Ugo La Malfa
Ugo La Malfa | |
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Vicepresidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana | |
Durata mandato | 23 novembre 1974 – 12 febbraio 1976 |
Capo del governo | Aldo Moro |
Predecessore | Mario Tanassi |
Successore | sé stesso |
Durata mandato | 21 marzo 1979 – 26 marzo 1979 |
Capo del governo | Giulio Andreotti |
Predecessore | sé stesso |
Successore | Arnaldo Forlani |
Ministro del tesoro | |
Durata mandato | 8 luglio 1973 – 15 marzo 1974 |
Capo del governo | Mariano Rumor |
Predecessore | Giovanni Malagodi |
Successore | Emilio Colombo |
Ministro del bilancio | |
Durata mandato | 22 febbraio 1962 – 22 giugno 1963 |
Capo del governo | Amintore Fanfani |
Predecessore | Giuseppe Pella |
Successore | Giuseppe Medici |
Durata mandato | 21 marzo 1979 – 26 marzo 1979 |
Capo del governo | Giulio Andreotti |
Predecessore | Tommaso Morlino |
Successore | Bruno Visentini |
Segretario del Partito Repubblicano Italiano | |
Durata mandato | marzo 1965 – febbraio 1975 |
Predecessore | Oddo Biasini |
Successore | Oddo Biasini |
Ministro del commercio con l'estero | |
Durata mandato | 5 aprile 1951 – 7 luglio 1953 |
Capo del governo | Alcide De Gasperi |
Predecessore | Ivan Matteo Lombardo |
Successore | Paolo Emilio Taviani |
Ministro dei trasporti del Regno d'Italia | |
Durata mandato | 21 giugno 1945 – 8 dicembre 1945 |
Capo del governo | Ferruccio Parri |
Predecessore | Francesco Cerabona |
Successore | Riccardo Lombardi |
Deputato della Repubblica Italiana | |
Durata mandato | 18 giugno 1946 – 26 marzo 1979 |
Legislatura | AC, I, II, III, IV, V, VI, VII |
Gruppo parlamentare | Partito Repubblicano Italiano |
Coalizione | Centrismo (1948-1963) |
Circoscrizione | Lazio |
Collegio | CUN (AC), Roma |
Incarichi parlamentari | |
Presidente della II commissione per l'esame dei disegni di legge | |
Sito istituzionale | |
Dati generali | |
Partito politico | UN (1924-1926) Pd'A (1942-1946) CDR (1946) PRI (1946-1979) |
Titolo di studio |
|
Università | Università "Ca' Foscari" di Venezia |
Professione | Economista |
Ugo La Malfa (Palermo, 16 maggio 1903 – Roma, 26 marzo 1979) è stato un politico italiano. Con un passato antifascista, fu tra i fondatori del Partito d'Azione nel 1942 e ministro dei trasporti sotto Ferruccio Parri. Eletto nel 1946 all'Assemblea Costituente nelle file della Concentrazione Democratica Repubblicana, da lui fondata con lo stesso Parri, portò il partito a confluire nel Partito Repubblicano Italiano nel medesimo anno.
Ininterrottamente deputato dal 1948 fino alla morte, fu ministro del commercio con l'estero nel sesto e settimo governo De Gasperi, ministro del bilancio nel quarto governo Fanfani, ministro del tesoro nel quarto governo Rumor e vicepresidente del Consiglio dei ministri del quarto governo Moro.
Fu anche segretario del Partito Repubblicano Italiano dal 1965 al 1975 e suo presidente dal 1975 al 1979.
Suo figlio è Giorgio La Malfa.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Nacque da Vincenzo La Malfa e Filomena Imbornone.
