Via Giuseppe Garibaldi

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Coordinate: 44°24′40″N 8°55′58″E / 44.411111°N 8.932778°E44.411111; 8.932778

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«Passeggiato per la strada Nuova. I palazzi sono meno belli di quelli di Roma, Firenze e Venezia. Una caratteristica sono i dipinti di architetture invece che della realtà. Ogni sorta di elaborata architettura è rappresentata negli affreschi. Il detto di Machiavelli secondo il quale l'apparenza delle virtù può essere vantaggiosa quando la realtà lo sarebbe meno.»

Via Garibaldi è una delle principali strade di Genova e una delle maggiori dell'intero centro storico sotto l'aspetto architettonico per l'impatto magnificente dei suoi palazzi, alcuni dei quali - inclusi negli appositi Rolli - sono dovuti all'estro dell'architetto Galeazzo Alessi.

La strada ha un preciso anno di nascita: il 1550. Originariamente Strada Maggiore poi Strada Nuova fino all'Ottocento era con conosciuta con il nome di Via Aurea. Madame de Staël le attribuì un nome ancor più altisonante: quello di Rue de Rois, la Via dei Re.
Nel 1882 venne infine dedicata a Giuseppe Garibaldi

É completamente in rettilineo, con una leggera pendenza, ed è lunga 250 metri con una larghezza di 7.5 metri e nacque proprio come strada di rappresentanza.

Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco
Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco

Dal 13 luglio 2006 è inserita - insieme a tutto il sistema dei Rolli, sviluppato lungo le Strade Nuove di Genova - fra i patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.

Storia

In via Garibaldi oggi hanno sede - oltre a molti uffici pubblici e privati e a diversi istituti bancari nazionali ed esteri - due fra le principali pinacoteche e quadrerie cittadine - la Galleria di Palazzo Bianco e la Galleria di Palazzo Rosso - che assieme al Palazzo Doria Tursi, sede del Comune, costituiscono il polo dei Musei di Strada Nuova.

La via fu edificata nella seconda metà del XVI secolo - quello che passerà alla storia come El siglo de los Genoveses, il secolo dei Genovesi - per volere dell'aristocrazia locale, che intendeva in tal modo avvicinare maggiormente al mare, rispetto alle zone collinari in cui era situato fino ad allora, il proprio quartiere residenziale.

La progettazione e realizzazione della maggior parte dei suoi edifici si protrasse per circa quarant'anni, fino al 1588.

L'originario nome di Strada Maggiore lasciò presto il posto a quello di Strada Nuova, senza che l'arteria perdesse tuttavia il suo forte significato simbolico di segno tangibile dell'orgoglio di quella che all'epoca era l'indiscussa predominanza della città, giunta al suo apogeo come Repubblica marinara e sovrana sull'intera area del mar Mediterraneo.

Visione d'autore

La Via Aurea da piazza della Meridiana

Questa l'esauriente - e suggestiva - descrizione che ne dà Charles Dickens nel suo scritto del 1843 Immagini d'Italia:

