Utente:Memnone di Rodi/Sandbox/Napoli

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Napoli
comune
Napoli – Veduta
Napoli – Veduta
Veduta panoramica del golfo di Napoli da Posillipo
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione Campania
Città metropolitana Napoli
Amministrazione
SindacoLuigi de Magistris (Indipendente dell'Italia dei Valori) dal 30-5-2011
Territorio
Coordinate40°50′00″N 14°15′00″E / 40.833333°N 14.25°E40.833333; 14.25 (Napoli)
Altitudine17 m s.l.m.
Superficie117,27 km²
Abitanti960 100[1] (31-12-2012)
Densità8 187,09 ab./km²
Comuni confinantiArzano, Casandrino, Casavatore, Casoria, Cercola, Marano di Napoli, Melito di Napoli, Mugnano di Napoli, Portici, Pozzuoli, Quarto, San Giorgio a Cremano, San Sebastiano al Vesuvio, Volla
Altre informazioni
Cod. postaleda 80121 a 80147
Prefisso081
Fuso orarioUTC+1
Codice ISTAT063049
Cod. catastaleF839
TargaNA
Cl. sismicazona 2 (sismicità media)[2]
Cl. climaticazona C, 1 034 GG[3]
Nome abitantinapoletani
Patronosan Gennaro
Giorno festivo19 settembre
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Napoli
Napoli
Napoli – Mappa
Napoli – Mappa
Posizione del comune di Napoli nell'omonima provincia
Sito istituzionale

«Vedi Napoli e poi muori!»

Napoli (IPA: ['napoli][4][5] ascolta; Nàpule in napoletano, pronuncia ['nɑːpələ] oppure ['nɑːpulə]) è una città italiana di 960.593 abitanti,[1] capoluogo dell'omonima provincia e della regione Campania. Situata in posizione pressoché centrale nell'omonimo golfo, tra il Vesuvio e i Campi Flegrei, è il terzo comune italiano per popolazione dopo Roma e Milano, nonché cuore di una delle aree metropolitane più popolose d'Europa.[N 2]

Fondata dai Greci nell'VIII secolo a.C., fu municipio durante l'Impero Romano, poi, nell'VIII secolo, ducato autonomoindipendente dall'Impero bizantino; passò sotto il Regno di Sicilia normanno-svevo e divenne poi capitale del regno di Napoli, sotto angioini, aragonesi, spagnoli, e del Regno delle Due Sicilie sotto i Borbone,fino all'annessione al Regno d'Italia nel 1861.

La sua storia artistica parte dalla scultura greca e dalla pittura pompeiana e ha dato luogo a manifestazioni originali, quali il rinascimento e il barocco napoletano, il caravaggismo, la scuola di Posillipo e il Liberty napoletano, la porcellana di Capodimonte e il presepe napoletano; il teatro, la canzone e la cucina napoletana, con un alimento iconico, come la pizza napoletana.

Nel 1995 il centro storico di Napoli, il più vasto d'Europa, è stato riconosciuto dall'UNESCO come patrimonio mondiale dell'umanità.[6] Nel 1997 l'apparato vulcanico Somma-Vesuvio è stato eletto dalla stessa agenzia internazionale (con il vicino Miglio d'Oro, in cui ricadono anche i quartieri napoletani di San Giovanni a Teduccio, Barra e Ponticelli) tra le riserve mondiali della biosfera.[7] Il patrimonio storico-artistico le è valsa la nomea di città dalle 500 cupole[8][9].

Geografia[modifica | modifica wikitesto]

«Da quanto si dica, si narri, o si dipinga, Napoli supera tutto: la riva, la baia, il golfo, il Vesuvio, la città, le vicine campagne, i castelli, le passeggiate… Io scuso tutti coloro ai quali la vista di Napoli fa perdere i sensi!»

Geografia fisica[modifica | modifica wikitesto]

Napoli sorge quasi al centro dell'omonimo golfo, dominato dal massiccio vulcanico Vesuvio e delimitato ad est dalla penisola sorrentina con Punta Campanella, ad ovest dai Campi Flegrei con Monte di Procida, a nord ovest-est dal versante meridionale della piana campana che si estende dal lago Patria al nolano.

La città storica è andata sviluppandosi preminentemente sulla costa, in origine abitata dall'antico popolo degli Opici,[N 3] nome che indica la presenza sul posto di numerose cavità naturali, tuttora visibili, tra cui sono notevoli la grotta di Seiano, quella del Chiatamone[N 4] e quella di San Giovanni a Carbonara.[11] Il primo nucleo abitativo fu costituito dall'isolotto di Megaride, ove coloni greci diedero avvio al primo emporio commerciale[12] che comportò lo sviluppo della città odierna. Il territorio di Napoli è composto prevalentemente da colline (molti di questi rilievi superano i 150 metri d'altezza per giungere fino ai 452 m della collina dei Camaldoli), ma anche da isole, insenature e penisole a strapiombo sul Mar Tirreno.

Il territorio urbano, limitato a occidente dal complesso vulcanico a crateri multipli dei Campi Flegrei, ed a oriente dal Somma-Vesuvio,[13] ha una storia geologicamente complessa. Il substrato su cui poggia la città ha origine eminentemente vulcanica, ed è il prodotto di una serie di eruzioni dei due complessi. Per quanto riguarda il gruppo dei Campi Flegrei, avvenute nel tardo Pliocene o inizio Quaternario. I diversi autori distinguono tre periodi di attività, denominati Archiflegreo, ciclo antico (che portò alla formazione del caratteristico tufo giallo napoletano) e ciclo recente dei Campi Flegrei.[13]

I materiali vulcanici costituiscono l'unica fonte litogenetica dell'area, dato che anche i depositi alluvionali, o quelli provenienti da ambiente di spiaggia, non sono altro che il risultato del rimaneggiamento delle rocce eruttive. Da un punto di vista strettamente petrografico, i materiali possono essere classificati nei tre macrogruppi: lave, materiali piroclastici lapidei e materiali piroclastici sciolti. Le lave possono essere grossolanamente suddivise in lave di origine flegrea e lave di origine vesuviana; i piroclasti lapidei comprendono tufo grigio campano, piperno, tufo giallo stratificato e tufo giallo caotico; i piroclasti sciolti comprendono invece una serie di elementi di varia origine, che al di là delle distinzioni litogenetiche possono essere classificati in rimaneggiati e non rimaneggiati.[13]

Secondo la classificazione sismica nazionale, Napoli è ubicata in zona 2 (sismicità medio-alta), così come esposto nell'Ordinanza PCM n. 3274 del 20 gennaio 2003.[14]

Clima[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Clima di Napoli.

Napoli gode di un clima mediterraneo, con inverni miti e piovosi e estati calde e secche, ma comunque rinfrescate dalla brezza marina che raramente manca sul suo golfo. Il sole splende mediamente per 250 giorni l'anno.[15] La particolare conformazione morfologica del territorio del capoluogo, comunque, è tale da fare in modo che la città possieda al suo interno differenti microclimi, con la possibilità quindi di incontrare variazioni climatiche anche significative spostandosi di pochi chilometri. Ad esempio, più continentale rispetto al centro della città risulta essere la zona di Capodichino, al pari della maggior parte dei quartieri della zona nord del capoluogo, come Poggioreale o Secondigliano. Anche la zona dei Camaldoli, a causa della maggiore altitudine, si caratterizza per un clima leggermente più freddo nei mesi invernali, ed un clima meno afoso in quelli estivi. Non sono mancati però anche episodi di gelo (gli ultimi nel marzo 2005 e nel febbraio 2012).

Secondo la classificazione climatica italiana, Napoli è ubicata nella zona C.[16]

Napoli[17][18][19] Mesi Stagioni Anno
Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic InvPriEst Aut
T. max. media (°C) 12121518232629302622171412,718,728,321,720,3
T. min. media (°C) 4468121618181512854,38,717,311,710,5
Precipitazioni (mm) 10498867650342442801301621213232121003721 007
Umidità relativa media (%) 75737170707170697374767574,370,37074,372,3

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Napoli.

Preistoria e protostoria[modifica | modifica wikitesto]

Particolare del calco di arature di età neolitica rinvenuto in via Diaz.

Nel sottosuolo napoletano sono stati reperiti soltanto mediocri ritrovamenti d'età preistorica, tutti nell'attuale II municipalità : buchi di palo del VI millennio a.C., riconducibili a piccoli insediamenti pastorizi[20]; tracce incrociate di arature associate a frammenti ceramici (V-IV millennio a.C.)[21]; alcune tombe (fine III millennio a.C.), riferibili alla Cultura del Gaudo[22].

Durante tutto il II millennio a.C. buona fetta del territorio napoletano era costellato da villaggi[23], che vennero certamente in contatto con le popolazioni egee[24] stanziate a Vivara, Ischia e Afragola[25]. Quest'ultimo sito[26] è contraddistinto da spiccate caratteristiche commerciali e produttive, che dimostrano l'esistenza di un centro miceneo sorto su terraferma e in una zona dell'entroterra, con grandi quantità di resti ceramici di importazione ed imitazione dal mediterraneo orientale[27][28].

È chiaro che anche quest'ultimi ritrovamenti, esattamente come quelli insulari, facciano riferimento a quei semplici scali nel percorso marittimo verso l'Occidente[29].

Età antica[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Partenope (città antica).
Castel dell'Ovo

La più antica presenza protourbana nell'area fu probabilmente un emporio dorico sull'isolotto di Megaride, attivo dal IX secolo a.C.[30] In un secondo momento, grazie all'intervento cumano, l'insediamento di Partenope sarebbe stato esteso anche al Monte Echia.

Secondo il mito la città sarebbe sorta dove si sarebbe arenato il corpo della sirena Partenope, suicidatasi per non essere riuscita ad ammaliare Ulisse.

Partenope, fondata intorno alla metà dell'VIII secolo a.C., doveva essere all'inizio una città-satellite di Cuma, rifugio durante le lotte tra fazioni cittadine, a seguito delle quali[31],nel periodo di Aristodemo di Cuma[32], sorse Neapolis, la città nuova[33] Il pianoro prospiciente alla collina di Pizzofalcone era diffusamente frequentato già dalla metà del VI secolo a.C. e che la "Città Nuova" sia sorta alla fine dello stesso. Il nucleo più antico acquisì via via il nome di Palepolis (città vecchia).

La rinnovata città seppe in breve tempo sia sostituirsi a Cuma nei commerci marittimi, sia assumere il controllo sul golfo. [34]

Nel 327 a.C. Neapolis venne conquistata dai Romani, assumendo tuttavia il rango di civitas foederata e vivendo un grande sviluppo urbano e sociale: fu infatti luogo e residenza degli imperatori Claudio, Tiberio e Nerone che trascorsero qui le pause dall'attività di governo.

Nel 476 l'ultimo imperatore romano d'occidente Romolo Augusto fu imprigionato nel Castel dell'Ovo, al tempo villa romana fortificata.

Con il termine dell'età antica e l'incalzare delle invasioni barbariche, la città si chiuse nelle sue mura. Le zone fuori le mura di Palepolis e Pausilypon caddero preda delle razzie e dell'incuria.

Età medievale[modifica | modifica wikitesto]

Il Ducato di Napoli[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Ducato di Napoli.
Il Ducato di Napoli nel 1112

Nel 536 Napoli fu conquistata dai bizantini durante la guerra gotica e rimase saldamente in mano all'impero anche durante la susseguente invasione longobarda, divenendo in seguito ducato autonomo. Il primo duca indipente fu Stefano II, che nel 763 iniziò a coniare monete locali. La vita del ducato fu caratterizzata da continue guerre, principalmente difensive, contro i potenti principati longobardi vicini e i corsari musulmani (genericamente definiti Saraceni), provenienti per lo più dal Nordafrica e dalla Sicilia.