Il padre era appuntato di Pubblica Sicurezza; la madre, proveniente da famiglia agiata, anche se ormai decaduta, ispirò nei figli (Ugo, Renato e Olga) una tenace esigenza di emergere dal soffocante ambiente della piccola borghesia siciliana e di emanciparsi dalle ristrettezze in mezzo alle quali trascorsero l'infanzia.[1]
Prima del 1945
[modifica | modifica wikitesto]Diplomatosi in ragioneria, nel 1920 ottenne anche la licenza liceale al "Torquato Tasso" di Roma.[2]
Si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell'Università degli Studi di Palermo, poi si trasferì a Venezia per frequentare alla Ca' Foscari il Regio istituto superiore di scienze economiche e commerciali. Fra i suoi docenti ebbe Francesco Carnelutti, Silvio Trentin e Gino Luzzatto.[3]
Influenzato principalmente dal pensiero di Giustino Fortunato, Gaetano Salvemini e Benedetto Croce,[4] fin dagli anni dell'Università ha contatti con il movimento repubblicano di Treviso e con altri gruppi antifascisti. Nel 1924 si trasferisce a Roma con una borsa di studio per frequentare un corso sul commercio italo-americano. Partecipa alla fondazione dell'"Unione goliardica per la libertà" che ebbe vita brevissima ma guadagnò abbastanza autorevolezza da essere citata sia sulle pagine de "La Rivoluzione Liberale" di Piero Gobetti, sia sul foglio "Non Mollare!" di Carlo Rosselli. Il 14 giugno del 1925 interviene al primo congresso dell'Unione nazionale democratica fondata da Giovanni Amendola. Il movimento amendoliano è in seguito dichiarato fuori legge: il giovane La Malfa figura nella "Pentarchia" che ha lo scopo di porre in liquidazione il movimento. Si laurea nel 1926 a Venezia con una tesi in diritto processuale civile, dal titolo: Di alcune caratteristiche giuridiche del contratto della giurisdizione, dell'arbitrato, della conciliazione nei diritti intersindacale, interindividuale ed internazionale. Il suo relatore è Carnelutti. Dopo la laurea frequenta la scuola allievi ufficiali d'artiglieria di Palermo per il servizio militare, ma viene degradato e trasferito in Sardegna per aver diffuso la rivista antifascista Pietre ma pochi mesi dopo congedato per motivi di salute. Nel 1928 viene arrestato nel quadro delle retate seguenti all'attentato alla Fiera di Milano, ma viene presto prosciolto.
A causa dei suoi trascorsi politici, il suo contratto all'Istituto Nazionale per l'Esportazione non è rinnovato. Nel 1930 è chiamato da Giovanni Gentile all'Enciclopedia Treccani, ed è redattore di alcune voci fra cui "Industria": qui lavora sotto la direzione del filosofo fascista di sinistra, teorizzatore della comunistica "corporazione proprietaria", Ugo Spirito, frequentando altri giovani intellettuali fascisti e non fascisti. Alla Treccani Ugo La Malfa conosce anche la siciliana Orsola Corrado, che sposa nel 1934. Quell'anno grazie a Manlio Masi, direttore dell'Istituto Nazionale per l'Esportazione, viene assunto da Raffaele Mattioli a Milano, all'Ufficio studi della Banca Commerciale Italiana del quale diviene direttore nel 1938.
In questi anni lavora intensamente, soprattutto con funzioni di raccordo fra i vari gruppi dell'antifascismo, per costituire una rete che confluisce nel Partito d'Azione, di cui egli sarà uno dei fondatori. Il 1º gennaio 1943 La Malfa e l'avvocato Adolfo Tino riescono a pubblicare il primo numero clandestino de L'Italia libera; nello stesso anno La Malfa deve lasciare l'Italia per sfuggire a un arresto della polizia fascista. Trasferitosi a Roma, prende parte alla Resistenza e rappresenta il PdA in seno al CLN, insieme con Sergio Fenoaltea. Esprime una linea di intransigenza sulla questione istituzionale che costituisce un'alternativa alla linea che Palmiro Togliatti imprime al suo rientro in Italia con la svolta di Salerno.
