Utente:Stirner85/Cortellazzo

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Gino Cortelazzo (Este, 31 Ottobre 1927Este, 6 Novembre 1985) è stato uno scultore italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Gino Cortelazzo nasce ad Este (Padova) nel 1927. Dopo varie esperienze lavorative anche in Sud America riesce a superare gli ostacoli che gli impediscono di dedicarsi completamente alla scultura e si diploma all'Accademia di belle arti di Bologna con Umberto Mastroianni.

Nel 1970 gli viene affidata la cattedra di scultura all' Accademia di belle arti di Ravenna, diretta da Raffaele De Grada e trova come colleghi per gli insegnamenti di arti applicate, pittura, incisione e storia dell’ arte Giò Pomodoro, Luca Crippa, Tono Zancanaro e Massimo Carrà. Negli anni ‘70 a Milano incontra il mondo dell'alta moda. Biki, Baratta, Soldano gli commissionano dei gioielli (pezzi unici) per le sfilate. Conosce Dino Buzzati e Davide Lajolo, con il quale rimarrà sempre legato da profonda amicizia. Incontra Gianni Berengo Gardin ed Enrico Cattaneo che fotograferanno la sua opera.

Nel 1975 a Roma incontra Giulio Carlo Argan che lo presenta in una serie di mostre in Germania ed Austria, e Cortelazzo inizia un percorso espositivo che lo porta in Europa e in America Latina.

Nel 1980 inaugura la casa-studio di Este, luogo d’incontro per artisti e critici quali il Maestro Riccardo Muti, Palma Bucarelli e Giuseppe Mazzariol [1] con il quale instaura un sodalizio che per Cortelazzo sarà fondamentale.

Muore inaspettatamente il 6 novembre 1985.


Stile e Opere[modifica | modifica wikitesto]

Cortelazzo, alternando periodi di lavoro intensissimo a sostanziali pause di produzione, ha realizzato quasi 500 sculture, nella quasi totalità pezzi unici, nei materiali più diversi: bronzo, legno, pietra di Nanto, trachite, alabastro, onice, polistirolo, cartapesta, vetroresina e ferro. Oltre alle sculture ha lasciato un gran numero di opere plastiche di vario genere (gioielli, mosaici, ceramiche) e grafica. Le sue sculture si trovano in vari musei, piazze, luoghi pubblici e collezioni sia pubbliche che private.

Le opere della fine degli anni ’60 risentono dell’influenza di Umberto Mastroianni e in maniera più sottile di quella della scultura futurista. Dalla metà degli anni '70 Cortelazzo sviluppa la sua idea di “figurativo indiretto”, frutto in parte della sua fascinazione per le teorie di Jung. Con le sue opere ispirate al “figurativo indiretto” Gino Cortelazzo intendeva colpire la psiche di ciascun fruitore facendogli costruire una sua propria figura che poteva essere diversa da quella di un altro, in quanto dipendente dall’ educazione dello specifico fruitore, dalla sua forza immaginativa, dalla sua sensibilità e anche dal suo stato psicologico, un po’ come se le sue opere dovessero agire come gli archetipi nella gnoseologia di Jung. Emblematica di questo concetto è la serie delle “Foglie” in bronzo cominciata alla fine degli anni ’70. Con le “Foglie”, che rappresentano oggetti del mondo vegetale ma legati alla famosissima opera del 1912 di Umberto Boccioni “Sviluppo di una bottiglia nello spazio”, la poetica dei tagli e l'utilizzo della luce nella sua scultura assumono esiti inediti.

Gli effetti-luce ottenuti con le contrapposizioni di oro e nero, o con le patinature e dorature di molte sue opere, o con le inserzioni di vuoti e incavi nelle sculture in legno o in ferro, nell’ ultimo periodo di Cortelazzo vengono consapevolmente superati dall'introduzione del colore come materiale per la scultura. “Non è un colore aggiunto, non è il dare un colore a una superficie, il che da Mirò a Alexander Calder è comune nella scultura del secolo scorso, ma è cercare il colore dentro alla forma plastica, per affrancarla dalla propria fisicità opprimente”, spiegava Giuseppe Mazzariol [2]. Di quest'ultimo periodo, oltre a “La Rosa”, opera colorata affine alla serie delle “Foglie”, sono emblematiche “Castello” e “Luna a Key West”, titolo che porta l'eco del suo amore per Hemingway e dei suoi frequenti viaggi americani.

I titoli di Cortelazzo non sono sempre strettamente indicativi delle opere alle quali sono stati apposti, obbedendo, a quanto è stato dato di capire, più a suggestioni, anche verbali, che a una dichiarata intenzionalità o a un esplicito programma. Di questo pensiero rimane traccia negli appunti di Cortelazzo pubblicati nel catalogo della mostra alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia del maggio-settembre 1990 [3].

Cortelazzo ha ricevuto l’ attenzione ed il favore praticamente di tutta la critica militante a lui coeva. Tra i moltissimi che hanno scritto e lasciato testimonianze [4] su di lui Giusepe Marchiori [5] , Giulio Carlo Argan e Giuseppe Mazzariol [6].



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