 2004, p. 1582.
  11. ^ a b c d e f g h Harald Kruger, Hamilton, Duglas P.Moissl, Richard; and Grun, Eberhard, Galileo In-Situ Dust Measurements inJupiter’s Gossamer Rings, in Icarus, submitted, 2008.
  12. ^ a b c d e J. A. Burns, M. R. Showalter, D. P. Hamilton, et al., The Formation of Jupiter's Faint Rings (PDF), in Science, vol. 284, 1999, pp. 1146–1150, DOI:10.1126/science.284.5417.1146, PMID 10325220.
  13. ^ a b Douglas P. Hamilton, Kruger, Harold, The sculpting of Jupiter’s gossamer rings by its shadow (PDF), in Nature, vol. 453, 2008, pp. 72–75, DOI:10.1038/nature06886.
  • (EN) Bertrand M. Peek, The Planet Jupiter: The Observer's Handbook, Londra, Faber and Faber Limited, 1981, ISBN 0-571-18026-4, , OCLC 8318939.
  • (EN) Eric Burgess, By Jupiter: Odysseys to a Giant, New York, Columbia University Press, 1982, ISBN 0-231-05176-X.
  • (EN) John H. Rogers, The Giant Planet Jupiter, Cambridge, Cambridge University Press, 1995, ISBN 0-521-41008-8, , OCLC 219591510.
  • (EN) Reta Beebe, Jupiter: The Giant Planet, 2ª ed., Washington, Smithsonian Institute Press, 1996, ISBN 1-56098-685-9.
  • (EN) AA.VV., The New Solar System, a cura di Kelly J. Beatty; Carolyn Collins Peterson; Andrew Chaiki, 4ª ed., Massachusetts, Sky Publishing Corporation, 1999, ISBN 0-933346-86-7, , OCLC 39464951.
  • AA.VV, L'Universo - Grande enciclopedia dell'astronomia, Novara, De Agostini, 2002.
  • M. Hack, Alla scoperta del sistema solare, Milano, Mondadori Electa, 2003, p. 264.
  • (EN) D. C. Jewitt; S. Sheppard ; C. Porco, F. Bagenal; T. Dowling; W. McKinnon, Jupiter: The Planet, Satellites and Magnetosphere (PDF), Cambridge, Cambridge University Press, 2004, ISBN 0-521-81808-7. URL consultato il 2 maggio 2009 (archiviato dall'url originale il 14 giugno 2007).
  • J. Gribbin, Enciclopedia di astronomia e cosmologia, Milano, Garzanti, 2005, ISBN 88-11-50517-8.
  • (EN) Linda T. Elkins-Tanton, Jupiter and Saturn, New York, Chelsea House, 2006, ISBN 0-8160-5196-8.
  • W. Owen, et al, Atlante illustrato dell'Universo, Milano, Il Viaggiatore, 2006, ISBN 88-365-3679-4.
  • M. Rees, Universo. Dal big bang alla nascita dei pianeti. Dal sistema solare alle galassie più remote, Milano, Mondadori Electa, 2006, p. 512.
  • (EN) Vari, Encyclopedia of the Solar System, Gruppo B, 2006, p. 412, ISBN 0-12-088589-1.
  • F. Biafore, In viaggio nel sistema solare. Un percorso nello spazio e nel tempo alla luce delle ultime scoperte, Gruppo B, 2008, p. 146.

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]
  Portale Sistema solare: accedi alle voci di Wikipedia sugli oggetti del Sistema solare