Barbus tyberinus

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Barbo etrusco
Stato di conservazione
Prossimo alla minaccia (nt)[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
SubphylumVertebrata
SuperclasseGnathostomata
ClasseActinopterygii
OrdineCypriniformes
FamigliaCyprinidae
SottofamigliaBarbinae
GenereBarbus
SpecieB. tyberinus
Nomenclatura binomiale
Barbus tyberinus
Bonaparte, 1839
Giovane esemplare

Il barbo etrusco (Barbus tyberinus (Bonaparte, 1839)) è un pesce osseo d'acqua dolce appartenente alla famiglia Cyprinidae. È noto in italiano anche come barbo tiberino o barbo del Tevere.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

È endemico del versante tirrenico della Penisola Italiana tra il fiume Magra a nord e il Sele a sud[2]. Segnalazioni per i fiumi tributari del mare Adriatico in Abruzzo sono probabilmente da ascriversi a Barbus fucini, specie riabilitata nel 2021[3]. L'estensione verso sud dell'areale è incerta dopo che è stata descritta, sempre nel 2021, la specie Barbus samniticus[3]. È stato introdotto anche in altri bacini del nord e del sud Italia come la Liguria e parti della Campania[1].

Vive preferibilmente in corsi d'acqua a forte corrente, nella Zona dei ciprinidi litofili sconfinando talvolta nella zona dei salmonidi[2], in zone con fondi ciottolosi o sabbiosi e, spesso, acqua a bassa profondità[4]. È una specie tipica di acque correnti vivaci e molto raro nei laghi o in acqua ferma[4].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

L'aspetto generale del barbo tiberino non si discosta significativamente da quello dgli altri Barbus europei, ha corpo affusolato con ventre quasi piatto e dorso relativamente convesso; il corpo è coperto da scaglie piccole. La testa è conica[2] e allungata e l'occhio relativamente piccolo[4]; la bocca si apre in posizione inferiore ed è bordata da labbra carnose sulle quali sono impiantate due paia di barbigli. Il labbro inferiore, come in tutti i Barbus, ha una prominenza posteriore detta lobo mediano[2]. È in particolare molto simile al barbo padano specie vicariante nel distretto Padano-Veneto e, in misura minore, con il barbo europeo, estesamente introdotto in tutta Italia[2]. Si ricorda che queste tre specie, laddove messe artificialmente in simpatria, si sono estesamente ibridate dando luogo a fenomeni di introgressione genetica tali da rendere impossibile il riconoscimento della specie in base ai soli caratteri morfologici[5]: i caratteri indicati sono validi dunque solo per gli esemplari puri e non ibridati. In questa specie il primo raggio della pinna dorsale è è piuttosto flessibile, osseo solo presso l'attaccatura; questo raggio è posteriormente liscio negli adulti e presenta seghettature leggere nei giovani[2]. Le scaglie sono leggermente più grandi che nel barbo padano[6]. La pinna anale è molto lunga nei maschi, ripiegata raggiunge e supera l'inserzione della pinna anale, nella femmina questa pinna è più corta[2]. La pinna dorsale ha il bordo posteriore solo leggermente concavo e talora dritto[6].

La livrea è variabile in base alle condizioni dell'ambiente[2][4]. Il colore di fondo è bruno-giallastro o verdastro, con ventre giallo o biancastro; una fitta punteggitura scura è presente su testa e fianchi[2], talvolta raggruppata in marezzature irregolari[4], spesso il dorso è privo di macchie, che sono presenti solo sui fianchi[6]. Nei giovani la maculatura può essere più contrastata e grossolana che negli adulti, a volte formando grandi macchie scure tanto da assomigliare a quelle del barbo canino; esiste d'altronde una livrea giovanile definita concolor, piuttosto rara, nella quale la maculatura scompare del tutto[2]. Le pinne, almeno quelle pari[6], sono maculate[2]; le pinne pari e l'anale[4] hanno sfondo giallastro o aranciato[2]. Gli individui che vivono in torrenti con acque limpide hanno maculatura più evidente rispetto a quelli dei fiumi[2].

La taglia massima raggiunge eccezionalmente i 70 cm e i 6 kg di peso[7]; normalmente una misura di 50 cm è già molto grande e le popolazioni dei torrenti collinari possono raggiungere i 25 cm di taglia massima[2].

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

D'inverno si rifugia negli anfratti fra le pietre. È attivo tra 16 e 22°C gradi[4].

