Lo studioso di toponomastica Dante Olivieri fa derivare il nome del comune dal nome latino di persona Gallicinus, con suffisso -anu. Si tratterebbe quindi di un cosiddetto toponimoprediale che ha lasciato la sua traccia del nome dell'assegnatario di un fondo ubicato in questo territorio.[6]
Il demonimo degli abitanti di Galzignano è galzignanesi.
I primi segni civiltà a Galzignano sono datati fra il XIV e il XII secolo a.C., nell'Età del bronzo e anche nell'Età del Ferro. I ritrovamenti archeologici testimoniano che poco sotto la vetta del monte Orbieso, sul versante meridionale, viveva un piccolo gruppo di persone stanziatesi in quel luogo forse per fini strategici dato che da quella posizione riuscivano a controllare tutta la zona termale.
Un'altra scoperta archeologica è il ritrovamento di un cippo di confine (datato 141 a.C.) usato dai Romani per segnare la fine del territorio Atesino e l'inizio dell'Agro Patavino.
Il più antico documento in cui si cita Galzignano risale al 9 febbraio 952, dove si riporta che l'imperatore Ottone I confermò al capitolo della cattedrale di PadovaIn Galzignano mansiones tres proprio in quell'anno.[7] In altri documenti redatti a Verona il 14 febbraio 1077 si cita Villa que dicitur Galzegnano.
Nel 1297, nella decima papale viene citato ancora il nome di "Galzignano". Durante il XIII secolo venne costruito a Galzignano sulla sommità di un colle (Monte Del Castello o Castelletto), un piccolo castello citato per la prima volta nel 1259. Il castello era forse feudo vescovile, confermato nel 1288 a Nicolò Da Lozzo. Inoltre pare che tra il 1200 e il 1300 vi fosse presente una ulteriore fortificazione nel Monte Castellazzo; entrambi i nomi di questi colli deriverebbero appunto dalle due diverse fortezze.[8]
Le aree ai piedi dei monti si presentavano sommerse da paludi e fu proprio dalla metà del XVI secolo che vennero bonificate grazie al contributo di importanti famiglie veneziane, le quali dopo aver acquistato le terre decisero di edificare qui le loro dimore.[9]
Dal 1160 si insedia sul Monte Venda un monastero, creato su iniziativa di un monaco del monastero di Santa Giustina. Nel 1229, il monastero, passò ai monaci Benedettini. L'esistenza del monastero terminò nel 1771 dopo che la Repubblica di Venezia ne ordinò la soppressione. Successivamente i beni del monastero passarono in proprietà della famiglia Erizzo la quale destinò l’intero complesso a rifugio per pastori e per questo motivo il monastero cadde in rovina.[10]
In epoca rinascimentale, molte famiglie nobili decisero di costruire le loro ville a Galzignano, come: Villa Benacchio Barbaro, Villa Vallini Rizzoli Benedetti, edificata nel Quattrocento e poi ristrutturata nel Settecento, Villa Pisani Augusta del Quattrocento, Villa Bertolini Olivato Capodilista dello stesso secolo, la seicentesca Villa CivranEmo, proprietà dei conti Emo Capodilista, Villa Saggini di fine Settecento, Villa Boggian della seconda metà del Settecento e Villa Barbarigo, nella frazione di Valsanzibio, con giardino all'italiana.
Durante la seconda guerra mondiale, il paese fu teatro del cosiddetto eccidio di Vallarega, una strage avvenuta a Luvigliano da parte delle truppe tedesche di stanza nella cittadina euganea, dove furono uccisi civili.