Dal dopoguerra agli anni sessanta
[modifica | modifica wikitesto]Finito il conflitto, è chiamato per il suo partito nella Consulta Nazionale. Nel giugno 1945 assume la guida del dicastero dei Trasporti nel governo guidato da Ferruccio Parri. Nel dicembre, primo governo di Alcide De Gasperi, è nominato brevemente ministro per la Ricostruzione e in seguito Ministro del commercio con l'estero[5]. Nel febbraio del 1946 si tiene il primo congresso del Partito d'Azione, nel quale prevale la corrente filosocialista facente capo a Emilio Lussu: La Malfa e Parri lasciano il partito, il primo dimettendosi anche dal governo. A marzo, La Malfa partecipa alla costituzione della Concentrazione Democratica Repubblicana che si presenta alle elezioni per l'Assemblea Costituente del giugno 1946: La Malfa risulta eletto insieme a Parri.[6] Nel settembre dello stesso anno, incoraggiato da Pacciardi, La Malfa aderisce al Partito Repubblicano Italiano (PRI); si scontra, intorno agli indirizzi politico-economici della storica formazione, con l'ostilità della vecchia guardia, rappresentata soprattutto da Giovanni Conti.
Nell'aprile del 1947 La Malfa viene designato a rappresentare l'Italia al Fondo Monetario Internazionale. L'anno seguente è nominato vicepresidente dell'Istituto. Ma non lascia la politica attiva. Nello stesso anno infatti assume, insieme con Belloni e Reale, la segreteria provvisoria del partito. Eletto nella I legislatura deputato alla Camera nel 1948 nella circoscrizione Emilia-Romagna (confermato fino alla VII legislatura).[7].
Nel 1950 assume l'incarico di ministro senza portafoglio con il compito di procedere alla riorganizzazione dell'IRI. Fondamentale per i destini dell'economia italiana, l'opera da lui portata a termine, nel 1951, divenuto ministro del Commercio estero (fino al 1953), per la liberalizzazione degli scambi[8] e per la soppressione dei contingentamenti alle importazioni[9]. Il decreto sulla liberalizzazione apre la strada al "boom" economico italiano. Nel 1952 propone, senza successo, una "Costituente programmatica" tra i partiti laici; dal 1956, radicando la cultura repubblicana nella tradizione democratica e in particolare nel New Deal di Franklin Delano Roosevelt, elabora la strategia del centrosinistra e dell'incontro con il Partito Socialista Italiano (PSI), con il duplice obiettivo di allargare le basi democratiche dello Stato e di avviare una politica di riforme. Dal 1953 al 1958 è presidente della Giunta per i trattati di commercio e la legislazione doganale della Camera[10].
Nel 1957 i repubblicani ritirano l'appoggio esterno al governo Segni; Randolfo Pacciardi lascia la direzione del partito. Nel 1959 La Malfa assume la direzione de La Voce Repubblicana. Nel 1962 è nominato ministro del Bilancio nel governo tripartito Fanfani caratterizzato da un'opera riformatrice[11] per preparare l'ingresso del PSI nell'area della legittimazione democratica[12].
La "Nota aggiuntiva"
[modifica | modifica wikitesto]Nel mese di maggio presenta la Nota aggiuntiva[13], che fornisce una visione generale dell'economia italiana e degli squilibri da cui è caratterizzata, delineando inoltre gli strumenti e gli obiettivi della programmazione democratica attraverso la politica dei redditi. Il quadro diagnostico di La Malfa si concentrava su tre campi di intervento: il settore agricolo; l'industrializzazione nel Mezzogiorno e lungo la dorsale adriatica; i consumi e servizi pubblici, in particolare istruzione, sanità, previdenza sociale e gestione del territorio. Strumenti per raggiungere questi obiettivi vengono identificati negli Enti di sviluppo per le zone agricole; nella programmazione regionale; e nella volontà politica di perseguire un'espansione dei consumi pubblici superiore a quelli privati.
Nel campo dei consumi e dei servizi pubblici, di particolare rilevanza è la discussione sulla scuola, in cui «la crisi è gravissima» con il rischio di innescare «un processo cumulativo, pericolosamente vicino al punto in cui diverrà irreversibile». Tre in particolare le preoccupazioni: modesta spesa in istruzione delle famiglie, struttura delle remunerazioni e del riconoscimento sociale che scoraggia l'investimento in capitale umano; e scarsità dei fondi destinati alla ricerca scientifica e all'istruzione[14].