In realtà l'avversione tra cristianesimo e islam trovò nel meridione italico ampi spazi di convergenza in nome della politica e dei comuni interessi commerciali. Questi ultimi determinarono di fatto una sostanziale amicizia tra Napoli ed il mondo musulmano, tanto che si verificò il disinvolto impiego da parte napoletana (ma campana in generale) di mercenari, per lo più assoldati nell'insediamento del Traetto (in arabo ribāṭ). Prolungato artefice di questa politica fu il vescovo di Napoli e duca Attanasio II, a dispetto della scomunica comminatagli da papa Giovanni VIII.

Il X secolo fu caratterizzato da una politica di neutralità, che mirò a tener fuori Napoli dai giochi che si svolgevano intorno a lei. Da ciò trassero giovamento sia l'economia, che la cultura, che prosperarono nei secoli d'indipendenza, consentendo da un lato lo sviluppo delle industrie tessili[N 5] e della lavorazione del ferro; dall'altro, un proficuo scambio di materiale letterario e storico - sia religioso sia profano, sia greco sia latino - tra la città e Costantinopoli, da cui provenne ad esempio il greco Romanzo di Alessandro.[N 6]

Il periodo normanno-svevo[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Regno di Sicilia.
Statua marmorea di Federico II di Svevia, posta all'ingresso del palazzo Reale di Napoli

Nel 1139 i normanni di Ruggero II d'Altavilla conquistarono la città, ponendo fine al ducato: Napoli entrò così a far parte del territorio del Principato di Capua, nel neonato Regno di Sicilia, con capitale Palermo; ciononostante la città conservò la sede dell'arcidiocesi e acquisì grande importanza grazie al porto, che le permise di entrare nella lega anseatica.[35]

Passato il Regno di Sicilia in mano sveva sotto gli Hohenstaufen, Napoli fu compresa nel giustizierato di Terra di Lavoro, continuando ad accrescere la propria importanza come centro culturale dell'area. Tale processo culminò con la fondazione, avvenuta il 5 giugno 1224 ad opera di Federico II, dell'Università di Napoli. Si tratta del più antico istituto europeo del suo genere, vi si insegnarono fin dal principio diritto, arti liberali, teologia e medicina. Essa fu concepita come scuola indipendente dal potere papale, avendo fin dall'inizio lo scopo di formare i funzionari dello Stato ed in particolare giureconsulti esperti che servissero l'imperatore nelle dispute dinastiche.

Il periodo angioino[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Regno di Napoli.
San Ludovico di Tolosa che incorona il fratello Roberto d'Angiò (dipinto di Simone Martini)

Napoli divenne parte del regno angioino in seguito alle vittorie di Carlo I d'Angiò su Manfredi di Svevia nel 1266 a Benevento; Corradino di Svevia fu imprigionato a Castel dell'Ovo e decapitato in Piazza Mercato. Sotto il regno di Carlo II d'Angiò, furono istituiti formalmente i Sedili, organi amministrativi ripartiti per aree della città. Essi traevano la propria origine dalla fratrie dell'epoca greca e dalla Magna cura Regis e sarebbero rimasti in piedi fino al XIX secolo.

In seguito alla rivolta scoppiata in Sicilia nel 1282 (Vespri siciliani, causati anche dallo spostamento della capitale da Palermo a Napoli) e il passaggio dell'isola al dominio aragonese, Napoli, divenne la capitale del Regno di Napoli e uno dei più importanti centri di potere della penisola italiana. Succede a Carlo d'Angiò il figlio Carlo II ed in seguito il nipote, Roberto d'Angiò, detto "il Saggio", che fa di Napoli un centro culturale fra i più vivaci dell'Europa e del Mediterraneo. A questo periodo risalgono i soggiorni in città di Francesco Petrarca, Simone Martini, Giotto (che vi fonderà una scuola pittorica giottesca fra le più importanti d'Italia) e di Boccaccio, che nella basilica di San Lorenzo Maggiore conoscerà Fiammetta, ovvero Maria d'Aquino ed in seguito rimpiangerà i piacevoli anni trascorsi alla corte napoletana. Succederà al re Roberto, la nipote Giovanna I di Napoli nel 1343 e poi sarà il momento dei d'Angiò di Durazzo nel 1382 con Carlo di Durazzo, Ladislao I di Napoli e Giovanna II di Napoli.

Età moderna[modifica | modifica wikitesto]

Il Regno aragonese Utriusque Siciliae[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Corona d'Aragona.
Alfonso il Magnanimo

Nel 1442 anche Napoli cadde in mano aragonese, diventando una delle città più influenti del dominio aragonese e ospitando più volte, specie durante il regno di Alfonso il Magnanimo (1442-1458), il re e la corte di questo grande stato mediterraneo. Nel 1501, nell'ambito delle guerre d'Italia, il regno di Napoli fu conquistato dagli spagnoli e, divenuta Napoli il centro politico dell'impero aragonese,[36] nel XVI secolo la città fu la più popolosa d'Occidente.[37]

Il Viceregno spagnolo[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Repubblica Napoletana (1647).

Per oltre due secoli il regno fu governato da un viceré per conto di Madrid, periodo caratterizzato da grande malgoverno, che portò, nel 1646, alla rivolta di Masanielloe alla nascita dell'effimera Repubblica Napoletana.

Nel corso della guerra di successione spagnola l'Austria conquistò Napoli (1707), ma la tenne per pochi anni, fino al 1734, anno in cui il regno fu occupato da Carlo di Borbone, che vi ricostituì uno Stato indipendente che comprendeva tutto il sud Italia e la Sicilia.

Il periodo borbonico[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Regno delle Due Sicilie e Repubblica Napoletana (1799).
Ferdinando II delle Due Sicilie, metà del XIX secolo

Sotto la dinastia dei Borbone di Napoli, la città rafforzò il suo ruolo divenendo, insieme a Parigi e Londra, una tra le principali capitali europee. Con la rivoluzione francese e le guerre napoleoniche, Napoli vide prima la nascita di una repubblica giacobina e poi la conseguente restaurazione borbonica. Nel 1806 fu nuovamente conquistata dalle truppe francesi condotte da Napoleone Bonaparte che affidò il regno a suo fratello Giuseppe e quindi, in seguito, a Gioacchino Murat. Nel 1815 con la definitiva sconfitta di Napoleone e il Congresso di Vienna Napoli ritornò nuovamente ai Borbone.

Nel 1860 il Regno delle Due Sicilie fu oggetto della spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi e successivamente invaso dal regno di Sardegna. Napoli fu abbandonata da Francesco II di Borbone per evitare che venisse bombardata, e fu tentata una prima difesa con la battaglia del Volturno e quindi con l'assedio di Gaeta. A seguito della sconfitta delle truppe borboniche, Napoli fu annessa al regno d'Italia e perse il proprio status di capitale. Come conseguenza, le strutture di governo statale presenti in città furono smantellate e le pochissime attività commerciali ed industriali andarono in rovina.

Bisogna dire, a tal proposito, che queste industrie non avevano un sistema di produzione capitalistico,, bensì avevano come unico cliente il re di Napoli, e non erano motori di sviluppo come quelle del Nord, ma semmai soddisfacevano la boria e i gusti dei Borbone, come testimonia il rovinoso stato del resto del Sud.

Età contemporanea[modifica | modifica wikitesto]

«Insomma, fascisti, a Napoli piove, che ci state a fare?»

Il 24 ottobre 1922 Napoli è stata teatro della grande adunanza di camicie Nere che fu l'atto preparatorio della Marcia su Roma. I dettagli della Marcia furono discussi e decisi dal Consiglio del partito Nazionale Fascista all'Hotel Vesuvio di via Partenope.

Nel 1926 il territorio comunale venne ampliato con l'aggregazione dei comuni limitrofi di Chiaiano ed Uniti, Pianura, Secondigliano e Soccavo[38].

Data la sua natura di porto strategico per le attività navali nel Mediterraneo, Napoli fu, durante la seconda guerra mondiale, la città italiana che subì il numero maggiore di bombardamenti, con circa 200 raid aerei (tra ricognizioni e bombardamenti) dal 1940 al 1944, principalmente da parte alleata, di cui ben 181 soltanto nel 1943 e con un numero di morti stimato tra le 20 e le 25.000 persone, in gran parte tra la popolazione civile.[39][40]

Dopo la resa del regno d'Italia agli Alleati, avvenuta l'8 settembre 1943, Napoli fu teatro di una storica insurrezione popolare denominata successivamente le quattro giornate di Napoli (27-30 settembre 1943). Tale movimento, guidato dalla popolazione civile, con l'apporto di militari fedeli al cosiddetto regno del Sud, riuscì a liberare la città partenopea dall'occupazione delle forze armate tedesche.

L'avvenimento, che valse alla città il conferimento della medaglia d'oro al valor militare, consentì alle forze alleate di trovare al loro arrivo, il 1º ottobre 1943, una città già libera dall'occupazione nazista, grazie al coraggio e all'eroismo dei suoi abitanti ormai esasperati ed allo stremo per i lunghi anni di guerra. Napoli fu la prima, tra le grandi città europee, ad insorgere con successo contro l'occupazione nazista.[41]

Simboli[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Stemma di Napoli.
Logo della città di Napoli

«troncato d'oro e di rosso, caricato dello stemma civico, con l'iscrizione in oro «Comune di Napoli»»

Lo stemma si compone di uno scudo sannitico diviso in due parti orizzontali di uguale altezza, quella superiore colorata d'oro e l'altra di rosso («troncato d'oro e di rosso»), sormontato da una corona turrita con cinque bastioni merlati visibili, di cui solo uno, quello centrale, dotato di porta d'ingresso.

Il gonfalone riprende i due colori dello stemma, oro e rosso, che occupano rispettivamente la metà superiore e la metà inferiore dell'intero drappo («troncato»), riprendendo simmetricamente la disposizione dei colori dello scudo araldico cittadino.[42]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Napoli è tra le città decorate al valor militare per la guerra di liberazione; è stata infatti la prima città a liberarsi con le sue sole forze dall'occupazione nazi-fascista e quindi insignita della medaglia d'oro al valor militare per i sacrifici della popolazione e per le attività nella lotta partigiana durante la rivolta detta delle quattro giornate di Napoli.

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Con superbo slancio patriottico sapeva ritrovare, in mezzo al lutto ed alle rovine, la forza per cacciare dal suolo partenopeo le soldatesche germaniche sfidandone la feroce disumana rappresaglia. Impegnata un'impari lotta col secolare nemico offriva alla Patria, nelle "Quattro Giornate" di fine settembre 1943, numerosi eletti figli. Col suo glorioso esempio additava a tutti gli Italiani, la via verso la libertà, la giustizia, la salvezza della Patria.[43]»
— Napoli, 27 - 30 settembre 1943, data del conferimento: 10 settembre 1944
Titolo di Città - nastrino per uniforme ordinaria
«Antico diritto»
— Napoli

Ricorrenze[modifica | modifica wikitesto]

  • San Gennaro (19 settembre), la chiesa cattolica e altre chiese cristiane ricordano la morte di San Gennaro;
  • Inaugurazione stagione sinfonica al teatro San Carlo (30 settembre);
  • Quattro Giornate di Napoli (1º ottobre).

