Vincenzo Niutta

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Vincenzo Niutta

Ministro senza portafoglio del Regno d'Italia
Durata mandato23 marzo 1861 –
6 giugno 1861
PresidenteCamillo Benso, conte di Cavour

Senatore del Regno d'Italia
Durata mandato21 febbraio 1861 –
2 settembre 1867
Legislaturadalla VIII (nomina 20 gennaio 1861) alla X
Tipo nominaCategoria: 8
Incarichi parlamentari
  • Membro della Commissione per l'esame del progetto di legge sul Codice civile (27 febbraio 1861; 5 gennaio 1864)
Sito istituzionale

Dati generali
Titolo di studioLaurea in giurisprudenza
ProfessioneMagistrato

Vincenzo Niutta (Castelvetere, 21 maggio 1802Napoli, 2 settembre 1867) è stato un magistrato e giurista italiano, senatore e ministro senza portafoglio del Regno d'Italia.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

«Proclamo che il popolo delle province meridionali d'Italia vuole l'Italia una ed indivisibile con Vittorio Emanuele, Re costituzionale e suoi legittimi discendenti»

Nacque dal nobile Ilario Antonio Niutta e Marianna de Blasio. Terminati gli studi medi a Catanzaro, nel 1820 si recò a Napoli per frequentare la facoltà universitaria di Giurisprudenza, seguendo le orme di Ilario Antonio de Blasio, zio per parte materna che nel 1821 diventerà Presidente della Suprema Corte di Giustizia di Napoli.[1]

Dimostrò presto la sua attitudine al pensiero giuridico, superando nel 1824 gli esami di uditore giudiziario. Iniziò così una carriera che lo portò a diventare giudice di corte civile nel 1837 e presidente della Suprema Corte di Giustizia di Napoli nel 1859.[2] La sua nomina a presidente della Suprema Corte fu almeno in parte un risarcimento da parte di Ferdinando II alle offese ricevute da suo cugino, il principe di Ischitella, cui il Niutta aveva dato torto in una causa che lo vedeva contrapposto a un uomo comune.[3]

Liberale, con un alto concetto dello Stato e della funzione della Magistratura, fu noto per la vasta cultura, non solo giuridica, che traspariva nelle sue sentenze.[4]

Accolse con un discorso alla Corte Suprema di Giustizia l'entrata di Garibaldi a Napoli nel settembre del 1860. Il 3 novembre 1860 in Piazza regia (in seguito Piazza del Plebiscito) proclamò il risultato del plebiscito che sancì l'annessione del Regno di Napoli al Regno Sabaudo.[4]

Fu nominato Senatore del Regno nel gennaio del 1861 e ministro senza portafoglio nel governo Cavour (nel quale lui e Francesco de Sanctis furono gli unici rappresentanti meridionali) nel marzo dello stesso anno.[5] Prese parte ai lavori per la redazione del Codice Civile del 1865 e del codice di procedura civile. Cessato il governo Cavour a seguito della morte del conte Camillo Benso, divenne il primo presidente della Corte di cassazione di Napoli, carica che resse fino alla morte.[6]

Gli sono intestate due vie, una a Napoli e una nella natia Caulonia.[4]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Commendatore dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Grand'Ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Luigi Del Pozzo, Cronaca civile e militare delle Due Sicilie sotto la dinastia borbonica dall'anno 1734 in poi, Kessinger Publishing, 2010 [1857], p. 24, ISBN 978-1-160-35031-0.
  2. ^ Capuano, 1868, pp.5-6.
  3. ^ Raffaele De Cesare, La Fine di un Regno (Napoli e Sicilia), BiblioLife, 2009 [1900], p. 94, ISBN 978-1-113-15867-3.
  4. ^ a b c Camerieri, 27 dicembre 2009
  5. ^ Capuano, 1868, p.7.
  6. ^ Capuano, 1868, pp.7-8.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]