Per rappresaglia contro l'uccisione di un soldato del comando di un'armata dell'esercito tedesco, vennero fucilati sette ostaggi civili: cinque di questi, appartenenti alle formazioni partigiane, erano stati prelevati quindici giorni prima in una casa privata, in un'azione di rastrellamento, a Galzignano Terme. L'ordine fu dato dal comandante tedesco, capitano Lembke della Wehrmacht. I cadaveri vennero appesi per due giorni ai grandi platani del viale sotto il Palazzo dei Vescovi. Soltanto dopo qualche giorno fu data sepoltura alle vittime; mentre non fu possibile identificare i due partigiani aggiunti da Lembke alla lista della rappresaglia, quasi subito furono identificati gli altri cinque.[11]
Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 20 giugno 1984.[12]
«D'argento, all'albero al naturale, movente dalla punta, munito di chioma e di quattro rami, due per parte, sul secondo dal basso a destra è posato l'uccello al naturale. Ornamenti esteriori da Comune.[13]»
Dalla descrizione araldica dello stemma comunale si possono evincere i simboli di Galzignano:
l'albero presente al centro vuole mettere in risalto la florida agricoltura e la presenza di villa Barbarigo;
lo smalto d'argento del campo vuole ricordare l'abbondanza delle acque soprattutto quelle termali;[14]
Antica pieve di Santa Maria Assunta: la chiesa è ubicata sulla sommità del colle omonimo che domina il paese. La struttura fu riedificata nel 1674 al posto un altro edificio del XIII secolo, al suo interno ospita una tela di Claudio Ridolfi raffigurante l'Assunta e due santi. A metà del XX secolo fu costruita una ulteriore chiesa di Santa Maria Assunta di stile neoromanico. Venne edificata nel 1961 per sostituire l'antica pieve ormai inadeguata a ospitare il crescente numero di fedeli; il campanile del vecchio tempio fu utilizzato anche per il nuovo.[15]
Monastero di Sant'Eusebio: l'antico monastero di Sant'Eusebio, situato nella frazione di Valsanzibio, si trova su uno sperone del Colle Sant'Eusebio. Questo monastero nel corso degli anni ha prima dato il nome alla valle e successivamente anche al paese. La strutture esisteva almeno dal XI secolo e inizialmente aveva anche la funzione di chiesa parrocchiale, funzione che perse alla fine del XIII secolo trasferendola alla chiesa di San Lorenzo. Il monastero, dopo una serie di peripezie, passò sotto il controllo dell'Abbazia di Praglia fino al XIX secolo quando cadde in disuso. Il monastero comprendeva una parte religiosa, con la chiesa e gli ambienti per i monaci, sulla sommità della collina e un'altra rustica nella valle sottostante. La chiesa aveva una navata unica e una cripta, e le sue mura combinavano pietra e mattoni. Dal XXI secolo rimangono solo rovine e alcuni edifici restaurati.Ex monastero di Sant'Eusebio
Ex monastero di Santa Maria AnnunziataMonastero di Santa Maria Annunziata: nel 1233, sul versante meridionale del monte Orbieso, un gruppo di frati benedettini provenienti dall’abbazia di Praglia fondarono in questo luogo il monastero di Santa Maria Annunziata. Il vescovo di Padova Corrado nominò come priore e gestore di questa comunità Pietro Bono, monaco benedettino proveniente dalla comunità patavina di San Benedetto. I due monasteri sorti nei pressi di Valsanzibio erano collegati da una strada sulla criniera del colle.
Ruderi del monastero degli Olivetani: monastero situato sul monte Venda, nato nel 1160 su iniziativa di un monaco del monastero di Santa Giustina, un secolo dopo, passò ai monaci Benedettini. L'esistenza del monastero terminò nel 1771 d.C. dopo che la Repubblica di Venezia ne ordinò la soppressione. Successivamente i beni del monastero passarono in proprietà della famiglia Erizzo la quale destinò l’intero complesso a rifugio per pastori e per questo motivo il monastero cadde in rovina.[10]
Oratorio della Santissima Trinità: la sua costruzione è datata nel 1300 dal Riccabona da Carrara figlio di Pietro da Carrara e faceva parte di un convento. All'interno erano conservati alcuni affreschi, tra cui La Crocifissione, che oggi viene conservato nel museo Atestino. Occultata nel Cinquecento dal monumento funebre di Marco Mantova Benavides, scolpito da Bartolomeo Ammannati, essa fu rimessa in luce nel corso dei restauri diretti da Ferdinando Forlati. Questo dipinto di stile giottesco, viene attribuito da Mauro Lucco al Maestro di Galzignano.[16]
Chiesa di San Lorenzo: situata a Valsanzibio, il suo attuale aspetto è dovuto alla ristrutturazione e ampliamento, realizzato nel XVII secolo, del precedente edificio a opera della famiglia Barbarigo.
