Acido clupanodonico

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Acido clupanodonico
Acido clupanodonico
Acido clupanodonico
Nome IUPAC
acido 7Z,10Z,13Z,16Z,19Z-docosapentaenoico
Abbreviazioni
DPA , DPAn-3
Nomi alternativi
acido tutto cis-7,10,13,16,19-docosapentaenoico;
Caratteristiche generali
Formula bruta o molecolareC22H34O2
Numero CAS24880-45-3
PubChem5497182
SMILES
CCC=CCC=CCC=CCC=CCC=CCCCCCC(=O)O
Indicazioni di sicurezza

L'acido clupanodonico , in sigla DPA n-3 o DPAω3 o solo DPA , è un acido grasso lineare con 22 atomi di carbonio, 5 doppi legami appartenente al gruppo degli acidi omega 3, in notazione delta: 22:5Δ7c,10c,13c,16c,19c . L'acido è stato individuato per la prima volta nel 1906 nell'aringa giapponese, dal cui nome latino, Clupea, prende il nome.[1]

Il suo nome IUPAC è 7Z,10Z,13Z,16Z,19Z-acido docosapentaenoico e frequentemente in letteratura viene chiamato "acido docosapentaenoico" anche se con questo nome può essere confuso con l'isomero omega 6 : 22:6Δ4c,7c,10c,13c,16c, detto acido di Osbond.[2]

È un intermedio nell'azione in sequenza degli enzimi elongasi e desaturasi che trasformano con una beta ossidazione finale, l'acido eicosapentaenoico (EPA) 20:5Δ5c,8c,11c,14c,17c, in acido docosaesaenoico (DHA), 22:6Δ4c,7c,10c,13c,16c,19c .

L'acido clupanodonico è un importante metabolita nell'uomo, nelle alghe e animali marini. Può essere ricavato dagli oli di pesce o di mammiferi marini o con nuovi processi di fermentazione delle alghe marine.[3]

È un componente dei fosfolipidi presenti in tutte le membrane delle cellule animali e una carenza di acido clupanodonico porta alla formazione di membrane difettose. Risulta coinvolto nel trasporto e nell'ossidazione del colesterolo e l'assunzione di acido clupanodonico tenderebbe a ridurre il colesterolo plasmatico. Una terza funzione è quella di precursore dei prostanoidi che si formano solo dall'acido clupanodonico. La sua carenza negli animali da esperimento provoca lesioni attribuibili principalmente a membrane cellulari difettose. Gli esiti includono interruzione della crescita, lesioni della pelle, dei reni e del tessuto connettivo, fragilità degli eritrociti, ridotta fertilità.[4][5]

Le cellule dei mammiferi, comprese le cellule umane, metabolizzano il DPA n-3 in una gamma di prodotti che fanno parte di una classe specializzata di mediatori. Questi metaboliti includono sette resolvine Ds (RvT1, RvT2, RvT3, RvT4, RvD1 n-3 , RvD2 n-3 e RvD5 n-3 ; ); due protine (PD1 n-3 e PD2 n-3 ); e tre maresine (MaR1 n-3 , MaR2 n-3 e MaR3n-3 ) .[6][7][8]

Fonti dietetiche

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Il latte materno umano contiene minime quantità di DPA n-3
l salmone crudo fornisce fino a 393 mg di DPA n-3 per 100 g.

Lo sgombro atlantico e il pompano della Florida possono contenere oltre 200 mg di DPA n-3 per porzione da 100 g.

Aringhe del Pacifico, coregone, tonno rosso e trota iridea forniscono da 100 a 200 mg di DPA n-3 per 100 g di porzione commestibile.

Tra gli oli di pesce l'olio di Brevoortia tyrannus può contenerne il 4,9% mentre quello di salmone il 3%.

Anche le carni rosse (terrestri) possono contenerne con concentrazioni dipendenti dall'alimentazione: il fegato di manzo e agnello della Nuova Zelanda sono le fonti più ricche di DPA n-3, contenendone circa 140 mg per 100 g di porzione edibile. La carne bovina australiana fornisce fino a 80 mg di DPA n-3 per 100 g di carne commestibile.

