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I prodromi della terza crociata furono gli eventi che anticiparono tale conflitto, cronologicamente compresi tra la fine della seconda crociata nel 1148 e il 1189.
La seconda crociata si era conclusa in maniera insoddisfacente per i cristiani, che non solo non avevano ottenuto alcun risultato concreto, ma addirittura avevano dovuto osservare quasi impotenti la graduale unificazione musulmana della Siria compiuta dall'atābeg (governatore) di Aleppo, Norandino, dopo il 1150. Tra il 1163 e il 1174 si assistette a una nuova fase, durante la quale i franchi si concentrarono sull'Egitto, che stava vivendo una difficile situazione politica. Alla fine, nella contesa prevalsero i musulmani e Norandino insediò a capo dell'Egitto un giovane sottoposto di nome Saladino, con cui presto entrò in contrasto per via delle sue ambizioni di potere. Alla morte di Norandino, Saladino fu in grado di unificare sotto il suo controllo sia la Siria sia l'Egitto, creando un solido Stato musulmano.
I cristiani vissero una situazione politica critica a seguito del 1180, poiché persero gradualmente terreno, salvo alcune vittorie dallo scarso impatto. La crisi dinastica generata dalla morte del capace re Baldovino IV e la disfatta di Hattīn del 1187 aprirono la strada alla riconquista musulmana di Gerusalemme e di molti insediamenti cristiani, circostanza che spinse papa Urbano III e il suo immediato successore, papa Gregorio VIII, a proclamare una nuova crociata con lo scopo di riconquistare la città santa. A questa spedizione parteciparono i tre principali sovrani europei dell'epoca, ovvero Federico Barbarossa del Sacro Romano Impero, Filippo II di Francia e Riccardo I d'Inghilterra, ma Gerusalemme non venne mai più espugnata dai crociati.
Apprese l'arte di dipingere presso la bottega del padre Domenico Morone, dove conobbe Girolamo dai Libri, con cui strinse una duratura amicizia e collaborò in diverse occasioni. Dopo aver lavorato a lungo come aiutante del padre, nel 1498 firmò la sua prima opera autonoma: una Crocifissione per la cappella Avanzi della chiesa di San Bernardino, nella città natale. Questa prima opera segnò l'inizio del suo distacco artistico dalla figura paterna, emancipazione che si completò intorno al 1502-1504 con la realizzazione della tela Madonna in trono col Bambino tra i santi Zeno e Nicolò, considerata una delle sue opere più pregevoli. Il suo periodo felice continuò con l'affrescatura della sagrestia della chiesa di Santa Maria in Organo a Verona, unanimemente considerata tra i suoi capolavori.
Intorno al 1517 firmò Stimmate di san Francesco, anch'essa tela di pregevole fattura. Nei lavori successivi si intravede l'influenza dell'allievo Paolo Morando, il quale, nel frattempo, aveva superato il maestro nell'adeguarsi alle nuove correnti stilistiche. Negli ultimi anni di vita si avvicinò ancora di più alla religione e questo probabilmente incise sulla sua produzione artistica, che da allora fu caratterizzata da «dolci e malinconiche madonne». Si spense nel 1529 e le sue spoglie furono collocate a San Bernardino, dove sono tutt'oggi conservati molti dei suoi più importanti lavori.
Tradizionalmente l'uso della Croce di Sant'Andrea è subordinato a quello della bandiera del Regno Unito, tuttavia, a partire dagli inizi del XXI secolo questa consuetudine sta venendo meno, anche grazie al crescente movimento indipendentista scozzese. Benché a livello ufficiale la precedenza spetti ancora alla bandiera britannica, il vessillo è liberamente utilizzabile anche in contesti ufficiali e il governo scozzese lo espone regolarmente sugli edifici pubblici (seppur nel rispetto di appositi regolamenti).
Fino al 2003 i colori della bandiera scozzese non erano disciplinati da alcuna norma legislativa, dando così luogo a una molteplicità di varianti del vessillo. In quell'anno il governo scozzese intervenne regolamentando i colori della bandiera, stabilendo che la tonalità di blu-azzurro da impiegare fosse quella identificata con il codice Pantone-300.
Sviluppata su una pianta pentagonale con cinque bastioni e un largo fossato perimetrale, fu costruita negli ultimi anni del XVI secolo su progetto del ducaAlessandro Farnese, che ne affidò la direzione dei lavori agli ingegneri Giovanni Antonio Stirpio de' Brunelli e Genesio Bresciani, con la collaborazione di Smeraldo Smeraldi. Nata per scopi difensivi, la struttura fu successivamente utilizzata come caserma, come prigione per reati politici e come piazza per le esecuzioni capitali, per essere infine trasformata nel secondo dopoguerra in parco pubblico.
La Cittadella presenta due ingressi, di cui quello principale, rivolto a nord, è caratterizzato da una facciata monumentale manierista, disegnata da Simone Moschino e realizzata da Giambattista Carra nel 1596.
Si ritiene che iniziò come miniatore per poi passare alla produzione di dipinti e affreschi. Le sue prime opere conosciute risalgono al 1470, come le quattro tavolette in cui raffigurò San Francesco, san Bernardino, san Bartolomeo e san Rocco, originariamente parte di un polittico, e alcuni affreschi oggi staccati e conservati al museo di Castelvecchio di Verona. A parte la decorazione delle portelle dell'organo della chiesa di San Bernardino, non si conoscono altre sue opere collocabili negli anni 1480, benché fosse pressoché sicuro che la sua bottega dovesse aver raggiunto una certa popolarità in città. Nel 1493 firmò una delle sue opere più celebri, la tela Cacciata dei Bonacolsi, commissionata dal duca di MantovaFrancesco II Gonzaga. A partire dagli anni successivi, gran parte della sua produzione vide la collaborazione del figlio Francesco, e proprio insieme a lui nel 1503 terminò quello che è considerato il suo capolavoro: il ciclo di affreschi per la libreria Sagramoso nel convento di San Bernardino, a Verona.
Celebre per i dettagli delle figure umane, degli sfondi e degli oggetti, utilizzò nei suoi lavori colori vibranti e luminosi, spesso con una gamma cromatica ricca. È stato osservato che i volti dei suoi protagonisti sono tendenzialmente sobri e prosaici a differenza di quelli del figlio, definiti invece "dolciastri". Negli ultimi anni Domenico Morone divenne sempre più opaco e attento alle finezze psicologiche, come ben si nota nella sua Madonna col Bambino dipinta negli anni 1510. Probabile maestro di artisti di rilievo, tra cui Girolamo dai Libri, Paolo Morando e Michele da Verona (oltre al già citato figlio Francesco), la sua ultima menzione risale al 1517 e, verosimilmente, morì da lì a poco.
Dopo aver combattuto in giovinezza nelle guerre contro gli Stati Uniti, divenne capo degli ultimi seminole rimasti in Florida. Condusse la terza e ultima guerra seminole contro gli Stati Uniti d'America negli anni 1850, resistendo per alcuni anni ai tentativi di espulsione dalla propria terra. La poca consistenza numerica dei seminole lo costrinse tuttavia alla resa agli statunitensi nel 1858 e ad accettare la deportazione in Oklahoma, evento conosciuto come Sentiero delle lacrime, dove infine morì l'anno successivo.