Monumenti e luoghi d'interesse[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Centro storico di Napoli e Monumenti di Napoli.
Il centro storico visto da castel Sant'Elmo. In evidenza, il monastero di Santa Chiara, Spaccanapoli e il centro direzionale

Napoli è una delle città a maggior densità di risorse culturali e monumenti nel mondo, che ne testimoniano l'evoluzione storico-artistica. Il centro storico, nel 1995, è stato inserito dall'UNESCO tra i patrimoni dell'umanità con la seguente motivazione:

«Si tratta di una delle più antiche città d'Europa, il cui tessuto urbano contemporaneo conserva gli elementi della sua storia ricca di avvenimenti. I tracciati delle sue strade, la ricchezza dei suoi edifici storici caratterizzanti epoche diverse conferiscono al sito un valore universale senza uguali, che ha esercitato una profonda influenza su gran parte dell'Europa e al di là dei confini di questa.»

Esso è il risultato di sovrapposizioni di stili architettonici racchiusi in circa 2 800 anni di storia, testimoniando così le varie civiltà che vi hanno soggiornato. Su un territorio relativamente poco esteso sono presenti, tra gli altri, un grande numero di castelli, residenze reali, palazzi monumentali, chiese storiche e resti dell'età classica: Napoli è un museo a cielo aperto a tutti gli effetti.

L'area interessata dalla tutela comprende 14 quartieri. Avvocata, Montecalvario, San Giuseppe, Porto, Pendino, Mercato, Chiaia, San Ferdinando, Stella, San Carlo all'Arena, San Lorenzo e Vicaria e parte delle colline del Vomero e Posillipo. I quartieri San Giuseppe, Porto, Pendino, Mercato, San Lorenzo e Vicarìa, nello specifico, costituiscono il nucleo antico, corrispondente in buona parte all'area dei decumani.

Tuttavia, la scarsa valorizzazione e la mancanza di fondi per eventuali restauri, fa sì che parte di tale patrimonio, in particolare quello corrispondente al centro antico, ovvero all'area dei decumani, versi in rovina o in stato di degrado[44] (sono circa duecento[45] le chiese che solo nel centro storico hanno gravi problemi strutturali, altrettanti i palazzi; ma anche fontane, obelischi, architetture antiche, ecc.).

Architetture religiose[modifica | modifica wikitesto]

Duomo di Santa Maria Assunta, una delle principali chiese napoletane
Chiesa del Gesù Nuovo, domina la piazza omonima ed è una basilica napoletana simbolo del barocco

Le catacombe cristiane che sorsero fuori le mura rappresentano le prime testimonianze di arte, storia e architettura della Napoli cristiana e che per secoli caratterizzarono la vita socio-religiosa della città.

Data la cospicua presenza sul territorio e dato il prestigio degli artisti che vi hanno lavorato al loro interno, gli edifici religiosi costituiscono una parte fondamentale del patrimonio monumentale cittadino. La cattedrale è quella di Santa Maria Assunta, una delle più grandi e più importanti della città, sia dal punto di vista storico-artistico che di mero folclore locale (avviene qui infatti il rito dello scioglimento del sangue di san Gennaro).

(FR)

«Ce qui nous a paru le plus extraordinaire à Naples, c'est le nombre et la magnificence de ses églises; je puis vous dire sans exagérer que cela surpasse l'immagination»

(IT)

«La cosa che ci è sembrata più straordinaria, a Napoli, è il numero e la magnificenza delle sue chiese: posso dirvi, senza esagerare, che ciò oltrepassa l'immaginabile»

Nel XVII secolo a Napoli vi erano un centinaio di conventi e monasteri, mentre circa 500 chiese nel XVIII secolo.

In epoca più moderna, il periodo del risanamento, i terremoti e soprattutto i 181 bombardamenti della seconda guerra mondiale, hanno sottratto alla città partenopea più di sessanta chiese monumentali. Molte chiese proibite, dalle porte sbarrate da secoli o abbandonate senza custode, invece, continuano a possedere opere di alto valore artistico, come ad esempio la chiesa di Santa Maria della Sapienza su via Costantinopoli, quella dei Santi Severo e Sossio in largo San Marcellino o come quella dei Santi Marcellino e Festo, solo occasionalmente accessibile.[47]

Napoli continua a possedere un numero spropositato di edifici religiosi: circa un migliaio tra chiese e conventi[45] - di cui 200 nel solo centro antico[48] e 350 nell'intero centro storico[49]- più di 500 edicole sacre[50] e un centinaio di chiostri monumentali,[9] un vero e proprio elemento distintivo della città.

La città possiede inoltre numerose aree cimiteriali monumentali, tra cui il cimitero di Poggioreale - sede del "quadrato degli uomini illustri" - la chiesa di Santa Maria del Pianto e il cimitero delle Fontanelle.

Architetture civili[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Palazzi di Napoli e Ville di Napoli.

Nel corso della sua storia, per la sua felice posizione e il suo clima mite, Napoli è stata più volte scelta anche come luogo di villeggiatura da cui derivarono le prime costruzioni civili, rappresentate da ville imperiali.[51] Secondo gli esami storici, i primi a scoprirla sotto questo punto di vista furono i romani[51] (anche se alcune ricerche archeologiche hanno fatto intuire che vari luoghi della città furono individuati come "zone di ozio" anche dai greci); successivamente, anche tutte le altre dominazioni straniere videro in Napoli un luogo di vacanza, incrementando l'edificazione di sontuose ville entro e fuori le mura.

Galleria Umberto I

L'edilizia civile in epoca medievale risentì ampiamente delle numerose guerre e dell'incertezza politica del periodo, molto più dell'architettura religiosa; di fatto poco o nulla resta in città dei palazzi edificati nel periodo ducale e vescovile.

Fu invece in epoca angioina, aragonese e vicereale che fiorirono le ville nobiliari, in particolare nella zona di via Toledo, ma durante il barocco si assistette a un'esplosione, con l'edificazione delle due residenze reali, a cui si aggiunse nel Settecento il real Albergo dei Poveri.[52][53]

Palazzo Reale su piazza Plebiscito

Dopo l'unità d'Italia, sul finire del XIX secolo, si avviò il grande progetto del risanamento di Napoli, che prevedeva l'abbattimento di un cospicuo numero di palazzi fatiscenti e l'edificazione di nuovi edifici con l'intento di riqualificare l'intera area. In questo piano furono interessate tutte le strutture presenti su corso Umberto I, il rione Amedeo, il borgo Santa Lucia e la zona di Santa Brigida, dove verrà costruita la galleria Umberto I.[54] A questo periodo, ma già nel corso del Settecento, risalgono anche le edificazioni di numerose ville in stile neoclassico negli spazi non ancora congestionati della città, come a Chiaia, al Vomero oppure a Posillipo.

Nel periodo del razionalismo italiano, con la presenza di architetti venuti da fuori, si progettarono importanti edifici come il palazzo del Banco di Napoli, il nuovo palazzo delle Poste (quest'ultimo edificio si presentò come un vero e proprio manifesto dell'architettura funzionalista e razionalista della città) e diversi altri ancora.

Architetture militari[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Mura di Napoli.
Port'Alba

Sin dall'epoca greca le mura cittadine si estendevano su un tracciato quadrangolare delimitato a nord sull'odierna via Foria, a sud dal corso Umberto I, ad ovest su via San Sebastiano e ad est su via Carbonara.[55] Queste saranno poi riprese anche in epoca romana,[56] costituendo quindi il centro antico della città.

Delle sostanziali modifiche furono compiute per accogliere i profughi dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e nel 440 per offrire rifugio alle popolazioni scampate dalle invasioni barbariche.[55]

Al periodo normanno risalgono i primi due castelli cittadini: Castel dell'Ovo e Castel Capuano.

Nel periodo angioino furono edificati altri tre castelli: il Maschio Angioino, il Castel Sant'Elmo e il Castello del Carmine.

Al periodo del viceregno invece, risalgono il Castello di Nisida ed il forte di Vigliena.[57] La caserma Garibaldi infine, rappresenta l'ultimo castello napoletano, sorto poco prima l'unità d'Italia.

Le mura di Napoli ebbero grande sviluppo in età angioina, aragonese e vicereale, ma divennero inutili e caddero in rovina coi Borbone, fino a scomparire del tutto.

Sono ancora visibili alcuni portali nell'antica cinta muraria: porta Medina (1640) nell'attuale Montesanto, porta San Gennaro (1573) nell'attuale piazza Cavour, porta Capuana (1484), port'Alba (1625) nell'attuale piazza Dante.

Urbanistica[modifica | modifica wikitesto]

Via dei Tribunali, il decumano maggiore dell'urbanistica ippodamea. Nell'immagine, il porticato del palazzo Filippo d'Angiò.

Tra le strade e piazze principali della città, vi sono di certo quelle che caratterizzano l'area dei decumani di Napoli: Spaccanapoli (decumano inferiore), via dei Tribunali (decumano maggiore), via dell'Anticaglia (decumano superiore), via San Gregorio Armeno, piazza del Gesù Nuovo, piazza Bellini, piazza San Domenico Maggiore, largo Corpo di Napoli, piazza San Gaetano e diverse altre. Il motivo di ciò è che in queste strade si concentra gran parte del ricco patrimonio artistico cittadino, in quanto fino al XVI secolo era vietato costruire fuori questi confini.

La centrale piazza Plebiscito, la più nota, grande e rappresentativa di Napoli[58]

Successivamente, voluta dal viceré Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga che la edificò nel 1536, fu pianificata via Toledo (denominata "via Roma" durante il ventennio fascista). A Napoli, fino al XVI secolo vigeva ancora il divieto assoluto di edificare nuove strutture al di fuori della cinta muraria, pressoché delimitante l'odierna area del centro antico.[53] Con la nuova strada, vi fu dunque un immediato sentimento di accaparramento dei nuovi spazi. Grazie alla pedonalizzazione, la strada è oggi il fulcro dello shopping cittadino, oltre che del turismo. La stessa strada, sfocia infine su piazza Trieste e Trento e su piazza del Plebiscito, quest'ultima una delle più importanti d'Italia. Vi si affacciano due importanti monumenti: il palazzo Reale e la basilica di San Francesco di Paola.

Il lungomare di Napoli prende il nome di via Caracciolo, in onore dell'ammiraglio Francesco Caracciolo fatto impiccare da Orazio Nelson sulla nave Minerva (già da lui comandata) nel golfo della città, per la sua adesione alla Repubblica Napoletana. La strada in realtà è recente, risale alla fine dell'Ottocento quando sostituì l'arenile che la villa reale (con l'Unità, "villa comunale") separava dalla riviera di Chiaia. Dal 2012 è diventato anch'esso un tratto interamente pedonale.

Data la sua peculiarità morfologica, le scale di Napoli sono divenute subito uno strumento di collegamento indispensabile. Le suddette, veri e propri complessi sistemi urbanistici, sono infatti degli antichi percorsi pedonali che congiungono le colline con il centro e la costa. I più antichi percorsi gradinati della città, il più delle volte, sono nati grazie all'interramento di torrenti o sorgenti, che un tempo scorrevano appena fuori la città.

Anche la storia di queste rampe è riconducibile per lo più alle espansioni fuori le mura del XVI secolo e costituiscono, oggi come allora, un tipico elemento caratterizzante l'urbanistica di Napoli.

Siti archeologici[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Siti archeologici a Napoli.
Il teatro romano di Neapolis. Nell'immagine, in particolare, è raffigurato il proscenio, rivestito da opus reticulatum.

L'ossatura dell'assetto urbano di Napoli era già definita in epoca greca e l'attuale forma del centro antico, rispecchia ancora la rielaborazione degli antichi tracciati ippodamei. La Napoli greca, oltre al già citato impianto urbano, ci ha lasciato altre testimonianze del suo passato: dalle mura alle antiche torri di difesa, resti della necropoli, resti di templi, agli innumerevoli ambienti ed architetture poste nel suo sottosuolo.

