Automotrici kkStB 41/S e 42/S

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kkStB 41/S e 42/S
FS 41/S e 42/S
SATP ECDz e EDUz
Automotrice
Anni di costruzione 1908
Anni di esercizio 1908-1964
Quantità prodotta 12 41/S
2 42/S
Costruttore Grazer Waggonfabrik
Dimensioni 13.500 mm (lunghezza)
Capacità 41/S: 36 posti a sedere
Scartamento 1.000 mm
Interperno 6.700 mm
Passo dei carrelli 2.000 mm
Massa in servizio 22,35 t
Rodiggio Bo'Bo'
Diametro ruote motrici 900 mm
Potenza continuativa 220 kW (oraria)
150 kW (continuativa)
Velocità massima omologata 45 km/h (41/S)
30 km/h (42/S)
Alimentazione elettrica da linea aerea
800 V cc
Dati tratti da:
Giovanni Cornolò, p. 302

Le automotrici 41/S e 42/S delle kkStB erano due gruppi di automotrici elettriche a scartamento metrico, progettate per l'utilizzo sulla tranvia Trento-Malé.

Tecnicamente identiche, differivano solo per l'allestimento interno: le 41/S avevano un ambiente passeggeri con 36 posti a sedere (12 di prima classe e 24 di terza), le 42/S erano "furgoni motori" per il trasporto di merci e bagagli[1].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Le automotrici 41/S e 42/S vennero costruite nel 1908 dalla Grazer Waggonfabrik, per l'esercizio della nuova tranvia Trento-Malé. Le motrici passeggeri 41/S furono numerate da 011 a 022, i furgoni motori 42/S ottennero invece i numeri 001 e 002[1].

In seguito all'annessione del Trentino al Regno d'Italia (1918), la linea Trento-Malé e il suo materiale rotabile passarono alle Ferrovie dello Stato, che rinumerarono le automotrici 41/S da 001 a 012[2].

Nel 1936 le FS cedettero la linea e il materiale alla Società Anonima Trasporti Pubblici, che abolì la prima classe sulle 41/S, portando il numero totale di posti a sedere a 40[2]. Contemporaneamente le automotrici vennero rinumerate secondo le norme italiane: le 41/S divennero ECDz 011 ÷ 022, le 42/S divennero EDUz 001 e 002[2].

Durante la seconda guerra mondiale andarono distrutte le unità 012 e 022. I mezzi restanti furono utilizzati fino al 1964, quando la tensione di alimentazione della linea (nel frattempo ricostruita come ferrovia in sede propria) fu innalzata a 3 kV cc[2].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Giovanni Cornolò, p. 299.
  2. ^ a b c d Giovanni Cornolò, p. 301.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giovanni Cornolò, Automotrici elettriche dalle origini al 1983, Duegi Editrice, ISBN 978-88-95096-05-6.
  • Mario Forni, Rotaie nelle Valli del Noce - Storia delle ferrovie Trento-Malé e Dermulo-Mendola, UCT, Trento, 1999. ISBN 888624648X.
  • Trento-Malè, una ferrovia per tre valli, ieri e oggi, edizione monografica di Tutto Treno, n. 67, aprile 1994.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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