Svatopluk I

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Svatopluk I
Immagine di Svatopluk tratta dalla cronaca di Dalimil
principe di Nitra
In caricaprima dell'867 –
870
duca di Moravia
In caricada 870 a 871 –
da 871 a prima dell'885
PredecessoreRatislao (prima che Svatopluk venisse imprigionato)/Slavomiro (dopo che Svatopluk tornò al potere)
SuccessoreSlavomiro (prima che Svatopluk venne imprigionato)/se stesso come re della Grande Moravia (dopo che Svatopluk tornò al potere)
re della Grande Moravia
In carica871 –
894
Predecessorese stesso come duca di Moravia
SuccessoreMojmír II (come re della Grande Moravia)
Svatopluk II (come principe di Nitra)
Nascita840 circa
Morte894
DinastiaMojmiridi
PadreSvetimiro oppure Bogislao
Madre?
Consorte?
FigliMojmir II
Svatopluk II
(forse) Predslao

Svatopluk I o Svätopluk I, noto anche come Svatopluk il Grande e italianizzato in Sventibaldo[1] (in latino medievale: Zuentepulc(us), Zuentibald, Sventopulch(us), Zvataplug; in slavo ecclesiastico antico Свѧтопълкъ, trasl. Svętopŭlkŭ; in polacco Świętopełk; in greco Σφενδοπλόκος?, Sfendoplókos),[2] (840 circa – 894) è stato un sovrano ceco vissuto in epoca alto-medievale. Durante il suo regno, fra l'871 e l'894, la Grande Moravia raggiunse la massima espansione[3][4].

Svatopluk compare per la prima volta nelle fonti nell'860, quando viene menzionato a capo di una porzione della Moravia, la cui ubicazione è ancora oggetto di dibattito tra gli storici, sotto il controllo dello zio, Ratislao.[5][6] Nell'870, Svatopluk detronizzò Rastislao, che era un vassallo di Ludovico II il Germanico, e lo tradì alleandosi con i franchi orientali. Nel giro di un anno, tuttavia, i franchi imprigionarono anche Svatopluk.[7][8] Dopo che i moravi fomentarono un'insurrezione, Svatopluk fu rilasciato e incaricato di sedarla, ma anziché combatterli si unì a loro e aggredì i franchi.[9] Sebbene fosse stato obbligato a versare un tributo alla Francia orientale ai sensi di un trattato di pace concluso a Forchheim nell'874, negli anni successivi riuscì a espandere i suoi territori al di fuori della sfera di interesse dei franchi.[9][10] Le sue forze invasero finanche la lontana Marca di Pannonia, compresa nei confini della Francia orientale, nell'882.[10][11]

Svatopluk stabilì un buon rapporto con il papato e lui e il suo popolo passarono formalmente sotto la protezione della Santa Sede nell'880.[6][9] Papa Stefano V si rivolse a lui addirittura attribuendogli il titolo di "Re" in una lettera scritta nell'885.[12] Pare che Svatopluk dovette cercare di riappacificare i rapporti con il clero tedesco, che si opponeva alla celebrazione della liturgia in slavo ecclesiastico antico. Inoltre, espulse i discepoli di Metodio dalla Moravia nell'886, dopo la morte del loro maestro.[11][13][14]

Lo Stato di Svatopluk si componeva di un insieme di principati e comprendeva anche i territori conquistati.[15] L'apogeo della Grande Moravia durò però per pochi anni; non molto tempo dopo la sua morte, il regno di Svatopluk piombò infatti in una lotta di potere combattuta tra i suoi figli. L'intensificarsi delle incursioni ungare assestò il colpo definitivo e causò la dissoluzione della Grande Moravia.[16][17]

Svatopluk, i cui domini comprendevano parti del territorio della moderna Repubblica Ceca (Moravia e Boemia), della Slovacchia, della Polonia e dell'Ungheria, è stato occasionalmente indicato dalle fonti letterarie slovacche come un "sovrano slovacco" a partire dal XVIII secolo, coinciso con l'epoca del risveglio nazionale slovacco.[18]