A testimonianza della Napoli romana troviamo anche acquedotti, terme, mura, resti di templi, domus, ponti, ipogei.

Il sito archeologico più importante risulta essere quello della Napoli sotterranea, complesso di cunicoli sotterranei di età greca e la cui estensione pareggia quasi quella della città che è sorta in superficie[59] Tra gli stessi ambienti del sottosuolo, è possibile inoltre vedere anche i resti del teatro romano di Neapolis in cui si esibiva Nerone. Altri frammenti dello stesso teatro invece, sono possibili vederli dall'esterno lungo i decumani.

Come testimonianza della Napoli antica, vi sono anche le opere funerarie; le più famose sono le catacombe cristiane, anche se ne esistono esempi legati al periodo greco e preellenico, ed il mausoleo di Virgilio.

Altri importanti siti archeologici della città sono quelli situati nei sotterranei del complesso di San Lorenzo Maggiore, in cui si ammirano i resti dell'antico mercato;[60] quelli presenti nel parco archeologico di Posillipo; quelli relativi alla villa di Licinio Lucullo; e quelli del sottosuolo di Santa Chiara

Aree naturali[modifica | modifica wikitesto]

Il «viale centrale» del parco di Capodimonte, la maggiore area verde della città di Napoli

Napoli possiede 33 giardini storici e parchi aperti al pubblico. Lo spazio più rilevante è senza dubbio quello del parco di Capodimonte, immensa distesa di verde di 134 ettari[61] che circonda diversi fabbricati settecenteschi ed in particolare l'omonima reggia.

La villa Comunale di Napoli (già "villa reale") fu invece fatta realizzare da Ferdinando IV su disegno di Carlo Vanvitelli nel 1780 per dare alla nobiltà napoletana un'oasi di gran ricercatezza sull'allora lungomare, impreziosendola di statue neoclassiche, fontane e alberi esotici.

Parco sommerso di Gaiola, una piccola area marina protetta nei pressi del quartiere di Posillipo

Una veduta particolarmente suggestiva è offerta dal parco Virgiliano a Posillipo (anche detto "parco della Rimembranza").

Altri spazi verdi della città sono il Parco Vergiliano a Piedigrotta (o della tomba di Virgilio), famoso per la presenza al suo interno della tomba monumentale di Giacomo Leopardi e del mausoleo di Virgilio; la villa Floridiana al Vomero, in stile neoclassico; il real orto botanico, di epoca napoleonica, che occupa attualmente 12 ettari di terreno nei quali sono ospitati 25 000 esemplari di piante di ogni genere disposte in collezioni all'aperto o in serre.

Sulla collina dei Camaldoli vi è invece il secondo spazio verde cittadino per estensione, il quale occupa tutta la zona nord occidentale fino al parco del Poggio ai Colli Aminei.

Oltre agli spazi verdi, Napoli è caratterizzata anche da un'area marina protetta di 42 ettari.[62] Le coste settentrionali di Napoli ospitano infatti il parco sommerso di Gaiola, esempio raro nel Mediterraneo di parco archeologico sommerso. Il parco, localizzato all'apice del promontorio di Posillipo intorno all'isolotto della Gaiola incorpora considerevoli valori ambientali a reperti archeologici di età romana, sommersi nel corso dei secoli da un fenomeno di bradisismo negativo che ha causato l'affondamento della costa di circa 6/8 metri.[63]

La Riserva naturale Cratere degli Astroni è un'oasi WWF.

Società[modifica | modifica wikitesto]

Evoluzione demografica[modifica | modifica wikitesto]

Nel primo censimento dello Stato unitario (1861), Napoli era il maggior comune italiano per abitanti. Cedette il primato a Milano durante il periodo fascista, per venire poi superata anche da Roma durante i primi anni settanta. Ciò a causa della mancanza di nuovi vani abitativi e all'alto costo delle case rispetto al resto della sua conurbazione.[64] Nel 1971 Napoli raggiunse la popolazione massima di 1.226.594 abitanti.

Abitanti censiti in migliaia[55][65]

Etnie e minoranze straniere[modifica | modifica wikitesto]

A partire dal 1º gennaio 2011, ci sono stati 29 428 immigrati che vivono a Napoli, pari al 3,05% della popolazione totale, il valore più basso per una grande città italiana. Ciò è dovuto principalmente a maggiori opportunità di lavoro nel nord. Tuttavia, il numero attuale è un aumento del 15 per cento rispetto all'anno precedente. La maggior parte degli immigrati provengono dall'Europa dell'Est e Asia.[66]

  1. Bandiera dell'Ucraina Ucraina: 6 502;
  2. Bandiera dello Sri Lanka Sri Lanka: 5 367;
  3. Bandiera della Cina Cina: 2 456;
  4. Bandiera della Romania Romania: 1 816;
  5. Bandiera della Polonia Polonia: 1 542.

Lingue e dialetti[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua napoletana.
Giambattista Basile

L'idioma napoletano - lingua o dialetto a seconda delle definizioni - appartiene al ramo romanzo delle lingue indoeuropee.

Ha subìto nella sua storia, come molte altre lingue, influenze e "prestiti" dai vari popoli che hanno abitato o dominato la Campania e l'Italia centro-meridionale: osci, greci, romani, bizantini, arabi,normanni, francesi, catalani e spagnoli.

Le prime testimonianze scritte si hanno già nel 960 con il famoso Placito di Capua, mentre la prima opera in prosa è considerata comunemente un testo di Matteo Spinelli, i Diurnali, un cronicon degli avvenimenti più importanti del regno di Sicilia del XI secolo fino al 1268.

Religione[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Arcidiocesi di Napoli.

Luogo di approdo dell'apostolo Pietro in Italia,[67] Napoli fu uno dei primi luoghi del Cristianesimo in Occidente.[N 8]

L'evangelizzazione della città si sviluppò nei primi secoli dell'era cristiana,[N 9] e la latinizzazione dei riti avvenne nel XII secolo, soprattutto ad opera di Ruggiero II il normanno. Per molti secoli le basiliche maggiori ospitarono i sedili di Napoli, organi amministrativi cittadini cui si deve tra l'altro opposizione all'istituzione del locale tribunale dell'Inquisizione (1547).

La città, tranne i quartieri occidentali afferenti alla diocesi di Pozzuoli, appartiene all'arcidiocesi di Napoli, retta dall'arcivescovo cardinale Crescenzio Sepe.[68] È organizzata in base a 13 decanati, con 500 luoghi di culto di cui 189 parrocchiali.[69]

In ambito islamico, presenze musulmane all'interno della città partenopea, anche se sporadiche, si ebbero fin dal IX secolo, in quanto essenzialmente avevano instaurato rapporti commerciali con i napoletani.[70] La diffusione dell'islam come chiesa organizzata, invece, avvenne in concomitanza con i flussi migratori degli |anni ottanta quando sorsero le prime due moschee rispettivamente a piazza Garibaldi e piazza Municipio.[N 10] Più di recente, un'altra moschea è stata aperta a piazza Mercato[71] e, all'indomani degli attentati delle Torri Gemelle del 2001, la stessa moschea e la Diocesi di Napoli hanno redatto una dichiarazione comune Salam alaikum – Pax Vobiscum nella quale si confermano i principi di reciproco rispetto e buona convivenza.[71]

Infine, sono presenti anche una chiesa evangelica, una basilica anglicana e una comunità ebraica.

Tradizioni e folclore[modifica | modifica wikitesto]

Il rito dello scioglimento del sangue di San Gennaro

Tante altre invece sono le parole o le immagini che sintetizzano e rappresentano l'identità stereotipata napoletana: come il Vesuvio; il corno o il munaciello, che testimoniano la superstizione popolare; la mozzarella, simbolo assieme alla pizza della cucina napoletana e italiana; la tombola[72] tipico gioco natalizio che viene accompagnato alla smorfia napoletana,[72] altra invenzione popolare napoletana quest'ultima usata anche per il gioco del lotto, molto diffuso in città;

poi c'è Pulcinella, una delle maschere italiane più famose e spesso usata per rappresentare l'italiano; infine vi è l'iconografia classica del vicolo napoletano, dominato dai bassi e dai panni stesi lungo la strada.[73]

Tra i riti religiosi invece, dominano la storica arte presepiale napoletana,[72] per rappresentare la scena della Natività; il miracolo di san Gennaro, che testimonia tutta la devozione religiosa del popolo ed in particolare, l'amore verso questo santo; ed infine il culto della Madonna dell'Arco.[73]

Cultura[modifica | modifica wikitesto]

Istruzione[modifica | modifica wikitesto]

Biblioteche[modifica | modifica wikitesto]

Complesso claustrale dei Girolamini

Sul territorio del comune sono attive 14 biblioteche comunali.[74]

La biblioteca più antica della città e seconda in Italia per nascita è la biblioteca dei Girolamini, aperta al pubblico nel 1586.[75] La più grande, terza nel paese per dimensioni,[76] è invece quella Nazionale, aperta nel 1804 come "reale biblioteca di Napoli", nel palazzo degli Studi. Altre biblioteche, archivi o raccolte della città sono quelle dell'Università di Napoli (BUN), del conservatorio, la raccolta dell'archivio di Stato, la fondazione biblioteca Benedetto Croce, l'istituto italiano per gli studi storici, la biblioteca della società napoletana di storia patria, la biblioteca Tarsia.

Ricerca[modifica | modifica wikitesto]

La stazione zoologica Anton Dohrn

La città ospita numerosi centri di ricerca di notevole importanza, di seguito alcuni tra i più rilevanti:

Scuole[modifica | modifica wikitesto]

Complesso della Nunziatella

Uno degli istituti più importanti a Napoli è senza dubbio la scuola militare "Nunziatella", la più antica tra le scuole militari al mondo ancora attive,[77] nonché il più antico istituto italiano di formazione militare.

Altri istituti storici napoletani di particolare importanza sono il Liceo Scientifico Giuseppe Mercalli, liceo classico Umberto I, il Sannazaro, il Genovesi, il liceo Giambattista Vico, l'istituto Statale d'Arte "Filippo Palizzi", l'istituto Gian Battista Della Porta, l'istituto Pontano, il "Bianchi", il liceo statale Margherita di Savoia ed il complesso del Convitto Nazionale.

Istituti per l'Alta Formazione[modifica | modifica wikitesto]

Conservatorio Musicale[modifica | modifica wikitesto]
Particolare della targa all'ingresso del conservatorio di San Pietro a Majella

Storica è la tradizione del Conservatorio di San Pietro a Majella, fondato nel 1826 come "Regio conservatorio di musica" a seguito della fusione di altri quattro precedenti istituti, su volontà di Francesco I di Borbone. Oggi si tengono insegnamenti per tutti gli strumenti musicali ed è ospitato al suo interno un notevole museo della musica.

Accademia di Belle Arti[modifica | modifica wikitesto]

L'accademia di belle arti di Napoli è nata nel 1752 per volere di Carlo di Borbone. Ha ricoperto un ruolo molto importante nello sviluppo della pittura napoletana del XIX e XX secolo e più nello specifico, nella formazione della scuola di Posillipo.

Scuola italiana di Comix

Università[modifica | modifica wikitesto]

Sede della facoltà di Giurisprudenza alla Federico II
Lo stesso argomento in dettaglio: Università di Napoli.

Fondata da Federico II nel 1224, l'Università degli Studi di Napoli Federico II è la più antica università statale e laica del mondo.[78]

L'Università degli studi di Napoli "L'Orientale", fondata nel Settecento dal padre missionario Matteo Ripa come "Collegio dei Cinesi", è la più antica università di orientalistica e sinologia del continente ed oggi tra le maggiori istituzioni europee per gli studi filologici e linguistici.

