Verbo

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Il verbo (dal latino verbum, "parola") è una parte del discorso variabile, che indica un'azione che il soggetto compie o subisce, l'esistenza o uno stato del soggetto, il rapporto tra il soggetto e il nome del predicato.[1]

Alcuni esempi in lingua italiana:

  • Il tacchino mangia (il soggetto compie un'azione);
  • Il tacchino è mangiato (il soggetto subisce un'azione);
  • L'essere è, il nulla non è[2] (esistenza del soggetto);
  • Paolo è arrabbiato (rapporto tra soggetto e nome del predicato).

Il verbo come centro della frase[modifica | modifica wikitesto]

La frase senza verbo è priva di senso compiuto. Da ogni verbo partono delle domande che richiedono una risposta.

Ogni verbo richiama, regge uno o più elementi, detti argomenti. Fra questi argomenti del verbo abbiamo: il soggetto (esplicito, nascosto o sottinteso, inesistente), il complemento oggetto (complemento diretto), e i complementi indiretti.

Il verbo è il centro della frase, e questa ruota intorno al verbo. Il verbo è l'elemento che sostiene o regge tutti gli argomenti, che sono perciò dipendenti dal verbo[3].

Categorie grammaticali legate al verbo[modifica | modifica wikitesto]

Modo dei verbi[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Modo (linguistica).

Il modo di un verbo indica[4]:

  • l'atteggiamento che il soggetto instaura con il proprio interlocutore;
  • l'atteggiamento che il soggetto assume in rapporto alla propria comunicazione.

Modi e modalità[modifica | modifica wikitesto]

Il modo è una forma specializzata, evidenziata da materiale morfologico o organizzata in paradigmi di flessioni, per esprimere alcune fondamentali modalità della locuzione (comando, speranza, certezza, possibilità).[5]

Non sempre una modalità è espressa da un modo. Così, ad esempio, in inglese la modalità condizionale non ha un modo dedicato, ma viene espressa perifrasticamente:

  • He would readEgli leggerebbe (letteralmente: Egli voleva leggere).

I modi, oltre che esprimere modalità, possono avere un ruolo sintattico: così, ad esempio, il congiuntivo, in italiano, opera spesso come marca di subordinazione:

  • Sono sicurissimo che non sia lui: in questa frase, il modo congiuntivo si accompagna a una modalità che esprime massima certezza.

Tempo dei verbi[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Tempo (linguistica).

Il tempo verbale colloca l'azione in un asse cronologico, tanto assolutamente quanto relativamente a un certo termine. Nel secondo caso il tempo evidenzia tra due frasi del periodo un rapporto di contemporaneità o di non contemporaneità[6].

Bisogna distinguere tra tempo fisico (time in inglese, Zeit in tedesco) e tempo linguistico (tense in inglese, Tempus in tedesco). Il riferimento cronologico espresso grammaticalmente non per forza coincide con quello reale.[6] È ad esempio possibile trovare una frase in italiano in cui il passato prossimo rinvia a un evento futuro:

  • Domani vedremo chi ha avuto ragione.

Sono invece informazioni di ordine pragmatico e non grammaticali a indicarci il rapporto di contemporaneità o di non contemporaneità:

  • Quando dormo bene, russo fragorosamente;
  • Quando dormo bene, lavoro meglio.[7]

I tempi verbali vengono indicati come "semplici" o "composti" a seconda che siano costituiti da una forma singola o dall'insieme di verbo ausiliare e participio passato.[8]

Già Aristotele aveva evidenziato, nel De Interpretatione, l'intrinseco legame fra verbo e tempo: il verbo (rhema) viene definito come la forma che "aggiunge al suo significato il tempo"[9]. Aristotele individua dunque, tra le categorie grammaticali, alcune proprie dei verbi. Per quanto antico, questo apparentamento non è mai stato messo significativamente in discussione. È stato semmai precisato che:

  • il tempo viene designato da numerosi mezzi linguistici oltre al verbo, tanto che esso sembra essere "una proprietà globale dell'enunciato"[10];
  • il verbo non esprime sempre il tempo: talvolta è piuttosto l'aspetto a risultare significativo e ciò in presenza di uguali tempi grammaticali (Scrivo / Sto scrivendo).

Diatesi[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Diatesi.

