Brassica oleracea gruppo acephala

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Brassica oleracea gruppo acephala
Pianta di cavolo nero
Origini
Altri nomiBrassica oleracea var. acephala, Brassica oleracea var. viridis
Luogo d'origine
Dettagli
Categoriaortofrutticolo
SettoreProdotti vegetali

Il gruppo acephala è un gruppo di varietà di Brassica oleracea a cui appartengono il cavolo nero[1] e altre cultivar tra cui il cavolo riccio.[2]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Coltura in pieno campo (Pennsylvania)

Le cultivar del gruppo acephala sono prive della testa centrale che formano molti altri tipi di cavolo (da cui il nome della varietà, che in greco significa senza testa), e sono caratterizzate da foglie di colore verde scuro lanceolate e divise, dalla superficie bollosa[3]. Può comportarsi, a seconda del clima, come pianta annuale o biennale[4].

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

Questo gruppo di cultivar è anche stato classificato come Brassica oleracea var. acephala, Brassica oleracea var. viridis[5] o come Brassica oleracea convar. acephala var. viridis[6]. Tra le cultivar raggruppate nella varietà acephala o viridis oltre al cavolo nero ci sono anche quelle chiamate, sempre in italiano, cavolo da foraggio[7] e cavolo cavaliere[8].

Distribuzione[modifica | modifica wikitesto]

Coltivazione familiare

La pianta è coltivata per il valore nutritivo delle sue foglie e anche a scopo ornamentale in numerose aree del mondo come il Portogallo, il nord della Spagna, l'Italia, i Balcani, gli Stati Uniti, il Brasile, il nord dell'India e in varie zone dell'Africa.

Utilizzi[modifica | modifica wikitesto]

Una ciotola di caldo verde

Questo tipo di cavolo è usato in varie zone del mondo come pianta da foraggio. Nell'alimentazione dei bovini da latte un eccesso di questo alimento nella razione giornaliera, pur essendo molto gradito agli animali e aumentando la loro produzione di latte, può peggiorare le caratteristiche organolettiche di quest'ultimo.[9]

La parte edule per il consumo umano è rappresentata principalmente dalle foglie private dello stelo, le quali sono utilizzate per numerose preparazioni che in Italia comprendono la tipica ribollita, il minestrone, la bruschetta e il risotto. Il periodo migliore è quello caratterizzato da temperature molto rigide, infatti secondo l'opinione comune, nei periodi successivi alle gelate invernali di gennaio e febbraio, le foglie risultano meno coriacee e più saporite. Viene usato soprattutto nella cucina toscana. In Spagna viene usato per la preparazione del cocido, spesso con patate e vari tagli di carne suina. In Portogallo e in Galizia è alla base della preparazione del caldo verde.

Ricette[modifica | modifica wikitesto]

Nonostante rilevanti variazioni delle ricette a seconda delle zone geografiche, vari piatti necessitano l'utilizzo di cavolo nero, come la ribollita, la minestra di pane, la farinata di cavolo nero e la minestra di cavolo nero. In altri casi è invece interscambiabile con altri tipi di cavolo.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Luigi Mondo e Stefania del Principe, Il cavolo nero: in po' di storia, in Le mille virtù del cavolo nero: Proprietà, usi e ricette di un superalimento tutto italiano, Il punto d'incontro, 2016. URL consultato il 29 gennaio 2019.
  2. ^ (EN) Brassica oleracea L., su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 22 marzo 2021.
  3. ^ (EN) Brassica oleracea var. acephala, su floridata.com, Floridata, 6 febbraio 2007.
  4. ^ (EN) Brassica oleracea (Acephala Group), su missouribotanicalgarden.org, Missouri Botanical Garden, 6 febbraio 2007.
  5. ^ (EN) Francesco Orsini, Marielle Dubbeling, Henk de Zeeuw, Giorgio Gianquinto, Rooftop Urban Agriculture, Springer, 2017, p. 241. URL consultato il 29 gennaio 2019.
  6. ^ Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana. Parte prima, serie generale, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, 1999, p. 26. URL consultato il 29 gennaio 2019.
  7. ^ La Sentinella agricola, vol. 82, 1978. URL consultato il 29 gennaio 2019.
  8. ^ (ES) AA.VV., Prontuario de agricultura, Mundi-Prensa Libros, 2005, pp. 538. URL consultato il 29 gennaio 2019.
  9. ^ Nicola Olivieri, Brassicaceae parte II (PDF), su elearning.unite.it, Università degli Studi di Teramo. URL consultato il 30 gennaio 2019 (archiviato dall'url originale il 30 gennaio 2019).

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