Segretario del PRI
[modifica | modifica wikitesto]Deve affrontare l'ostilità dei sindacati e di Confindustria[15]. Nello stesso anno concorre alla decisione del governo di nazionalizzare l'industria elettrica[16]. Dal 1963 al 1965 è presidente della Commissione bilancio e partecipazioni statali della Camera[17].
Espulso Randolfo Pacciardi dal Partito Repubblicano Italiano per avere votato contro il primo governo organico di centrosinistra[18], nel marzo del 1965 è eletto segretario del PRI. Si avvede immediatamente delle insufficienze della coalizione di centrosinistra[19].
Nel 1966 La Malfa apre un dibattito con il PCI che coinvolge Pietro Ingrao e Giorgio Amendola, col quale aveva condiviso le prime esperienze antifasciste, comunista, figlio di Giovanni: il leader repubblicano invita la sinistra a lasciare la sua vecchia ortodossia, ponendosi come forza in grado di sviluppare un approccio riformatore, consonante con la complessità di un paese radicato nell'Occidente e la cui crescita soffriva ancora di problemi irrisolti[20].
Gli anni settanta
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1970, dopo la caduta del terzo governo Rumor, La Malfa rifiuta l'invito di Emilio Colombo ad assumere la carica di Ministro del tesoro: per il leader repubblicano il governo non è in grado di delineare un piano strategico di finanziamenti per le riforme dell'università, della sanità, dei trasporti e della casa.
Nel quarto governo Rumor (1973), La Malfa assume l'incarico di ministro del Tesoro[21]; blocca la strada alla richiesta di aumento del capitale della Finambro, aprendo la strada al fallimento delle banche di Michele Sindona. Nel febbraio dell'anno seguente si dimette[22] dall'incarico a seguito di contrasti col ministro del Bilancio e della Programmazione economica Antonio Giolitti[23] sulle condizioni poste da Fondo Monetario Internazionale al prestito di 1 235 miliardi di dollari all'Italia[24].
Dopo un periodo di lunga incomprensione con Aldo Moro, a partire dal 1968, nell'ottobre 1974[25] assume la vicepresidenza del consiglio nel quarto governo dello statista pugliese (bicolore DC - PRI). I rapporti con Moro sono cementati dalla convergenza nell'analisi delle difficoltà della democrazia italiana. Il quarto governo Moro avvia un dialogo col PCI di Enrico Berlinguer nella comune visione della necessità di una nuova fase che conduca a compimento il percorso avviato con la costruzione del sistema democratico. La Malfa riceve da Moro l'incarico di coordinatore della politica economica del governo, esercitando un'influenza notevole in alcune scelte (ad esempio nel caso della nomina a governatore della Banca d'Italia di Paolo Baffi).
Nel 1975 assume la presidenza del PRI, di cui Oddo Biasini diviene segretario. Nel gennaio del 1976, dopo la crisi di governo decretata dal PSI, crescono le sue preoccupazioni sull'evoluzione della democrazia italiana. Intanto, in una prospettiva europea, La Malfa porta il partito nella Federazione dei partiti liberali e democratici europei (attuale ALDE), nonostante la contrarietà della sinistra del PRI, che avrebbe preferito un'adesione all'Internazionale Socialista.
Tra il 1976 e il 1979 è convinto sostenitore della politica di "solidarietà nazionale"[26] tesa a condurre il PCI nell'area della legittimità. La Malfa ha presente le difficoltà crescenti del sistema democratico e giudica positivamente la revisione ideologica e politica che Enrico Berlinguer imprime al PCI. Si impegnò a far conoscere questa revisione del PCI anche all'estero, ad esempio con un articolo sulla prestigiosa rivista USA "Foreign affairs" nella primavera del 1978[27].
Nel 1978 la sua azione risulta determinante nella decisione italiana di aderire al Sistema monetario europeo; nello stesso anno, nel periodo del sequestro Moro, La Malfa fu uno dei più attivi alfieri del cosiddetto "fronte della fermezza", ostile a ogni forma di trattativa con le Brigate Rosse. Scorse nel terrorismo rosso una devastante azione tesa a bloccare l'evoluzione della democrazia italiana e a colpire il faticoso processo di revisione del PCI[28].