"La diatesi esprime il rapporto del verbo con il soggetto o l'oggetto"[11]. Essa può essere:

  • attiva: il soggetto compie un'azione;
  • passiva: il soggetto subisce l'azione;
  • riflessiva: il soggetto compie un'azione per sé;
  • media: indica una certa intensità della partecipazione del soggetto all'azione.

Aspetto verbale[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Aspetto verbale.

L'aspetto verbale connota l'atto verbale secondo le marche "della durata, della momentaneità, della ripetitività, dell'inizio o della conclusione di un processo, della compiutezza o dell'incompiutezza dell'azione"[12]. Come accennato, sono entrambe al presente le forme Scrivo e Sto scrivendo, ma la prima ha aspetto durativo, la seconda progressivo.

Azionalità[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Azionalità.

L'azionalità permette di distinguere tra diverse categorie di verbi, a seconda del tipo di evento che essi denotano. È quindi un concetto strettamente legato al significato lessicale del verbo e non dipende dal punto di vista selezionato dal parlante (come invece l'aspetto, con cui spesso l'azionalità viene confusa).

Verbi lessicali e verbi ausiliari[modifica | modifica wikitesto]

Il verbo ha la proprietà di imporre all'enunciato una serie di argomenti. Gli argomenti identificano nella clausola i partecipanti all'azione e sono detti elementi "nucleari" perché non possono essere eliminati senza pregiudizio della grammaticalità della frase.[13]

  • Giovanni ha sposato la tua causa. Non può diventare Giovanni ha sposato.

Altri elementi, detti "circostanziali", collocano l'evento descritto da una frase in termini di luogo, tempo, causa, ecc. e possono essere eliminati: esempio per il verbo "cibarsi", sinonimo che non può essere utilizzato per indicare l'azione di nutrirsi, ovvero "io (prima persona) mi cibo", erroneo in italiano e molto comune per via dialettale. La forma corretta è "io mi nutro" con la quale la frase trova il termine e indica l'azione di mangiare fine a se stessa. "Io mi cibo" deve essere seguito obbligatoriamente dal soggetto che è il cibo, esempio: "io mi cibo di broccoli". Dunque la frase " io mi cibo" (fine a se stessa) è scorretta se non affiancata dal nome di cosa si ciba.

  • Durante le vacanze sono stato beneSono stato bene.

I verbi impongono restrizioni agli elementi nucleari, ma non a quelli circostanziali[13]:

  • In Rispondi a Luigi!, a Luigi è un elemento nucleare e la preposizione a gli è imposta dal verbo rispondere.

Non tutti i verbi possono però imporre argomenti all'enunciato: tale proprietà è tipica dei verbi "lessicali", mentre i cosiddetti "ausiliari" non determinano argomenti nella clausola. La loro funzione è infatti piuttosto quella di determinare grammaticalmente un verbo lessicale.[14] Così, ad esempio, in francese, alcuni usi del verbo venir sono ausiliari:

  • Je viens d'écrire une lettre (Ho appena finito di scrivere una lettera).

Ma tanto il francese venir che l'italiano avere hanno valore lessicale o ausiliare a seconda dei casi. Al contrario, in spagnolo haber ha esclusivamente funzione ausiliare:

  • He tenido suerte (Ho avuto fortuna).

Sarebbe invece errata una frase come:

  • He suerte per Ho fortuna. La forma grammaticale è: Tengo suerte.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Serianni, 2010, cit., p. 379.
  2. ^ Parmenide, frammento 6.
  3. ^ Maurizio Della Casa, 19. La frase semplice e i suoi «pezzi» fondamentali., in Capire per comunicare. Grammatica ed educazione linguistica., Editrice La Scuola, 1991, pp. 329-330, ISBN 88-350-8423-7.
  4. ^ Moretti-Orvieto, 1983, 8, citati in Serianni, 2010, cit., p. 382.
  5. ^ Simone, 2008, cit., p. 339.
  6. ^ a b Serianni, 2010, cit., p. 383.
  7. ^ I due esempi sono tratti da Serianni, 2010, cit., p. 383.
  8. ^ Serianni, 2010, cit., p. 384.
  9. ^ Citato in Simone, 2008, cit., p. 304.
  10. ^ Simone, 2008, cit., p. 330.
  11. ^ Serianni, 2010, cit., p. 385.
  12. ^ Serianni, 2010, cit., p. 390.
  13. ^ a b Simone, 2008, cit., p. 238.
  14. ^ Simone, 2008, cit., p. 243.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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