Carillon

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Carillon
Carillon a cilindro rotante
Informazioni generali
OrigineSvizzera
Invenzione1796
InventoreAntoine Favre
Classificazione112.1
Idiofoni a pizzico
Uso
Musica europea dell'Ottocento
Ascolto
Il valzer Sul bel Danubio blu eseguito da un Polyphon a disco (1890) (info file)

Il carillon, o scatola musicale/armonica o cassetta armonica,[1][2] è uno strumento musicale automatico del XIX secolo che produce musica ponendo in vibrazione lamelle d'acciaio disposte a pettine, le cui punte sono adiacenti a un cilindro dotato di chiodi disposti in modo tale da preimpostare le linee melodiche. Lo strumento appartiene pertanto alla famiglia dei lamellofoni ovvero idiofoni a pizzico. Lo strumento è nato in Svizzera nel 1796.

Alcuni carillon possiedono inoltre piccoli piatti o campanelli. I carillon sono in genere di dimensioni molto ridotte, ma alcuni esemplari raggiungono le misure di un grosso mobile. In un più moderno tipo di carillon ideato in Germania nel 1894 le note sono prodotte dal ruotare di un disco perforato.

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il termine carillon non designa in francese questo strumento, ma un altro idiofono che in italiano si chiama pur sempre carillon. Esso consiste in una batteria di campane, che in origine erano sempre quattro: da tale circostanza deriva il nome, tratto dal volgare *quadrinione[m] fattosi poi *quarellon > carillon. A sua volta, la forma volgare è corruzione del latino della Vulgata quaternione[m] indicante dapprima un gruppo di quattro soldati e in seguito un insieme di quattro fogli. Carillon ha pertanto la stessa origine di cahier e del corrispondente italiano quaderno.[3] Il francese non ha trasferito al termine il significato di «scatola musicale» e chiama l'idiofono a pizzico boîte à musique.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

I carillon di campane delle chiese e delle torri civiche, attivati meccanicamente, sono noti almeno dal XIII secolo ma lo strumento diventò popolare solo verso il XV, quando fu in voga nei Paesi Bassi, in Belgio e nel nord di Francia e Germania.[4][5][6][7][8] In questi carillon il suono poteva essere prodotto da un esecutore alla tastiera, ma essi erano anche dotati di un meccanismo automatico a cilindro collegato ai martelli che percuotevano le campane.[4]

I carillon possono essere applicati all'arredamento: un grande carillon da tavolo con cilindri intercambiabili

Sullo scorcio del XVIII secolo, nell'età d'oro degli automi musicali, il meccanismo del carillon di campane era applicato a oggetti d'uso quotidiano come orologi e tabacchiere. Fu allora che, semplificando tale meccanismo, l'orologiaio ginevrino Antoine Favre ideò il suo carillon sans timbre ni marteau («carillon senza campanello né martelletto»), brevettandolo con tale descrizione il 15 febbraio 1796.[9]

Il successivo perfezionamento del meccanismo e del suono indusse i fabbricanti ad aumentare il numero delle lamelle e le dimensioni dell'automa, inglobato in scatole decorate a fungere da cassa di risonanza e a impreziosire l'oggetto. Ciò condusse all'emancipazione dell'industria del carillon da quella orologiera. Quella delle scatole musicali conobbe un'enorme espansione fino al 1860, in perfetta coincidenza con la crisi dell'orologeria, che infatti si riconvertì nella prima giovandole grazie alla perfezione tecnica dei maestri orologiai.[9]

Come centro vitale della produzione, Sainte-Croix superò gradualmente Ginevra e si impose nel mondo, conservando alla Svizzera fino alla seconda guerra mondiale il primato nella fabbricazione di carillon, settore capace di resistere anche all'innovazione apportata dai nuovi riproduttori musicali (fonografo, grammofono). Puntando sul lusso e sulla ricercatezza, però, l'industria svizzera non ha retto alla concorrenza della produzione a catena avviata nel dopoguerra dal Giappone e in seguito dalla Cina.[9]

Funzionamento[modifica | modifica wikitesto]

Meccanismo di un carillon
La manovella (1) attiva il cilindro (2) le cui puntine pongono in vibrazione le lamelle (3) che producono il suono; il tutto è fissato sulla piastra (4).