Statua di Svatopluk a Loštice, in Repubblica Ceca

Gli Annali di Fulda definiscono Svatopluk un nipote di Ratislao di Moravia, il secondo sovrano di cui si ha conoscenza della Grande Moravia.[5][19] Legato alla famiglia dei Mojmiridi, egli era nato probabilmente attorno all'840[6] e, secondo la Cronaca del Prete di Doclea, il nome di suo padre era Svetimiro. Tuttavia, le numerose inaccuratezze di quest'opera del XII secolo la fanno ritenere da lungo tempo una fonte inattendibile e che condensa elementi reali a informazioni frutto della fantasia.[20][21] Secondo l'opera di un genealogista moravo del XVII secolo che rimpolpò l'albero genealogico della casa di Mojmir inserendo elementi non verificabili, Svatopluk era figlio di un certo Bogislao.[22] Il cronista ungherese Simone di Kéza afferma invece che suo padre era Morot, un principe della Polonia il quale aveva sottomesso un tale Bractari[23] e aveva occupato Crișana prima di ritirarsi a Vesprimia.[24]

Pare che Svatopluk salì al potere nella Grande Moravia tra l'860 e l'870.[5] Secondo la Vita di Metodio, Svatolpuk e lo zio chiesero all'imperatore bizantino Michele III di inviare dei missionari che fossero avvezzi alle lingue slave.[19][25] Egli scelse due fratelli, Cirillo e Metodio che vennero inviati in Moravia e che conoscevano le lingue slave parlate nei dintorni di Tessalonica.[26] I due arrivarono nell'863, dandosi immediatamente alla ricerca di fedeli e alla predicazione.[27] Quattro anni dopo, la loro traduzione dei testi canonici in antico slavo ecclesiastico venne approvata da papa Adriano II.[28]

«E avvenne in quei giorni che il principe slavo Rastislao, insieme a Svatopluk, inviò degli emissari dalla Moravia all'imperatore Michele, dicendogli così: "Abbiamo prosperato per grazia di Dio, e molti cristiani sono venuti da noi tra gli italiani, i greci e i tedeschi, fornendoci insegnamenti in vari modi. Ma noi Slavi siamo un popolo semplice e non abbiamo nessuno che ci istruisca nella verità e ci spieghi con saggezza le cose. Perciò, gentile re, mandaci una qualche persona che ci possa indirizzare verso tutta la verità".»

Inizio del regno

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Svatopluk fa la sua prima apparizione negli Annali di Fulda nell'869, dove viene segnalato come governatore di un proprio regnum (un termine che implica una qualche forma di autonomia) all'interno della Grande Moravia.[5][30] Generalmente, si ritiene che vivesse nel principato di Nitra.[31] La sua corte si trovava nella «vecchia città di Rastislav» (urbs antique Rastizi),[5] forse identificabile con Staré Město, che significa letteralmente vecchia città, o a Nitra, anche se c'è chi la identifica nell'antica Sirmio.[nota 1][5][6][32] Il regno di Svatopluk venne razziato dai bavaresi comandati da Carlomanno, erede e primogenito del re Ludovico II il Germanico nell'869.[30] Allo stesso tempo, truppe provenienti dalla Franconia e dall'Alamannia attaccarono le terre di Rastislao sotto la guida di Carlo il Calvo.[30] Anche se presto gli aggressori si ritirarono, Svatopluk avviò in gran segreto dei negoziati con la controparte tedesca, accettando di sottomettere sé e il proprio regno a Carlomanno.[33][33]

Avendo appreso di questo intrigo, Rastislao s'infuriò e tese al nipote una trappola, invitandolo a un banchetto dove intendeva poi assassinarlo.[34] Avvertito dei piani dello zio, Svatopluk fece prigioniero lo zio e lo consegnò a Carlomanno, che lo spedì in Baviera e annesse sotto la sua ala la Grande Moravia.[34]

«Sventibaldo [Svatopluk], nipote di Rastislao, pensò ai propri interessi e raccomandò a Carlomanno se stesso e il regno che deteneva. Rastislao ne fu furioso e tese agguati in segreto al nipote; complottò per strangolarlo durante un banchetto quando questi non sospettava alcunché. Ma per grazia di Dio fu liberato dal pericolo di morte. Infatti, prima che gli assassini fossero entrati in casa, fu avvertito da un tale che era a conoscenza del complotto e finse di uscire in tutta fretta per andare a cacciare, eludendo così l'agguato tesogli. Rastislao intuì che il suo complotto era stato svelato e inseguì il nipote con i soldati per catturarlo. Ma per il giusto giudizio di Dio cadde egli stesso vittima del tranello teso, perché fu catturato dal nipote, legato e condotto da Carlomanno, che lo spedì in Baviera e lo fece sorvegliare a vista, per evitare che fuggisse e che scappasse dalle segrete prima di essere portato al cospetto del re.»