In occasione delle elezioni presidenziali del 1978 una sua candidatura è ostacolata dal veto di Bettino Craxi, in compenso fu determinante nell'elezione di Sandro Pertini alla presidenza della Repubblica.
Dopo la caduta del IV Governo Andreotti (31 gennaio 1979) Pertini gli affida un incarico esplorativo al fine di sondare la possibilità di ricostituire una maggioranza di solidarietà mazionale[29]. L'incarico non ha successo[30], ma La Malfa rimane il primo laico dopo l'azionista Ferruccio Parri (1945) ad aver ricevuto l'incarico di formare un governo[31]. Il 20 marzo 1979 viene nominato vicepresidente del consiglio e Ministro del bilancio nel V governo Andreotti.
La Malfa aveva l'obiettivo[32] di favorire una ricomposizione tra PCI e PSI i cui rapporti, in verità, conoscevano un deterioramento che si rivelò negli anni successivi irreparabile. Del PRI Spadolini accettò di entrare nel governo mentre Bruno Visentini rifiutò, per poi prendere il suo posto con la sua morte[33]: quattro giorni dopo, infatti, il 24 marzo La Malfa è colpito da emorragia cerebrale.[34]
Il decesso sopraggiunse[35] dopo due giorni di agonia.
Curiosità
[modifica | modifica wikitesto]Noto per la sua sobrietà[36], si oppose all'introduzione della televisione a colori[37]; i continui moniti, lanciati nei confronti dei governi di cui pure faceva parte[38] e, comunque, nei confronti delle debolezze del sistema economico-sociale italiano[39], gli guadagnarono il soprannome di Cassandra della politica italiana[40].
Trasmise il testo del disegno di legge per l'istituzione della Consob al presidente del Consiglio Mariano Rumor con una lettera riservata-personale, segreto, allo scopo di "evitare speculazioni di borsa"[41].
Sinossi degli incarichi di Governo
[modifica | modifica wikitesto]Ministro | Mandato | Governo |
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Ministro dei Trasporti | 21 giugno 1945 - 10 dicembre 1945 | Governo Parri |
Ministro della ricostruzione | 10 dicembre 1945 - 22 dicembre 1945 | Governo De Gasperi I |
Ministro del commercio con l'estero | 9 gennaio 1946 - 20 febbraio 1946 | |
Ministro senza portafoglio | 27 gennaio 1950 - 26 luglio 1951 | Governo De Gasperi VI |
Ministro del commercio con l'estero | 5 aprile 1951 - 26 luglio 1951 | |
Ministro del commercio con l'estero | 26 luglio 1951 - 16 luglio 1953 | Governo De Gasperi VII |
Ministro del bilancio | 21 febbraio 1962 - 21 giugno 1963 | Governo Fanfani IV |
Ministro del tesoro | 6 luglio 1973 - 14 marzo 1974 | Governo Rumor IV |
Vicepresidente del Consiglio dei ministri | 23 novembre 1974 - 12 febbraio 1976 | Governo Moro IV |
Vicepresidente del Consiglio dei ministri | 20 marzo 1979 - 26 marzo 1979 | Governo Andreotti V |
Ministro del bilancio e della programmazione economica | 20 marzo 1979 - 26 marzo 1979 |
Onorificenze
[modifica | modifica wikitesto]Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ https://www.treccani.it/enciclopedia/ugo-la-malfa_%28Dizionario-Biografico%29/.
- ^ Mauro Favale, Tra loden e eskimo, Gentiloni e gli altri sui banchi del liceo Tasso: "Così quei figli del '68 hanno fatto carriera", in La Repubblica, 15 dicembre 2016.
- ^ http://www.treccani.it/enciclopedia/ugo-la-malfa_(Dizionario-Biografico)
- ^ Antonio Duva, Ugo La Malfa: l'idea di un'altra Italia, Scheiwiller, 2003, p. 49.
- ^ http://storia.camera.it/deputato/ugo-la-malfa-19030516/leg-transizione-consulta_nazionale/governi#nav.