«La vidi la prima volta sotto il più fulgido e il più intensamente turchino dei cieli estivi, che le sue due file raccostate di dimore immense riducevano a una striscia preziosissima di luce, restingentesi gradatamente, e contrastante con l'ombra grave di sotto! ... Gl'infiniti particolari di questi ricchi palazzi, i muri di alcuni dei quali son popolati all'interno dalle figure dei capolavori dipinti dal Van Dyck; i grandi balconi pesanti di pietra, disposti a file una sopra l'altra, fra i quali ve n'è, qua e là, uno più ampio, che torreggia su in alto, come un vasto ripiano di marmo; i vestiboli senza portone; le finestre del pianterreno munite d'inferriate massicce; gl'immensi scaloni aperti alla vista del pubblico; i grossi pilastri di marmo; le robuste arcate, simili a quelle d'una prigione, e le tristi stanze a volta, che ripetono l'eco e ci fanno fantasticare; fra i quali tutti lo sguardo vaga di nuovo, ogni volta che ad un palazzo ne succede un altro; le terrazzze tenute a giardino, fra edifizio ed edifizio, con le viti che formano arcate verdi, coi boschetti d'aranci e con gli oleandri fioriti, a venti, trenta, quaranta piedi al di sopra della strada, le stanze d'ingresso dipinte , con le pareti e il soffitto macchiati, infradiciati e scrostati negli angoli per l'umidità, e tuttavia splendide per i bei colori e per i disegni voluttuosi, perfettamente conservati dove i muri sono asciutti; le figure sbiadite, dipinte sui muri esterni delle case in atto di sostenere ornamenti e corone, di volare in alto o in basso, o ritte dentro le nicchie, in qualche punto apparentemente ancor più scolorite e malandate che altrove, pel contrasto che fanno con alcuni amorini dipinti da poco, su una parte della facciata restaurata di recente, i quali sono occupati a distendere ciò che semb rerebbe una sottocoperta, ma che invece è la mostra d'una meridiana; le salite ripidissime fiancheggiate da palazzi più piccoli (che con tutto ciò son palazzi molto grandi) con terrazze di marmo che danno in vicoli stretti ...»

I palazzi

Via Garibaldi ha alcuni tra i più eleganti e sfarzosi palazzi di Genova. Una planimetria della via - con la rappresentazione prospettiva dei suoi edifici - fu realizzata da Rubens.

Da piazza Fontane Marose in direzione di piazza della Meridiana questi - alternati da destra a sinistra - sono i principali:

Palazzo Pallavicini Cambiaso

Originariamente costruito su progetto di Bernardino Cantone a partire dal 1558, per conto di Agostino Pallavicini, passò in proprietà alla famiglia Cambiaso all'incirca a metà del Settecento.

Fra le pregevolezze dell'edificio - di dimensioni relativamente modeste ma valorizzato dalla diretta ubicazione sulla via e sulla vicina piazza delle Fontane Marose - sono da segnalare, nel salotto del piano nobile, la scena del Ratto delle Sabine e, nel salone grande, la Storia di Amore e Psiche, entrambi dipinti dai pittori genovesi Andrea ed Ottavio Semino.

Palazzo Pallavicini Cambiaso
Palazzo Pallavicini Cambiaso

Il prospetto dell'edificio, assai elegante, presenta un paramento a bugnato di pietra grigia che fa risaltare il marmo bianco delle zoccolature. Il portale è decorato con un fregio a bucrani di stile manierista nel quale bene si inquadra una edicola votiva settecentesca.

Una curiosità: L'edificio, iscritto da subito nei Rolli di Genova, subì un declassamento - dal Rollo del 1577 a quello del 1588 - dalla prima alla seconda categoria, per tornare alla prima con il Rollo successivo, il terzo, quello del 1599, e da allora per rimanervi in tutti i successivi.

Il palazzo, situato al civico n. 1 della via, è attualmente di proprietà del Banco Popolare di Brescia.

Palazzo Pantaleo Spinola (o Palazzo Gambaro)

Al civico 2, è sede del Banco di Chiavari e della Riviera Ligure (gruppo Banca Popolare di Lodi). Fu edificato contemporaneamente al Palazzo Cambiaso dall'architetto Bernardo Spazio per Pantaleo Spinola (cui subentrò poi fino alla fine dei lavori Pietro Orsolino). È forse quello con maggiori pregevolezze artistico-architettoniche riferibili, in particolare, agli affreschi del salone rappresentanti Giano bifronte - non a caso uno dei simboli di Genova - assieme ad Ercole e al simbolo mitologico della Pace, eseguiti da Domenico Piola e da Paolo Brozzi.

Altri affreschi di valore, opera dei fratelli Giovanni e Giovan Battista Carlone, decorano la Sala di Susanna e Salomone e la Sala di Coriolano. La facciata - di struttura assai semplice - è arricchita da un portale dorico che ha inserite nel timpano statue rappresentanti la Prudenza e la Tolleranza.