Quale ricompensa Svatopluk poté tenere per sé il proprio regno, ma il resto della Moravia venne consegnata a due signori franchi, Guglielmo d'Austria ed Engelschalk I.[19][33] Venne arrestato anche Metodio, nominato in passato da papa Adriano vescovo della regione di Sirmio e la cui giurisdizione copriva anche le vecchie terre di Ratislao e Svatopluk.[19][33] Nei primi mesi dell'871, anche Svatopluk venne fatto prigioniero sulla base di non meglio specificate accuse di slealtà, forse legate alla ribellione condotta dai fratelli minori di Carlomanno, Ludovico III il Giovane e da Carlo il Calvo.[36] Credendo fosse morto, i moravi elessero un successore anch'egli legato alla casa dei Mojmir, tale Slavomiro di Moravia.[37]

La pace di Forchheim

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Sigillo di Arnolfo di Carinzia dell'896 circa

Carlomanno presto si rese conto che Svatopluk era innocente e le accuse infondate, motivo per cui gli riconcesse la libertà.[37] Nel tentativo di ricucire lo strappo, Carlomanno fece in modo che Svatopluk facesse da padrino a un nipote illegittimo di cui era il nonno, figlio di Arnolfo di Carinzia.[38] Così, a questo giovane venne assegnato il nome moravo di Sventibaldo.[38]

Svatopluk acconsentì anche a condurre le armate di Carlomanno contro i ribelli moravi guidati da Slavomiro.[19][39] Tuttavia, giunto alla «vecchia città di Rastislav» Svatopluk tradì l'alleato per cospirare con i compatrioti.[39] Malgrado si fosse insediato nella fortezza come da accordi, una volta che fu dentro riunì sotto la propria guida un imponente esercito moravo e lanciò un attacco a sorpresa contro i franchi accampati fuori dalle mura.[38] Molti soldati vennero presi in ostaggio, altri furono uccisi e i franchi abbandonarono così le terre morave.[38] Anche i due governatori di Carlomanno vennero uccisi e Svatopluk divenne l'indiscusso sovrano della regione.[19]

«Nel frattempo Sventibaldo [Svatopluk], dopo che nessuno era stato in grado di provare i crimini di cui era stato accusato, fu rilasciato da Carlomanno e tornò nel suo regno carico di doni regali, oltre che a capo di un esercito bavarese con il quale avrebbe dovuto scacciare Sclagamaro [Slavomiro], avendo infatti falsamente promesso a Carlomanno che lo avrebbe esautorato se fosse tornare nella sua terra. Ma come l'umiliazione cade su chi è negligente e confida troppo in se stesso, così accadde a quell'esercito, perché Sventibaldo lasciò gli altri per accamparsi ed entrò nella vecchia città di Rastislav. Subito rinnegò la sua fedeltà e dimenticò il suo giuramento, come consuetudine tra gli slavi, e non si focalizzò sullo scacciare Sclagamaro, poiché i suoi pensieri e le sue forze vennero assorbiti dal desiderio di vendicare l'offesa che Carlomanno gli aveva arrecato. Attaccò allora in forze l'accampamento bavarese, i cui occupanti non sospettavano alcunché e non lo stavano adeguatamente presidiando. Ne prese molti vivi come prigionieri e ne uccise gli altri, tranne alcuni che avevano prudentemente lasciato l'accampamento in anticipo. Tutta la gioia dei bavaresi per le numerose vittorie precedenti si tramutò in dolore e pianto. Alla notizia del massacro del suo esercito, Carlomanno rimase sconvolto e, costretto dalla necessità, ordinò di radunare alcuni uomini del suo regno e di dirigerli da Sventibaldo; come risultato, non assistette al ritorno di quasi nessuno, tranne un uomo di nome Radbod, che giunse mezzo morto.»

Nell'ottobre dell'871, Ludovico II il Germanico spedì un contingente contro la Boemia.[40][41] Durante la campagna, i franchi sorpresero un gruppo di moravi da qualche parte vicino alle trappole poste nei pressi degli stretti accessi di un presidio boemo.[41] Questi moravi stavano tornando in patria con la figlia di un dux ("duca") boemo, presumibilmente per sposare un non meglio specificato aristocratico moravo.[41] Malgrado i moravi fossero rocambolescamente riusciti a rifugiarsi nel presidio, dovettero abbandonare 644 cavalli perfettamente equipaggiati all'esterno.[41] Tale matrimonio implicava che Svatopluk voleva ampliare la propria cerchia di alleanze, strigendo rapporti proficui anche ai vicini boemi.[41]