L'università di più recente istituzione è invece la Seconda Università degli Studi di Napoli, fondata nel 1989 per decongestionare quella federiciana e delocalizzata sull'intero territorio regionale.

Napoli è inoltre sede della Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale che vi opera attraverso la Sezione San Tommaso d'Aquino e la Sezione San Luigi. Altre università della città sono la Parthenope e la privata Suor Orsola Benincasa.

Musei[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Musei di Napoli.
Museo archeologico nazionale, collezione Farnese.

Napoli vanta un'offerta museale molto vasta: i numerosi e ricchi musei napoletani espongono le varie opere raccolte o donate alla città.

I più importanti in assoluto sono il museo archeologico nazionale, ritenuto uno dei più importanti al mondo sia per la qualità che per la quantità delle opere esposte, principalmente di epoca greco-romana[57] - l'Ercole Farnese, il Doriforo, le opere della Collezione Farnese e molte provenienti da Pompei; il museo nazionale di Capodimonte, nell'omonima reggia, che custodisce opere pittoriche dei più grandi maestri italiani - tra gli altri, Masaccio, Simone Martini, Caravaggio e i caravaggisti napoletani; il museo nazionale di San Martino, che raccoglie reperti relativi alla storia di Napoli, e il palazzo Reale di Napoli.

Altri musei importanti sono quelli del Pio Monte della Misericordia, dei Girolamini, del tesoro di San Gennaro, della ceramica "duca di Martina", del conservatorio di San Pietro a Majella, il MEMUS del teatro di San Carlo, la galleria di palazzo Zevallos, quelli dell'Opera di San Lorenzo Maggiore e Santa Chiara, il diocesano, il museo di villa Pignatelli, i civici Gaetano Filangieri e di Castel Nuovo, il museo di Pietrarsa, la galleria dell'Accademia ed infine quello della cappella Sansevero, il palazzo delle Arti di Napoli (PAN) ed il museo d'Arte Contemporanea Donnaregina (M.A.D.R.E.). Più di recente, negli anni duemila, sono nate inoltre le Stazioni dell'arte, in cui le stazioni della metropolitana cittadina non vengono concepite come semplici luoghi di transito, ma come un vero e proprio spazio espositivo con opere di artisti di fama mondiale (come Joseph Kosuth, Mimmo Rotella, Mario Merz) o di artisti emergenti.

Tra i musei scientifici, oltre alla Stazione zoologica Anton Dohrn, di particolare interesse sono quelli che fanno parte del Centro musei delle scienze naturali, che comprende il museo di Zoologia, di Paleontologia, di antropologia, di mineralogia e di Fisica. Vi sono inoltre l'Osservatorio astronomico di Capodimonte, e, presso la Seconda Università di Napoli, il museo di anatomia umana.

Arte[modifica | modifica wikitesto]

Architettura[modifica | modifica wikitesto]

Lo scalone monumentale a "ali di falco" del palazzo dello Spagnolo, architettura tipica del barocco napoletano

Scomparse le tracce dei periodi precedenti, la storia architettonica della città comincia dal regno angioino quando, terminati i conflitti con lo Stato Pontificio che avevano accompagnato il precedente regno svevo, riceve grande incentivo la costruzione di chiese, tutte in stile gotico, prevalentemente di matrice italiana (Santa Chiara, San Pietro a Majella, Sant'Eligio Maggiore ed altre) seppur in taluni casi, come per la basilica di San Lorenzo Maggiore, unicum in Italia, anche di stampo francese.

Dopo il successivo periodo del rinascimento napoletano, durante il barocco napoletano l'architettura cittadina assume maggior consapevolezza di sé, grazie ai rifacimenti delle facciate dei palazzi preesistenti o alle nuove edificazioni che vedono nei portali d'ingresso e negli scaloni monumentali i massimi punti caratterizzanti dello stile architettonico locale.[53] Uno degli elementi distintivi dei palazzi napoletani è infatti che, data la particolare conformazione urbanistica della città, caratterizzata da strette vie che non davano la possibilità di edificare o semplicemente di ammirare facciate di ampie vedute, come invece accadeva per i palazzi di altre città più "aperte" quali Roma, Firenze o Venezia,[53] il gusto artistico-architettonico locale si è focalizzato in particolari dell'edificio, come il portale d'ingresso o lo scalone monumentale, elementi questi tipici proprio dell'architettura rinascimentale e barocca napoletana.[53] Esempi in tal senso sono il palazzo dello Spagnolo, il palazzo Trabucco, palazzo Pignatelli di Monteleone, di Sangro, il palazzo Filomarino, quello Carafa della Spina e molti altri. Tuttavia, esempi di palazzi con facciate di particolare rilevanza si possono ammirare in quei contesti urbani dominati da slarghi, come il palazzo Doria d'Angri o il palazzo Gravina o il seppur incompleto palazzo Donn'Anna, edificato sul mare, palazzo Como, il palazzo Sanseverino (divenuto poi chiesa) e diversi altri.[53]

Se gli stili gotico, rinascimentale e barocco erano stati riletture locali di movimenti più ampi, nel corso del XVIII secolo Napoli genera autonomamente la corrente del neoclassicismo, grazie alla scoperta degli scavi archeologici di Pompei ed Ercolano, i cui frammenti, esposti nel capoluogo campano, furono tra l'altro motivo per studiosi, curiosi ed artisti di tutto il vecchio continente dell'epoca, di accorrere in città. Le più importanti architetture neoclassiche sono: il teatro San Carlo, la basilica di San Francesco di Paola e le ville Floridiana, Rosebery e Pignatelli.[79]

Presenti testimonianze dell'Architettura del ferro e dell'Eclettismo, mentre l'Art Nouveau e l'architettura modernista sono declinati nel Liberty napoletano, particolarmente nelle nuove ville vomeresi; negli anni trenta vi fu il periodo del razionalismo italiano.

Tra gli architetti più rilevanti che hanno lavorato in città vi sono: Novello da San Lucano, Francesco Grimaldi, Cosimo Fanzago, Domenico Antonio Vaccaro, Ferdinando Fuga, Nicola Tagliacozzi Canale, Ferdinando Sanfelice, Domenico Fontana, Luigi Vanvitelli e Luigi Giura.

Pittura[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Pittura napoletana.
Luca Giordano

L'arte pittorica a Napoli ha origini molto antiche, risalenti al periodo della sua fondazione. Tuttavia, non sono rimaste tracce apprezzabili né del periodo greco, né di quello romano. Quest'ultimo può però essere rappresentato attraverso lo studio della pittura pompeiana, comune a tutte le città del golfo di Napoli. Del pari sono poco presenti testimonianze dell'epoca bizantina, normanna e sveva.

Le continue dominazioni straniere dei secoli successivi non consentirono il formarsi di una vera e propria scuola pittorica locale. Tuttavia, i frequenti arrivi in città di artisti forestieri, principalmente di stampo toscano, come Pietro Cavallini, Giotto, Simone Martini, Giorgio Vasari e Marco dal Pino, consentirono, nei secoli tra il XIV ed il XVII, l'emersione di una serie di personalità autoctone. Tra tutti, si ricordano Colantonio, Fabrizio Santafede e Giovanni Antonio Amato.

La Scuola pittorica napoletana in senso stretto nacque solo nel XVII secolo con l'arrivo in città di Caravaggio, sul solco del quale un attento e cospicuo gruppo di pittori locali diede origine alla corrente del caravaggismo. Si crearono le prime botteghe, dove operarono artisti del calibro di Jusepe de Ribera, Massimo Stanzione, Salvator Rosa, Luca Giordano, Battistello Caracciolo e Mattia Preti. Napoli divenne così molto ricettiva alla pittura, tanto da attirare l'attenzione anche degli esponenti del rinascimento emiliano come Domenichino, Guido Reni e Giovanni Lanfranco.

Nell Settecento si ammirano le opere de Francesco Solimena e Francesco De Mura, mentre Fedele Fischetti fu chiamato ad eseguire affreschi in numerosi palazzi nobiliari, tra i quali la reggia di Caserta.

Castel dell'Ovo dalla spiaggia, Anton Sminck van Pitloo (Scuola di Posillipo)

Tra il 1820 e il 1850 nacque così la scuola di Posillipo, i cui più alti esponenti furono Anton Sminck van Pitloo e Giacinto Gigante. L'Accademia di belle arti di Napoli divenne il centro propulsore dell'attività della scuola e fu alla base della nascita di un altro filone di artisti, quali Francesco Saverio Altamura, Gioacchino Toma, Giacomo Di Chirico, Vincenzo Irolli, Vincenzo Migliaro, Antonio Mancini e Domenico Morelli.

Gli anni ottanta del Novecento videro infine la nascita della Transavanguardia.

Scultura[modifica | modifica wikitesto]

L'arco trionfale del Castel Nuovo,

Il Quattrocento e il Cinquecento furono periodi floridi per la scultura napoletana. La realizzazione dell'arco trionfale del Castel Nuovo ad opera di Francesco Laurana tra il 1452 e il 1471 vide la fioritura di un vero e proprio laboratorio di formazione di vari artisti rinascimentali che riproporranno innovazioni artistiche in tutto il regno. Si parlò allora di "clima dell'arco" per indicare questa prima diffusione dei nuovi modi artistici.

Diversi esempi di scultura del Cinquecento napoletano sono visibili nella chiesa di Santa Maria delle Grazie Maggiore a Caponapoli, tanto da essere definita come il museo della scultura napoletana del Cinquecento.

Nel Seicento la scultura si manifesta nella realizzazione degli obelischi di San Domenico e San Gennaro e nelle figure di Francesco Antonio Picchiatti, Cosimo Fanzago e Dionisio Lazzari, quest'ultimo che eseguì per le chiese napoletane diversi altari maggiori.

Tra gli scultori del Settecento invece spiccano su tutti Domenico Antonio Vaccaro e Giuseppe Sanmartino, di il Cristo velato (1753), scultura marmorea conservata nella cappella Sansevero in cui sono presenti anche altre pregevoli opere marmoree di Antonio Corradini (Pudicizia) e Francesco Queirolo (Disinganno).

Nel corso del XIX secolo invece, dominano la scena le sculture bronzee ed i busti di Vincenzo Gemito e Tito Angelini.

Arte minore[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Porcellana di Capodimonte e Presepe napoletano.
Il Salottino di porcellana di Maria Amalia di Sassonia alla Reggia di Capodimonte

Tra le numerose arti minori praticate in città, la porcellana di Capodimonte e il presepe napoletano emergono per tradizione storica e rinomanza internazionale.

L'origine della prima va fatta risalire al 1743, quando Carlo di Borbone fondò la Real Fabbrica di Capodimonte, con l'intento di affrancarsi dalle produzioni straniere, in particolare francesi. I modellatori napoletani raggiunsero presto livelli di assoluta eccellenza, producendo una serie di opere raffinate, oggi conservate nel museo di Capodimonte e nella villa Floridiana[80]. Quest'antica tradizione è viva ancora oggi, grazie all'impegno di numerose fabbriche nate nella metà dell'Ottocento e tuttora operanti.

L'origine del secondo è ancora più antica, in quanto il presepio a Napoli era già citato in un documento del 1025, conservato nella Chiesa di Santa Maria del Presepe; molto anteriore, quindi, alla leggenda che vorrebbe il primo presepe realizzato da Francesco d'Assisi nel 1223. Nel corso dei secoli, l'arte del presepe si è intrecciata strettamente con il vissuto e l'immaginario napoletano sia colto, che popolare.[81] Il periodo di massimo splendore va fatto risalire alla fine del XVIII secolo, quando, grazie soprattutto alla passione dei Borbone di Napoli e della loro corte, esso raggiunse le più alte vette artistiche.[82] Luogo focale della tradizione presepiale è via San Gregorio Armeno, dove a tutt'oggi si tiene il mercato del presepe a partire dall'8 dicembre.