Palazzo Lercari Parodi

Insegna stradale di via Garibaldi
Insegna stradale di via Garibaldi

È al civico 3 e contiene al suo interno, nella volta del salone al piano nobile, un capolavoro della pittura genovese: l'affresco di Luca Cambiaso raffigurante l'impresa di Megollo Lercari, autore della costruzione del Fondaco dei genovesi a Trebisonda. Il palazzo fu fatto erigere nel 1571 da Franco Lercari, membro di una autorevole famiglia locale. È passato in proprietà alla famiglia Parodi nel 1845.

Da notare sono i talamoni all'ingresso che hanno la particolarità di essere senza naso. La commitenza volle ricordare l'impresa a metà fra storia e leggenda di un antenato, Megollo Lercari, che volle vendicarsi di un torto subito dal re di Cipro e, catturate le sue navi in azioni piratesche, tagliò il naso ai membri degli equipaggi mandandoli dentro botti, conservati in salamoia, al re.

Palazzo Carrega Cataldi

In questo palazzo, al civico 4, ha sede la locale Camera di Commercio Industria e Agricoltura. Fu costruito come i precedenti nella seconda metà del XVI secolo. Il progettista era Giovanni Battista Castello il Bergamasco; il committente, Tobia Pallavicino. Alla realizzazione contribuirono Bartolomeo Riccio, Domenico Solari ed Antonio Roderio.

Palazzo Doria

Via Garibaldi
Via Garibaldi

La storia di questo palazzo - che non va confuso con il Palazzo del Principe Andrea Doria antistante la Stazione Marittima - ha una propria particolarità. Edificato inizialmente a partire dal 1563 dall'architetto Bernardino Cantone per conto di Giovanni Battista ed Andrea Spinola - della potente famiglia degli Spinola - si presentava come un massiccio cubo privo di alcuna decorazione esterna; fu sottoposto a radicali trasformazioni e rialzato di un piano nei due secoli successivi in occasione del passaggio di proprietà alla famiglia dei Doria, signori e marchesi di Montaldeo.

Gravemente danneggiato durante bombardamenti nella guerra con la Francia, fu ulteriormente rivisto nella facciata, che venne nell'occasione completata ed arricchita con decorazioni a stucco e coppie di lesene ad intervallo.

All'interno, di notevole valore sono gli stucchi settecenteschi stile rococò, i preziosi arredi e la sala al piano nobile, nonché la volta affrescata da Luca Cambiaso con la Caduta di Fetonte e la Caduta di Icaro. È ubicato al numero 6 di via Garibaldi.

Palazzo Podestà

Particolare della facciata di Palazzo Podestà
Particolare della facciata di Palazzo Podestà

A commissionarlo fu Nicolosio Lomellini, che dette l'incarico di progettarlo e realizzarlo, fra il 1559 e il 1565, a Giovanni Battista Castello il Bergamasco e a Bernardo Cantone. Ai primi del XVII secolo passò tuttavia in mano a diverse famiglie: dapprima alla famiglia Centurione, che ne attuò subito alcune modifiche interne, poi a quella dei Pallavicini, quindi a quella dei Raggio e, infine, a quella di Andrea Podestà (di cui conserva il nome), sindaco più volte di Genova fra il 1866 e il 1895. Oggi è al numero civico 6 di via Garibaldi.

Palazzo Cattaneo Adorno

Questo edificio - oggi numerato con i civici 8 e 10 in virtù delle due distinte e simettriche dimore che ne costituiscono l'unico corpo di fabbrica - fu fatto costruire tra il 1583 ed il 1588 dai cugini Lazzaro e Giacomo Spinola. La particolarità della doppia costruzione è ancor oggi restituita visivamente dai doppi portali gemelli.

Solo in seguito, con il passaggio alle famiglie Cattaneo e Adorno, l'apparato decorativo degli interni fu rivisto fino allo stato visibile ancor oggi.

Palazzo Doria Tursi

Palazzo Doria Tursi - sopraportale
Palazzo Doria Tursi - sopraportale

Sede dal 1848 dell'amministrazione municipale (civico 9), è di gran lunga il palazzo più imponente ed importante dell'attuale via Garibaldi. La sua edificazione ebbe inizio nel 1565 per conto di Niccolò Grimaldi sulla base di un progetto di Domenico e Giovanni Ponsello, e richiese l'impiego di tre lotti del terreno su cui doveva nascere la cinquecentesca Strada Maggiore cittadina.

