Sociologia politica

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

La sociologia della politica è lo studio dei rapporti tra lo stato e le istituzioni, dei poteri sociali, dell'autorità e delle intersezioni di personalità, strutture sociali e politica con i concetti di conflitto, consenso e interesse.[1]

Si tratta di una indagine interdisciplinare, in cui sociologia e scienza politica collaborano e si intrecciano attivamente. La disciplina usa dati storici comparativi per analizzare i sistemi di governo e le organizzazioni economiche allo scopo di comprendere il clima politico delle società, i modelli e le tendenze politiche.

Origine e storia[modifica | modifica wikitesto]

La tradizione sociologica si è occupata lungamente di politica, basti pensare alle opere di Tocqueville (1805-1859), agli scritti di Émile Durkheim (1858-1917), di Vilfredo Pareto (1848-1923), oltre ai saggi di quelli che vengono considerati i fondatori della sociologia politica, Max Weber (1864-1920) e Moisej Ostrogorskij (1854-1921).

Due sono le questioni dibattute sugli ambiti della sociologia politica: assegnarle un suo spazio ben definito, consentendole di indagare le strutture sociali, lasciando invece, quelle politiche alla competenza delle scienze politiche, sempreché sia possibile distinguere chiaramente tra le due strutture e sia lecito considerare la politica come una struttura autonoma; in secondo ordine tenere conto che le scienze politiche nordamericane influenzate dal comportamentismo e dal funzionalismo, quella francese prettamente fenomenologica e quella tedesca, legata allo storicismo e al marxismo hanno prodotto tre grandi scuole estremamente diversificate[1].

Campi di ricerca[modifica | modifica wikitesto]

Attualmente sono contemplate quattro grandi aree di ricerca:

  • La formazione sociopolitica degli stati moderni.
  • Lo studio sulle diseguaglianze sociali presenti tra i vari gruppi (classi, razze, generi, etc.) e sulla loro influenza nella politica.
  • Il tipo di influenza prodotto dai movimenti sociali, dalle personalità e dalle tendenze esterne alle istituzioni formali, sulle scelte politiche.
  • Le relazioni di potere tra e attraverso i gruppi sociali (famiglia, luogo di lavoro, burocrazia, media, etc.).

I campi di indagine sviluppano analisi su come le più importanti tendenze sociali influenzino i processi politici e sul modo in cui le varie forze sociali lavorino insieme per cambiare le scelte politiche.

Modelli teorici[modifica | modifica wikitesto]

Tre sono i più importanti modelli teorici:

  • La teoria del pluralismo, secondo la quale il potere politico non è vincolato alle elezioni e agli elettori e nemmeno alle piccole concentrazioni elitarie, piuttosto è distribuito attraverso un ampio numero di gruppi, quali organizzazioni di affari, gruppi di interessi, etc.
  • La teoria statalista, che prevede l'egemonia delle strutture gestite dallo Stato, che verrebbero a formare organizzazioni di grande concentrazione di potere.
  • La teoria delle classi sociali che invece enfatizza il potere in mano ad una élite capitalista, influenzata dalla teorie marxiste e basata su un duplice approccio: il primo è quello strutturalista, secondo il quale l'economia capitalista incoraggia lo Stato a svolgere determinati atti e non altri, il secondo è quello non strumentale che concentra la propria attenzione sulle regole.

Rapporto con la teoria della democrazia[modifica | modifica wikitesto]

I modelli teorici cercano di dare una spiegazione della possibilità, storicamente riscontrata nella democrazia dei moderni degli ultimi due secoli, che i politici da un lato, i cittadini dall’altro si coalizzino in club (come i partiti e i gruppi di interesse) allo scopo di perseguire con più efficacia i loro obiettivi particolari.

Nella descrizione che ne dà Anthony Downs, "siccome nei regimi competitivi le cariche si ottengono attraverso l’elezione, il fine preliminare di ogni politico è quello di assicurarsi i voti per essere eletto o rieletto. I candidati si fanno concorrenza offrendo combinazioni di politiche pubbliche per essere eletti alle cariche governative. In caso di successo essi potranno realizzare i loro scopi privati: reddito, prestigio, potere, o provare l’emozione e il piacere della politica. In democrazia ogni politico mira a ottenere il massimo di sostegno popolare (o almeno un sostegno sufficiente per essere eletto) promettendo o offrendo politiche pubbliche che avvantaggino il maggior numero possibile di elettori; ma nel cercare di «vendere» il suo prodotto si trova a competere per il voto con altri politici con gli stessi obiettivi"[2].