Alcuni integratori alimentari disponibili in commercio contengono attualmente circa il 10% di DPA n-3.[9][10][11]

  1. ^ Bunsuke SUZUKI, Yutaka MASUDA, On the Separation of Glycerides.
  2. ^ (EN) J. M. Osbond, P. G. Philpott e J. C. Wickens, 542. Essential fatty acids. Part I. Synthesis of linoleic, γ-linolenic, arachidonic, and docosa-4,7,10,13,16-pentaenoic acid, in Journal of the Chemical Society (Resumed), n. 0, 1º gennaio 1961, pp. 2779–2787, DOI:10.1039/JR9610002779. URL consultato il 18 dicembre 2019.
  3. ^ (EN) Paz Otero, Sushanta Kumar Saha e Joanne Mc Gushin, Identification of optimum fatty acid extraction methods for two different microalgae Phaeodactylum tricornutum and Haematococcus pluvialis for food and biodiesel applications, in Analytical and Bioanalytical Chemistry, vol. 409, n. 19, 1º luglio 2017, pp. 4659–4667, DOI:10.1007/s00216-017-0412-9. URL consultato il 18 dicembre 2019.
  4. ^ H. M. Sinclair, Essential fatty acids in perspective, in Human Nutrition. Clinical Nutrition, vol. 38, n. 4, 1984-07, pp. 245–260. URL consultato il 18 dicembre 2019.
  5. ^ Gaetan Drouin, Vincent Rioux e Philippe Legrand, The n-3 docosapentaenoic acid (DPA): A new player in the n-3 long chain polyunsaturated fatty acid family, in Biochimie, vol. 159, 2019-04, pp. 36–48, DOI:10.1016/j.biochi.2019.01.022. URL consultato il 18 dicembre 2019.
  6. ^ Thomas Gobbetti, Jesmond Dalli e Romain A. Colas, Protectin D1n-3 DPA and resolvin D5n-3 DPA are effectors of intestinal protection, in Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, vol. 114, n. 15, 04 11, 2017, pp. 3963–3968, DOI:10.1073/pnas.1617290114. URL consultato il 18 dicembre 2019.
  7. ^ James F. Markworth, Gunveen Kaur e Eliza G. Miller, Divergent shifts in lipid mediator profile following supplementation with n-3 docosapentaenoic acid and eicosapentaenoic acid, in FASEB journal: official publication of the Federation of American Societies for Experimental Biology, vol. 30, n. 11, 11 2016, pp. 3714–3725, DOI:10.1096/fj.201600360R. URL consultato il 18 dicembre 2019.
  8. ^ Trond Vidar Hansen, Jesmond Dalli e Charles N. Serhan, The Novel Lipid Mediator PD1n-3 DPA: An Overview of the Structural Elucidation, Synthesis, Biosynthesis and Bioactions, in Prostaglandins & other lipid mediators, vol. 133, 2017-11, pp. 103–110, DOI:10.1016/j.prostaglandins.2017.06.003. URL consultato il 18 dicembre 2019.
  9. ^ Oleksandr A Byelashov, Andrew J Sinclair e Gunveen Kaur, Dietary sources, current intakes, and nutritional role of omega-3 docosapentaenoic acid, in Lipid Technology, vol. 27, n. 4, 2015-4, pp. 79–82, DOI:10.1002/lite.201500013. URL consultato il 18 dicembre 2019.
  10. ^ Rahmawaty, Setyaningrum Charlton, Karen Lyons-Wall, Philippa Meyer, Barbara J, Dietary intake and food sources of EPA, DPA and DHA in Australian children, Research Online, 1º gennaio 2013, OCLC 964105824. URL consultato il 18 dicembre 2019.
  11. ^ (EN) Peter Howe, Jon Buckley e Barbara Meyer, Long-chain omega-3 fatty acids in red meat, in Nutrition & Dietetics, vol. 64, s4, 2007, pp. S135–S139, DOI:10.1111/j.1747-0080.2007.00201.x. URL consultato il 18 dicembre 2019.

Voci correlate

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