Da ricordare come importante esponente di entrambe le arti, il pittore e modellatore Francesco Celebrano.

Teatro[modifica | modifica wikitesto]

Opera napoletana[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Opera napoletana.
Teatro di San Carlo, uno dei più prestigiosi teatri del mondo

Il teatro è una delle più antiche e conosciute tradizioni artistiche della città; si narra addirittura che l'imperatore Nerone si esibiva già nel I secolo d.C., cantando le sue odi (e spesso ricevendo anche molti plausi), sul palco del teatro romano di Neapolis.[83]

Il secolo d'oro per il teatro napoletano moderno fu il Settecento, quando si edificarono numerosi teatri, tra i quali l'imponente real di San Carlo[84][85] (il più antico d'Europa in attività ed il più capiente in Italia).[84][86]

Erano quelli gli anni della Napoli capitale della musica[87] con lo straordinario fermento musicale dato dal conservatorio cittadino che contribuiva allo sviluppo della scuola musicale napoletana.

Oggi Napoli vanta un'ampia offerta teatrale potendo annoverare, oltre al sopracitato San Carlo, anche il Mercadante, il San Ferdinando, l'Augusteo, il Sannazaro, il Trianon, il teatrino di corte, il San Bartolomeo, il Salone Margherita, il teatro della Verzura, quello di villa Patrizi ed il teatro Bellini.

Grazie a questa secolare e duratura tradizione e al cospicuo numero di teatri in città, Napoli è stata scelta come sede delle prime tre edizioni del Festival Nazionale del Teatro tenutesi nel triennio 2007-2009 e successivamente prorogato per i successivi tre anni.[88]

Teatro napoletano[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Teatro napoletano.

Il teatro napoletano in senso stretto nasce con le opere celebrative alla corte aragonese di Jacopo Sannazaro, a cavallo tra XV e XVI secolo.

I principali attori ed autori teatrali del XIX e XX secolo sono Antonio Petito, Raffaele Viviani, Vincenzo Torelli, Roberto Bracco, Eduardo Scarpetta (ideatore della "mezzamaschera" di Felice Sciosciammocca) ed i figli naturali di quest'ultimo, i fratelli De Filippo: Eduardo, Titina e Peppino.

Eduardo è senza dubbio il più rilevante di tutti. Intraprese un'originale attività di scrittura e recitazione teatrale, volta a portare sul palcoscenico l'anima di Napoli e dei suoi abitanti, la "napoletanità", attraverso cui evidenziare i caratteri fondamentali dell'umanità e della società contemporanea. Tra le sue commedie più importanti ricordiamo Napoli milionaria!, Il sindaco del rione Sanità, Natale in casa Cupiello, Filumena Marturano, Uomo e galantuomo, Non ti pago, L'arte della commedia e Questi fantasmi!. Ammirato da Pirandello, le opere di Eduardo sono riportate in chiave moderna tutt'oggi, attraverso le riproposizioni cinematografiche o teatrali.

Tra gli autori ed attori contemporanei, notevoli Roberto De Simone e il trio comico cabarettistico de La Smorfia composto da Enzo Decaro, Lello Arena e Massimo Troisi.

Musica[modifica | modifica wikitesto]

Composizione[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Scuola musicale napoletana.
Domenico Scarlatti
Giovanni Paisiello
Domenico Cimarosa

Originata da una tradizione orale secolare, la musica napoletana assunse forma aulica nell'ambito della polifonia sacra e profana, a partire dal XV secolo e fino al XVII secolo.

L'evoluzione fu possibile grazie ai quattro prestigiosi conservatori di Santa Maria di Loreto, della Pietà dei Turchini, di Sant'Onofrio a Capuana e dei Poveri di Gesù Cristo, dai quali uscirono importanti compositori del panorama europeo, i quali contribuirono considerevolmente allo sviluppo dell'opera e diedero origine alla scuola musicale napoletana. Quest'ultima assunse un ruolo preminente nel campo della musica sacra e operistica europea dal XVII secolo in avanti, esprimendosi in musicisti come Domenico Cimarosa, Alessandro e Domenico Scarlatti, Francesco Durante, Giovan Battista Pergolesi, Nicola Porpora, Leonardo Leo, Giovanni Paisiello.[N 11]

I quattro conservatori della città furono unificati nel 1808 portando alla nascita il conservatorio di San Pietro a Majella dal quale passarono personalità quali Ruggero Leoncavallo, Riccardo Muti, Vincenzo Bellini, Saverio Mercadante, Salvatore Accardo e Nicola Antonio Zingarelli.

Tra i librettisti sono notevoli le figure di Salvadore Cammarano, il più importante del periodo romantico, e Andrea Leone Tottola. Tra i direttori d'orchestra di rilievo, spicca il già citato Riccardo Muti

Canzone napoletana[modifica | modifica wikitesto]

La canzone napoletana si fonda su diversi secoli di storia, legata per lo più ad una diffusa tradizione orale. Tra le manifestazioni più antiche si annoverano i balli popolari della tarantella napoletana, più genericamente campana, nata nel corso del XVII secolo e denominata Tammurriata.

mandolino napoletano

Negli ultimi due secoli prende spazio la cosiddetta canzone classica napoletana, assurta a fenomeno storico nel corso delle annuali feste di Piedigrotta tra l'Ottocento e la prima metà del Novecento e con i successivi festival della canzone napoletana.

Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, alcuni autori ed interpreti continuarono nel solco della tradizione classica, come ad esempio Roberto Murolo, ed Aurelio Fierro. Altri la contaminarono con la musica italiana, come Peppino di Capri e Massimo Ranieri, altri ancora con quella americana, come Renato Carosone

Enrico Caruso
Renato Carosone

In epoca moderna la canzone napoletana ha visto mutare il proprio genere aprendo le porte ad altri generi musicali. Dal progressive rock degli Osanna a James Senese e i Napoli Centrale, Pino Daniele, Edoardo ed Eugenio Bennato, Consiglia Licciardi, Enzo Gragnaniello, 24 Grana, Tullio De Piscopo, Enzo Avitabile, Tony Esposito e il violinista Lino Cannavacciuolo, sono solo alcuni dei musicisti "moderni" più famosi e apprezzati.

Dagli anni ottanta si è affermato il genere "neomelodico"; cantautori di questo genere noti nazionalmente, tuttavia, sono solo il precursore Nino D'Angelo, Gigi Finizio e Gigi D'Alessio. Fondamentali nella musica partenopea degli ultimi vent'anni è anche il reggae/dub degli Almamegretta.

Altro fenomeno musicale storico di particolare interesse e protratto fino ai giorni nostri è infine la cosiddetta sceneggiata napoletana, che si fonda sulla sceneggiatura di un intero spettacolo teatrale partendo da una canzone di argomento popolare. Furono determinanti nel suo sviluppo le rappresentazioni di Nino Taranto e, più recentemente, di Mario Merola.

Letteratura[modifica | modifica wikitesto]

«[…] fortunata e invidiabile Napoli, augusta reggia della cultura.»

Jacopo Sannazaro

Nell'era dell'Impero romano Napoli assunse un ruolo importante nel campo della letteratura con l'arrivo in città di uomini come Mecenate, Orazio e Virgilio. Quest'ultimo, in particolare, si formò in città e vi compose la maggior parte delle proprie opere,[89] tra cui alcune delle sue più importanti: le Bucoliche, le Georgiche e l'Eneide.

Nel periodo rinascimentale si distinsero gli umanisti Giovanni Pontano, fondatore dell'Accademia Pontaniana, e Jacopo Sannazaro,protagonista nella scena letteraria italiana ed europea con importanti opere, su tutti il poema dell'Arcadia, da cui successivamente prese il nome l'omonima accademia romana.

L'epoca barocca, a cavallo tra il XVI e XVII secolo, fu invece il periodo di Giambattista Basile e Giulio Cesare Cortese, che posero le basi per la lingua napoletana (ufficialmente riconosciuta). Nella prima meta' del Seicento fu altresi' istituita l'Accademia degli Oziosi, luogo di incontro di intellettuali napoletani e spagnoli, fra i quali si annoverano Francisco de Quevedo e Tommaso Campanella.[90]

L'Ottocento fu caratterizzato da un altro illustre arrivo in città, quello di Giacomo Leopardi, che qui compose poco prima di morire alcuni dei suoi poemi più importanti: La ginestra e le Paralipomeni della Batracomiomachia.

Tra l'Ottocento ed il Novecento, intanto, nascono le prime poesie in napoletano, utilizzate spesso come testi di canzoni, dando luogo alla canzone classica napoletana. Furono infatti gli anni di E.A. Mario, Salvatore Di Giacomo, Libero Bovio, Ernesto Murolo, Vincenzo Russo, Cesare Andrea Bixio, Eduardo Di Capua e Edoardo Nicolardi. Tra i poeti vi furono anche Eduardo De Filippo e Totò.

Nell'epoca moderna, importanti scrittori napoletani sono Luciano De Crescenzo, Erri De Luca, Roberto Saviano e Raffaele La Capria.

Filosofia[modifica | modifica wikitesto]

Giambattista Vico
Benedetto Croce

Fra l'80 ed il 40 a.C. Napoli, città greca, era un "centro naturale di vita culturale, letteraria ed artistica, (...) vera Atene d'Occidente" e divenne il "principale centro d'insegnamento e propaganda dell'epicureismo in Italia". Vi insegnavano l'asiatico Sirone (che vi ebbe come allievi Publio Virgilio Marone e Quinto Orazio Flacco) e Filodemo di Gadara.[91]

Il più importante pensatore medioevale operante a Napoli fu il teologo san Tommaso d'Aquino, il quale visse nel convento di San Domenico. San Tommaso fu in particolare esponente di primissimo piano della filosofia scolastica ed elaboratore della visione tomistica.[92]

Punto focale della filosofia napoletana del XVI secolo fu invece Giordano Bruno, anch'egli frate del convento di San Domenico, il quale elaborò una teologia dove Dio è intelletto e ordinatore di tutto ciò che è in natura, ma è nello stesso tempo Natura stessa divinizzata, in un'inscindibile unità panteistica di pensiero e materia.[92]

Nel vivace ambiente culturale napoletano del XVIII secolo emerse invece la personalità di Giambattista Vico, esponente di spicco dell'Accademia degli Investiganti, formulò eun'originale sintesi tra una razionalità sperimentatrice e tradizione platonica e religiosa. Sulla stessa linea si muoverà il suo sodale Antonio Genovesi, titolare della prima cattedra di economia politica al mondo.[93]

Il più alto esponente del pensiero a Napoli tra l'Ottocento ed il Novecento fu invece Benedetto Croce, abruzzese di origini ma napoletano di adozione, principale ideologo del liberalismo novecentesco italiano ed esponente di spicco dello storicismo. Espressione moderna dello studio della filosofia a Napoli è l'istituto Italiano per gli Studi Filosofici, che raccoglie circa 300.000 volumi, tra cui numerosi originali.

Scienza[modifica | modifica wikitesto]

Macedonio Melloni,
padre della
moderna vulcanologia
Renato Caccioppoli
Domenico Cotugno

A Napoli ha avuto origine la moderna scienza della vulcanologia, grazie alla prossimità del Vesuvio e dei Campi Flegrei alla città. Nel solco delle prime osservazioni dell'inglese William Hamilton, e grazie all'opera del fisico Macedonio Melloni, nel 1841 fu costruito l'Osservatorio vesuviano, il primo istituto scientifico di questo tipo al mondo.

