Post-fascismo

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Con il termine post-fascismo si intende una fase politica in cui i partiti di matrice fascista compongono un processo di revisione ideologica, che tuttavia tende a non rinnegare totalmente le sue radici, ciò nonostante, porta l'ideologia a lasciare la prospettiva totalitaria per aprire un dialogo con le forze della destra tendenzialmente moderata o conservatrice tradizionale.

In Italia indica anche il periodo successivo alla caduta del fascismo nel 1943.[1]

I predecessori del post-fascismo

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La principale forza di matrice post-fascista della Prima Repubblica fu senza dubbio il Movimento Sociale Italiano, fin dal primo congresso del 1948, con lo slogan scelto "Non rinnegare, non restaurare". Alla sua destra negli anni sono nati diversi movimenti di matrice neo-fascista.

Anche all'interno di quest'ultimo si svilupparono però diverse tendenze politiche che rappresentavano posizioni differenti tra loro: dai corporativi di Almirante (che fu assolto dall'accusa di ricostituzione del partito fascista), ai fascisti rivoluzionari di Rauti, ai conservatori di Michelini fino ai reazionari. Si può dunque senza dubbio identificare come i predecessori del post-fascismo, la tendenza moderata di Arturo Michelini, il quale già proponeva ai dirigenti missini, di dare al partito non soltanto un volto antisistema, ma più che altro un volto legalitario capace di attrarre i conservatori che votavano democristiano o liberale.

La situazione in Italia

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Evoluzione del post-fascismo

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Erede della tradizione post-fascista italiana fu Alleanza Nazionale, seppur non possa definirsi post fascista, partito nato nel 1995 e dissolto nel 2009. Ad oggi l’ideologia post fascista è rappresentata prevalentemente da Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, partito erede del Movimento Sociale Italiano e di Alleanza Nazionale.

La situazione in Italia

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Tali proposte vennero, durante gli anni '70, in parte fatte proprie dalla segreteria di G. Almirante, ma incominciarono a manifestarsi i segni che il MSI stava passando da una visione fascista-integralista ad una visione post-fascista soltanto tra gli ultimi anni '80 ed i primi anni '90. Proprio in quel periodo infatti, contemporaneamente alla dissoluzione dei partiti di governo tradizionali (Dc, Psi, Psdi, Pli, Pri) ed alla trasformazione in senso riformista del Pci, anche il MSI (soprattutto grazie alla segreteria Fini) sceglie di darsi una sterzata moderata in grado di incanalare il voto ed il consenso dei ceti medi conservatori: fu questa in sostanza la proposta di una nuova "alleanza nazionale", che diede ufficialmente inizio al periodo "post-fascista" del MSI[2][3]. Poco dopo il partito cambierà anche nome, divenendo proprio "Alleanza Nazionale": che, secondo lo stesso leader Fini, è la "realizzazione aggiornata" di quella grande destra tanto sognata dei leader missini tra gli anni '70 e gli anni '80, una destra cioè che partendo dalle radici missine tenta di estendere i propri confini fino alle forze conservatrici e nazionaliste.

Questa svolta, in ogni caso, non fu condivisa da una parte del MSI-DN, guidata dall'ex segretario Pino Rauti, "rivale storico" di Fini all'interno del MSI-DN, da sempre animatore dell'ala "di sinistra", che diede vita ad un nuovo movimento, assolutamente minoritario rispetto ad AN, con il nome di Movimento Sociale Fiamma Tricolore.

«Gianfranco Fini a Fiuggi non ha deviato di una virgola dalle sue idee di sempre. Fini ha semplicemente ammesso pubblicamente quello che noi abbiamo sempre sostenuto, e cioè che il "fascismo di destra" non è fascismo, e non lo è mai stato.[4]»

  1. ^ postfascismo in Vocabolario - Treccani, su www.treccani.it. URL consultato il 9 giugno 2023.
  2. ^ Lo strappo di Fini, il post-fascista, su la Repubblica, 12 dicembre 1993.
  3. ^ Adalberto Baldoni, Storia della destra. Dal postfascismo al Popolo della libertà, Firenze, Vallecchi, 2009, ISBN 978-88-8427-140-2.
  4. ^ Il Gazzettino, intervista a Pino Rauti in occasione delle elezioni comunali di Venezia, 13 aprile 2000

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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