Due ampie e scenografiche logge sopraelevate rispetto alla sede stradale - aggiunte nel 1597, quando il palazzo divenne proprietà di Gio. Andrea Doria - incorniciano il corpo centrale della costruzione, sede - assieme alla Galleria di Palazzo Bianco e a quella di Palazzo Rosso - del polo dei Musei di Strada Nuova.

Curiosità: come ricorda Alexandre Dumas in Genova la Superba (1841), l'architettura del palazzo fu in passato erroneamente attribuita a Michelangelo.

Palazzo Campanella

Particolare della facciata di un palazzo di via Garibaldi
Particolare della facciata di un palazzo di via Garibaldi

È situato al civico 12 e fu costruito a partire dal 1562 per Baldassarre Lomellini. Il progetto era di Giovanni Ponzello. Il palazzo cambiò proprietà a fine Settecento, passando dapprima nelle mani di Cristoforo Spinola e poi in quelle di Domenico Serra. La proprietà attuale è della famiglia Campanella (da cui prende l'attuale denominazione).

Palazzo delle Torrette

Occupa due civici della via Garibaldi, il 14 ed il 16, e deriva il nome dalle due torrette che completano le parti laterali dell'edificio. Come anche il vicino Palazzo Rosso, fu costruito in tempi successivi rispetto al grosso dei palazzi di via Garibaldi, ovvero a partire dal 1716. La sua edificazione - progettata da Giacomo Viano per conto del duca di Tursi Giovan Andrea Doria - fu resa necessaria per completare l'urbanizzazione del tratto antistante l'imponente Palazzo Doria Tursi e coprire in un certo senso la vista sulle fatiscenti case della sottostante area medioevale.

Palazzo Rosso

Palazzo Rosso
Palazzo Rosso

Il Palazzo Rosso, situato al n. 18, è uno dei palazzi più recenti, ovviamente in senso relativo, della via Garibaldi, e prende il nome dal caratteristico colore rosso genovese che lo contraddistingue. Fu infatti edificato a partire dal 1670 su progetto di Pier Antonio Corradi per i fratelli Ridolfo e Gio. Francesco Brignole Sale.

Forte di due piani nobili, alla morte di Ridolfo passò in intera proprietà al fratello secondogenito. Nel 1874 gli ultimi discendenti del casato dei Brignole Sale ne fecero dono al Comune perché venisse adibito a museo. Per le opere ospitate nella Galleria di Palazzo Rosso - una delle maggiori pinatoteche cittadine e uno dei poli dei Musei di Strada Nuova - si rimanda alla pagina dedicata.

Palazzo Bianco

Palazzo Bianco
Palazzo Bianco

Il Palazzo Bianco, posto di fronte al Palazzo Rosso, come questi prende il nome dal colore che lo caratterizza. È al numero civico 11 e dal 1889 è un bene municipale adibito a museo (la sua importante pinacoteca fa parte del polo dei Musei di Strada Nuova).

Fu preceduto da un altro palazzo, anteriore all'edificazione di Strada Nuova, costruito tra il 1530 e il 1540 per conto di Luca Grimaldi, membro di una delle più importanti famiglie genovesi, i Grimaldi, appunto, ma nei secoli successivi passò di mano numerose volte fino a diventare proprietà dei Brignole Sale. Fu la neo-proprietaria, Maria Durazzo Brignole Sale, che ne curò la riedificazione in forme ormai settecentesche (quelle attuali, fra il 1711 ed il 1714), fino a quando la duchessa di Galliera Maria Brignole Sale De Ferrari, ultima discendente della famiglia, lo donò al Comune (1884), come aveva fatto dieci anni prima con Palazzo Rosso.

Voci correlate

Bibliografia

Lo stesso argomento in dettaglio: Bibliografia di Genova.

Altri progetti

Collegamenti esterni


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