L'astronomia napoletana ha raggiunto risultati di eccellenza soprattutto grazie all'Osservatorio astronomico di Capodimonte, fondato da Federico Zuccari.[94] Contributi fondamentali a questa scienza sono venuti da Giovanni Battista Della Porta, il quale descrisse, circa vent'anni prima che Galileo Galilei lo costruisse, i principi del telescopio.[95].

La medicina napoletana presenta il neurologo Domenico Cotugno, Giuseppe Moscati - successivamente divenuto santo, autore di ricerche pionieristiche sulle reazioni chimiche del glicogeno - e Antonio Cardarelli, luminare della semeiotica e scopritore del cosiddetto Sintomo di Cardarelli.

Altri scienziati napoletani illustri sono il matematico Renato Caccioppoli, il botanico Michele Tenore[96] e lo zoologo Oronzo Gabriele Costa.

Cinema[modifica | modifica wikitesto]

Sophia Loren
Antonio de Curtis

Nei primi anni del Novecento sorsero proprio a Napoli, nel quartiere Vomero, alcune tra le prime case di produzione cinematografica italiane. La prima in città fu la Partenope Film (originariamente Fratelli Troncone & C.), fondata da Guglielmo, Vincenzo e Roberto Troncone nel 1906. Quest'ultima fu attiva per circa vent'anni, con sede e teatri di posa in via Solimena.

Napoli è inoltre stata ampiamente rappresentata nella cinematografia nazionale e internazionale: grandi registi si sono succeduti negli anni, a partire dai Fratelli Lumiere che nel 1898 effettuarono alcune delle loro prime riprese sul lungomare di Napoli (rendendola di fatto una delle città con la testimonianza cinematografica più antica), passando attraverso gli anni sessanta e settanta con i film di Mario Monicelli, Roberto Rossellini e Pier Paolo Pasolini, fino ad arrivare ai giorni nostri con Massimo Troisi, Matteo Garrone e John Turturro. Tra i più importanti film ambientati a Napoli vi sono: Paisà, Viaggio in Italia, L'oro di Napoli, Il giudizio universale, La baia di Napoli, Matrimonio all'italiana, Ieri, Oggi, Domani e Carosello napoletano.

Media[modifica | modifica wikitesto]

Di seguito viene riportato l'elenco dei principali media di diffusione fruibili a Napoli:

Giornali Radio Canali regionali

Tra i giornali partenopei, infine, è possibile citare anche le edizioni napoletane di

Gastronomia[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Cucina napoletana.
L'alimento napoletano più conosciuto nel mondo e simbolo della cucina italiana: la pizza

La cucina napoletana rappresenta un'identità culturale inconfondibile per la città partenopea ed è strettamente collegata alle vicende storiche e culturali della città. La stessa, infatti, rappresenta all'estero uno dei più conosciuti simboli del "made in Italy".[97]

Il campionario della cucina vanta piatti come la pizza napoletana, gli spaghetti alle vongole, la pasta al ragù napoletano, la parmigiana di melanzane, gli gnocchi alla sorrentina e tanti altri. La cucina raggiunge inoltre un sostanziale equilibrio tra piatti di terra (pasta, verdure, latticini) e piatti di mare (pesce, crostacei, molluschi) e, ancora, grazie alle varie dominazioni ricevute (principalmente quella francese e quella spagnola= si è delineata nel tempo una netta distinzione tra quella che è definibile come "cucina aristocratica", caratterizzata da piatti con ingredienti ricchi (questi i casi dei timballi, del sartù di riso, ecc.) ed una "povera", legata ad ingredienti come cereali, legumi e verdure (questi i casi della pasta e fagioli, degli spaghetti aglio e olio, spaghetti alla puttanesca, ecc.).

Celeberrima è anche la tradizione dolciaria napoletana. Tra le diverse specialità la più nota è probabilmente la sfogliatella; vi sono poi il babà e le zeppole, che a Napoli possono essere fritte o al forno. Ci sono anche dolci legati a festività, come la pastiera Pasquale; una pietanza napoletana tipica natalizia sono gli struffoli, mentre a Carnevale si cucinano le chiacchiere.

Giocano un ruolo importante nella preparazione dei piatti anche i prodotti tipici del circondario napoletano, come la pasta locale, l'utilizzo della mozzarella di bufala campana, del pomodorino vesuviano o San Marzano, i friarielli e diversi altri ancora.

Eventi[modifica | modifica wikitesto]

Geografia politica[modifica | modifica wikitesto]

Tessuto urbano e popolazione[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Area metropolitana di Napoli.
File:Napoli, satellite.jpg
Area metropolitana di Napoli

Secondo i dati dell'ultimo censimento ISTAT, il comune di Napoli ha una popolazione di 962.000 abitanti, pari a oltre un sesto dell'intera popolazione regionale e quasi un terzo di quella della sua provincia. Tuttavia bisogna tener presente che la struttura urbana è cresciuta nel tempo ben oltre i confini amministrativi e quindi per parlare di città in senso completo, significa considerare l'intera area napoletana, oggi caratterizzata da un forte fenomeno di suburbanizzazione che ha visto il trasferimento di molti abitanti del capoluogo verso i comuni dell'area metropolitana[98] creando una conurbazione che si è ormai estesa in tutta la provincia partenopea.[99] Gli urbanisti infatti chiamano l'intero territorio urbanizzato Grande Napoli,[100] quest'ultimo caratterizzato da una densità abitativa di 2.630 ab/km², la più elevata tra le aree metropolitane italiane e tra le prime del vecchio continente.[101]

Per il resto, Napoli ha una popolazione piuttosto giovane (il 19% della popolazione risulta sotto i 14 anni, mentre, il 13% ha più di 65 anni),[102] un tasso di natalità più elevato rispetto ad altre zone dell'Italia[102] e un numero di immigrati relativamente basso.[103]

Inoltre, i quartieri più popolosi sono quelli corrispondenti al territorio dei casali aggregati in epoca murattiana (Vomero, Arenella, Fuorigrotta, Bagnoli, Piscinola) e nel periodo fascista (Barra, Chiaiano, Marianella, Pianura, Soccavo, Ponticelli, San Giovanni a Teduccio, San Pietro a Patierno, Miano, Secondigliano e Scampìa). La sovrappopolazione di tali zone, che hanno da sole i due terzi della popolazione della città, è dovuta principalmente alla scelta politica, poi rivelatasi fallimentare, di individuare in quei luoghi le aree in cui realizzare gli agglomerati ex legge 167/1962 (edilizia residenziale pubblica) e legge 219/1981 (edilizia residenziale pubblica per i terremotati del 1980).

Suddivisioni amministrative[modifica | modifica wikitesto]

Le dieci municipalità di Napoli
Lo stesso argomento in dettaglio: Municipalità di Napoli e Quartieri di Napoli.

Fino al 2006, i 30 quartieri formavano 21 circoscrizioni. Con una serie di delibere del consiglio comunale, ai sensi della legge 142/1990 e della riforma del titolo V dell'articolo 114 della costituzione italiana, che impone l'abolizione della provincia e la nascita della città metropolitana, il comune è stato quindi suddiviso in 10 municipalità di circa centomila abitanti, in attesa della normativa del nuovo ente che sarà costituito entro il 1º gennaio 2014.[104]

Ogni municipalità ha un presidente eletto direttamente dal corpo elettorale, una giunta ed un consiglio municipale di 31 consiglieri, il territorio della città metropolitana invece coinciderà con quello della provincia soppressa. Gli organi del nuovo ente saranno il consiglio e il sindaco metropolitano. I membri del consiglio sono eletti tra i sindaci dei comuni dell'area.

Economia[modifica | modifica wikitesto]

L'economia cittadina, dall'Unità d'Italia ad oggi, ha visto sempre l'alternarsi di periodi di relativa crescita a periodi di decadimento, senza avere tuttavia mai un reale e definitivo decollo.

Settore primario[modifica | modifica wikitesto]

Agricoltura[modifica | modifica wikitesto]

In questo settore l'occupazione si mantiene stabile nonostante la carenza d'investimenti, specialmente nel capitale fisso.[105] Nell'ambito partenopeo continua la tradizione delle ciliegie,[106] la sagra della "mela annurca" e l'eccellenza dei vitigni nei Campi Flegrei.[107]

Artigianato[modifica | modifica wikitesto]

Al 2003 le imprese registrate alla Camera di Commercio erano 254833. Dal 1998 al 2003 il tasso di crescita è stato del 2,09%, mentre quelle cessate sono state 11721. Le attività più diffuse sono quelle relative al mercato immobiliare, informatica, ricerca ed imprenditoria.[108] Buono anche il saldo dell'imprenditoria femminile che rappresenta circa un quarto del totale.[108] Un boom, invece, è costituito dagli imprenditori extracomunitari, specialmente quelli di origine asiatica, con un tasso di crescita di oltre il 200%.

Prestigiosa è inoltre l'arte presepiale, la lavorazione di ceramiche e porcellane, il settore tessile e dell'abbigliamento ed infine la produzione dei gioielli con corallo e cammei incisi su conchiglia, di quest'ultima la manifattura napoletana della vicina Torre del Greco, rappresenta quasi monopolio della produzione mondiale.[109]

Settore secondario[modifica | modifica wikitesto]

L'Italsider di Bagnoli, oggi dismessa

Dopo la fine delle industrie borboniche e i tentativi d'industrializzazione del 1904, l'industria napoletana decollò nei '60, con molti stabilimenti che chiusero poi con la deindustrializzazione dei '90.

Tuttavia nell'area orientale della città continuano ad essere presenti gli stabilimenti della Whirlpool e dell'Ansaldo, mentre gli ultimi grandi poli produttivi dell'area metropolitana sopravvissuti alla crisi industriale sono quelli di Pomigliano d'Arco e Castellammare di Stabia, sviluppatosi attorno agli stabilimenti Fiat, Alenia e Fincantieri, con un indotto influente su tutto il territorio.

Rimangono comunque presenti ancora numerose attività industriali nel campo siderurgico, metalmeccanico e petrolchimico e dei servizi alle imprese, che sfruttano sia i mercati industriali presenti sul territorio che quelli tradizionali del nord Italia. Rilevante anche il settore dell'industria alimentare, meccanico ed elettrotecnico. Napoli oggi risulta la quarta città per movimento economico, dopo Milano, Roma e Torino.[110]

Nonostante questi brevi periodi di miglioramenti l'occupazione non ha mai raggiunto un livello stabile, soprattutto a causa della presenza di infiltrazioni camorristiche che rendono difficile la nascita di nuove imprese e quindi di attrarre investimenti. Le attività illegali napoletane hanno un'ingente ripercussione sull'economia nazionale, anche grazie agli scambi commerciali con la Cina, non senza ripercussioni negative sulle strutture sociali e ambientali cittadine.

Settore terziario[modifica | modifica wikitesto]

La mancanza di un vero e proprio sviluppo industriale ha determinato l'affermarsi di punti di forza differenti che hanno configurato la città come importante centro del terziario, soprattutto nei campi: commerciale, amministrativo, finanziario, oltre a quello culturale, sempre storicamente rilevante, nonché quello editoriale. Il porto della città è uno dei principali scali marini d'Italia, nonché un'importante voce di reddito per la città (il secondo al mondo, dopo quello di Hong Kong, per scalo passeggeri).[111]

Oltre ad ospitare fra centro e agglomerato urbano un importante nodo ferroviario e stradale (Napoli è il capolinea dell'Autostrada del Sole), la città, nell'ultimo decennio, ha investito anche su un ambizioso programma di lavori pubblici molto articolato, che ha posto le basi del sistema metropolitano su scala cittadina e regionale.