Monumento ai caduti della prima guerra mondiale, realizzato dallo scultore Luigi Strazzabosco nel 1922 e rappresentante un fante. In basso, su un basamento quadrato si innesta un cippo rastremato verso l'alto che sorregge la statua del fante ferito. Il soldato, in un gesto estremo lancia una granata con il braccio destro mentre stringe tra i denti il bavero della giacca.[17]
Roccolo Bonato: sorge su un pianoro a levante del monte Rua, tra i comuni di Galzignano Terme e Torreglia. Il “roccolo” era un edificio per l'arte dell'uccellagione, l'antica pratica di catturare gli uccelli migratori con le reti.[18]
Villa Barbarigo, risalente al Seicento, costruita su commissione del nobile veneziano Francesco Zuane Barbarigo. Il parco della villa di Valsanzibio copre un'area di 15 ettari, ed è un esempio di giardino simbolico seicentesco, che presenta un complesso sistema di fontane.[19]
Galzignano Terme ha circa 1510 famiglie. La popolazione è aumentata dell'1,9% nel periodo 1991-2001 secondo i dati del censimento decennale dell'ISTAT.
Gli stranieri residenti a Galzignano Terme al 1º gennaio 2021 sono 86 e rappresentano il 2% della popolazione residente. L'etnia più numerosa è quella rumena con 32 persone residenti.[21]
Pellegrinaggio a Monteortone: si svolge ogni anno la prima domenica dopo Pasqua in direzione di Monteortone, dove è presente un antico santuario dedicato alla Madonna della Salute. Il pellegrinaggio venne istituito in seguito alle prime epidemie di peste.[22]
Sagra del Rosario con il Palio dei Mussi, con una sfilata in costume d'epoca rievocante la vittoria della Repubblica di Venezia contro i Turchi alla battaglia di Lepanto nel 1571 e un palio corso da asini.[23]
Il Museo naturalistico e archeologico dei Colli Euganei ospita numerosi pannelli informativi che raccontano l'origine vulcanica del complesso collinare ed esempi della flora e della fauna locale. Sono presenti inoltre anche alcune stoviglie e del vasellame antico, ritrovato dalla famiglia che possiede Villa Benacchio Barbaro, proprio all'interno di essa.[24]
Sono presenti due teatri: l'auditorium comunale gestito dal comune e l'anfiteatro del Venda situato poco sotto la cima del monte Venda e solito ospitare vari eventi e concerti.
Valsanzibio è l'unica frazione di Galzignano sorge tra il monte Gallo e il monte Orbieso. La località è famosa per il noto giardino di Villa Barbarigo, ma di particolare interesse è anche la vecchia chiesa parrocchiale intitolata a Sant'Eusebio, da cui prende il nome la località.
Nel territorio comunale l'agricoltura rappresenta una delle attività di maggior importanza. A Galzignano i prodotti di maggior interesse sono il vino e l'olio. Nel territorio vengono prodotti molti vini a denominazione di origine controllataColli Euganei, e il comune aderisce all'associazione "Città dell'olio".[26] Oltre a altri vari tipi di frutta e ortaggi di importanza rilevante è anche la produzione di ciliegie e giuggiole.
Nel 2020 il comune ha approvato il regolamento per i prodotti a denominazione comunale (De.Co.) con il fine di proteggere e tutelare i prodotti tradizionali locali.[27]
Le attività termali, site nella località "Civrana",[28] sono il principale attrattore dell'economia turistica cittadina, che beneficia anche del movimento generato dall'associazione strada del vino dei Colli Euganei.
Nel territorio è presente l'associazione locale Galzignano Trail Friends che, oltre a prendere parte a numerose marce e manifestazioni podistiche, organizza varie gare podistiche all'interno del territorio comunale.[30]
Nel territorio di Galzignano sono presenti due società calcistiche.
La prima è la A.S.D. Polisportiva Real Terme, nata nel 2020 in seguito alla fusione delle due storiche squadre locali dei paesi di Galzignano e Battaglia, l'A.C.D. Galzignano Terme 1965 e il Calcio Battaglia 1922; la nuova squadra è affiliata al Calcio Padova e, dopo aver vinto il campionato di Seconda Categoria, questa stagione disputa di diritto il campionato di Prima Categoria.[31]
Ha inoltre sede nel comune la società A.S.D. Atletico Galzignano che milita nel girone A di Terza categoria della stagione 2023-2024.[32]
^abMauro Tagliabue, San Giovanni Battista del Venda (Padova) : un secolo di storia monastica (1350-1450) tra albi e olivetani, Cesena, Badia di Santa Maria del Monte, 2015, ISBN9788898104109.
Loris Fontana, Galzignzano. Analisi delle aggregazioni, Padova, Il Poligrafo, 2001, ISBN8871151518..
Mauro Tagliabue, San Giovanni Battista del Venda (Padova) : un secolo di storia monastica (1350-1450) tra albi e olivetani, Cesena, Badia di Santa Maria del Monte, 2015, ISBN9788898104109.