Vincenzo Scarantino

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Vincenzo Scarantino (Palermo, 21 ottobre 1965) è un criminale italiano, ora collaboratore di giustizia.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Accusatosi di aver partecipato all'attentato contro il giudice Paolo Borsellino in via D'Amelio, Vincenzo Scarantino viene arrestato il 29 settembre 1992. Dopo essere stato recluso nel carcere di massima sicurezza di Pianosa, Scarantino decise di collaborare con gli inquirenti spiegando come venne organizzata la strage in cui morì il giudice Borsellino per cui venne condannato a 18 anni per poi accusare i poliziotti e magistrati, che lo avrebbero spinto a fare quelle accuse[1]. Quando Scarantino si pentì e si accusò, le opinioni su di lui erano divise: da una parte c'era chi credeva alle sue parole[2], dall'altra c'era chi esprimeva forti dubbi sulla sua credibilità, sia da parte dei magistrati che da parte degli investigatori, come raccontano Ilda Boccassini[3] e Antonio Ingroia[4]

Nel 1998 Scarantino ha ammesso di non avere preso parte all'attentato di via D'Amelio e di essere stato costretto da Arnaldo La Barbera, ex capo della squadra mobile di Palermo a confessare il falso[5], e di aver subito maltrattamenti durante la sua detenzione nel carcere di Pianosa[6][7]. Nel 2007 il pentito Gaspare Spatuzza ha confessato di essere stato l'autore del furto dell'auto FIAT 126 usata per l'attentato, scagionando Scarantino e dimostrando che era un falso pentito, usato per sviare le indagini sulla morte di Borsellino.[8][9]

Nel 1994 nel ruolo di PM a Caltanissetta, e di nuovo nel 2015, Ilda Boccassini ha dichiarato di ritenere Scarantino una fonte inaffidabile. Nel 2019 il pentito ha rilasciato una deposizione nella quale ha affermato che «era un ragazzo. E se non combaciavano le cose che dovevo dire, loro mi dicevano di non preoccuparmi. Io andavo dai magistrati e ripetevo, quando ci riuscivo, quello che mi facevano studiare.»[10]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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