- ^ Sul contributo di La Malfa ai lavori dell'Assemblea Costituente, si veda Fondazione Lelio e Lisli Basso. La via alla politica. Lelio Basso, Ugo La Malfa, Meuccio Ruini protagonisti della Costituente, a cura di Giancarlo Monina, Milano, Franco Angeli, 1999.
- ^ http://storia.camera.it/deputato/ugo-la-malfa-19030516/leg-repubblica-I/governi#nav.
- ^ Italo-German Trade Agreement. FROM OUR CORRESPONDENT. The Times (London, England), Monday, Apr 21, 1952; pg. 5; Issue 52291.
- ^ Italian Trade With Russia. FROM OUR OWN CORRESPONDENT. The Times (London, England), Thursday, May 01, 1952; pg. 5; Issue 52300.
- ^ Ugo La Malfa. Italy and the European Common Market. The Financial Times (London, England), Tuesday, April 23, 1957; pg. 9; Edition 21,144.
- ^ La Malfa—Key Figure in the Economic Programme. By Our Rome Correspondent. The Financial Times (London, England), Thursday, March 22, 1962; pg. 5; Edition 22,654.
- ^ Italy Prepares for Planning. From Our Own Correspondent. The Financial Times (London, England), Friday, March 30, 1962; pg. 15; Edition 22,661.
- ^ Ministerial Statement on Italian Economy. From Our Own Correspondent. The Financial Times (London, England), Thursday, May 24, 1962; pg. 17; Edition 22,706.
- ^ « La nota del '62 e il paese che non fu », di Andrea Goldstein, Il Sole-24 Ore, 2 giugno 2012.
- ^ Italian Economic Planning Board Formed. From Our Own Correspondent. The Financial Times (London, England), Wednesday, August 08, 1962; pg. 4; Edition 22,769.
- ^ Italian Electric Power Problem. The Times (London, England), Thursday, May 24, 1962; pg. 20; Issue 55399.
- ^ Italian Minister Calls for Political Link Talks. From Our Own Correspondent. The Financial Times (London, England), Monday, January 14, 1963; pg. 7; Edition 22,903; Italy's Planners and the General. By Our Industrial Editor, Who Has Been Touring Italy. The Financial Times (London, England), Thursday, January 24, 1963; pg. 5; Edition 22,912; Overtures. The Economist (London, England), Saturday, March 23, 1963; pg. 1100; Issue 6239; A Lesson For Britain In Italy's Approach To Planning?, The Times (london, England), Saturday, Mar 23, 1963; pg. 13; Issue 55657.
- ^ Battle on Two Fronts. The Economist (London, England), Saturday, January 19, 1963; pg. 196; Issue 6230.
- ^ Uncertain Outlook for the Italian Economy. Ugo La Malfa, Secretary. The Financial Times (London, England), Monday, December 06, 1965; pg. 22; Edition 23,793.
- ^ Italy's Coalition under Pressure. Peter Tumiati. The Financial Times (London, England), Friday, October 20, 1967; pg. 5; Edition 24,367.
- ^ Cinderella starts thinking about getting to the ball. The Economist (London, England), Saturday, August 11, 1973; pg. 47; Issue 6781.
- ^ La Malfa's Resignation May Torpedo Coalition. Peter Tumiati. The Financial Times (London, England), Friday, March 01, 1974; pg. 6; Edition 26,301. La minaccia risaliva già al precedente dicembre: Treasury chief threatens to resign in Italy. From Patricia Clough. The Times (london, England), Saturday, Dec 22, 1973; pg. 3; Issue 58971.
- ^ Turbulent days, The Economist (London, England), Saturday, March 9, 1974; pg. 38; Issue 6811.
- ^ Testimonianza di Luigi Spaventa al colloquio del 4 maggio 2010 su Antonio Giolitti all'Istituto Treccani..
- ^ Forum. Ugo La Malfa. The Times (London, England), Tuesday, Dec 03, 1974; pg. XI; Issue 59260.
- ^ Republican plea to West to accept 'Italian realities'. From Peter Nichols. The Times (London, England), Thursday, Jan 19, 1978; pg. 6; Issue 60214.