La rotazione del cilindro può essere prodotta da una manovella da ruotare a velocità costante, oppure da una molla a spirale caricata tramite una chiave. Per mantenere costante la velocità di rotazione nei carillon a molla può essere impiegato un regolatore a bilanciere orizzontale o un freno ad aria.[10] Ciò consente di mantenere la velocità sostanzialmente costante fino all'esaurimento della carica.

Il «pettine» del carillon può possedere da poche unità a decine di lamelle d'acciaio, ognuna delle quali produce una nota diversa a seconda della lunghezza e dello spessore. L'insieme delle note può formare una scala diatonica o cromatica. La «memoria» del carillon è invece rappresentata dal cilindro sul quale è incisa la sequenza di note da riprodurre. La durata del brano è limitata dalla circonferenza del cilindro. I carillon più grandi possono essere dotati di cilindri intercambiabili.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Carillon, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 12 maggio 2019.
  2. ^ Raramente adattato in cariglione. Bruno Migliorini et al., Scheda sul lemma "cariglione", in Dizionario d'ortografia e di pronunzia, Rai Eri, 2010, ISBN 978-88-397-1478-7. Aldo Gabrielli, Cariglione, in Grande dizionario italiano, Hoepli, 2015. URL consultato il 12 maggio 2019.
  3. ^ (FR) Carillon, in Centre National de Ressources Textuelles et Lexicales. URL consultato il 12 maggio 2019.
  4. ^ a b (EN) George Grove (a cura di), A Dictionary of Music and Musicians, vol. 1, Londra, Macmillan and Co., 1879, p. 311. URL consultato il 13 maggio 2019.
  5. ^ (EN) Willi Apel, Harvard Dictionary of Music, 2ª ed., Cambridge, Harvard University Press, 1969, p. 135. URL consultato il 13 maggio 2019.
  6. ^ Carillon, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  7. ^ Andrea Della Corte e Guido Gatti, Dizionario di musica, Torino, Paravia, 1956, p. 116.
  8. ^ Le muse, vol. 3, Novara, De Agostini, 1965, p. 89.
  9. ^ a b c Daniel Troquet, Scatole musicali, in Dizionario storico della Svizzera, Accademia svizzera di scienze umane e sociali, 13 agosto 2013. URL consultato il 13 maggio 2019.
  10. ^ (EN) Gilbert Bahl, Music Boxes, Courage Books, 1993, p. 29. URL consultato il 14 maggio 2019.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (FR) Alfred Chapuis, Histoire de la boîte à musique et de la musique mécanique, Losanna, Scriptar, 1955.
  • (EN) Graham Webb, The Musical Box Handbook, New York, Vestal Press, 1955.
  • (EN) John E. T. Clark, Musical Boxes, Londra, Allen, 1961.
  • (EN) Romke de Waard, From Music Boxes to Street Organs, traduzione di Wade Jenkins, Lanham, Vestal Press, 1967. URL consultato il 14 maggio 2019 (archiviato dall'url originale il 14 maggio 2019).
  • (EN) Graham Webb, The Cylinder Musical Box Handbook, Londra, Faber, 1968.
  • (EN) Graham Webb, The Disc Musical Box Handbook, Londra, Faber, 1968.
  • (EN) David Q. Bowers, Encyclopedia of Automatic Musical Instruments, Lanham, Vestal Press, 1972, ISBN 0-911572-08-2.
  • (EN) Musical Box Society, Silver Anniversary Collection, Springfield, Musical Box Society International, 1974.
  • (EN) Arthur W. J. G. Ord-Hume, Musical Box, New York, HarperCollins, 1980.
  • (EN) Stanley Sadie (a cura di), Musical Box, in The New Grove Dictionary of Music and Musicians, vol. 12, Londra, Macmillan, 1980, p. 814, ISBN 1-56159-174-2.
  • (EN) Daniel Troquet, The Wonderland of Music Boxes and Automata, Chamblon, Les Éditions du Cochet, 1989.
  • (EN) Arthur W. J. G. Ord-Hume, The Musical Box: A Guide for Collectors, Atglen, Schiffer, 1995, ISBN 0-88740-764-1.
  • (FR) Jean-Claude Piguet, Les faiseurs de musique, Sainte-Croix, Éditions du Journal de Sainte-Croix, 1996.
  • (EN) Sharon Ganske, Making Marvelous Music Boxes, New York, Sterling Publishing Company, 1997.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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