In quel frangente, Ludovico comprese quale imponente minaccia potesse costituire Svatopluk[40] e, per questo motivo, organizzò una spedizione che avrebbe dovuto consentire di attaccare la Moravia da più lati nell'872.[42] Una prima armata partì da Ratisbona a maggio, ma i soldati sassoni e turingi fuggirono non appena incontrato il nemico.[43][44] La seconda, guidata dal vescovo di Würzburg Arno (morto 13 luglio 892) e dall'abate Sigigardo di Fulda, non ottenne dei risultati, nonostante l'impegno profuso: sebbene le loro forze avessero infatti valorosamente combattuto, la maggior parte degli uomini fu uccisa e soltanto una manciata di sopravvissuti tornò in Francia orientale.[43] Una terza, infine, era composta da bavaresi e carantani e rispondeva agli ordini di Carlomanno in persona.[45] Avendo causato grande scompiglio in Moravia, Svatopluk fu costretto alla fuga e a ritirarsi in una fortezza.[45][46] Svatopluk si riorganizzò rapidamente e attaccò un contingente lasciato sotto la guida del vescovo di Ratisbona Emriaco, il cui compito era quello di sorvegliare le navi ormeggiate lungo il Danubio.[46][47]

Nel maggio dell'873, papa Giovanni VIII profuse ulteriori sforzi allo scopo di liberare Metodio, il quale era ancora prigioniero in Baviera.[48] Il pontefice aveva scritto più volte a Carlomanno, riservandogli toni polemici, affinché liberasse immediatamente il missionario, ma gli appelli caddero nel vuoto.[48] Pertanto, Giovanni VIII si propose di negoziare una pace fra Ludovico e Svatopluk.[49] Ludovico, dopo incontrato il papa a Verona, andò a Forchheim, dove strinse un trattato con Svatopluk ai sensi del quale si conveniva una pace.[49] I termini esatti della stessa non risultano noti, malgrado si tende a immaginare che i due raggiunsero una sorta di compromesso. Se Ludovico avesse rinunciato a compiere ulteriori atti ostili contro la Moravia, l'altro si impegnava a pagargli dei tributi annui.[19][50] Dal canto suo Metodio, a cui era stata riconcessa la libertà, tornò in Moravia, dove poté lavorare in condizioni relativamente tranquille per qualche altro anno.[51][52]

La Grande Moravia alla fine del IX secolo: in verde scuro i territori acclaratamente posseduti, in verde chiaro quelli su cui si avanzano dubbi storiografici

Nel decennio compreso tra l'870 e l'880, la Grande Moravia visse un processo di considerevole espansione territoriale.[13] La Vita di Metodio riferisce, ad esempio, della sottomissione di «un duca molto potente che viveva lungo la Vistola», nella moderna Polonia, e una lettera scritta attorno al 900 dall'arcivescovo Teotmaro di Salisburgo testimonia che Svatopluk aveva conquistato le terre di Nitra, da sempre abitate dai pagani.[53][54] La storiografia moderna, tuttavia, tende a mettere in dubbio le affermazioni secondo cui enormi territori limitrofi sarebbero stati annessi in modo permanente dalla Grande Moravia.[13] Una porzione delle regioni conquistate era stata peraltro già cristianizzata da Reginardo, vescovo di Passavia, nell'831[55] e a tale evento aveva fatto seguito la costruzione di chiese. L'assenza di chiari indizi archeologici o di scritti relativi a una permanente estensione della Grande Moravia alla Piccola Polonia, alla Pannonia o alla Slesia occidentale, come invece sostenevano studiosi meno recenti, rappresenta un ostacolo insormontabile e impedisce di articolare qualsiasi precisa ricostruzione.[13]

Probabilmente, la politica espansionistica di Svatopluk ebbe vita facile perché l'Europa occidentale era, al tempo, totalmente concentrata sui danni causati dalle scorrerie vichinghe, avvenute in maniera quasi incontrastata tra l'879 e l'886.[56] La Vita di Metodio collega inestricabilmente il successo di Svatopluk al lavoro di Metodio.[57] Secondo l'opera, il santo disse a Svatopluk che se si fosse celebrata la festa di San Pietro e San Paolo nella cattedrale, «Dio lo avrebbe liberato» dai nemici, «e così avvenne».[58][59]

La lettera pontificia nota come Scire vos volumus, scritta nell'879 da papa Giovanni VIII e destinata a Svatopluk I