Alimentazione[modifica | modifica wikitesto]

Si nutre prevalentemente di invertebrati bentonici[2][7][8] come larve di ditteri, plecotteri, efemerotteri e tricotteri e crostacei[4] nonché di materiale vegetale[2][7]. Sembra che, al contrario degli altri Barbus presenti in Italia, non si nutra di altri pesci[2].

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

La riproduzione avviene in primavera (aprile-giugno) quando la temperatura raggiunge 16-17° C[4]. I riproduttori si portano con brevi brevi migrazioni in zone dei fiumi dotate di acque basse molto ossigenate, forte corrente e fondo sassoso[2][4]. La frega avviene di notte e le uova, in numero di alcune migliaia per ogni femmina, aderiscono alle pietre. Ogni femmina depone le uova in più occasioni in ogni stagione riproduttiva[2]. La schiusa avviene da 8 a 15 giorni dopo la deposizione[2][4], in base alla temperatura dell'ambiente[2]. La maturità sessuale viene raggiunta di norma a tre anni ma questo tempo è altamente variabile, infatti talvolta i maschi risultano avere gonadi mature a un solo anno di vita[2].

Pesca[modifica | modifica wikitesto]

Non ha alcuna importanza per la pesca commerciale mentre viene catturato dai pescatori sportivi che lo apprezzano per la potenza che sviluppa una volta allamato; lo si insidia di solito con la tecnica della passata o della pesca a fondo utilizzando esche naturali come lombrichi, bigattini o impasti. Le carni sono buone ma molto ricche di lische[2].

Conservazione[modifica | modifica wikitesto]

Le popolazioni di questa specie si stanno riducendo in maniera abbastanza rapida a causa delle alterazioni del fondo dei fiumi, la costruzione di dighe e dell'introduzione di specie aliene come il barbo europeo e quello padano che esercitano una forte competizione e si ibridano con il barbo tiberino causando un serio inquinamento genetico[1] tanto che numerosi fiumi sono popolati unicamente da ibridi[2]. Sembra che le popolazioni si siano ridotte di almeno il 30% in 10-20 anni e che siano in miglior stato quelle della parte meridionale dell'areale rispetto a quelle dell'Italia centrale[1].

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

A lungo è stato confuso con Barbus plebejus, simile ma con areale diverso e non sovrapposto in alcun luogo. Solo nel 1995 è stata fatta chiarezza sulla tassonomia dei Barbus italiani grazie al lavoro di Bianco[9].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d (EN) Barbus tyberinus, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x Fortini N., Nuovo atlante dei pesci delle acque interne italiane, Aracne, 2016, ISBN 978-88-548-9494-5.
  3. ^ a b (EN) Massimo Lorenzoni, Antonella Carosi, Silvia Quadroni, Vanessa De Santis, Isabella Vanetti, Giovanni B. Delmastro e Serena Zaccara, Cryptic diversity within endemic Italian barbels: revalidation and description of new Barbus species (Teleostei: Cyprinidae), in Journal of Fish Biology, vol. 98, n. 5, 2021, pp. 1433-1449, DOI:10.1111/jfb.14688. URL consultato il 05/05/2024.
  4. ^ a b c d e f g h i j k Stefano Porcellotti, Pesci d'Italia, Ittiofauna delle acque dolci, Edizioni PLAN, 2005.
  5. ^ (EN) Geiger M.F., Schreiner C., Delmastro G.B. e Herder F., Combining geometric morphometrics with molecular genetics to investigate a putative hybrid complex: A case study with barbels Barbus spp. (Teleostei: Cyprinidae), in Journal of Fish Biology, vol. 88, n. 3, 2016, DOI:10.1111/jfb.12871. URL consultato il 03/05/2024.
  6. ^ a b c d Kottelat M., Freyhof J., Handbook of European Freshwater Fishes, Cornol (CH), Publications Kottelat, 2007, ISBN 88-7021-299-8.
  7. ^ a b c (EN) Barbus tyberinus, su FishBase. URL consultato il 05.05.2024.
  8. ^ Food items reported for Barbus tyberinus, su fishbase.de. URL consultato il 07/05/2024.
  9. ^ (EN) Pier Giorgio Bianco, A revision of Italian Barbus species (Cypriniformes, Cyprinidae) (PDF), in Ichthyological exploration of freshwaters, vol. 6, 1995, pp. 305-324. URL consultato il 05/05/2024.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Kottelat M., Freyhof J. Handbook of European Freshwater Fishes, Publications Kottelat, Cornol (CH), 2007
  • AA.VV. La fauna ittica e i corsi d'acqua dell'Umbria, Regione Umbria, 2010
  • Fortini N. Atlante dei pesci delle acque interne italiane, Aracne, 2011

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