Ospitalità

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Disambiguazione – Se stai cercando l'attività economica relativa al turismo, vedi Imprese ricettive.
Disambiguazione – "Ospite" rimanda qui. Se stai cercando altri significati, vedi Ospite (disambigua).

Con ospitalità si intende l'accoglienza dello straniero o di chi in generale non vive in un determinato luogo.

La parola "ospite" deriva dal latino hospes, che a sua volta condivide la radice con hostis, nemico: il primo indica uno straniero "favorevole", il secondo uno "ostile", ma il grammatico latino Sesto Pompeo Festo indicava come hostes le persone straniere con gli stessi diritti dei cittadini romani, dando al verbo hostire il significato di "ricambiare". Da questa etimologia Émile Benveniste trae nel Vocabolario delle istituzioni indoeuropee la conclusione che l'ospitalità si fonda sull'obbligo di ricambiare un dono con un controdono. Benveniste definisce dunque l'ospitalità come un rito, appunto attraverso lo scambio di doni, come un fenomeno economico perché comporta il passaggio di ricchezze e come l'atto di stabilire un legame fra gruppi sociali (ad esempio famiglie o tribù). Un esempio di questa pratica è il potlatch dei nativi americani.

L'ospitalità nell'antichità

[modifica | modifica wikitesto]

Per i greci l'ospitalità (xenia), pur non essendo regolata da norme scritte, prevedeva la tradizione di scambiare beni o favori. L'ospite, protetto da Zeus in quanto tale, era accolto senza conoscerne l'identità. Fra chi arrivava e chi lo accoglieva si stabiliva un vincolo di solidarietà.

Presso i romani, invece, l'ospitalità trovò una dimensione normativa attraverso la formalizzazione della tessera hospitalis, che indicava i nomi dell'ospite e dell'ospitato: il primo garantiva per il secondo, consentendogli in questo modo di accedere a Roma e ottenendo in cambio lo stesso trattamento nella città d'origine dell'ospitato. Allo scambio di doni si fa risalire il nome di una dea romana, Hostilina, citata da Sant'Agostino come la divinità chiamata a vigilare sull'equilibrio fra il lavoro svolto nei campi e il raccolto prodotto.

Ebrei 13:2[1] attribuisce un valore sacro all'ospitalità che può portare l'inaspettata presenza di un angelo, probabilmente riferito all'aspetto umano che tali creature possono liberamente incarnare, secondo quanto descritto in altri passi della Scrittura, quali: la vicenda di Lot e la biografia del figlio di Tobi.

  1. ^ Ebrei 13:2, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  • Émile Benveniste, L'ospitalità, in Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee, a cura di Mariantonia Liborio, Einaudi, Torino 1981, vol. I, pp. 64-75 (2ª edizione; 1ª edizione: 1976. Tit. orig.: Le vocabulaire des institutions indo-européennes, Les Éditions de Minuit, Paris 1969, 2 tomes).
  • René Schérer, Zeus hospitalier. Éloge de l'hospitalité, Armand Colin, Paris 1993 (nuova edizione: La Table Ronde, Paris 2005).
  • Jacques Derrida, De l'hospitalité. Anne Dufourmantelle invite Jacques Derrida à répondre, Calmann-Lévy, Paris 1997.
  • Jean Soldini, Resistenza e ospitalità, Milano, Jaca Book, 2010.

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]
Controllo di autoritàThesaurus BNCF 20030 · LCCN (ENsh85062282 · GND (DE4137693-6 · BNE (ESXX552160 (data) · BNF (FRcb11935995p (data) · J9U (ENHE987007529259205171
  Portale Sociologia: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di sociologia