Nella corte di Svatopluk, dove si celebravano i riti secondo la Chiesa latina, la metodologia di Metodio e la sua liturgia in lingua slava cominciò ad attirare parecchi dissensi.[58][60] Svatopluk spedì a Roma Giovanni da Venezia nell'879, noto oppositore della chiesa slava.[60] Ne risultò una lettera, inviata nel medesimo anno, in cui il papa redarguiva Metodio dall'usare unicamente lo slavo durante le funzioni.[61] Metodio si recò a sua volta a Roma nell'880, affiancato da una delegazione morava.[51] In quell'occasione papa Giovanni VIII fu convinto dalla controparte e cambiò idea; in una missiva conosciuta con quanto scritto nel suo incipit, Industriae tuae, il pontefice ribadì che la messa doveva essere cantata in latino ogni volta che veniva eseguita, ma si permetteva altresì il ricorso alla liturgia slava.[62][63] La stessa lettera confermava anche una vecchia decisione della Santa Sede, adottata durante il regno di Ratislao, di istituire una diocesi della Grande Moravia.[64] Su richiesta di Svatopluk, il papa nell'880 eresse la diocesi di Nitra e ne nominò vescovo un tedesco di nome Vichingo (Wiching), sottomettendolo però a Metodio, il quale rimaneva a tutti gli effetti la figura ecclesiastica apicale nei domini di Svatopluk.[54][63]

«Il vostro predecessore [Papa Giovanni VIII] ordinò Vichingo vescovo su richiesta del duca Sventibaldo; tuttavia non lo inviò mai nell'antica sede vescovile di Passavia, ma presso un popolo appena battezzato che quel duca aveva sconfitto in guerra e convertito dal paganesimo al cristianesimo.»

La guerra guglielmina

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Lo stesso argomento in dettaglio: Guglielmini (famiglia) § La guerra guglielmina.
Le rovine di un forte moravo of presso la collina di Kostolec (Ducové, Slovacchia)

Quando nell'881 Carlo il Grosso divenne l'unico regnante della Francia orientale, i figli dei vecchi sovrintendenti, Guglielmo ed Engelschalk (appartenenti alla famiglia dei Guglielmini), iniziarono a cospirare con altri nobili per estromettere Aribo d'Austria (850 circa-909), il margravio nominato da Ludovico per sorvegliare la frontiera del regno affacciata sul Danubio.[66][67] Aribo, dal canto suo, si rivolse sia a Carlo sia a Svatopluk in cerca di aiuto, accettando persino di consegnare a quest'ultimo suo figlio a titolo di ostaggio, purché lo aiutasse.[67][68]

Su richiesta di Aribo, Svatopluk, che ricordava «quanto male lui e il suo popolo avevano sofferto» per mano di Guglielmo ed Engelschalk, attaccò i loro figli.[68] I suoi uomini ben presto catturarono il secondogenito di Engelschalk che, su ordine dello stesso Svatopluk venne mutilato.[69] I restanti figli ribelli si sottomisero a Carlo e andarono sotto gli ordini di Arnolfo di Carinzia, figlio di Carlomanno, che in quel periodo governava la Pannonia.[67][70] Venuto a conoscenza di ciò, Svatopluk inviò ambasciatori ad Arnolfo, chiedendo che i figli di Guglielmo ed Engelschalk fossero immediatamente mandati via.[71] Arnolfo, tuttavia rifiutò e Svatopluk rispose con un'invasione.[67] A questo scontro fra franchi e moravi si aggiunsero i bulgari, che presto aggredirono la Moravia.[72] Nell'881, stando agli Annales iuvavenses, la regione di Vienna venne invasa dagli Ungari e non è chiaro se furono assoldati da Svatopluk o da Arnolfo affinché generassero ulteriore scompiglio.[73]

Questa guerra continuò fino all'884, arrecando grande devastazione nella Pannonia a est della Rába.[74] Alla fine, fu Carlo il Grosso a intervenire e a decidere di riconoscere Svatopluk come sovrano non ostile, ricevendolo a Kaumberg e ricevendo in cambio una promessa di fedeltà.[67] Svatopluk promise altresì che non avrebbe più invaso, vita natural durante, le terre di Carlo, mentre questi lo riconobbe come signore del proprio regno.[75] Sia pur soltanto verso la fine dell'anno seguente, fu siglato un trattato di pace pure fra Svatopluk e Arnolfo.[67]

«I figli di Guglielmo e di Engelschalk disprezzarono la pace, che aveva preservato la Pannonia, ma che, una volta infranta, portò alla distruzione della Pannonia dalla Raab verso est nel giro di due anni e mezzo. Furono uccisi gli schiavi maschi e femmine con i loro figli, molti degli uomini di spicco furono trucidati, catturati o - cosa più vergognosa - rispediti indietro dopo che gli erano state tagliate loro la mano, la lingua o i genitali.»