- ^ Ugo La Malfa e la Sinistra Archiviato il 15 giugno 2013 in Internet Archive..
- ^ Massimo Salvadori.Italy's Republicans. The Economist (London, England), Saturday, January 13, 1979; pg. 6; Issue 7063.
- ^ Non-Christian Democrat May Be Italy Premier. Paul Betts. The Financial Times (London, England), Thursday, February 22, 1979; pg. [1]; Edition 27,797.
- ^ La Malfa Fails to Form a Government. Rupert Cornwell. The Financial Times (London, England), Saturday, March 03, 1979; pg. 2; Edition 27,805.
- ^ La Malfa Bid for Government in the Balance. Rupert Cornwell. The Financial Times (London, England), Thursday, March 01, 1979; pg. 2; Edition 27,803.
- ^ A last chance called La Malfa. The Economist (London, England), Saturday, March 3, 1979; pg. 46; Issue 7070.
- ^ http://storia.camera.it/governi/v-governo-andreotti#nav.
- ^ Italy's Deputy Premier in Hospital after Stroke. Rupert Cornwell. The Financial Times (London, England), Monday, March 26, 1979; pg. 2; Edition 27,824.
- ^ Big little man. The Economist (London, England), Saturday, March 31, 1979; pg. 34; Issue 7074.
- ^ A Visionary without Illusions. Rupert Cornwell. The Financial Times (London, England), Tuesday, March 27, 1979; pg. 2; Edition 27,825.
- ^ Italy Urged to Postpone Colour TV Introduction. From Our Own Correspondent. The Financial Times (London, England), Tuesday, June 28, 1966; pg. 5; Edition 23,963.
- ^ Italian coalition under new strain. From PETER NICHOLS. The Times (London, England), Tuesday, Jun 30, 1970; pg. 4; Issue 57905.
- ^ Opulence and Squalor. Peter Tumiati, The Financial Times (London, England), Tuesday, April 04, 1972; Edition 25,722.
- ^ Francesco Palladino, Da La Malfa a Monti, Libertà e giustizia, 10 luglio 2012.
- ^ P. C. Marchetti, Diritto societario e disciplina della concorrenza, in F. Barca (a cura di), Storia del capitalismo italiano, Roma, Donzelli, 1997.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Paolo Soddu, Ugo La Malfa. Il riformista moderno, Carocci, Roma 2008
- Ugo La Malfa, Scritti 1925-1953, Mondadori, Milano 1988
- Sergio Telmon, Ugo La Malfa. Il professore della Repubblica, Rusconi, Milano 1983
- Ugo La Malfa, L'avvenire che ho voluto: scritti e discorsi dell'ultimo anno, Edizioni della voce, Roma 1979
- Ugo La Malfa, L'altra Italia, Mondadori, Milano 1975
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikiquote contiene citazioni di o su Ugo La Malfa
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Ugo La Malfa
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- La Malfa, Ugo, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- LA MALFA, Ugo, in Enciclopedia Italiana, II Appendice, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1949.
- Antonello Biagini, LA MALFA, Ugo, in Enciclopedia Italiana, IV Appendice, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1979.
- La Malfa, Ugo, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.
- Roberto Pertici, LA MALFA, Ugo, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 63, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2004.
- Ugo La Malfa, su storia.camera.it, Camera dei deputati.
- Registrazioni audiovisive di Ugo La Malfa, su Rai Teche, Rai.
- Sito web ufficiale della Fondazione Ugo La Malfa, su fulm.org.
- La Malfa - Un protagonista fuori dal coro Puntata della trasmissione La Storia Siamo Noi - RAI Educational
- Ugo La Malfa, su Camera.it - I legislatura, Parlamento italiano.
- Ugo La Malfa, su Camera.it - II legislatura, Parlamento italiano.
- Ugo La Malfa, su Camera.it - III legislatura, Parlamento italiano.
- Ugo La Malfa, su Camera.it - IV legislatura, Parlamento italiano.
- Ugo La Malfa, su Camera.it - V legislatura, Parlamento italiano.
- Ugo La Malfa, su Camera.it - VI legislatura, Parlamento italiano.
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