Il flusso turistico, in netto aumento anche grazie a diversi eventi come l'America's Cup e la Coppa Davis, vede in Napoli e nella sua provincia raccogliere più della metà dei turisti dell'intera regione.[112]

Di particolare interesse turistico è anche la tradizione artigianale napoletana che vede nel periodo natalizio il suo apice, con la consueta mostra dell'arte presepiale napoletana a via San Gregorio Armeno.

Infrastrutture e trasporti[modifica | modifica wikitesto]

Strade[modifica | modifica wikitesto]

Dalla città si dipartono l'autostrada del Sole (A1) verso nord, la A3 verso sud e la A16 verso l'Adriatico.

La tangenziale di Napoli, ufficialmente autostrada A56, scorre lungo la parte interna della città, attraversandone le colline con varie gallerie; l'asse viario, interamente a pedaggio a forfait collega i quartieri collinari (che sarebbero altrimenti difficili da raggiungere con le strade urbane) con i quartieri occidentali e orientali cittadini.

Ancora, esistono collegamenti con la periferia tramite l'Asse mediano, la strada statale 162 dir del Centro Direzionale e la circumvallazione esterna. Quest'ultima, in particolare, è una strada provinciale che circonda la città sul suo bordo più esterno ed è costellata di raccordi che conducono alle autostrade e ai comuni limitrofi.

Ferrovie[modifica | modifica wikitesto]

Napoli è il principale nodo ferroviario dell'Italia meridionale, essendo raggiunta da alcune delle principali linee ferroviarie italiane: la Roma-Napoli, la Napoli-Foggia e la Napoli-Salerno.

La stazione ferroviaria di Napoli Centrale è il principale scalo ferroviario della città e dell'Italia meridionale ed è la sesta stazione italiana per flusso di passeggeri. È posta in piazza Garibaldi.[113]

Altre due stazioni, Mergellina e Campi Flegrei del passante ferroviario di Napoli, sono state impiegate fino al 2009 per fermata dei treni Eurostar; ora sono attraversate esclusivamente dai treni della linea 2 della metropolitana.[114]

Porti[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Porto di Napoli.
Il porto di Napoli

Il porto di Napoli (di cui fa parte il molo Beverello) è uno dei più importanti della penisola, primo in assoluto per numero di passeggeri totali: oltre 9 000 000 nel 2006[115] (secondo al mondo dopo Hong Kong)[116] terzo dopo Civitavecchia e Venezia per numero di croceristi nel 2014 (1 175 000)[117] tra i maggiori anche come traffico merci con oltre 22 milioni di tonnellate di merci e circa 440 000 container nel 2005.[115]

Aeroporti[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Aeroporto di Napoli-Capodichino.

L'aeroporto di Napoli-Capodichino si trova a soli 4,5 km circa dal centro cittadino,[118] precisamente nell'area di San Pietro a Patierno e Casoria. Sebbene limitato nel suo sviluppo proprio perché collocato in una zona densamente abitata, è stato nel 2011 l'ottavo aeroporto d'Italia per numero di passeggeri.[119]

Mobilità urbana[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Trasporti a Napoli e Metropolitana di Napoli.

Napoli dispone di una capillare rete di trasporti pubblici, la cui tariffazione è gestita dal Consorzio UnicoCampania, che serve non solo l'intera area urbana bensì anche gran parte dell'area metropolitana.

La rete poggia innanzitutto su 2 linee di metropolitana (le linee 1 e 6) e su 4 funicolari, gestite da Metronapoli;[121] a queste si aggiungono la storica Metropolitana FS oggi linea 2 e le tratte ferroviarie urbane di Circumvesuviana, Circumflegrea e Cumana, per un totale di 64 stazioni.[122]

Oltre alla rete su ferro, sono presenti anche tre ascensori (Chiaia, Sanità, Acton), una rete tranviaria (che mette in comunicazione il porto, la stazione Centrale e la periferia orientale) e un'estesa rete di autobus; riguardo quest'ultima, la flotta dell'ANM, che conta più di 1 000 veicoli[N 13] effettua più di 500 000 passaggi giornalieri essendo in servizio su circa 130 linee.[123]

Vi è anche una pista ciclabile, inaugurata nel 2013, che ha inizio nel quartiere di Bagnoli, passa per Fuorigrotta e termina a Mergellina.[124][125]

Amministrazione[modifica | modifica wikitesto]

Consolati[modifica | modifica wikitesto]

La città è sede di 86 consolati[126] concentrati soprattutto nei quartieri Chiaia, Posillipo, Mergellina, Vomero e Porto. Nel 1796 a Napoli, capitale del Regno delle Due Sicilie, nacque la prima ambasciata americana nella penisola italiana (settima nel mondo).[127][128]

Gemellaggi[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Città gemellate con Napoli.

Napoli ha siglato gemellaggi con numerose città di paesi terzi tesi a consolidare relazioni che favoriscono lo scambio di esperienze e la reciproca conoscenza e a intensificare i rapporti tra le rispettive società[129]: tra le altre, Milano, Londra, Atene, Dubai, Budapest, San Francisco, San Pietroburgo.

Sport[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Sport a Napoli.
Diego Armando Maradona, ex calciatore argentino che ha militato nella S.S.C. Napoli dal 1984 al 1991. Oggi è considerato da molti esperti il più grande calciatore di tutti i tempi.[130][131]
Maggiori società sportive di Napoli
  • Calcio
Società Sportiva Calcio Napoli, Serie A
Napoli Calcio Femminile, Serie A (calcio femminile)
  • Calcio a 5
Società Sportiva Napoli Calcio a 5, Serie A2
Napoli Barrese Calcio a 5, Serie A
  • Beach soccer
Napoli Beach Soccer, Serie A (beach soccer)
  • Pallacanestro maschile
Nuova Pallacanestro Napoli, Serie B Dilettanti
Partenope Napoli Basket, Serie C regionale
  • Pallacanestro femminile
Napoli Basket Vomero, Serie A1 (pallacanestro femminile)
  • Pallanuoto maschile
Circolo Nautico Posillipo, Serie A1 (pallanuoto maschile)
Circolo Canottieri Napoli, Serie A2 (pallanuoto maschile)
Rari Nantes Napoli, Serie A2 (pallanuoto maschile)
Associazione Sportiva Acquachiara, Serie A1 (pallanuoto maschile)
  • Pallavolo femminile
Centro Ester Pallavolo, Serie B2
  • Rugby
Partenope Rugby, Serie B di rugby a 15
  • Football americano
Briganti Napoli
Impianti sportivi principali
Manifestazioni sportive

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Il detto «Vedi Napoli e poi muori» è stato proposto da un poeta che intendeva sottolineare quanto fosse rilevante il patrimonio artistico e culturale partenopeo che è indispensabile vedere la città almeno una volta prima di morire.
  2. ^ A seconda delle varie stime, l'area metropolitana di Napoli, analizzata da un punto di vista prettamente urbanistico, comprende tra i 2 200 000 e i 5 000 000 abitanti; la cifra cambia a seconda dei dati a cui si fa riferimento: dati ISTAT [1], ONU [2], Svimez (4 434 136), OECD [3], Worldatlas - U.S. Census Bureau [4], World Gazetteer, CENSIS (4 996 084)
  3. ^ Il toponimo letteralmente significa "abitatori di caverne".
  4. ^ Quest'ultimo toponimo significa letteralmente "rupe scavata da grotte".
  5. ^ Un'industria tessile particolarmente apprezzata era quella del lino, per il quale i commercianti arabi garantivano un'ampia importazione dall'Egitto.
  6. ^ Ampiamente conosciuto anche nell'Oriente islamico, dove il condottiero macedone fu identificato nel coranico Dhū l-Qarnayn, "Quello delle due corna", per merito del bibliofilo arciprete Leone, che consentirà la successiva traduzione dell'opera in lingua latina e il suo considerevole successo.
  7. ^ Secondo Indro Montanelli questa frase Michele Bianchi l'avrebbe detta a Dino Grandi, appena rimpatriato da una missione diplomatica all'estero.
  8. ^ Secondo la tradizione, l'apostolo Pietro celebrò la prima messa in Italia nella basilica di San Pietro ad Aram, luogo di proprietà di Sant'Aspreno, da lui ordinato primo vescovo di Napoli.
  9. ^ Un elenco (seppur parziale) dei martiri napoletani si trova nel Chronicon Episcoporum Neapolitanorum, la più antica fonte per la storia della Chiesa di Napoli.
  10. ^ L'apertura di queste due moschee è dovuta a causa di una forte presenza della comunità islamica partenopea in territorio campano: nel 1997 i musulmani in Campania contavano circa 15.000 presenze.
  11. ^ L'intero patrimonio del Settecento musicale napoletano è quasi del tutto inedito: oltre 150 biblioteche nel mondo ne conservano i manoscritti. L'Istituto Internazionale per lo studio del Settecento musicale napoletano si occupa di ricercare, studiare e diffondere la musica della scuola napoletana del Settecento
  12. ^ Il quotidiano Il Mattino è stati fondato nel 1892 da Eduardo Scarfoglio e Matilde Serao. Esso risulta essere tra i primi giornali in città per numero di copie e diffusione dei lettori (dati ADS).
  13. ^ Vi sono circa trenta tipologie di autobus. Ciò è dovuto alla particolare morfologia e struttura edilizia della città di Napoli, che spesso presenta vicoli stretti (soprattutto nel centro antico) e strade ripide. A questo proposito, sono state adottate soluzioni alternative come mini-bus, che riescono agevolmente ad accedere nei vicoli e nelle strade più strette, e bus con un punto di snodo al centro, capaci di portare il doppio dei passeggeri senza andare incontro a ostacoli dovuti all'eccessiva lunghezza del mezzo.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Statistiche demografiche ISTAT, su demo.istat.it, ISTAT. URL consultato il 30 novembre 2012.
  2. ^ Classificazione sismica (XLS), su rischi.protezionecivile.gov.it.
  3. ^ Tabella dei gradi/giorno dei Comuni italiani raggruppati per Regione e Provincia (PDF), in Legge 26 agosto 1993, n. 412, allegato A, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, 1º marzo 2011, p. 151. URL consultato il 25 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2017).
  4. ^ Dizionario d'ortografia e di pronunzia - lemma Napoli, su dizionario.rai.it, RAI..
  5. ^ DiPI Online - Dizionario di Pronuncia Italiana, su dipionline.it. URL consultato il 5 giugno 2013.
  6. ^ Sito ufficiale dell'UNESCO, World Heritage Centre, su whc.unesco.org. URL consultato il 4 luglio 2011.
  7. ^ sito ufficiale UNESCO - Le 8 riserve della biosfera in Italia, su unesco.it. URL consultato il 21 marzo 2012.
  8. ^ Striano.
  9. ^ a b Costa.
  10. ^ Napoli, su comuni-italiani.it, Comuni Italiani..
  11. ^ Napoli, il segreto della Grotta di San Giovanni a Carbonara, su gialli.it.
  12. ^ Capasso.
  13. ^ a b c Il sottosuolo di Napoli - relazione della commissione di studio (PDF), su napoliunderground.org, Comune di Napoli, 1967..
  14. ^ Zonasismica.it. URL consultato il 1º dicembre 2007 (archiviato dall'url originale il 27 marzo 2009).
  15. ^ Previsioni del tempo e clima a Napoli, su portanapoli.com, Portanapoli..
  16. ^ Dati Confedilizia, su confedilizia.it. URL consultato il 30 maggio 2010.
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  34. ^ Books.google.it
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Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Bibliografia su Napoli.

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Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Istituzioni[modifica | modifica wikitesto]

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