I conflitti interni e l'ultima guerra

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Statua dedicata a Svatopluk nei pressi del castello di Bratislava, in Slovacchia

Metodio, che pare fosse nel seguito di Svatopluk a Kaumberg, morì nell'885 e nei suoi ultimi giorni indicò Gorazd, uno dei suoi discepoli moravi, come il più meritevole a succedergli.[12][77] Egli non fece tuttavia nemmeno in tempo a sottoporre la propria candidatura alla Santa Sede che il vescovo di Nitra, Vichingo, si precipitò a Roma.[12] Egli persuase papa Stefano V che Metodio non aveva mai seguito le direttive di Giovanni VIII sull'uso della lingua slava nella liturgia e ne scaturì la totale proibizione dell'uso dello slavo nella liturgia in Moravia.[12] Il pontefice inviò inoltre una missiva (Quia te zelo) a Svatopluk, ingiungendogli di aggiungere la locuzione Filioque nel Credo e sollecitandolo ad abbandonare pratiche tipiche della Chiesa bizantina, come il digiuno del sabato.[12]

Quando Vichingo tornò da Roma, Svatopluk chiamò i discepoli di Metodio, fra cui Gorazd e Clemente di Ocrida, perché accettassero di sottomettersi alle direttive papali.[14] Quando questi rifiutarono, Svatopluk permise a Vichingo di agire come meglio credesse nei propri confronti.[14] Alcuni vennero spediti in prigione, mentre altri, tra cui Naum di Ocrida, vennero venduti addirittura come schiavi.[14] L'espulsione dei discepoli di Metodio segnò la fine della liturgia in lingua slava nell'Europa centrale.[78] Gli esiliati trovarono asilo presso il Primo impero bulgaro, dove poterono continuare il proprio lavoro e dove avvicinarono la popolazione locale alle usanze bizantine, piuttosto che a quelle romane.[11][79] San Clemente di Ocrida riferisce:

«Il duca, tuttavia, capiva ben poco di ciò che veniva detto, poiché era senza dubbio del tutto incapace di comprendere qualsiasi questione divina; era stato cresciuto rispettando usanze puramente barbariche, si esprimeva poco, non godeva di nessuna istruzione, e inoltre [...] i piaceri terreni lo assorbivano in maniera completa. Come potrebbe un uomo completamente lontano dalla santità della vita modesta, senza la quale nessuno può permettersi di volgere lo sguardo al Signore, compiere una qualche osservazione sulla Trinità?[80]»

Nella summenzionata lettera Quia te zelo, il papa definisce Svatopluk rex slavorum (re degli slavi).[12] Anche se le fonti contemporanee, come gli Annali di Fulda, non riconoscono tale titolo, il cronista Regino di Prüm nel primo X secolo indica Svatopluk quale rex Marahensium Sclavorum (re degli slavi di Moravia), fornendo una fonte indipendente che può suggerire che egli detenesse davvero tale titolo.[81] Stando alla Cronaca del Prete di Doclea, risalente alla fine del XII secolo, Svatopluk era stato incoronato «re secondo le usanze romane sul campo di Dalma» alla presenza di un legato pontificio, di cardinali e vescovi.[20]

Nell'887, Arnolfo, il quale era stato avversario di Svatopluk nella guerra guglielmina, divenne sovrano della Francia orientale.[64][82] I due s'incontrarono nella non meglio identificata località di Omuntesperch nell'inverno dell'890.[83] All'incontro Svatopluk gli riferì che il papa desiderava che Arnolfo invadesse l'Italia per proteggere le terre pontificie.[84] Stando a Regino di Prüm, Arnolfo, in virtù di un trattato, cedette a Svatopluk il ducatus di Boemia.[85]

«Nell'anno dell'incarnazione del Signore, l'890, il re Arnolfo affidò il comando della Boemia al re Sventibaldo degli Slavi della Moravia. Fino a quel momento, i boemi avevano avuto governanti tra i loro stessi simili e il loro popolo, e avevano mantenuto la fedeltà promessa ai re dei Franchi con un accordo inviolabile. Arnolfo fece questo perché, prima di salire sul trono del regno, era stato legato a Sventibaldo da una salda amicizia.»

