Giuseppe Manzoni

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Giuseppe Manzoni (Venezia, 2 gennaio 1742Venezia, 11 ottobre 1811) è stato un presbitero, scrittore e poeta italiano della Repubblica di Venezia.

La chiesa dei Santi Apostoli a Venezia

Divenuto chierico a tredici anni, nel 1755, nella parrocchia veneziana dei Santi Apostoli nel sestiere di Cannaregio, nel 1756 ricevette la tonsura e nel 1766 fu ordinato sacerdote[1]. Membro dell'Accademia dei Granelleschi, partecipò alle dispute letterarie del sodalizio e, intorno al 1758, fu tra i fondatori dell'Accademia dei Planomaci di cui fu anche segretario[1].

Manzoni si dedicò, ancora giovane, all'insegnamento privato di eloquenza e belle lettere[1]. Con l'aiuto di alcuni sacerdoti amici, trasformò poi la sua casa in un collegio, frequentato in prevalenza da chierici, nel quale egli stesso impartì lezioni di filosofia e teologia, scendendo a volte in polemica con i filosofi a lui contemporanei quali Rousseau e Voltaire e con autori antichi quali lo scrittore e filosofo romano Lucrezio, autore del De rerum natura e seguace dell'epicureismo[1].

Nel 1780, colpito da una malattia nervosa e non volendo trascurare l'insegnamento, limitò il suo impegno pastorale di predicatore, che un tempo aveva esercitato anche in vari centri della Repubblica di Venezia, limitandolo ai fedeli della sua parrocchia o di quelle vicine[1].

Morì a sessantanove anni, nel 1811, nella sua città natale.

Attività letteraria

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Carlo Goldoni ritratto da Longhi

A diciotto anni, nel 1760, pubblicò la sua prima opera Varj capricci in lettere[1]. Dalla sua attività d'insegnamento nacquero poi alcune opere di carattere didattico, quali Favole ad uso dei fanciulli, e Regole per bene scrivere l'italiano ad uso delle scuole. Nelle prefazioni dei due testi, Manzoni espone l'esigenza che i fanciulli, prima di studiare la grammatica latina, imparino, con testi semplici e adatti alla loro età, l'uso della lingua italiana[1]. In polemica con i diversi approcci sostenuti da Goldoni e dell'abate Chiari, che sconsigliavano ai giovani romanzi e teatro contemporaneo, scrisse un libello intitolato Riflessioni critiche sopr'alcune proposizioni trovate nel libro intitolato Il genio ed i costumi del secolo corrente proposte al celebre sig. abate Chiari[1].

Oltre ad altri testi dedicati agli studenti, quali Lezioni catechistiche e Gli elementi dell'arte logico-critica del sig. abate Antonio Genovesi, la sua opera più interessante può essere considerata Ritratti critici, ovvero brevi pitture dei vizi e delle stravaganze di questo secolo, composta nel 1760 ma stampata a Venezia vent'anni dopo[1].

Tra la sua produzione poetica, si possono citare i poemetti Le astuzie di Belzebù, ovvero Censura degli abusi del carnovale e della quaresima e Le tre Veneri (Volgare, Apostrofia e Urania)[1]. Tradusse in versi, inoltre, alcune opere di san Giovanni Crisostomo, ritenuto dal Manzoni un modello di oratoria sacra, rivolti alle monache: I precetti alle vergini, Delle lodi della verginità[1].

  1. ^ a b c d e f g h i j k Fonte: P. Lucchi, Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti e link in Bibliografia.

Collegamenti esterni

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  • Manzoni, Giuseppe, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
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