Villa medicea dell'Ambrogiana

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Villa Medicea dell'Ambrogiana
L'ambrogiana, Giusto Utens, Museo di Firenze com'era, Firenze.
La Real Villa dell'Ambrogiana, Giuseppe Zocchi, stampa settecentesca

La Villa Medicea dell'Ambrogiana si trova in una posizione scenografica accanto alla cittadina di Montelupo Fiorentino.

Storia

Francesco I e Bartolomeo Ammannati

Il nome deriva dalla famiglia degli Ambrogi, dai quali i Medici acquistarono la tenuta dove sorse poi la villa, prima del 1574.

Da quell'anno infatti esiste una documentazione dei lavori eseguiti per conto di Francesco I de' Medici da Bartolomeo Ammannati e dal suo aiuto Giovanni Antonio Dosio.

L'aspetto della villa risultante, sebbene non presentasse elementi originali, fu uno dei più maestosi tra tutte le ville medicee: quattro solide torri con una loggia su ciascuna sommità, rialzate nel Settecento, sporgono dagli angoli del corpo principale, formato da quattro grandi ali che cingono un ampio cortile centrale quadrato. Il rivestimento a intonaco bianco è tipico delle ville toscane, così come i profili, le finestre e i portali inquadrati da cornici in pietra arenaria. Lontano da altri edifici, sulla riva sinistra dell'Arno vicino alla confluenza con la Pesa, la villa domina tutto il paesaggio circostante e, con il suo profilo inconfondibile, si può vedere da tutte le colline della piana circostante, chiaro esempio di villa-fortilizio che rappresentasse fisicamente il dominio del principe sul territorio.

Il giardino, oggi scomparso, ci è stato tramandato dalla lunetta di Giusto Utens, creata per un salone della Villa di Artimino e oggi al Museo Topografico di Firenze com'era di Firenze. Esso situato davanti alla villa ed arrivava fino al punto d'imbarco sul fiume Pesa; era composto da quattro riquadri geometrici delimitati da aiuole di sempreverdi, e comprendeva anche una grotta artificiale, ricavata nel dislivello verso l'Arno e realizzata da Giovan Battista Ferrucci del Tadda.

Oltre ad essere vicina all'Arno, aveva il vantaggio di essere al centro di una amplissima tenuta di caccia, che attraverso altre ville confinanti (Artimino, Poggio a Caiano, La Magia e Montevettolini) comprendeva quasi tutta l'area del Monte Albano. Fu quindi spesso usata per i soggiorni di svago, perm le attività venatorie, e anche come luogo di sosta nei frequenti spostamenti tra Firenze e Pisa.

Cosimo III

Fu la dimora prediletta di Cosimo III, che vi raccolse alcune della sue collezioni di dipinti, di esemplari botanici e naturalistici, facendo abbellire gli ambienti da Ferdinando Tacca. Nel 1677 fece costruire una loggia per ospitare il Gabinetto di storia naturale, dove il medico granducale Francesco Redi eseguì alcuni esperimenti e incroci su animali rari che pervenivano appositamente alla villa, come l'uccello indiano "caracos", ritrovato sulla spiaggia di Grosseto, il pappagallo bianco delle Indie e grande come un gallina, o la cicogna nera. Non mancavano le aberrazioni della natura, puntualmente descritte e ritratte da Bartolomeo Bimbi, ma forse esagerate dal gusto per i capriccio grottesco del Seicento: come la vitella e la pecora bicefale, cioè con due teste ciascuna.

Inoltre, essendo egli profondamente religioso (alcuni direbbero "bigottamente" religioso), fece costruire nei pressi del complesso un convento dedicato a San Pietro d'Alcantara, dove face stabilire dei monaci giunti appositamente dalla Spagna.

I secoli successivi

La villa fu alterata nel Settecento con la creazione di un ulteriore piano rialzato che la rese ancora più spettacolare, ma nell'Ottocento, su iniziativa di Leopoldo II venne trasformata in una casa di cura per le malattie mentali. Questa triste sorte era la conseguenza dell'idea utilitaristica che gli ultimi granduchi ebbero del sistema delle ville, che spoliarono e alienarono a privati salvo pochissime eccezioni.

La villa è divenuta nel Novecento un Manicomio criminale, e oggi ospita l'Istituto penitenziario criminale.

Voci correlate

Collegamenti esterni