Secondo gli Annali di Fulda, nell'891 Arnolfo spedì il margravio Aribo affinché fra i loro due regni fosse rinnovata la pace, ma Svatopluk decise di rompere i patti e Arnolfo diede il via ad un'invasione.[87] Arnolfo si incontrò con Braslavo, duca della Bassa Pannonia, lungo la Sava e quindi organizzò un esercito formato da franchi, bavari, alamanni e magiari.[88] Alla fine del X secolo, Arnolfo fu accusato dai cronisti ottoniani di aver consentito ai guerrieri ungari di spingersi in Europa centrale (e di aver così favorito quella che gli studiosi ungheresi chiamano honfoglalás) a causa del suo desiderio di soggiogare la Moravia.[89]

«Frattanto Arnolfo, il re più potente fra le genti che vivono sotto i cieli del nord, non riuscendo a sconfiggere Centebaldo [Svatopluk], il già citato duca dei Moravi, che gli si opponeva valorosamente, smantella - ahimè! - le robustissime barriere di cui abbiamo parlato e che sono comunemente dette le Chiuse, e chiama gli Ungari - quel popolo rapace, temerario, ignaro di Dio onnipotente ma esperto di ogni crimine, bramoso soltanto di strage e saccheggi - in proprio aiuto; se pure aiuto si può chiamare quello che non molto tempo dopo, alla morte di Arnolfo, fu un grave pericolo, e anzi una rovina, per la sua gente e per tutti gli altri popoli che vivevano a meridione e a occidente.»

La campagna partì nel luglio dell'892, ma non ebbe buon esito e la guerra continuò presumibilmente fino all'894.[64][91] Fu questo pure l'anno della dipartita di Svatopluk, la quale pare risultò secondo gli Annali di Fulda particolarmente sfortunata.[92] L'autore dell'opera non chiarisce però meglio la situazione, motivo per cui si tende a ipotizzare che morì in circostanze particolari, verosimilmente in guerra.[92] Ogni altro tentativo di ricostruire meglio i momenti finali della sua vita appare invano.[93]

«Sventibaldo, il duca dei Moravi e la fonte di ogni tradimento, che aveva turbato tutte le terre intorno a sé con trame e artifizi e che appariva bramoso di sangue umano, fece una fine infelice, esortando i suoi uomini all'ultimo momento a non essere amanti della pace, ma a continuare a essere ostili ai loro vicini.»

Simone di Kéza, autore delle Gesta Hunnorum et Hungarorum, testimonia che morì durante una battaglia svoltasi nei pressi di Környe.[23]

Rilevanza storica

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Morto Svatopluk, la Grande Moravia, che aveva raggiunto la sua massima estensione territoriale e l'apogeo in termini di influenza, perse gran parte del peso geopolitico prima assunto nell'Europa centrale.[95] Sebbene, almeno secondo la testimonianza dell'imperatore bizantino Costantino VII Porfirogenito, Svatopluk avesse chiesto in punto di morte ai suoi figli, Mojmír II e Svatopluk II, di rimanere uniti, presto si cristallizzarono dei dissidi fomentati da Arnolfo.[96] Alla fine, la Moravia cessò di esistere nel primo decennio del X secolo a causa delle invasioni ungare.[96][97]

La leggenda delle tre bacchette di Svatopluk

«Il principe di Moravia,Sphendoplokos, era valoroso e terribile nei confronti dei popoli suoi vicini. Questo Sphendoplokos aveva tre figli, e quando morì divise il suo paese in tre parti e lasciò una porzione a testa ai suoi discendenti, lasciando che il più adulto fosse il grande duca e gli altri due fossero sotto il comando del primogenito. Li esortò a non litigare tra di loro, facendo quanto segue: portate tre bacchette, le legò insieme e le diede al primo figlio affinché le spezzasse; quando questi dimostrò di non essere abbastanza forte, le passò al secondo, e poi al terzo, dividendo in seguito le tre bacchette e dandone una a testa a ognuno dei tre; quando le ebbero prese e fu loro ordinato di spezzarle, le ruppero subito. Attraverso questa metafora li invitò a riflettere dicendo: "Se rimarrete saldi nella concordia e nella fratellanza, non sarete vinti dai vostri avversari e risulterete invincibili; ma se tra di voi nasceranno lotte e rivalità e vi frammenterete in tre menti diverse, non sottomettendovi al fratello maggiore, vi distruggerete a vicenda e finirete in completa rovina per mano dei nemici vostri vicini."»