Il funzionamento dello scambio politico, però, viene meno quando uno dei due lati del rapporto di scambio si rafforza eccessivamente, ai danni dell'altro: nel sistema capitalistico, ciò attiene principalmente al rapporto tra l'imprenditoria[3] ed i partiti politici[4]. Sotto il profilo descrittivo, le formazioni politiche che non si riconoscono con il mainstream - ad esempio perché esprimono una diversa "costellazione degli interessi"[5] sociali nel rapporto con il decisore politico, rispetto alla democrazia liberale - sono definite, con terminologia avalutativa, antisistema[6]: di fronte alla crisi della rappresentanza in campo politico, si registra un "incremento della frammentazione e delle forze considerabili antisistema" che, in Italia[7], esercita comunque un ruolo "sulla base della tradizione italiana di tipo trasformistico"[8].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b "La sociologia", di Luciano Gallino, ediz. Utet, Torino, 1989, pag.142-147
  2. ^ S. Belligni, Cinque idee di politica. Concetti, modelli, programmi di ricerca in scienza politica, Bologna, Il Mulino, 2003, p. 207-208.
  3. ^ "Se noi adottassimo una legislazione come quella degli Stati Uniti sulle lobby avremmo cancellato i due terzi dei reati che da noi vengono commessi. Ma questo significherebbe che non c'è più l'interferenza sulle politiche pubbliche? No, semplicemente che il sistema ha deciso di renderla legale. Uno dei temi dell'attuale campagna presidenziale negli Stati Uniti è proprio quello della rivolta contro un sistema legale di finanziamento della vita politica e di influenza sulla vita politica che sta diventando insopportabile. (...) In Germania "Kohl, a costo di rovinare il suo partito, la sua reputazione personale, non ha voluto rivelare i nomi dei finanziatori nascosti o illeciti, perché probabilmente sarebbe venuto fuori che lì c'era una corrispondenza tra determinate esigenze dei corruttori e ciò che il Governo da lui presieduto ha fatto e allora questo sarebbe stato manifestazione di una subordinazione. Questa subordinazione c'è anche quando il finanziamento non è illecito. Noi dobbiamo porci da questo punto di vista il problema di quali sono i modi per influire sulle politiche pubbliche, il che vuol dire che interessi privati possono distorcere l'interesse generale, e verificare se ciò avvenga con mezzi illeciti o leciti" (Senato della Repubblica, legislatura 13º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 787 del 02/03/2000, intervento del senatore Felice Carlo Besostri).
  4. ^ "Vi è stata una classe politica troppo sicura di sé e della sua potenza e che, per tale motivo, riteneva di poter prescindere, nella sua attività corruttiva, dal subordinarsi a qualcuno, orientandosi pertanto più verso la concussione che verso la corruzione": Senato della Repubblica, legislatura 13º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 787 del 02/03/2000, intervento del senatore Felice Carlo Besostri.
  5. ^ Mark Granovetter, Società ed economia: Modelli e principi, ed. EGEA, capitolo 4, nota 5.
  6. ^ G. Capoccia, Anti-system Parties: A Conceptual Reassessment, in «Journal of Theoretical Politics», 2002, n. 1, pp. 9-35.
  7. ^ Cfr. G. Galli, Il bipartitismo imperfetto. Comunisti e democristiani in Italia, Il Mulino, Bologna, 1966; Giovanni Sartori, Teoria dei partiti e caso italiano, Sugarco, Milano, 1982.
  8. ^ Fulco Lanchester, Il sistema elettorale in senso stretto dal Porcellum all'Italicum, Milano : Franco Angeli, Democrazia e diritto : LII, 1, 2015, p. 21 e p. 24.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (FR) Catherine Rouvier: sociologie politique LITEC collection objectif droit, 1986
  • (FR) Adam Schaff, La conception du matérialisme dialectique en science politique, in La Science politique contemporaine, UNESCO, 1950.
  • (EN) Dahl, Modern Political Analysis, 2e éd., 1970, p. 6.
  • (FR) Max Weber, Économie et société, Paris, Plon, 1971, vol. 1, p. 57.
  • (FR) Pierre Bourdieu, Questions de politique, Actes de la recherche en sciences sociales, (1977-09) nº16, p. 55-89
  • (FR) Jean-Pierre Cot, Jean-Pierre Mounier, Pour une sociologie politique, Point Seuil, 1974, T. 1, p11-25.
  • (FR) Schwarzenberg, (RG) Sociologie politique, Précis Domat Ed. Montchrestien 1990
  • (FR) Lagroye (J), Sociologie politique, PFNSP Dalloz 1991
  • (FR) Philippe Braud, Sociologie politique, LGDJ (manuel) 1992
  • (FR) Francis Farrugia, Archéologie du pacte social. Des fondements éthiques et sociopolitiques de la société moderne, Paris, L'harmattan, 1994.
  • (ES) Erick Guerrero Rosas, Perredistas al Poder — ¿ Qué pasaría si gana López Obrador en el 2006 ?, ediz. Diana, isbn=968-13-4172-4
  • (FR) Deloye Yves, Sociologie historique du politique, Paris, La Découverte, coll. Repères, 2003 (1re édition, 1997), 124 p., bibliogr.
  • (FR) Dreyfus Françoise, Eymeri Jean-Michel, Science politique de l'administration. Une approche comparative, Paris, Economica, coll. Etudes politiques, 2006, 310 p., bibliogr.
  • (FR) Jean-Pierre Gaudin, L'action publique. Sociologie et politique, Presses de sciences po' – Dalloz, 2004.
  • (FR) Lagroye Jacques, avec François Bastien et Sawicki Frédéric, Sociologie politique, Paris, Presses de la FNSP, Dalloz, coll. Amphi, 2002, 600 p., bibliogr., index.
Controllo di autoritàThesaurus BNCF 14654 · LCCN (ENsh85104457 · GND (DE4046558-5 · BNE (ESXX4576354 (data) · BNF (FRcb133184172 (data) · J9U (ENHE987007563273105171 · NDL (ENJA00570505