Secondo le leggende magiare, gli Ungari acquistarono i domini di Svatopluk con un atto di scambio simbolico, inviando al sovrano moravo un cavallo bianco con una sella aurea in cambio di terra, acqua ed erba, una metafora per rappresentare le qualità del paese stesso.[93] Svatopluk avrebbe disconosciuto questo "patto" e sarebbe annegato nel Danubio mentre fuggiva dagli Ungari.[93] È importante segnalare una simile leggenda perché, al netto di alcuni elementi fantasiosi, appare legittimo credere che effettivamente Svatopluk suggellò un patto con la controparte secondo le usanze pagane, forse proprio nell'894.[93]

«Quindi (Kusid) arrivò dal capo della regione che regnò dopo Attila e il cui nome era Zuatapolug [Svatopluk], e lo salutò a nome del suo popolo [...]. Udendo ciò, Zuatapolug si rallegrò molto, perché pensava che fossero contadini che sarebbero venuti a coltivare la sua terra; così, congedò con grande cortesia il messaggero. [...] Poi per comune decisione, [gli Ungari] rispedirono lo stesso messaggero al detto capo e gli inviarono per la sua terra un grande cavallo con una sella aurea realizzata con l'oro d'Arabia e una testiera. Vedendole, il regnante si rallegrò ancora di più, pensando che stessero inviando doni di omaggio in cambio di un posto dove poter stare. Quando dunque il messaggero gli chiese terra, erba e acqua, egli rispose con un sorriso: "In cambio del dono, ricevano quanto desiderano". [...] Allora [gli Ungari] inviarono un altro delegato al sovrano e questo fu il messaggio che egli consegnò: "Árpád e il suo popolo ti dicono che non puoi più rimanere nel paese che hanno comprato da te, perché con il cavallo acquisirono la tua terra, con la briglia l'erba e con la sella l'acqua. E tu, nel tuo interesse e per avarizia, hai concesso loro di terra, erba e acqua». Quando questo avvertimento fu consegnato al capo, questi commentò sorridendo: "Che uccidano il cavallo con un mazzuolo di legno, gettino le briglie sul campo e disperdano la sella d'oro nelle acque del Danubio". Al che il messaggero rispose: "E che perdita sarà per loro, signore? Se uccidi il cavallo, finirai pur nutrire i loro cani; se getterai le briglie nel campo, i loro uomini troveranno l'oro di cui sono composte mentre falciano il fieno; se lascerai scorrere la sella nel Danubio, i loro pescatori recupereranno l'aurea sella sulla riva e la porteranno a casa a mo' di trofeo. Se possiedono terra, erba e acqua, hanno tutto".»

Lo storico Ryszard Grzesik afferma che il sovrano Menumorut, menzionato nella cronaca magiara del XIII secolo intitolata Gesta Hungarorum, potrebbe corrispondere a Svatopluk I di Moravia.[100]

Influenza culturale

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Svatopluk I in abiti da monaco alla corte di Arnolfo, re dei Franchi orientali. Illustrazione tratta dalla Cronaca di Dalimil del XIV secolo

Nel 1722 Michele Bencsik, professore di diritto ungherese presso l'Università di Trnava, suggerì che la nobiltà e l'intera popolazione del comitato di Trencsén, un'area amministrativa compresa nei confini del regno d'Ungheria, corrispondessero «a quanto venduto da Svatopluk agli Ungari, così come il popolo slovacco, sottoposto a un'eterna servitù della gleba».[101][102] In risposta, Ján Baltazár Magin, il sacerdote cattolico di Dubnica, scrisse nel 1728 la più antica invettiva di cui si ha conoscenza in difesa delle comunità slovacche.[103] Successivamente un presbitero cattolico, Juraj Fándly, completò una storia in latino intitolata Compendiata historia gentis Slavae ("Breve storia della nazione slovacca"), in cui descriveva la Moravia come uno Stato composto da slovacchi e Svatopluk come il loro re.[18][104][105] Nel 1833, il poeta Ján Hollý pubblicò un poema intitolato Svätopluk, il primo di una serie di poemi epici che trattavano del passato del popolo slovacco.[104][106]

Svatopluk ebbe due figli da una o più mogli ugualmente ignote:

  • Mojmir II di Moravia (dopo l'871 - dopo il 901);
  • Svatopluk II di Moravia (884 circa - forse 906).

Un terzo, di nome Predslao, gli è attribuito da alcune fonti.

  1. ^ L'identificazione di Sirmio dipende da un'errata attribuzione di Metodio a quella sede. La discrasia si deve alla Vita paleoslava di Metodio, scritta nel XII secolo, in cui si dice, senza mai menzionare Sirmio, che Metodio subentrò a Sant'Andronico, un santo del I secolo morto in Pannonia, di cui è problematico accertare storicamente ogni relazione con Sirmio. Si veda Maddalena Betti, La formazione della sancta Ecclesia Marabensis (858-882). Fonti e linguaggi di un progetto papale, 2008, pp. 186-187, 199, 228-239.

Bibliografiche

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Fonti primarie

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Fonti secondarie

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